I gravi indizi di colpevolezza sono sufficienti per disporre la custodia cautelare in carcere

Nel giudizio de libertate gli indizi posti a fondamento della misura non vanno valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192 c.p.p., comma 2, - che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi - come si desume dall’art. 273 c.p.p., comma 1 bis , che richiama dell’art. 192 c.p.p., i commi 3 e 4 ma non il comma 2 cit. art. che richiede una particolare qualificazione degli indizi.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 676/21, depositata l’11 gennaio. Il Tribunale di Milano rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di un imputato sottoposto a custodia cautelare in carcere in relazione ad alcuni reati di natura sessuale commessi in danno della compagna. Il difensore ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per la contraddittorietà e carenza motivazionale del provvedimento in relazione alla gravità indiziaria. Anche in relazione al pericolo di reiterazione criminosa la motivazione sarebbe carente in quanto limitata a ribadire la gravità del fatto. Il ricorso viene però dichiarato inammissibile. In tema di misure cautelari personali, la giurisprudenza di legittimità afferma ormai pacificamente che nel concetto di gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. rientrano tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che - contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova - non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza . Si aggiunga che anche dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 63/2001, è ancora sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi , posto che l’art. 273 c.p.p., comma 1- bis , introdotto dalla legge citata richiama espressamente l’art. 192, commi 3 e 4 ma non il comma 2 che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi ne consegue che essi, in sede di giudizio de libertate , non vanno valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192 c.p.p., comma 2, - che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi - come si desume dall’art. 273 c.p.p., comma 1 bis , che richiama dell’art. 192 c.p.p., i commi 3 e 4 ma non il comma 2 cit. art. che richiede una particolare qualificazione degli indizi . Ribadisce inoltre il provvedimento in commento che allorquando sussista una prova diretta , quali le dichiarazioni rese dalla persona offesa, e non soltanto elementi di prova indiziaria, deve escludersi la necessità di fare ricorso al concetto di gravità inerente alla prova logica costituente l’indizio in quanto il minimo di gravità indiziaria è soverchiato dal diverso e più soddisfacente grado di prova acquisita la dichiarazione della parte offesa del reato di per sé rappresenta, pertanto, un plus rispetto all’apporto richiesto dall’art. 273 c.p.p. ed il richiamo ad opera dell’art. 273 c.p.p., comma 1 bis dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 non comporta la necessità che le dichiarazioni della persona offesa trovino riscontro in elementi esterni, così che esse possono ancora costituire da sole fonte di prova quando siano ritenute dal giudice, secondo il suo libero e motivato apprezzamento, attendibili sul piano oggetto e su quello soggettivo . Per questi motivi, avendo il Tribunale ampiamente motivato in ordine all’attendibilità della persona offesa, ai plurimi riscontri esterni ed avendo specificatamente risposto ai rilievi difensivi, la pronuncia impugnata si sottrae ad ogni censura.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 novembre 2020 – 11 gennaio 2021, n. 676 Presidente Di Nicola – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 22/07/2020, il Tribunale di Milano rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di C.P. avverso l’ordinanza emessa il 23/06/2020 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, con la quale era stata applicata al predetto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui all’art. 609- bis c.p. art. 609 ter c.p., n. 5 quater e art. 572 c.p. commessi in danno della compagna Ca.St. . 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione C.P. , a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 273, 292 comma 2 ter e 358 c.p.p. e correlato vizio di motivazione. Argomenta che la motivazione espressa in relazione alla gravità indiziaria era carente e contraddittoria, in quanto il Tribunale aveva ribadito la sussistenza dei gravi indizi a carico del ricorrente riportandosi a quanto contenuto nel provvedimento genetico e ritenendo attendibile la persona offesa senza prendere in considerazione le deduzioni difensive sul punto. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 9, e correlato vizio di motivazione, ribadendo che il Tribunale si era limitato a trascrivere gli elementi indicati in sede di applicazione della misura senza rielaborarli alla luce delle argomentazioni difensive, così incorrendo anche nella violazione della predetta disposizione normativa. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 274 c.p.p. e correlato vizio di motivazione. Argomenta che il Tribunale, nel ritenere sussistente il pericolo di reiterazione criminosa, si era limitato a rilevare la gravità dei fatti contestati ed i precedenti penali dell’indagato inoltre, non aveva giustificato l’adeguatezza della custodia cautelare in carcere rispetto agli arresti domiciliari, limitandosi ad affermare la mancanza di affidabilità dell’indagato sulla scorta della personalità dello stesso. Chiede, pertanto, disporsi la nullità o l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria di replica nella quale ha dato atto dell’intervenuta sostituzione della misura con quella degli arresti domiciliari e chiesto l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. I primi due motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente perché entrambi afferenti alla gravità indiziaria, sono manifestamente infondati. 1.1. Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo consolidata nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che - contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova - non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza. Sez. U, n. 11 del 21/04/1995 - dep. 01/08/1995, Costantino ed altro, Rv. 202002 . La valutazione allo stato degli atti in ordine alla colpevolezza dell’indagato, per essere idonea ad integrare il presupposto per l’adozione di un provvedimento de libertate, deve, quindi, condurre non all’unica ricostruzione dei fatti che induca, al di là di ogni ragionevole dubbio, ad uno scrutinio di responsabilità dell’incolpato, ma è necessario e sufficiente che permetta un apprezzamento in termini prognostici che, come tale, è ontologicamente compatibile con possibili ricostruzioni alternative, anche se fondate sugli stessi elementi. Ed è stato precisato che, ai fini dell’applicazione delle misure cautelari, anche dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 63 del 2001, è ancora sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, introdotto dalla legge citata richiama espressamente l’art. 192, commi 3 e 4 ma non il comma 2 che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi ne consegue che essi, in sede di giudizio de libertate, non vanno valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192 c.p.p., comma 2, - che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi - come si desume dall’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, che richiama dell’art. 192 c.p.p., i commi 3 e 4 ma non il comma 2 cit. art. che richiede una particolare qualificazione degli indizi Sez. 4, n. 37878 del 06/07/2007, Rv.237475 Sez. 5, n. 36079 del 05/06/2012, Rv.253511 Sez. 6, n. 7793 del 05/02/2013, Rv. 255053 Sez. 4, n. 18589 del 14/02/2013, Rv. 255928 Sez. 2, n. 26764 del 15/03/2013, Rv. 256731 Sez. 4, n. 22345 del 15/05/2014, Rv. 261963 Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, Rv. 268683 Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Rv. 269179 Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Rv. 270172 . Va, inoltre, rammentato che questa Corte - nel richiamare l’art. 273 c.p.p. che richiede la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza quale indefettibile minimum probatorio per l’adozione di una misura cautelare personale ha affermato - principio che va ribadito - che allorquando sussista una prova diretta, quali le dichiarazioni rese dalla persona offesa, e non soltanto elementi di prova indiziaria, deve escludersi la necessità di fare ricorso al concetto di gravità inerente alla prova logica costituente l’indizio in quanto il minimo di gravità indiziaria è soverchiato dal diverso e più soddisfacente grado di prova acquisita la dichiarazione della parte offesa del reato di per sé rappresenta, pertanto, un plus rispetto all’apporto richiesto dall’art. 273 c.p.p. ed il richiamo ad opera dell’art. 273 c.p.p., comma 1 bis dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 non comporta la necessità che le dichiarazioni della persona offesa trovino riscontro in elementi esterni, così che esse possono ancora costituire da sole fonte di prova quando siano ritenute dal giudice, secondo il suo libero e motivato apprezzamento, attendibili sul piano oggetto e su quello soggettivo Sez. 3, n. 39366 del 26/10/2006, Rv. 235521 Sez. 3, n. 1818 del 03/12/2010, dep. 20/01/2011, Rv. 249136 Sez. 5, n. 27774 del 26/04/2010, Rv. 247883 Sez. 5, n. 5609 del 20/12/2013, dep. 04/02/2014, Rv. 258870 . 1.2. Va, poi, evidenziato che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997 Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178 Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Rv. 265244 . Alla Corte di legittimità spetta il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. Il controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità 1 l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato 2 l’assenza di contraddizioni ed illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Rv. 255460 . La funzione di legittimità è, quindi, limitata alla verifica della adeguatezza del ragionamento e della valutazione adottata nel provvedimento sottoposto al suo esame, che deve manifestare con chiarezza ed esaustività quale argomentazione critica lo abbia sorretto nel pervenire alla ricostruzione dei fatti, tenendo conto di tutti gli elementi, sia contro che a favore del soggetto sottoposto al suo esame Sez. 6, n 40609 del 01/10/2008, Rv. 241214 Sez. 6, n. 18190 del 04/04/2012, Rv. 253006 Sez. 6, n. 27928 del 14/06/2013, Rv. 256262 . 1.3. Nella specie, il Tribunale ha ampiamente motivato in ordine alla attendibilità della persona offesa, valutando anche i plurimi riscontri esterni alle dichiarazioni della stessa e dando specifica risposta ai rilievi difensivi pag 3, 4, 5, 6, 7, 8 dell’ordinanza impugnata . La motivazione è congrua e non manifestamente illogica e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità. Le censure che il ricorrente svolge attengono, in sostanza, alla ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito e, quindi, sono meramente in fatto e, come tali, non deducibili in sede di legittimità. 2. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Secondo la pacifica giurisprudenza di questa Suprema Corte, la disciplina di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 stabilisce, rispetto ai soggetti raggiunti da gravi indizi di colpevolezza per uno dei delitti ivi considerati - tra i quali è ricompreso il contestato delitto di cui all’art. 609-bis c.p. -, una duplice presunzione relativa, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari an della cautela e alla scelta della misura quomodo della stessa . In presenza di tali reati, come rammentato dal Giudice delle Leggi cfr. sentenza 231 del 2011 , il Giudice deve considerare sussistenti le esigenze cautelari e l’adeguatezza della carcerazione cautelare ove non consti la prova della loro mancanza, secondo uno schema di prova di tipo negativo e secondo un modello che, sul piano pratico, si traduce in una marcata attenuazione dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti applicativi della custodia cautelare in carcere che si traduce nell’onere di dar semplicemente atto dell’inesistenza di elementi idonei a vincere la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari solo nel caso in cui l’indagato abbia allegato elementi di segno contrario, l’obbligo motivazionale diviene più pregnante in quanto il Giudice sarà tenuto a giustificare la ritenuta inidoneità degli stessi a superare la presunzione. Va, quindi, ribadito il consolidato principio di diritto, in base al quale, qualora sia stata applicata la misura della custodia in carcere per uno dei delitti indicati nell’art. 275 c.p.p., comma 3, e il giudice di merito non ritenga di poter superare la presunzione relativa, su di lui incombe solo l’obbligo di dare atto dell’inesistenza di elementi idonei a vincere tale presunzione, mentre l’obbligo di motivazione è imposto e diventa più oneroso nell’ipotesi in cui l’indagato o la sua difesa abbiano evidenziato elementi idonei a dimostrare l’insussistenza di esigenze cautelari e/o abbiano allegato, o anche solo dedotto l’esistenza ex actis di elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199387, Sez. 3, n. 1488 del 10/12/2013, dep. 15/01/2014, Rv. 258017 Sez. 3, n. 48706 del 25/11/2015, Rv. 266029 Sez. 3, n. 33037 del 15/07/2015, Rv. 264190 Sez. 6, n. 53028 del 06/11/2017, Rv.271576 . Nella specie, il Tribunale, nell’ordinanza oggetto del presente ricorso, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura applicata ha argomentato diffusamente richiamando ed analizzando la personalità negativa dell’indagato desunta dai numerosi precedenti penali, le modalità del fatto, le dinamiche proprie del rapporto con la persona offesa, l’indole aggressiva e la dipendenza da stupefacenti, elementi tutti che rafforzano la presunzione di legge. Rispetto all’indicato percorso argomentativo le doglianze del ricorrente si collocano ai confini della inammissibilità, prospettando censure del tutto generiche. 3. Sono inammissibili le allegazioni difensive e documentali di cui alla memoria di replica depositata dal difensore del ricorrente, in quanto introducono elementi sopravvenuti rispetto alla pronuncia della ordinanza impugnata. Va richiamato il principio secondo cui, in tema di impugnazioni cautelari, eventuali elementi sopravvenuti al momento della chiusura della discussione dinanzi al tribunale del riesame non assumono alcun rilievo nel successivo giudizio di legittimità, potendo essere fatti valere soltanto con una nuova richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare al giudice competente Sez. 3, n. 23151 del 24/01/2019, Rv. 275982 - 01 nella specie, peraltro, tanto è avvenuto, avendo il Giudice per le indagini preliminari, con provvedimento del 12.11.2020, sostituito la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, decidendo a seguito della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare avanzata dal difensore del ricorrente. 4. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. 5. Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. n. 186 del 2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.