Immobile sotto sequestro per equivalente: l’amministratore non può riscuotere le indennità di occupazione

Laddove la misura di sequestro funzionale a confisca per equivalente abbia già raggiunto in sede di esecuzione la corrispondenza di valore tra profitto del reato e beni appresi, il provvedimento che dispone la gestione produttiva e non la semplice custodia dei beni non può essere emesso, posto che la percezione di ulteriori utili in capo all’amministrazione giudiziaria altera la ineliminabile proporzione economica tra profitto del reato e valore dei beni in sequestro.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1742/20, depositata il 15 gennaio. Il Tribunale di Pistoia, con decisione de plano , respingeva l’istanza di revoca di un precedente provvedimento con cui il GIP aveva autorizzato l’amministratore giudiziario di alcuni immobili sotto sequestro a riscuotere le indennità di occupazione degli stessi. L’istante era indagata per i reati di riciclaggio e reimpiego , in relazione ai quali era stato emesso il suddetto provvedimento di sequestro preventivo funzionale a confisca per equivalente ex art. 648- quater c.p La pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione. Laddove il sequestro si fonda sul fumus dei reati di riciclaggio e reimpiego , la legge prevede la confisca obbligatoria del prodotto o del profitto del reato anche nella forma della equivalenza , come nel caso di specie, dove oggetto della misura cautelare sono alcuni immobili in ragione della cifra corrispondente al profitto del reato. La ricorrente ha giustamente sottolineato come assuma rilevanza in questo caso la verifica preliminare degli aspetti gestionali dei beni immobili. Come sottolinea difatti la pronuncia la gestione produttiva , tesa all’incremento di valore, ove possibile, dei beni in sequestro è aspetto che caratterizza il sequestro di prevenzione, la confisca estesa ai sensi dell’attuale art. 240- bis c.p. e le misure reali che rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di legge dettate per le misure di prevenzione patrimoniali d.lgs. n. 159/2011 , ma tale attività non è da ritenersi nè obbligatoria - ai sensi dell’art. 104- bis disp. att. c.p.p., comma 1- quater -, nè consentita in caso di emissione di un sequestro per equivalente che all’atto della esecuzione abbia già assicurato le finalità della misura cautelare, in rapporto al valore dei beni oggetto di apprensione . Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e afferma il principio secondo cui in caso di sequestro funzionale a confisca per equivalente che abbia già raggiunto in sede di esecuzione la corrispondenza di valore tra profitto del reato e beni appresi, il provvedimento che dispone la gestione produttiva e non la semplice custodia dei beni non può essere emesso , posto che la percezione di ulteriori utili in capo all’amministrazione giudiziaria altera la ineliminabile proporzione economica tra profitto del reato e valore dei beni in sequestro .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 novembre 2020 – 15 gennaio 2021, n. 1742 Presidente Rocchi – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con decisione emessa de plano in data 9 luglio 2019 il Gip del Tribunale di Pistoia ha respinto una istanza introdotta - in sede di gestione di beni oggetto di sequestro - da A.G. . Con detta istanza era stata chiesta la revoca di un precedente provvedimento con cui il medesimo Gip aveva autorizzato l’amministratore giudiziario a riscuotere le indennità di occupazione in riferimento a tre immobili oggetto di sequestro. 2. Va premesso che nei confronti di A.G. , per quanto emerge dagli atti, si procede per i reati di riciclaggio e reimpiego e risulta emesso, in data 5 novembre 2018, un decreto di sequestro preventivo funzionale a confisca per equivalente. Nel provvedimento di sequestro si indica il valore di Euro 7.300.000,00 quale profitto dei reati, come limite di valore della equivalenza. 3. In parte motiva, il Gip osserva che il reato di riciclaggio rientra nelle ipotesi di confisca estesa” di cui all’art. 240 bis c.p Si ritiene, pertanto, applicabile al caso di specie - dato il rinvio di cui all’art. 104bis disp att. c.p.p., comma 1 quater - la disciplina dettata per il sequestro di prevenzione di cui al codice antimafia D.Lgs. n. 159 del 2011 ed in particolare il contenuto dell’art. 40 in tema di sfruttamento economico degli immobile in sequestro. Da tale premessa derivano le ulteriori valutazioni compiute dal giudice della esecuzione. Si afferma, in particolare, che, quanto all’immobile adibito ad abitazione, resta dovuta l’indennità di occupazione non avendo la A. dimostrato lo stato di indigenza e che quanto agli ulteriori immobili è pienamente legittimo che l’amministratore giudiziario provveda alla riscossione dei canoni di locazione secondo i contratti già in essere. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - A.G. , articolando distinti motivi. 2.1 Al primo motivo si deduce vizio del procedimento, non essendo stata fissata udienza camerale per provvedere sull’istanza. La difesa della A. inquadra la domanda in termini di incidente di esecuzione relativo alle modalità di gestione dei beni in sequestro. Si evidenzia, pertanto, che la decisione doveva essere preceduta dalla trattazione camerale, non versandosi in ipotesi di inammissibilità della domanda. Si ritiene, inoltre, irrituale l’avvenuta acquisizione del parere dell’amministratore giudiziario. 2.2 Al secondo motivo si deduce la illegittimità della stessa procedura di gestione dei beni in sequestro. Non vi è stata risposta alcuna - da parte del Gip - su taluni punti sollevati nell’istanza, in tema di nomina dell’amministratore giudiziario e di assenza di direttive gestionali. 2.3 Al terzo motivo si deduce erronea applicazione delle norme di cui all’art. 104 bis disp. att. c.p.p., comma 1 quater e art. 240bis c.p Si evidenzia che erroneamente il Gip ha ritenuto di poter applicare le disposizioni citate, con particolare riferimento ai beni immobili. Il sequestro preventivo non è stato disposto a fini di confisca estesa art. 240bis c.p. ma a fini di confisca per equivalente art. 648 quater c.p., comma 2 . Da ciò la erroneità del riferimento, operato nella decisione impugnata, ai contenuti dell’art. 240bis c.p., disposizione non applicabile al caso in esame. Ne deriva - in tesi - la illegittima applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, parimenti da ritenersi inapplicabili al sequestro in essere. 2.4 Al quarto motivo si deduce ulteriore violazione di legge. La ricorrente denunzia la non applicabilità della stessa disposizione di cui all’art. 104 bis disp. att. c.p.p., comma 1 quater, essendo stati colpiti dal sequestro - per quanto di interesse - dei beni immobili, non in quanto profitto dei reati ma, appunto, per equivalente”. Da ciò deriva la impossibilità, in tesi, di disporne la gestione, essendo stata già raggiunta - con l’emissione e trascrizione del decreto di sequestro - la finalità cui la misura preventiva tende. Non vi sarebbe alcuna legittima finalità di tipo gestionale, non potendosi determinare una percezione dei frutti in danno del soggetto titolare dei beni in questione. 2.5 Al quinto motivo si deduce erronea applicazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 159 del 2011. Non trattandosi di sequestro e fini di confisca estesa, come esposto nei motivi che precedono, non vi è possibilità di applicare le disposizioni evocate nel provvedimento impugnato, con particolare riferimento a quanto previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 40. La imposizione della indennità di occupazione risulta, pertanto, adottata in violazione di legge, trattandosi di limitazione non consentita al diritto di abitazione. 2.6 Al sesto motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla congruità dell’importo indicato a titolo di indennità di occupazione. Si tratta, in tutta evidenza, di un motivo subordinato, la cui illustrazione non appare necessaria per quanto si dirà nel prosieguo della presente decisione. 2.7 Al settimo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento alla percezione dei frutti dei residui immobili caduti in sequestro. Ad ulteriore precisazione dei motivi esposti, si evidenzia - sul punto - come la natura di sequestro per equivalente non consentiva di alterare il rapporto tra valore del profitto del reato e valore dei beni in sequestro. Su tale aspetto il provvedimento impugnato non fornisce risposta al contenuto della domanda. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono. 1.1 Risultano, in particolare, fondate tutte le deduzioni difensive collegate - in diritto - alla tipologia di provvedimento di sequestro posto a monte della decisione impugnata ed alla erronea indicazione della disciplina applicabile in tema di modalità gestionali censure esposte al terzo, quarto, quinto e settimo motivo di ricorso . 2. Per quanto risulta dagli atti, il sequestro si fonda sulla esistenza del fumus dei reati di riciclaggio e reimpiego ed è stato emesso ai sensi dell’art. 648 quater c.p., disposizione di legge che prevede la confisca obbligatoria del prodotto o profitto dei reati di cui agli artt. 648bis, ter e ter1, anche nelle forme della equivalenza su beni di cui il reo risulti avere la disponibilità anche per interposta persona. Nella parte in cui vengono assoggettati a sequestro i beni immobili, il sequestro risulta dunque per equivalente”, ossia con funzione anticipatoria della confisca in ragione della corrispondenza rispetto al profitto del reato, quantificato in circa 7.000.000,00 di Euro. 2.1 Da tale assetto della misura cautelare reale deriva, come esposto dal ricorrente, la necessità di una verifica preliminare - che non risulta affatto operata quanto agli aspetti gestionali dei beni immobili caduti in sequestro. La gestione produttiva , tesa all’incremento di valore, ove possibile, dei beni in sequestro è aspetto che caratterizza il sequestro di prevenzione, la confisca estesa ai sensi dell’attuale art. 240bis c.p. e le misure reali che rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di legge dettate per le misure di prevenzione patrimoniali D.Lgs. n. 159 del 2011 , ma tale attività non è da ritenersi nè obbligatoria - ai sensi dell’art. 104 bis disp. att. c.p.p., comma 1 quater -, nè consentita in caso di emissione di un sequestro per equivalente che all’atto della esecuzione abbia già assicurato le finalità della misura cautelare, in rapporto al valore dei beni oggetto di apprensione. Ciò in rapporto non solo al tenore delle disposizioni di legge applicabili lo stesso art. 104 bis disp. att., al comma 1 non configura un obbligo di assicurare l’amministrazione di tutti i beni caduti in sequestro ma condiziona la nomina dell’amministratore giudiziario, tranne che per le aziende e le società, alla ricognizione della necessità di assicurare l’amministrazione , ma soprattutto in ragione delle particolari caratteristiche dell’istituto della confisca per equivalente e del relativo sequestro funzionale alla medesima. È infatti pacifico, negli assetti nomofilattici raggiunti in questa sede da ultimo v. Sez. V n. 36069 del 20.10.2020 con citazione dei costanti arresti interpretativi , che la confisca per equivalente a possiede natura sanzionatoria, dato che il vincolo reale si trasferisce” su beni che non hanno alcun nesso pertinenziale diretto con le condotte illecite b non potrebbe estendersi, per tale ragione, a valori eccedenti la determinazione quantitativa del prodotto o profitto del reato, configurandosi in tal caso una pena patrimoniale illegale in quanto non più equivalente al valore del suddetto profitto . 2.2 Per tali essenziali ragioni, attinenti alla natura giuridica dell’istituto, questa Corte - con orientamento qui condiviso - ha avuto modo di precisare, anche in rapporto alla necessaria osservanza del principio di proporzionalità nella imposizione, in chiave sanzionatoria, di limiti ai diritti individuali della persona, che in caso di sequestro per equivalente che abbia già assicurato le finalità tipiche della misura non è consentita la percezione di frutti derivanti dai beni in sequestro, posto che ciò verrebbe a determinare una non consentita eccedenza del valore sottoposto a vincolo reale in tema di sequestro preventivo, volto alla confisca per equivalente, di beni immobili, è illegittima l’estensione del vincolo cautelare ai frutti della cosa sequestrata ove il valore di mercato della stessa copra l’importo fissato nel provvedimento di sequestro così Sez. III n. 46716 del 28.3.2018, rv 274487 . Da ciò deriva la necessità di una statuizione preliminare, da parte del giudice procedente, tesa a riconoscere - o meno - la necessità di disporre la gestione dei beni assoggettati a tale tipologia di sequestro, atteso che con la imposizione e trascrizione del provvedimento cautelare ben potrebbe essere già stata raggiunta la finalità di assicurazione del valore dei beni” alla procedura giudiziaria. Va dunque riaffermato il seguente principio di diritto in caso di sequestro funzionale a confisca per equivalente che abbia già raggiunto in sede di esecuzione la corrispondenza di valore tra profitto del reato e beni appresi, il provvedimento che dispone la gestione produttiva e non la semplice custodia dei beni non può essere emesso, posto che la percezione di ulteriori utili in capo all’amministrazione giudiziaria altera la ineliminabile proporzione economica tra profitto del reato e valore dei beni in sequestro. 3. A tali principi, in tutta evidenza, non si è attenuto il Gip del Tribunale di Pistoia, nel caso in esame, avendo in modo apodittico ritenuto di dover emettere direttive gestionali tese all’incremento della produttività dei beni immobili e alla percezione di frutti dalle res assoggettate - per quanto risulta dagli atti - ad un sequestro funzionale a confisca per equivalente. Tale aspetto risulta preliminare ed assorbente anche rispetto alle dedotte violazioni del contraddittorio e conduce all’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pistoia.