Negative esperienze in comunità, negato l’affidamento terapeutico

Respinta la richiesta avanzata da una donna e mirata a ottenere l’affidamento terapeutico in una comunità. Negata anche la possibilità di un ulteriore differimento della pena.

Storia personale e giudiziaria, abbinata alle precedenti negative esperienze comunitarie, consente ai Giudici di negare l’ affidamento terapeutico – in forma residenziale in una comunità – al soggetto detenuto Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 4621/21 depositata il 5 febbraio . Riflettori puntati su una donna costretta in carcere. Il Tribunale di sorveglianza dichiara inammissibile l’istanza da lei presentata e finalizzata ad ottenere l’affidamento terapeutico di cui all’art. 94 del d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 in forma residenziale presso una comunità . Allo stesso tempo, viene anche rigettata la domanda ulteriore di differimento di esecuzione della pena . In Tribunale, ricostruita la storia personale e giudiziaria della donna, ci si sofferma sulla sua pregressa esperienza comunitaria e sulle diverse violazioni da lei poste in essere e che avevano determinato denunce per evasione e revoca della stessa disponibilità ad ospitarla ulteriormente presso le strutture dei diversi centri che l’avevano accolta . In aggiunta, sulla specifica richiesta di affidamento terapeutico il Tribunale di sorveglianza osserva che faceva difetto la documentazione a sostegno dell’affermato stato di tossicodipendenza e l’idoneità certificata del programma residenziale, oltre che la capacità della donna di gestirsi in modo responsabile nel contesto di un’esperienza finalizzata al recupero dalla dipendenza . Col ricorso in Cassazione la Procura contesta la decisione presa dal Tribunale di sorveglianza. In questa ottica viene posta in evidenza la disponibilità ad accogliere la donna, soggetto con doppia diagnosi con annesse concrete modalità dell’inserimento , e, aggiunge la Procura, il Tribunale non ha valutato che la aveva intrapreso e seguito positivamente il percorso residenziale, già in pendenza del giudizio di merito . Inoltre, è stato valorizzato come dato ostativo alla concessione dell’affidamento terapeutico residenziale la mancata risposta del S.e.r.D. alla richiesta di validare il progetto terapeutico predisposto, già positivamente avviato, omissione non ascrivibile alla donna , osservano dalla Procura, aggiungendo poi che il percorso terapeutico già avviato si sarebbe dovuto valutare positivamente, ritenendo esistenti i presupposti normativi per concedere la misura . E poi il Tribunale di sorveglianza non ha deciso sulla richiesta di detenzione domiciliare presso una comunità idonea a seguire la doppia diagnosi, detenzione che la donna aveva originariamente richiesto e che il Procuratore Generale stesso aveva insistito venisse ripristinata . Infine, non sussistendo le condizioni di cui all’art. 94 del d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 si sarebbe potuto concedere il differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità in condizione di detenzione domiciliare presso la comunità , osservano ancora dalla Procura. Per la Cassazione, invece, correttamente il Tribunale di sorveglianza ha dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento terapeutico e ha respinto quella di differimento di esecuzione della pena . In prima battuta viene osservato che in merito all’ipotesi dell’affidamento terapeutico si è applicato il principio secondo cui la mancata o incompleta allegazione della certificazione sullo stato di tossicodipendenza o difetti nella procedura di accertamento e sull’idoneità del programma concordato determinano l’inammissibilità della domanda . In questo caso, però, oltre al difetto sull’idoneità dell’attestazione esibita, il Tribunale di sorveglianza ha anche valorizzato ed esaminato plurimi elementi di fatto che risultavano indicatori ostativi alla concessione della misura. Tra essi, in primo luogo, le numerosissime evasioni della donna e il difetto di un impegno reale nell’osservare le regole di comunità, aspetti che escludevano un approccio responsabile in difetto di regole contenitive , osservano dalla Cassazione. Allo stesso modo, vengono ritenute fondate le ragioni che hanno indotto a escludere la possibilità di riconoscere il differimento nella forma della detenzione domiciliare presso una comunità , anche tenendo presente la inidoneità a contenere la spinta deviante della donna con la misura della detenzione domiciliare . A questo proposito viene ricordato che inizialmente l’esecuzione della misura era stata concessa presso una comunità e la donna aveva abbandonato la comunità ma poi era stata lì riaccompagnata . Successivamente si era concretizzato il trasferimento presso altre comunità, preceduto da un ricovero per atti di autolesionismo , poi c’era stato un nuovo allontanamento e un nuovo riaccompagnamento , e infine la donna era stata ancora tratta in arresto per evasione . E, infine, a fronte della revoca della disponibilità a ospitare la detenuta, era stata revocata la misura . Per completare il quadro, poi, una consulenza tecnica , conferita per accertare le condizioni cliniche della donna , non aveva evidenziato criticità rilevanti e non destando il quadro clinico particolari preoccupazioni, alla luce della documentazione in atti e delle numerose evasioni, si sono ritenuti non sussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda del differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare . Tirando le somme, è emerso un profilo clinico non in condizione di gravità e una coscienza critica delle ragioni del suo allontanamento con percezione adeguata del percorso terapeutico e delle sue finalità, oltre che una scarsa disponibilità a frenare gli impulsi devianti, non collegati, tra l’altro, all’abuso di sostanze .

Corte di Cassazione, sez. sez. I Penale, sentenza 1°ottobre 2020 – 5 febbraio 2021, n. 4621 Presidente Rago – Relatore Beltrani Ritenuto In Fatto E Considerato In Diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Cagliari, con ordinanza in data 24/3/2020, dichiarava inammissibile l'istanza presentata nell'interesse di Gl. Sa., finalizzata ad ottenere l'affidamento terapeutico di cui all'art. 94 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, affidamento richiesto in forma residenziale presso la comunità l'Aquilone, in relazione alla pena inflitta dalla Corte d'assise d'appello di Cagliari il 2/11/2017 irrevocabile il 17/3/2018 e rigettava la domanda ulteriore di differimento di esecuzione della pena. Ricostruita la storia personale e giudiziaria di Gl. Sa., il Tribunale si soffermava sulla pregressa esperienza comunitaria dell'istante e sulle diverse violazioni poste in essere che avevano determinato denunce per evasione e revoca della stessa disponibilità ad ospitare ulteriormente la donna presso le strutture dei diversi centri che l'avevano accolta. Sulla specifica richiesta di affidamento terapeutico il Tribunale di sorveglianza osservava che faceva difetto la documentazione a sostegno dell'affermato stato di tossicodipendenza e l'idoneità certificata del programma residenziale, oltre che la capacità di gestirsi in modo responsabile nel contesto di un'esperienza finalizzata al recupero dalla dipendenza. 2. Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Cagliari e lamenta quanto segue. 2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale art 94 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione all'art. 606 comma 1 lett. b cod. proc. pen. . La disponibilità ad accogliere Gl. Sa., soggetto con doppia diagnosi , era stata manifestata e confermata anche con la nota del 23 marzo 2020 ed erano state indicate le concrete modalità dell'inserimento. Il Tribunale non aveva valutato che l'istante aveva intrapreso e seguito positivamente il percorso residenziale, già in pendenza del giudizio di merito. La detenuta viveva una condizione mentale che aveva indotto anche al riconoscimento in quel giudizio del vizio parziale di mente. Il provvedimento impugnato, secondo il ricorrente, aveva enfatizzato gli allontanamenti di Gl. nella fase successiva al trasferimento presso la struttura della Comunità di Sestu, là dove l'ultimo allontanamento era stato dovuto alla carenza di posti riservati a utenti con cd. doppia diagnosi. Ha, inoltre, valorizzato come dato ostativo alla concessione dell'affidamento terapeutico residenziale la mancata risposta del S.e.r.D. di Sassari alla richiesta di validare il progetto terapeutico predisposto, già positivamente avviato, omissione non ascrivibile alla donna. Il percorso terapeutico già avviato si sarebbe dovuto valutare positivamente ritenendo esistenti i presupposti normativi per concedere la misura. 2.2. Con il secondo motivo lamenta il Procuratore generale ricorrente la violazione dell'art. 47-ter, comma secondo, della L. 26 luglio 1975, n. 354. Il Tribunale di sorveglianza non aveva deciso sulla richiesta di detenzione domiciliare presso la comunità l'Aquilone di Flumini di Quartu, comunità idonea a seguire la doppia diagnosi, detenzione che la Gl. aveva originariamente richiesto e che il Procuratore generale stesso aveva insistito venisse ripristinata, nella memoria depositata il 24/3/2020. Non sussistendo le condizioni di cui all'art. 94 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 si sarebbe potuto concedere il differimento dell'esecuzione della pena per grave infermità in condizione di detenzione domiciliare presso la comunità anzidetta. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta il vizio di motivazione contraddittoria e manifestamente illogica. Per quanto detto l'ordinanza impugnata era affetta da una manifesta incongruità della motivazione, avendo respinto le due richieste, là dove entrambe risultavano ammissibili e concedibili. 3. Il ricorso è manifestamente infondato. 3.1. L'ordinanza impugnata è ampiamente motivata ed è immune dalle censure sviluppate. Correttamente il Tribunale di sorveglianza ha dichiarato inammissibile l'istanza di affidamento terapeutico e ha respinto quella di differimento di esecuzione della pena. In primo luogo il Giudice di merito ha ritenuto inammissibile la domanda ex art. 94 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Sul punto ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui la mancata o incompleta allegazione della certificazione sullo stato di tossicodipendenza o difetti nella procedura di accertamento e sull'idoneità del programma concordato determinano l'inammissibilità della domanda come confermato, anche recentemente, dalla giurisprudenza di questa Corte Sez. 1, 18/9/2019, Stazzone . Nella specie, oltre al difetto sull'idoneità dell'attestazione esibita il Tribunale di sorveglianza, con una motivazione immune da vizi, ha anche valorizzato ed esaminato plurimi elementi di fatto che risultavano indicatori ostativi alla concessione della misura. Tra essi, in primo luogo, le numerosissime evasioni e il difetto di un impegno reale nell'osservare le regole di comunità, aspetti che, appunto, escludevano un approccio responsabile in difetto di regole contentive . 3.2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato. L'ordinanza impugnata contiene una motivazione ampia sia sulle ragioni che hanno indotto a escludere la possibilità di riconoscere il differimento nella forma della detenzione domiciliare presso la comunità l'Aquilone, sia, alla luce degli elementi elencati e segnalati in fatto, della inidoneità a contenere la spinta deviante di Gl. Sa., con la misura della detenzione domiciliare. Inizialmente l'esecuzione della misura era stata concessa presso la comunità l'Aquilone nella sede di omissis . Gl. Sa. aveva abbandonato la comunità il 23/12/2018 ed era stata li riaccompagnata il 30/12/2018. Era, dunque, seguito il trasferimento presso la comunità di Assemini e presso quella di Sestu, preceduto da un ricovero presso SPDC di Cagliari per atti di autolesionismo. Dopo un nuovo allontanamento del 3/11/2019 e il riaccompagnamento, la donna era stata ancora tratta in arresto per evasione il 18/1/2020. Così, a fronte della revoca della disponibilità a ospitare la detenuta, era stata revocata la misura. Una consulenza tecnica, conferita per accertare le condizioni cliniche della Gl., non aveva evidenziato criticità rilevanti e non destando il quadro clinico particolari preoccupazioni, alla luce della documentazione in atti e delle numerose evasioni, si sono ritenuti non sussistenti i presupposti per l'accoglimento della domanda del differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare. Emergeva un profilo clinico non in condizione di gravità e una coscienza critica delle ragioni del suo allontanamento con percezione adeguata del percorso terapeutico e delle sue finalità, oltre che una scarsa disponibilità a frenare gli impulsi devianti, non collegati, tra l'altro, all'abuso di sostanze. 3.3. Il terzo motivo, oltre che generico risulta affatto aspecifico. Il dedotto vizio di motivazione più che individuare un punto preciso della motivazione manifestamente illogico o contraddittorio si limita a fare in sostanza rinvio alle censure sviluppate nei due motivi precedenti, risolvendosi in una critica in fatto e puramente valutativa sul risultato dei dati istruttori inammissibile in questa sede di legittimità. 1.3. Per le ragioni esposte, il ricorso, va, quindi, dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.