Escrementi di piccione verso la casa della vicina: condannata

La donna sotto processo è ritenuta colpevole di getto pericoloso di cose, concretizzatosi, secondo i Giudici, nel causare lo spostamento di fastidiosi escrementi di piccione verso la porta della casa della vicina.

Con una secchiata d’acqua ha allontanato gli escrementi di piccioni presenti sulla strada, a pochi passi dalla sua casa, e con una scopa li ha indirizzati , sfruttando anche il deflusso dell’acqua, verso la casa della odiata vicina . Per i Giudici il comportamento tenuto dalla donna era sicuramente finalizzato a dar fastidio alla vicina di casa. Legittima di conseguenza la condanna, con pena fissata in 100 euro di ammenda Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 7397/21, depositata oggi . Scenario dell’assurda vicenda è la provincia siciliana. A finire sotto processo è un’imputata – Gianna, nome di fantasia – le viene contestato il reato di getto pericoloso di cose , concretizzatosi, secondo l’accusa, nell’ avere, gettando acqua fuori dall’uscio della propria abitazione, trascinato degli escrementi di piccione lì presenti fino alla porta di casa della vicina –Carla, nome di fantasia –. Ricostruito nei dettagli l’episodio incriminato, i Giudici del Tribunale ritengono Gianna colpevole e la sanzionano con 100 euro di ammenda . A loro parere è evidente che ella ha agito col chiaro intento di molestare la vicina di casa. Col ricorso in Cassazione il difensore di Gianna prova a dare una lettura diversa all’episodio in discussione. Secondo il legale, Gianna ha solo gettato dell’acqua mentre gli escrementi presenti sulla strada sono stati trascinati davanti l’immobile della vicina di casa per effetto sia della naturale pendenza del manto stradale , sia della forza di trascinamento dell’acqua . Peraltro, sempre secondo il legale, è impossibile ipotizzare il reato di getto pericoloso di cose , poiché, in questo caso, il getto d’acqua ha interessato la pubblica via , e dunque una res , e non già una persona cioè la vicina di casa. La linea difensiva si rivela però fragile, secondo i Giudici della Cassazione, alla luce dei dati probatori evidenziati in Tribunale. In particolare, i magistrati osservano che Gianna non ha negato di aver gettato l’acqua davanti al proprio uscio di casa né che vi fosse una naturale pendenza del manto stradale degradante verso l’abitazione della vicina e dalla sua condotta, ossia dal volontario gettito dell’acqua , è derivato lo spostamento degli escrementi dei piccioni, escrementi che la difesa non nega fossero inizialmente davanti la casa di Gianna, fin davanti la porta di ingresso della vicina . Ciò significa, logicamente, che senza l’azione compiuta da Gianna gli escrementi di piccione sarebbero rimasti posizionati dove si trovavano originariamente , ben lontani dalla casa di Carla. Di conseguenza, si può anche chiarire, spiegano dalla Cassazione, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il gettito pericoloso non è costituito in questo caso dall’acqua, bensì dagli escrementi dei volatili trascinati dalla forza motrice dell’acqua e da una scopa – che alcuni testi hanno visto essere stata utilizzata da Gianna per pulire lo spiazzo antistante la propria dimora – davanti al portone dell’abitazione della vicina . Allo stesso tempo, si deve evidenziare che la condotta in esame, sebbene abbia interessato la pubblica via, e segnatamente la parte antistante la porta di ingresso della vicina, era destinata a recare nocumento, sotto forma quanto meno di molestia , per le persone che in quella abitazione risiedono stabilmente , precisano dalla Cassazione. Evidente, quindi, come l’azione compiuta da Gianna fosse concretamente idonea a recare disagio alla vicina di casa. Ciò perché il lancio degli escrementi davanti alla porta di ingresso di un’abitazione deve ritenersi volto a recare molestia o comunque a turbare le modalità del vivere quotidiano di chi davanti a quell’abitazione debba transitare, stante la sensazione di repulsione che la loro vista genera e comunque il fastidio che inequivocabilmente ad esso consegue , concludono dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 gennaio – 25 febbraio 2021, n. 7397 Presidente Ramacci – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 11.11.2019 il Tribunale di Trapani ha condannato Francesca Napoli alla pena di Euro 100,00 di ammenda ritenendola responsabile della contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. per avere, gettando acqua fuori dall'uscio della propria abitazione/trascinato degli escrementi di piccione ivi presenti fino alla porta di casa della vicina Fr. Br 2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputata ha articolato quattro motivi con i quali lamenta 2.1 l'errata valutazione delle risultanze processuali ed il conseguente vizio motivazionale per avere il giudice affermato che l'imputata aveva gettato lungo la strada davanti all'abitazione della propria madre dell'acqua che aveva trascinato con sé gli escrementi dei piccioni fino alla porta di casa della vicina, fatto questo smentito dal rapporto di servizio nel quale i Carabinieri che avevano notato solo una chiazza d'acqua davanti l'uscio della prevenuta e non della vicina il che consentiva soltanto di ritenere soltanto che la prevenuta avesse gettato dell'acqua e che gli escrementi presenti sulla strada fossero sfati trascinati davanti l'immobile della querelante sia per effetto della naturale pendenza del manto stradale, sia della forza di trascinamento dell'acqua 2.2 il vizio di violazione di legge riferito all'art. 674 cod. pen. non rientrando il getto dell'acqua tra le ipotesi criminose descritte dalla norma ed avendo comunque il getto d'acqua interessato la pubblica via e, dunque, una res, e non già la persona della querelante e non potendo pertanto ritenersi che la suddetta condotta costituisse reato posto che era diretta verso cose e non verso persone , senza che fosse emerso che la stessa avesse portato alcun nocumento alla vicina di casa 2.3 la contraddittorietà della motivazione posto che pur essendo il gettito d'acqua potenzialmente idoneo ad imbrattare o a molestare le persone, nella fattispecie concreta era stato rivolto verso la pubblica via e non alla querelante 2.4 il vizio di violazione di legge riferito all'art. 131 bis cod. pen. non sussistendo alcun motivo che impedisse l'applicazione dell'invocata causa di non punibilità Considerato in diritto 1 -Il primo motivo è inammissibile in ragione della coerente logicità che contraddistingue il ragionamento del giudice di merito, del tutto conforme all'esauriente disamina dei dati probatori raccolti. Il vizio motivazionale che la ricorrente invoca è smentito, invero, dalla sua stessa prospettazione non negando costei di aver gettato l'acqua davanti al proprio uscio di casa né che vi fosse una naturale pendenza del manto stradale degradante verso l'abitazione della vicina, discende dalla sua stessa condotta, ovverosia dal volontario gettito dell'acqua, lo spostamento degli escrementi dei piccioni, che la difesa non nega fossero inizialmente davanti la casa della Napoli, fin davanti la porta di ingresso della querelante, i quali, altrimenti, sarebbero rimasti posizionati dove originariamente si trovavano. 2. Il secondo motivo non può ritenersi fondato. Ove si consideri che il bene giuridico tutelato dalla contravvenzione di cui all'all'art. 674 cod. pen. è costituito dalla polizia di sicurezza a presidio dell'incolumità pubblica, relativamente all'interesse di prevenire i nocumenti più o meno gravi alle persone derivanti dal getto o versamento di cose atte ad offendere, imbrattare o molestare o turbare la tranquillità, deve ritenersi, come del resto già affermato da questa Corte, che si verta in tema di reato di pericolo onde sufficiente alla sua integrazione è l'espletamento di una condotta concretamente idonea al nocumento dell'interesse salvaguardato, senza che ne occorra l'offesa effettiva Sez. 3, n. 25175 del 11/05/2007 - dep. 03/07/2007, Gagliardi, Rv. 237137 Sez. 3, Sentenza n. 46846 del 10/11/2005 - dep. 22/12/2005, Toscano, Rv. 232652, nonché Sez. 3, n. 35885 del 27/09/2006 - dep. 26/10/2006, Cestarelli ed altri, Rv. 235534 che ravvisa la fattispecie criminosa in contestazione ove l'oggetto diretto della condotta siano le cose e solo in via indiretta la persona . Ciò premesso, quello che va chiarito è che il gettito pericoloso non è costituito nel caso di specie dall'acqua, così come sostiene la difesa, bensì dagli escrementi dei volatili trascinati dalla forza motrice dell'acqua e dalla scopa - che i testi avevano visto essere stata utilizzata dall'imputata per pulire lo spiazzo antistante la propria dimora - davanti al portone dell'abitazione della querelante. Dal momento che ciò che la norma indefettibilmente richiede è che la condotta sia idonea a offendere, imbrattare o molestare la persona stessa, non può non rilevarsi che la condotta in esame, sebbene abbia interessato la pubblica via, e segnatamente la parte antistante la porta di ingresso della vicina, era destinata recare nocumento sotto forma quanto meno di molestia per chi in quella abitazione risiede stabilmente. Non è perciò manifestamente illogico, né configurante una violazione di legge trarre dall'ampiezza degli effetti della condotta e dallo specifico contesto in cui si è svolta la conclusione che essa fosse concretamente idonea a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano dei soggetti residenti in quell'abitazione Sez. 3, n. 49983 del 09/04/2015, Sicali, Rv. 265399 Sez. 3, n. 12261 del 04/07/1986, Di Leo , integrando perciò il fatto materiale previsto dalla contravvenzione in contestazione. Diversamente dalla fattispecie apparentemente analoga in cui è stato escluso che il lancio di escrementi contro un'autovettura configurasse il reato ex art. 674 cod. pen. in quanto volto ad imbrattare esclusivamente il mezzo di locomozione, senza che la condotta abbia interessato alcuna persona Sez. 2, n. 1142 del 09/11/2018 - dep. 11/01/2019, Oliveri, Rv. 274462 , nel caso di specie il lancio degli escrementi davanti alla porta di ingresso di un'abitazione deve ritenersi volto a recare molestia o comunque a turbare le modalità del vivere quotidiano di chi davanti a quell'abitazione debba transitare stante la sensazione di repulsione che la loro vista genera e comunque il fastidio che inequivocabilmente ad esso consegue. Non incombeva d'altra parte sul giudice di merito l'esplicitazione delle specifiche conseguenze derivanti dalla condotta materiale accertata, gravando al contrario sulla difesa l'indicazione delle ragioni atte ad escluderle, senza che a tale onere sia stato in alcun modo assolto. 3. Discende, perciò, a cascata da tali rilievi la manifesta infondatezza del terzo motivo che riproduce in relazione al vizio di illogicità e carenza motivazionale le stesse doglianze articolate nel secondo motivo. 4. Il quarto motivo deve ritenersi inammissibile alla luce delle censure del tutto indeterminate in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità. La ricorrente nulla deduce, invero, né in ordine alla particolare tenuità del fatto né alla non abitualità della condotta che costituiscono i due indici-requisiti che devono sussistere congiuntamente per poter fruire del beneficio invocato. Conseguentemente nessuna omissione motivazionale o violazione di legge può essere ravvisata nella decisione impugnata ancorché silente sul punto, non potendosi ritenere che il giudice, che, avendo comunque quantificato il trattamento sanzionatorio in misura superiore al minimo edittale, ha già implicitamente escluso la configurabilità della particolare tenuità del fatto, abbia disatteso le ragioni fatte valere dalla difesa o emergenti dagli atti che non risultano neppure indicate nell'impugnativa in esame. 5. Il ricorso deve essere, in conclusione, dichiarato inammissibile, seguendo a tale esito la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall'art. 616 cod. proc. pen. e, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende Così deciso il 11.1.2021