Se si è agli arresti domiciliari, si può fare una passeggiata ad una fiera domenicale?

L’imputato non può violare la prescrizione imposta degli arresti domiciliari, potendo delegare una persona a lui vicina per compiere operazioni utili per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Così si è espressa la Suprema Corte con la sentenza 3600/21, depositata il 29 gennaio. La Corte d’Appello di Bari confermava la pronuncia di primo grado, con la quale il Tribunale di Foggia aveva condannato l’attuale ricorrente in relazione al reato di evasione . L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione avverso la condanna. La Suprema Corte dichiara il ricorso infondato, in quanto il ricorrente era stato trovato fuori dall’abitazione, dove si trovava agli arresti domiciliari , in un Comune diverso e lontano dal luogo in cui era autorizzato a recarsi per la coltivazione dei suoi fondi agricoli. Secondo i Supremi Giudici, infatti, era ininfluente il giorno della settimana in cui è avvenuto il fatto, in quanto il soggetto aveva consapevolmente violato le prescrizioni imposte, indossando abiti da passeggiata” e non da lavoro, recandosi con il fratello ad un fiera-mercato domenicale, senza alcuna motivazione da poter ritenere valida. Infine egli avrebbe potuto delegare il fratello stesso in caso di eventuali commissioni da compiere. Per tali ragioni, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 – 29 gennaio 2021, n. 3600 Presidente Petruzzellis – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Bari confermava la pronuncia di primo grado dell’li febbraio 2015 con la quale il Tribunale di Foggia, articolazione territoriale di Lucera, aveva condannato R.R. in relazione al reato di evasione, commesso in omissis . 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il R. , con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti tre motivi. 2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 518 e 521 c.p.p., e vizio di motivazione, per mancanza e manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale erroneamente disatteso l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per mancata osservanza del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto della decisione, posto che nell’imputazione era stato contestato al R. di essere stato sorpreso fuori dalla sua abitazione laddove il fatto asseritamente accertato riguardava la mancata osservanza delle prescrizioni riguardanti l’autorizzazione ad allontanarsi per svolgere attività lavorativa. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione, per manifesta illogicità, per avere la Corte distrettuale confermato la condanna di primo grado benché fosse risultato che l’imputato era stato autorizzato ad allontanarsi dalla casa, ove si trovava agli arresti, per svolgere attività lavorativa nei campi di sua proprietà anche nei giorni festivi e che al più egli aveva seguito un percorso più lungo per raggiungere i fondi agricoli, ma ciò aveva fatto per acquistare il mangime per il bestiame, dunque per soddisfare esigenze connesse alla sua attività agricola. 2.3. Vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte periferica giustificato la decisione di conferma erroneamente sostenendo che il R. non era stato autorizzato ad allontanarsi da casa nei giorni festivi, nè il giudice che gli aveva consentito di svolgere l’attività lavorativa aveva indicato quale fosse il percorso più breve per raggiungere i fondi agricoli. 3. Con memoria trasmessa il 6 gennaio 2021 il difensore ha ripreso e ribadito gli argomento già posti a fondamento dell’originario atto di impugnazione. 4. Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato. 2. Il primo motivo del ricorso è infondato. Costituisce espressione di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la nozione di fatto , di cui agli artt. 521 e 522 c.p.p., va intesa come l’accadimento di ordine naturale dalle cui connotazioni e circostanze soggettive e oggettive, geografiche e temporali, poste in correlazione fra loro, vengono tratti gli elementi caratterizzanti la sua qualificazione giuridica, sicché la violazione del principio postula una modificazione - nei suoi elementi essenziali - del fatto, inteso come episodio della vita umana, originariamente contestato così, tra le tante, Sez. 1, n. 13408 del 14/02/2008, Benedetti e altro, Rv. 239903 Sez. 2, n. 45993 del 16/10/2007, Cuccia e altri, Rv. 239320 . In tale ottica si è aggiunto che, ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione, di cui all’art. 521 c.p.p., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione così Sez. 3, n. 15655 del 27/02/2008, Fontanesi, Rv. 239866 conf. Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, Di Guglielmi e altro, Rv. 257278 Sez. 6, n. 5890 del 22/01/2013, Lucera e altri, Rv. 254419 . Tale impostazione più sostanzialista”, tesa a valorizzare gli interessi processuali in gioco”, è stata puntualizzata nel senso che la non corrispondenza tra il fatto contestato e quello che emerge dalla sentenza rileva quando si verifichi una trasformazione o sostituzione delle condizioni che rappresentano elementi essenziali costitutivi dell’addebito, e non già quando il mutamento riguardi profili marginali, non essenziali per l’integrazione del reato, e sui quali l’imputato abbia avuto modo di difendersi nel corso del processo in questo senso Sez. 2, n. 17565 del 15/03/2017, Beretti, Rv. 269569 . Alla luce di tali criteri ermeneutici è possibile ritenere che, nel caso di specie, la decisione della Corte territoriale è corretta, in quanto ha ritenuto che integrava gli estremi del contestato reato di evasione la condotta del R. che era stato trovato, fuori dalla abitazione dove si trovava agli arresti domiciliari, in un centro abitato diverso e lontano dal luogo ove era stato autorizzato a recarsi per la coltivazione dei suoi fondi agricoli. In tale senso non è vi è stata alcuna violazione del considerato principio di correlazione tra accusa e decisione, tenuto conto che è pacifico che integra il delitto di evasione e non l’ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 c.p.p., l’allontanamento della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari dal luogo in cui è autorizzata a svolgere l’attività lavorativa così, tra le altre, Sez. 6, n. 3882 del 14/01/2010, Dierna, Rv. 245811 . 3. Anche il secondo e il terzo motivo del ricorso, strettamente connessi e dunque esaminabili congiuntamente, sono, in parte, infondati e, in parte, inammissibili perché presentati per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge. Si è già chiarito come debba essere considerato responsabile del delitto di evasione il soggetto che, sottoposto alla misura cautelare degli arresti in casa e autorizzato a recarsi in un determinato luogo per svolgere attività lavorativa, sia trovato fuori dalla propria abitazione in un luogo del tutto diverso e molto lontano da quello dove avrebbe dovuto lavorare. Risulta ininfluente ai fini della decisione che il fatto contestato all’odierno ricorrente fosse stato commesso di domenica e che la Corte di appello abbia erroneamente riferito, nella motivazione della sentenza impugnata, che l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività lavorativa riguardava i soli giorni feriali in quanto ciò avrebbe avuto rilevanza, ai fini della complessiva tenuta logica della motivazione, se il R. fosse stato trovato dai carabinieri proprio presso i fondi agricoli dove era stato autorizzato a recarsi ovvero lungo il tragitto da casa al posto di lavoro. In tale ottica, gli anzidetti motivi dell’impugnazione contengono rilievi che si muovono nella prospettiva di accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono, quindi, in non consentite censure in fatto all’iter argomentativo seguito dalla sentenza di merito, nella quale, peraltro, vi è puntuale risposta a detti rilievi, in tutto sovrapponibili a quelli già sottoposti all’attenzione della Corte territoriale. La sentenza impugnata ricostruisce in fatto la vicenda con motivazione sufficientemente esaustiva essendo stato chiarito che il R. aveva consapevolmente violato le prescrizioni che gli erano state imposte, in quanto non indossava affatto gli abiti di lavoro ma aveva un vestito da passeggiata e si era recato con il fratello a visitare una fiera-mercato domenicale in un comune del tutto diverso e lontano dai luoghi dove si sarebbe potuto recare laddove, se il bisogno fosse stato quello di comprare il mangime per il bestiame, l’acquisto in quel luogo ben avrebbe potuto farlo il fratello senza necessità che egli si allontanasse ingiustificatamente dal luogo ove era stato posto agli arresti cautelari. 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M . Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.