Legittima la condanna per aver fotocopiato e plastificato il pass ‘parcheggio invalidi’ della madre

Nessuna via di fuga per l’imputato che ha utilizzato il contrassegno concesso dal Comune alla madre. Evidente, secondo i Giudici, la sua responsabilità penale per uso di atto falso”. Decisive le caratteristiche del documento esposto dall’uomo sulla propria vettura.

Sacrosanta la condanna penale per la persona che utilizza una fotocopia del ‘pass invalidi’ per la sosta concesso legittimamente alla madre. Decisiva la constatazione che il documento posizionato all’interno del veicolo era stato anche reso più credibile attraverso il ricorso alla plastificazione Cassazione, sentenza n. 836, sez. V Penale, depositata il 12 gennaio . A finire sotto processo è un uomo, beccato a utilizzare illegittimamente il contrassegno per ‘parcheggio invalidi’ concesso alla madre dal Comune. A suo carico l’accusa di uso di atto falso , avendo l’uomo fatto uso di un documento interamente contraffatto ed idoneo a ingannare la pubblica fede . Ricostruita la vicenda, i Giudici di merito ritengono evidente la colpevolezza dell’imputato, che, comunque, vede in Appello ridotta la pena a tre mesi di reclusione . La difesa contesta però la condanna, e sostiene con il ricorso in Cassazione che non è configurabile il reato dell’uso di atto falso , poiché la fattispecie è consista nell’esibizione della copia di un documento vero , e che quindi il fatto rileva unicamente quale illecito amministrativo previsto dal codice della strada. In particolare, il legale addebita ai Giudici di secondo grado un errore, cioè avere valutato come oggettivamente falso il pass incriminato, il quale è stato esibito in luogo del documento originale e non come semplice copia e averlo qualificato come penalmente rilevante, in quanto di per sé idoneo ad ingannare la pubblica fede . Invece, è emerso, sostiene ancora il legale, come non sia di fatto stata riscontrata l’alterazione penalmente rilevante del documento autentico, né tanto meno la riproduzione di un documento non esistente , poiché, a ben vedere, si trattava della riproduzione fotostatica di un documento esistente . Su un altro fronte, poi, il legale contesta anche l’ elemento soggettivo del reato , costituito dal dolo generico. A questo proposito, egli pone in evidenza i punti fermi chiaramente emersi all’esito del dibattimento , ossia l’esistenza del documento costituito dal pass invalidi intestato alla madre e rilasciato dal Comune, in quanto la donna è effettivamente invalida civile al 75% , con conseguente legittimazione all’uso per cui tale documento è preordinato l’esibizione nell’autovettura dell’uomo di una riproduzione del pass invalidi della madre in quanto egli risulta essere l’unico suo accompagnatore negli spostamenti necessari la evidente riproduzione di un documento vero . Secondo il legale, questi elementi dimostrano chiaramente la mancanza di una consapevole volontà di commettere il reato di falso , poiché se il pass viene presentato come fotocopia o riproduzione di un documento vero senza apparire dunque come un documento falso, idoneo a trarre in inganno , viene automaticamente escluso il reato di uso di falso . E a questo proposito il legale ribadisce anche la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto . Chiaro l’obiettivo della linea difensiva accreditare l’ipotesi che il fatto rilevi unicamente quale mero illecito amministrativo . Per i Giudici della Cassazione, invece, è corretta la lettura proposta dalla Corte d’appello, poiché è stato rilevato come oggettivamente falso il pass incriminato, che era stato esibito in luogo del documento originale e non come semplice copia, copia che d’altronde non legittima l’esercizio dell’inerente diritto di parcheggio . Anche tenendo presente che solo se nell’intenzione dell’agente il pass viene presentato come fotocopia o riproduzione di un documento vero senza apparire dunque come un documento falso, idoneo a trarre in inganno , viene automaticamente escluso il reato di uso di falso . In questo caso specifico si è appurato che il pass è stato esposto come fosse l’originale, costituendone la riproduzione fotostatica plastificata artigianalmente in modo tale da avere l’apparenza dell’originale . Evidente, quindi, la falsità del documento esibito ed utilizzato come fosse l’originale , rilevano dalla Cassazione, anche tenendo presente che l’uso dell’atto non è stato realizzato dal titolare effettivo del permesso, che era la madre e non il figlio che, peraltro, non dice neppure di averlo usato per sua madre in quella circostanza, essendosi limitato ad affermare solo che la sua auto era quella usata dalla genitrice per i propri spostamenti . Una volta acclarata la responsabilità penale dell’uomo, i giudici della Cassazione respingono anche l’ipotesi della non punibilità . A questo proposito, i magistrati ritengono irrilevante il richiamo difensivo alla occasionalità della condotta . Ciò che conta, invece, è l’utilizzo illecito di un documento abilitante al parcheggio nelle zone riservate agli invalidi con conseguente limitazione per i soggetti legittimamente titolari del diritto all’utilizzo di tali aree .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 ottobre 2020 – 12 gennaio 2021, n. 836 Presidente De Gregorio – Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 1. febbraio 2019 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa il 17 ottobre 2018 dal Tribunale di Milano, ha ridotto la pena inflitta a Mo. Ma. Da. a mesi tre di reclusione, confermando nel resto la pronuncia di condanna in relazione al reato di cui all'art. 489 cod. pen. al medesimo ascritto per avere fatto uso del pass per parcheggio invalidi n. 25 del 2008 rilasciato dal Comune di Corsico, con scadenza 15 febbraio 2013 ed intestato alla madre El. So., interamente contraffatto ed idoneo ad ingannare la pubblica fede . 2. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione l'odierno imputato, per i seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamenta ex art. 606 lett. b cod. proc. pen. la violazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla dichiarazione di responsabilità. In particolare sussiste l'erronea applicazione dell'art. 489 cod. pen. sotto due profili da un lato, non è configurabile il reato dell'uso di atto falso qualora la fattispecie consista nell'esibizione della copia di un documento vero, rilevando in tal caso il fatto unicamente quale mero illecito amministrativo ex art. 188 commi 4 e 5 del Codice della Strada dall'altro lato, difetta l'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 489 cod. pen., costituito dal dolo generico. I giudici avrebbero dunque errato nel valutare come oggettivamente falso il pass incriminato, il quale sarebbe stato esibito in luogo del documento originale e non come semplice copia dello stesso , e nel qualificarlo come penalmente rilevante in quanto di per sé idoneo ad ingannare la pubblica fede. È al contrario pacificamente emerso come non sia di fatto stata riscontrata l'alterazione penalmente rilevante del documento autentico, né tanto meno la riproduzione di un documento non esistente si trattava a ben vedere della riproduzione fotostatica di un documento esistente. Circa il secondo profilo, i punti fermi chiaramente emersi all'esito del dibattimento sono 1 l'esistenza del documento costituito dal pass invalidi intestato alla madre dell'imputato e rilasciato dal Comune di Corsico, in quanto la sig.ra So. è effettivamente invalida civile al 75%, e dunque la legittimazione all'uso per cui tale documento è preordinato 2 l'esibizione nell'autovettura del figlio di una riproduzione del pass invalidi della madre in quanto egli risulta essere l'unico accompagnatore della stessa negli spostamenti necessari e, 3 , la evidente riproduzione di un documento vero essi dimostrano chiaramente come manchi una consapevole volontà di commettere il reato di falso. Infatti se, nell'intenzione dell'agente, il pass viene presentato come fotocopia e/o riproduzione di un documento vero senza apparire dunque come un documento falso, idoneo a trarre in inganno , viene automaticamente escluso il reato di uso di falso, come rilevato da recente giurisprudenza di legittimità Cass. pen., sez. V, sent. n. 18961 del 2017 . 2.2. Con il secondo motivo si deduce ex art. 606 lett. e cod. proc. pen. la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza in relazione alla dichiarazione di responsabilità per l'ipotesi di reato di cui all'art, art. 489 cod. pen. Non si comprende come i giudici di primo e secondo grado abbiano potuto emettere sentenza di condanna a carico del Mo. in ordine all'ipotesi di reato di cui all'art. 489 cod. pen. in luogo della unica e corretta ipotesi configurabile nel caso di specie un mero illecito amministrativo ex art. 188 del Codice della Strada. 2.3. Con il terzo motivo si deduce infine ex art. 606 lett. b ed e la violazione di legge e la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza per quanto riguarda la mancata applicazione nel caso di specie della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile i motivi sono manifestamente infondati e presentano anche tratti che attingono il fatto e il merito della regiudicanda. 1. I primi due motivi che attingono la sussistenza del reato sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo e tendono ad accreditare l'ipotesi che il fatto rilevi al più unicamente quale mero illecito amministrativo ex art. 188 commi 4 e 5 del Cod. strada, sono manifestamente infondati. E' invero solo il caso di evidenziare come la Corte di appello abbia fatto buon governo dei principi affermati da questa Corte in materia, avendo rilevato come oggettivamente falso il pass incriminato, il quale era stato esibito in luogo del documento originale e non come semplice copia dello stesso , copia che d'altronde non legittima l'esercizio dell'inerente diritto di parcheggio. Infatti, solo se nell'intenzione dell'agente il pass viene presentato come fotocopia e/o riproduzione di un documento vero senza apparire dunque come un documento falso, idoneo a trarre in inganno , viene automaticamente escluso il reato di uso di falso, come rilevato da recente giurisprudenza di legittimità Sez. 5, n. 18961 del 23/09/2016 Ud. dep. 20/04/2017 Rv. 270045 - 01 laddove nella motivazione della sentenza impugnata si dà atto che il pass è stato esposto come fosse l'originale costituendone la riproduzione fotostatica plastificata artigianalmente in modo tale da avere l'apparenza dell'originale. A fronte della evidenza della falsità del documento esibito ed utilizzato come fosse l'originale, le spiegazioni rese dal ricorrente sono state ritenute non convincenti, e sono stati reputati altresì non pertinenti i precedenti giurisprudenziali richiamati a sostegno della versione del fatto dalla difesa. Innanzitutto nel caso di specie l'uso dell'atto non è stato realizzato dal titolare effettivo del permesso, che era la madre dell'imputato e non quest'ultimo a ben vedere come si evince dalla motivazione della pronuncia impugnata, il ricorrente non dice neppure di averlo usato per sua madre in quella circostanza, essendosi limitato ad affermare solo che la sua auto era quella usata dalla genitrice per i propri spostamenti , con la conseguenza che non sono conferenti i precedenti che presuppongono l'uso da parte dell'avente diritto né assumono rilievo - prosegue la corte territoriale - quelli che escludono l'ipotesi della truffa ravvisando la fattispecie di cui all'art. 188 cod. strada, non essendo qui in gioco tale ipotesi di reato bensì quella dell'uso di atto falso. La corte territoriale ha invece correttamente ritenuto riconducibile il caso di specie a quei precedenti giurisprudenziali di questa Corte secondo cui integra il reato di falsità materiale - e in caso di mero uso di un siffatto documento il reato di cui all'art. 489 cod. pen. - la riproduzione fotostatica dell'originale di un permesso di parcheggio riservato ad invalidi attribuito ad altri e l'esposizione di tale falso permesso sul proprio veicolo, allorché il relativo documento abbia l'apparenza e sia utilizzato come originale, non presentandosi come mera riproduzione fotostatica. Non integra, invero, il reato di uso di atto falso art. 489 cod. pen. , l'esposizione sulla propria auto della fotocopia di un permesso di parcheggio riservato agli invalidi, qualora si tratti di fotocopia che appaia come tale come nel caso esaminato da questa Corte nella pronuncia Sez. 5, n. 22578 del 09/02/2010, Ferracuti, Rv. 24750001 in cui la fotocopia, essendo stata realizzata in bianco e nero, non poteva, in quanto tale, simulare l'originale, palesando chiaramente la sua natura di riproduzione fotostatica , laddove nel caso in scrutinio, come ben messo in luce nella sentenza impugnata, il pass aveva le sembianze di un atto originale, effettivamente esistente circostanza quest'ultima che, a differenza di quanto assume il ricorrente, non esclude la rilevanza penale dell'atto che si connota per le sue caratteristiche atte a trarre in inganno e a ledere la pubblica fede . 1.2. Il terzo motivo è anch'esso aspecifico, e meramente reiterativo nella parte in cui si evidenzia la occasionalità della condotta e la mancanza di dichiarazione di delinquente abituale, professionale o per tendenza nei confronti dell'imputato, a fronte della congrua motivazione già resa sul punto nella pronuncia impugnata. La sentenza impugnata ha, invero, già dato conto dei motivi per i quali non ha ritenuto di ravvisare nel caso in esame la fattispecie della particolare tenuità del fatto, ritenendo, in particolare, non qualificabile come di particolare tenuità l'utilizzo illecito di un documento abilitante al parcheggio nelle zone riservate agli invalidi, per la limitazione che reca ai soggetti legittimamente titolari del diritto all'utilizzo di tali aree oltre che insita in un siffatto modus operandi che implica l'uso di un documento artatamente falsificato allo scopo, una certa abitualità del comportamento . L'impostazione in diritto della corte territoriale è in linea con l'orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. non è sufficiente che il fatto sia occasionale, ma è necessario che l'offesa, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma primo, sia ritenuta di particolare tenuità cfr. tra tante, Sez. 3, n. 50782 del 26/09/2019, BORDONI ALFREDO, Rv. 27767401 . D'altronde ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti ex multis, Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647 - 01 , di talché la valutazione della corte territoriale nel caso di specie, risultando sorretta da esauriente e logica motivazione - e non da mere formule di stile - che ha inteso dare preminenza all'aspetto suindicato ritenuto, evidentemente, in buona sostanza, determinante ai fini della esclusione della particolare tenuità dell'offesa, non è sindacabile in questa sede. 2. Consegue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.