Ultimissime sulla recidiva reiterata: le condizioni di applicabilità secondo la Cassazione

Non può farsi luogo all'applicazione dell'aggravante della recidiva reiterata nell'ipotesi in cui al soggetto agente non risulti applicata in precedenza la circostanza della recidiva per difetto del presupposto formale dell'anteriorità della data di irrevocabilità della precedente sentenza di condanna rispetto alla commissione del successivo reato.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la sentenza n. 37063/20, depositata il 22 dicembre. La recidiva del recidivo. La sentenza che oggi commentiamo ha ad oggetto un tema di rilevante importanza pratica l'individuazione delle condizioni in presenza delle quali può farsi luogo all’applicazione della circostanza aggravante della recidiva reiterata. È noto, intanto, qual è la funzione che l'aggravante della recidiva riveste nel nostro ordinamento stigmatizzare mediante un aumento del trattamento sanzionatorio la condotta di chi si è già reso responsabile di altri reati. Detta così, la questione potrebbe apparire di per sé priva di aspetti problematici. In realtà è vero l'esatto contrario. La natura giuridica della recidiva, i suoi criteri e presupposti di applicazione fanno sì che tra tutti gli elementi circostanziali sia quello che pone maggiori interrogativi. A ciò dobbiamo aggiungere che oltre alla recidiva c.d. semplice”, ne esiste anche la versione reiterata quest'ultima riguarda la posizione soggettiva di chi, già recidivo, commette un ulteriore reato. Nel caso che ci occupa, un soggetto, condannato per rapina, si duole dell'applicazione a suo danno dell'aggravante della recidiva reiterata nonostante dal suo casellario giudiziale non risulti mai essergli stata applicata in precedenza la recidiva semplice. Il ricorso per cassazione viene accolto – con rinvio ad altro giudice per un nuovo giudizio di comparazione tra elementi circostanziali di segno opposto - e ne vediamo immediatamente le ragioni. La recidiva un'aggravante o uno status soggettivo? Il primo punto sul quale si sono avvicendate numerose pronunce di legittimità riguarda la natura giuridica della recidiva è una circostanza aggravante ovvero uno status soggettivo derivante dall'essere stato precedentemente condannato con sentenza definitiva per un altro delitto non colposo? Intanto bisogna partire dal presupposto, ben chiaramente affermato dalla Consulta in numerose pronunce l'ultima delle quali è del 2015, che non esiste alcun automatismo nell'applicazione della circostanza o per meglio dire degli effetti aggravatori che da questa derivano il giudice di merito, infatti, dovrà verificare – dandone conto nella motivazione della sentenza – se la reiterazione del fatto di reato sia o meno effettivamente sintomatica di maggiore riprovevolezza e pericolosità sociale del reo . Da ciò ha preso le mosse la Cassazione a Sezioni Unite la sentenza è la celebre Calibè” del 2010 per negare che l'esistenza di precedenti penali reiterati sarebbe sia un'aggravante, sia una sorta di status soggettivo del reo , tale da consentire discrezionalmente l'applicazione dell'aumento di pena e da obbligare al tempo stesso il giudice a bilanciare la predetta circostanza con altre di segno opposto eventualmente presenti. Su questo solco altre pronunce rese a Sezioni Unite hanno ribadito la natura circostanziale della recidiva, inerente alla persona del colpevole sentenze Indelicato del 2011, Ciabotti del 2013, Filosofi del 2016 . Un ulteriore passo in avanti porta la data del 2019 sempre le Sezioni Unite sentenza Schettino affermano che l'aver negato all'imputato le attenuanti generiche a causa dei suoi precedenti penali non implica il riconoscimento della recidiva – nemmeno ai fini del calcolo della prescrizione del reato – se essa non ha comportato un aumento di pena, ovvero è stata oggetto di giudizio di comparazione. Dall'insieme dei principi determinati dal massimo consesso di legittimità ne discende la sussistenza, a carico del giudicante, sia dell'onere di motivare specificamente in ordine all'applicazione o meno della recidiva, sia di accertare il riconoscimento dell'aggravante nella storia” giudiziaria dell'imputato. La valutazione dei precedenti penali. Il documento rilevante a questi fini è in primo luogo il certificato del casellario giudiziale. Come talvolta accade, però, quest'ultimo non è aggiornato e le sue eventuali lacune dovranno essere colmate attraverso il reperimento e l'acquisizione delle precedenti sentenze di condanna. Ci si chiede, a questo punto per applicare la recidiva reiterata occorre accertare che la recidiva sia stata precedentemente ritenuta sussistente, ovvero basta verificare che nel casellario giudiziale risultino iscritti due precedenti sentenze di condanna per un delitto? Sul punto si contrappongono due distinti orientamenti che, secondo noi, meriterebbero una risposta chiarificatrice delle Sezioni Unite secondo il primo sarebbe possibile considerare recidivo reiterato anche chi non è mai stato definito giudizialmente recidivo semplice”. Secondo il contrapposto orientamento, procedere in questo modo costituirebbe un arbitrio. Nel caso di specie, alla seconda sezione penale della Cassazione si prospetta una situazione diversa che impedisce alla radice ogni valutazione sul punto non può parlarsi, nemmeno per ipotesi, di recidiva reiterata se fa difetto il presupposto formale della precedente dichiarazione di recidività a causa della posteriorità del passaggio in giudicato della relativa sentenza rispetto al successivo fatto di reato che ne avrebbe legittimato la dichiarazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 novembre – 22 dicembre 2020, n. 37063 Presidente Cammino – Relatore Messini D’Agostini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 3/1/2020 la Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Milano aveva condannato K.S. alla pena di tre anni di reclusione e 1.000,00 Euro di multa per il reato di rapina, commesso il omissis , previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale. 2. Ha proposto ricorso K.S. , a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza sulla base di due motivi. 2.1. Violazione della legge penale, in relazione all’art. 99 c.p., per essere stata applicata la recidiva reiterata all’imputato, nonostante nei precedenti giudizi egli non fosse mai stato dichiarato recidivo. A seguito delle pronunce della Corte costituzionale e delle Sezioni unite della Corte di cassazione in tema di applicazione della recidiva, si deve ritenere che la recidiva reiterata non possa essere correttamente contestata e legittimamente riconosciuta nei confronti di chi non è mai stato dichiarato recidivo. Pertanto, la locuzione se il recidivo commette un altro delitto non colposo , di cui all’art. 99 c.p., comma 4, va interpretata nel senso che è recidivo non colui che, avendo riportato un’iniziale condanna per delitto non colposo, ne commetta un altro, bensì il soggetto rispetto al quale vi sia stato l’accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra lo status e il nuovo fatto che deve risultare, in relazione alla tipologia dei reati pregressi e all’epoca della loro consumazione, sintomatico sul piano della consapevolezza e della pericolosità sociale . Nel caso di specie, risulta dal casellario giudiziale che all’imputato non è mai stata contestata ed applicata la recidiva, cosicché, qualificata come semplice la recidiva nel presente processo, il primo giudice avrebbe potuto riconoscere le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, non ostandovi il disposto dell’art. 69 c.p., comma 4. 2.2. Contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra la rapina di cui si tratta e i fatti-reato oggetto di altra sentenza irrevocabile. La Corte di appello non ha considerato che tutti i fatti sono stati commessi con analoghe modalità esecutive, in danno di soggetti vulnerabili, da un tossicodipendente, determinatosi a commettere le rapine per acquistare lo stupefacente. Considerato in diritto 1. Il ricorso va accolto limitatamente alla doglianza proposta con il primo motivo. 2. Il secondo motivo, inerente al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione, è manifestamente infondato. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l’identità del disegno criminoso non può essere confusa con il generico proposito di commettere reati, derivante da una scelta di vita deviante, sussistendo una radicale diversità tra l’identità della spinta criminosa o del movente pratico sotteso alle plurime violazioni di legge e l’unicità del disegno criminoso richiesto per la configurabilità del reato continuato infatti, perché possa essere ritenuta la continuazione, è necessario che i vari reati siano stati programmati sin dall’inizio nelle loro linee essenziali e, a tal fine, l’esistenza di un’ideazione preventiva e unitaria deve essere provata con una serie di elementi dai quali possa desumersi che sin dalla commissione del primo reato esistesse un programma criminoso diretto alla commissione di altri reati Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615 Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, Esposti, dep. 2016, Rv. 266413 Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, Bordoni, Rv. 264294 Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809 Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Daniele, RV 255156 . Il principio è stato di recente ribadito dalle Sezioni unite di questa Corte, che hanno precisato come il giudice di merito debba procedere ad una rigorosa, approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori - quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita - del fatto che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici di cui sopra se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea, di contingenze occasionali, di complicità imprevedibili, ovvero di bisogni e necessità di ordine contingente, o ancora della tendenza a porre in essere reati della stessa specie o indole in virtù di una scelta delinquenziale compatibile con plurime deliberazioni Sez. U, n. 28569 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 . Inoltre, anche a seguito della modifica dell’art. 671 c.p.p., comma 1, ad opera della L. 21 febbraio 2006, n. 49, lo stato di tossicodipendenza dell’imputato non comporta automaticamente il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, ma può giustificarlo, con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti da tale stato, solo se sussistono anche le altre condizioni rilevanti ai fini della configurabilità di un iniziale medesimo disegno criminoso Sez. 1, n. 4094 del 03/12/2019, dep. 2020, Stante, Rv. 278187 Sez. 1, n. 50686 del 18/09/2019, Raccichini, Rv. 277864 Se 2, n. 22493 del 21/03/2019, Avanzini, Rv. 275420 . Con adeguata e insindacabile motivazione, la Corte di appello, considerate le circostanze del caso concreto, ha ritenuto che fra la rapina di cui si tratta e quelle precedenti, commesse per lo più in danno di minori con sottrazione di telefoni cellulari, non vi fosse una connessione finalistica, ed ha escluso una preventiva ideazione e programmazione dell’ultimo delitto al momento della realizzazione dei precedenti. La motivazione non risulta contraddittoria o illogica, avendo valorizzato legittimamente, come elemento determinante ostativo al riconoscimento della continuazione, il notevole lasso di tempo oltre tre anni intercorso fra i diversi delitti commessi dall’imputato. 3. È fondato, invece, nei termini che seguono, il primo motivo con il quale il ricorrente ha contestato la legittimità della contestazione e dell’applicazione della recidiva come reiterata, ipotesi disciplinata dall’art. 99 c.p., comma 4, secondo il quale, s e il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della pena nel caso di cui al comma 1, è della metà e, nei casi previsti dal comma 2, è di due terzi . L’incipit del comma 4 dell’articolo, prima della modifica operata dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, era il medesimo s e il recidivo commette un altro reato , facendosi riferimento, però, alla commissione di un nuovo reato, senza eccezione alcuna, e quindi anche ai delitti colposi e alle contravvenzioni, la cui rilevanza ai fini della recidiva è venuta meno a seguito della citata novella. Secondo una risalente pronuncia di questa Corte, il richiamo al recidivo che commette un altro reato, contenuto nella citata disposizione, non suffraga la tesi secondo cui in tanto la recidiva reiterata può essere contestata in quanto in precedenza sia stata dichiarata giudizialmente la recidiva semplice dalla lettura della norma risulta che il termine recidivo è stato usato dal legislatore per comodità di esposizione, per non ripetere la definizione contenuta nel comma 1 dello stesso articolo e non già per indicare una qualità del soggetto giudizialmente affermata Sez. 3, n. 624 del 20/05/1993, Mighetto, Rv. 195127 in senso conforme v. Sez. 1, n. 24023 del 06/05/2003, Andreucci, Rv. 225233 . Richiamando questo principio, la giurisprudenza successiva all’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 ha ribadito che la recidiva reiterata può essere riconosciuta in sede di cognizione anche quando in precedenza non sia stata dichiarata giudizialmente v. Sez. 5, n. 41288 del 25/09/2008, Moccia, Rv. 241598 nonché Sez. 2, n. 18701 del 07/05/2010, Arullani, Rv. 247089 . Una precisazione assai rilevante sul tema è successivamente intervenuta con la sentenza Calibè Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838 . Sulla scia di numerose pronunce della Corte costituzionale, chiamata a verificare la compatibilità della nuova disciplina con vari principi della Carta fondamentale sent. n. 193 del 14/06/2007, cui fecero seguito molte ordinanze d’inammissibilità di analogo tenore n. 409 del 2007, nn. 33, 90, 193 e 257 del 2008, n. 171 del 2009 , le Sezioni unite hanno statuito che il giudice, in presenza della contestazione della recidiva, è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità, tenendo conto, secondo quanto precisato dalla indicata giurisprudenza costituzionale e di legittimità, della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali . È a tale pronuncia che si deve la netta distinzione fra contestazione della recidiva obbligatoria per il pubblico ministero , accertamento dei requisiti formali e applicazione della recidiva, che impone al giudice detta verifica, da compiere in ogni caso, dopo la espunzione della recidiva obbligatoria, a seguito della sentenza n. 185 del 23 luglio 2015 della Corte costituzionale. Le Sezioni unite, dunque, hanno disatteso espressamente il precedente orientamento, secondo il quale la semplice esistenza dei precedenti penali reiterati configurerebbe insieme una circostanza aggravante ed una sorta di status soggettivo del reo, con la conseguenza che, pur essendo al giudice consentito di escludere il relativo aumento di pena, sarebbe comunque indefettibile sottoporre la recidiva reiterata al giudizio di comparazione fra circostanze di segno opposto con i limiti indicati dall’art. 69 c.p., comma 4 dunque con il conseguente sostanziale, indiscriminato ed automatico aggravamento della sanzione che si reputa non conforme ai principi di rango costituzionale che informano il sistema punitivo . Risolvendo sulla base dei suddetti principi il contrasto giurisprudenziale in ordine all’interpretazione dell’art. 444 c.p.p., comma 1-bis, le Sezioni unite hanno affermato che l’esclusione ex ante della recidiva reiterata ad opera del giudice del patteggiamento allargato consente l’accesso al rito speciale dell’imputato al quale la circostanza aggravante sia stata contestata, poiché dalla ritenuta inidoneità della ricaduta nel delitto a determinare, di per sé, un aumento di pena per il fatto per cui si procede discende, altresì, l’inoperatività della clausola di esclusione contenuta nell’art. 444 c.p.p., comma 1-bis per coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’art. 99 c.p., comma 4 . È proprio su questo punto che nella sentenza Calibè vi è la fondamentale precisazione che qui rileva la suddetta formula lessicale non può essere interpretata nel senso che indichi la necessità di una pregressa dichiarazione giudiziale della recidiva la circostanza aggravante, invero, può solo essere ritenuta ed applicata per i reati in relazione ai quali è contestata, ed in questo modo deve essere intesa detta espressione la quale, imprecisa sotto il profilo tecnico, è stata evidentemente utilizzata dal legislatore per ragioni di semplificazione semantica essendo essa riferita anche ad altre situazioni soggettive che, attributive di uno specifico status delinquente abituale, professionale e per tendenza , abbisognano di un’apposita dichiarazione che la legge espressamente prevede e disciplina agli artt. 102, 105, 108 e 109 c.p. . 4. La insistita sottolineatura della recidiva quale circostanza aggravante, inerente alla persona del colpevole art. 70 c.p., comma 2 risulta opportuna, poiché utile ai fini dell’inquadramento della questione di cui qui si tratta nella prassi, inoltre, gli errori più frequenti nell’applicazione dell’istituto discendono proprio dal fatto che questo dato fondamentale viene obliterato si pensi ai casi in cui la recidiva è erroneamente sottratta al giudizio di comparazione fra circostanze . Si consideri che, ad onta della natura circostanziale della recidiva, lo stesso legislatore del 2005 è incorso in altra svista lessicale, prevedendo che per particolari delitti, indicati nell’art. 99 c.p., comma 5, l’aumento per la recidiva fosse obbligatorio , con ciò intendendo in realtà disporre che in quei casi la circostanza dovesse essere applicata dal giudice, in presenza evidentemente dei corretti presupposti formali, senza alcuno spazio per una sua valutazione discrezionale. Del tutto pacificamente, infatti, si riteneva, prima della sentenza n. 185 del 2015 della Corte costituzionale, che il riconoscimento di attenuanti, ritenute equivalenti alla recidiva, sia pure obbligatoria, potesse paralizzare l’aumento di pena mentre invece era controverso se le attenuanti potessero essere riconosciute prevalenti sulla recidiva, nei casi in cui la stessa fosse obbligatoria in senso affermativo v. Sez. 5, n. 48655 del 15/11/2012, Amato, Rv. 254560 contra Sez. 5, n. 13658 del 30/01/2009, Maggiani, Rv. 243600 nonché Sez. 1, n. 17313 del 15/04/2008, Giglio, Rv. 239620 . Assai rilevante in proposito è l’altra sentenza delle Sezioni unite, sempre in tema di recidiva, di poco successiva alla Calibè, la quale ha evidenziato che la recidiva qualificata, prevista nelle ipotesi di cui all’art. 99 c.p., commi 2, 3 e 4, aggravata, pluriaggravata e reiterata , è una circostanza aggravante ad effetto speciale, in quanto comporta un aumento della pena superiore ad un terzo art. 63 c.p., comma 3 . Partendo da questo presupposto, le Sezioni unite hanno ritenuto applicabile la disciplina ex art. 63 c.p., comma 4, in caso di concorso della recidiva non semplice con un’altra circostanza aggravante ad effetto speciale, affermando il seguente principio di diritto la recidiva, che può determinare un aumento di pena superiore ad un terzo, è una circostanza aggravante ad effetto speciale e, pertanto, soggiace, ove ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale, alla regola dell’applicazione della pena stabilita per la circostanza più grave, con possibilità per il giudice di un ulteriore aumento Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664 . La stessa sentenza ha poi statuito che, in caso di concorso omogeneo di circostanze aggravanti ad effetto speciale art. 63 c.p., comma 4 , l’individuazione della circostanza più grave sulla base del massimo della pena astrattamente prevista non può comportare, in presenza di un’altra aggravante il cui limite minimo sia più elevato, l’irrogazione di una pena ad esso inferiore , applicando il medesimo principio, attesa la identità di ratio, già affermato in tema di concorso formale e di continuazione fra i reati, poi ribadito nella sentenza Ciabotti Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Rv. 255348 . Anche con la sentenza Filosofi, le Sezioni unite hanno considerato la natura circostanziale della recidiva, statuendo che i l limite di aumento di pena non inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave, di cui all’art. 81 c.p., comma 4, nei confronti dei soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99 c.p., comma 4, opera anche quando il giudice consideri la recidiva stessa equivalente alle riconosciute attenuanti Sez. U, n. 31669 del 23/06/2016, Rv. 267044 . A proposito di detto limite, va ricordato altresì che, secondo il diritto vivente, in ragione del tenore letterale della disposizione, detto aumento minimo presuppone non solo l’applicazione della recidiva nel processo del cui trattamento sanzionatorio si discute, ma anche che l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa antecedentemente alla data di commissione dei reati per i quali si procede Sez. 4, n. 22545 del 13/09/2018, Dal Pan, Rv. 276268 Sez. 1, n. 18773 del 26/03/2013, De Luca, Rv. 256011 Sez. 1, n. 31735 del 01/07/2010, Samuele, Rv. 248095 Sez. 1, n. 17928 del 22/04/2010, Caniello, Rv. 247048 Sez. 1, n. 32625 del 02/07/2009, Delfino, Rv. 244843 da ultimo v. Sez. 1, n. 22751 del 10/07/2020, Calafato, non mass. . 5. Di recente le Sezioni unite, con la sentenza Schettino n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Rv. 275319 , hanno statuito un altro rilevante principio l a valorizzazione dei precedenti penali dell’imputato per la negazione delle attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva in assenza di aumento della pena a tale titolo o di giudizio di comparazione delle concorrenti circostanze eterogenee in tal caso, la recidiva non rileva ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato , in ragione di quanto espressamente previsto dall’art. 157 c.p., comma 3, che rende ininfluente il giudizio di comparazione fra circostanze, ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere, determinato solo ai sensi del comma 2. La stessa sentenza, a proposito della natura circostanziale della recidiva, ha nel contempo affermato che, ove il giudizio di bilanciamento di cui all’art. 69 c.p. si concluda con una valutazione di subvalenza della recidiva, di questa non può tenersi conto ad alcuno effetto, salvo che nelle ipotesi in cui sia espressamente previsto che deve tenersi conto della recidiva senza avere riguardo al giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. Peraltro, proprio previsioni di tal fatta pongono in luce i diversi effetti derivanti da un giudizio che riconosce la recidiva ma la valuta subvalente e una statuizione che nega la ricorrenza della recidiva . Pertanto, al di fuori della prescrizione, rimane privo di effetto il riconoscimento della recidiva se ritenuta subvalente nel giudizio di comparazione, avuto riguardo agli altri casi indicati nella medesima sentenza ai fini del tempo che determina l’estinzione della pena art. 172 c.p., comma 7 e di quello necessario per ottenere la riabilitazione art. 179 c.p., comma 2 ai fini delle preclusioni in tema di amnistia art. 151 c.p., comma 5 e di indulto art. 174 c.p., comma 3 . La sola recidiva reiterata, poi, quanto al giudizio di cognizione, rileva ai seguenti fini della impossibilità di considerare determinati criteri nella valutazione inerente al riconoscimento delle attenuanti generiche, per alcuni gravi reati art. 62 bis c.p., comma 2, dichiarato parzialmente illegittimo con la sentenza n. 183 del 2011 della Corte costituzionale del divieto di prevalenza delle attenuanti nel giudizio di comparazione fra circostanze art. 69 c.p., comma 4, dichiarato parzialmente illegittimo con le sentenze nn. 251 del 2012, 105 e 106 del 2014, 74 del 2016, 205 del 2017 e 73 del 2019 della Corte costituzionale dell’aumento minimo previsto dall’art. 81 c.p., comma 4 dell’accesso al patteggiamento allargato art. 444 c.p.p., comma 1-bis . La pronuncia Schettino ha anche rivolto un monito ai giudici di merito affinché, proprio in ragione delle molteplici conseguenze che discendono dall’applicazione della recidiva specie se reiterata , evitino di ricorrere a motivazioni di puro stile, che non espongano i dati fattuali presi in considerazione, i criteri utilizzati per valutarli, un coerente giudizio circa la maggiore rimproverabilità del reo per non essersi fatto motivare dalle precedenti condanne, come pure avrebbe dovuto fare . Da ultimo le Sezioni unite - come risulta dalla informazione provvisoria hanno risposto affermativamente al quesito inerente al rilievo della recidiva qualificata ai fini della procedibilità di ufficio, prevista dall’art. 649 bis c.p. per taluni reati contro il patrimonio, qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale sentenza del 24/09/2020, ric. P.G. in proc. Li Trenta . 6. Alla luce di questo quadro emerge quanto i principi ora sinteticamente richiamati impongano al giudice di merito non solo un onere motivazionale in ordine all’esercizio del proprio potere discrezionale sull’applicazione o meno della recidiva nel caso concreto, ma anche oneri di accertamento in ordine al riconoscimento dell’aggravante nei precedenti processi. Il giudice, infatti, già in sede di verifica sulla correttezza della contestazione della recidiva, dovrà valutare se la precedente condanna a delitto non colposo sia effettivamente rilevante, ai fini della recidiva, ovvero, per contro, debba trovare applicazione il disposto dell’art. 106 c.p., comma 2, che preclude di considerare, a tali fini, le condanne per le quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena che estingua anche gli effetti penali, come in caso di riabilitazione Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, Pesce, Rv. 269042 o di esito positivo dell’affidamento in prova ai servizi sociali Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Marcianò, Rv. 251688 Sez. 3, n. 41697 del 08/05/2018, G., Rv. 273941 Sez. 3, n. 39550 del 04/07/2017, Mauri, Rv. 271342 o di declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 c.p.p. Sez. 6, n. 6673 del 29/01/2016, Mandri, Rv. 266119 . Si è visto, inoltre, che il giudice che intenda applicare nel proprio processo l’aggravante della recidiva reiterata, qualora debba operare un aumento a titolo di continuazione, è tenuto a verificare, fermo restando il limite dell’art. 81 c.p., comma 3, se in un precedente processo sia stata ritenuta ed applicata detta forma di recidiva. Generalmente dal certificato del casellario giudiziale potranno essere tratte le necessarie informazioni, l’incompletezza delle quali potrà essere superata dall’acquisizione delle sentenze rilevanti peraltro, vi è un onere di allegazione e deduzione delle parti, che è particolarmente rilevante nel giudizio di secondo grado, nel caso in cui si ponga in discussione l’applicazione della recidiva, anche in relazione al tipo di aggravante semplice, aggravata, pluriaggravata, reiterata semplice o aggravata . Dall’esame del certificato penale il giudice non può poi prescindere, qualora ritenga di applicare la recidiva, se non paralizzata dal riconoscimento di alcuna circostanza attenuante ritenuta quantomeno equivalente , poiché i n nessun caso l’aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo art. 99 c.p., comma 5 . 7. La centralità della natura circostanziale della recidiva consente di cogliere il senso di decisioni anche recenti di questa Corte, adesive a quelle inizialmente richiamate, secondo le quali il giudice della cognizione può accertare, a differenza di quello di esecuzione, i presupposti della recidiva reiterata, prevista dall’art. 99 c.p., comma 4, anche quando in precedenza non sia stata dichiarata giudizialmente la recidiva semplice così Sez. 2, n. 21451 del 05/03/2019, Gasmi, Rv. 275816 nello stesso senso v. Sez. 5, n. 47072 del 13/06/2014, Hoxha, Rv. 261308 . Richiamando la puntualizzazione della sentenza Calibè la recidiva, al pari di ogni altra circostanza aggravante, non viene dichiarata , ma può solo essere ritenuta e applicata ai reati in relazione ai quali è contestata , con la più recente sentenza si è disattesa la deduzione del ricorrente secondo la quale, ai fini della contestazione dell’aggravante nella forma reiterata occorre una precedente sentenza dichiarativa dello status di recidivo , con una statuizione che risulta ineccepibile, proprio perché è in radice erroneo il riferimento ad uno status di recidivo e, ancor di più, ad una dichiarazione di recidiva, che pacificamente non può esistere, come evidenziato dalle Sezioni unite sin dalla sentenza Caibè e rimarcato nella sentenza Indelicato, la quale ha ribadito la piena adesione alla concezione della recidiva quale circostanza aggravante ed il rifiuto di ogni forma di automatismo nell’applicazione della stessa. Invero, pur con qualche imprecisione lessicale, un orientamento espresso da larga parte della dottrina, presente anche nella giurisprudenza di merito, intende affermare, proprio sulla base del superamento della concezione della recidiva come mero status desumibile dal certificato penale, che l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva reiterata presuppone che in almeno un precedente processo, definitosi con sentenza divenuta irrevocabile prima della commissione del nuovo reato v. infra , sia stata contestata ed applicata la circostanza aggravante della recidiva. È a tale orientamento che il ricorrente ha fatto riferimento richiamando testualmente una sentenza di merito. Non si tratta allora, di evocare una pregressa dichiarazione di recidiva come pure, impropriamente, è stato fatto in altra parte del ricorso , bensì di valutare se, ai fini dell’applicazione della recidiva reiterata, occorra accertare che la recidiva sia stata in precedenza ritenuta ovvero sia sufficiente riscontrare nel certificato penale la presenza di due precedenti condanne per delitto. È necessario, tuttavia, operare una precisa e netta distinzione fra i diversi casi che si possono presentare al giudice, il quale, preso atto della contestazione della recidiva reiterata semplice o aggravata e accertata la sussistenza dei presupposti formali, decida di applicare la circostanza aggravante, ritenendo che nel caso concreto il nuovo illecito sia sintomatico sul piano della colpevolezza e della pericolosità sociale. Si potrà presentare, allora, l’ipotesi che all’imputato non sia mai stata applicata la recidiva, in quanto i precedenti giudici, nell’esercizio del loro potere discrezionale, hanno ritenuto che il nuovo reato non fosse significativo di maggiore colpevolezza e di più elevata capacità a delinquere del reo e quindi insussistente il presupposto sostanziale per l’applicazione della circostanza, così definito dalla sentenza Indelicato. A tale ipotesi, alla luce dell’obiter dictum della sentenza Schettino, dovrebbe essere assimilabile quella in cui la recidiva, pur se non esclusa, sia stata ritenuta subvalente rispetto a uno o più circostanze attenuanti. Vi è poi anche la possibilità che la recidiva, in presenza dei presupposti formali, non sia stata contestata dal pubblico ministero. Nei casi ora prospettati la questione va correttamente posta nei seguenti termini può il giudice applicare la recidiva reiterata, ritenendo dunque - ora per allora - che nel precedente processo vi fossero le condizioni per applicare la circostanza aggravante della recidiva semplice? E quindi l’omessa pregressa applicazione od anche contestazione della circostanza consente comunque di ritenere l’imputato quale un recidivo che abbia commesso un altro delitto non colposo, come richiesto dall’art. 99 c.p., comma 4. In alcune delle pronunce citate, pur essendosi disatteso espressamente il motivo di ricorso con il quale impropriamente veniva dedotta la necessaria pregressa dichiarazione di recidiva, la Suprema Corte ha implicitamente dato risposta affermativa ai suddetti quesiti, anche se senza un approfondimento del tema e previo richiamo alla risalente pronuncia del 1993, fondata - come visto sulla interpretazione del termine recidivo di cui al suddetto comma si legge, ad esempio, nella citata sentenza n. 21451 del 2019, che l’imputato, in ragione delle due condanne per delitto riportate nel certificato penale , si trova nelle condizioni perché a suo carico sia applicata la recidiva reiterata . Per contro, nella pronuncia del giudice di merito richiamata dal ricorrente, si sostiene che, se nel certificato dell’imputato risultano più condanne senza alcun riferimento alla aggravante della recidiva deve ritenersi che i giudici che si sono pronunziati dopo la prima condanna , l’hanno esclusa, valutando insussistente il presupposto sostanziale, costituito dalla maggiore colpevolezza e dalla più elevata capacità a delinquere del reo. Capovolgere tale valutazione in occasione di successive affermazioni di penale responsabilità e cioè ritenere recidivo, nei sensi di cui sopra, un soggetto che nessun giudice ha ritenuto di qualificare tale oltre ad apparire arbitrario in difetto di elementi valutativi idonei a sostituire la valutazione effettuata dal primo giudice causa cognita , appare una violazione contra reum del giudicato formatosi sul punto così App. Ancona, n. 3381 del 22/10/2013 . 8. Ritiene il Collegio che, delineata la questione generale nei suddetti termini, la fattispecie in esame presenti una specificità, trascurata nella sentenza impugnata, secondo la quale la condizione di recidivo reiterato dell’imputato è desumibile dalla pluralità e reiterazione degli episodi delittuosi per cui è intervenuta condanna . Il caso di cui si tratta è diverso da quelli sopra prospettati, che - come visto - riguardano ipotesi di recidiva reiterata 1 esclusa dal giudice del precedente processo o dai giudici dei precedenti processi 2 ritenuta subvalente nel giudizio di comparazione 3 non contestata neppure dal pubblico ministero, in presenza dei presupposti per la obbligatoria contestazione. Nella fattispecie in esame si può prescindere dalla questione del rilievo dell’applicazione della disciplina della continuazione fra i reati giudicati nel secondo e nel terzo processo a carico del ricorrente, continuazione che secondo la più recente giurisprudenza Sez. 3, n. 54182 del 12/09/2018, Pettenon, Rv. 275296 Sez. 3, n. 20143 del 22/03/2018, B., Rv. 272745 Sez. 5, n. 51607 del 19/09/2017, Amoruso, Rv. 271624 Sez. 2, n. 18317 del 22/04/2016, Plaia, Rv. 266695 - sarebbe irrilevante ai fini del legittimo riconoscimento di una recidiva reiterata, pur in presenza di condanne per reati poi avvinti da detto vincolo, che ridurrebbero ad uno solo il precedente con la conseguenza, però, di un trattamento diverso, quanto all’applicazione della recidiva, nel caso in cui la continuazione sia riconosciuta nell’ambito dello stesso processo ovvero in processi separati . Si osserva, dunque, che - con la prima sentenza del 14/1/2015, irrevocabile il 16/2/2016 sub 1 del certificato del casellario giudiziale , all’imputato fu applicata la pena per reati commessi nel 2014 - con la seconda sentenza in data 1/7/2015, irrevocabile anch’essa il 16/2/2016 sub 2 del certificato del casellario , all’imputato fu applicata la pena per reati commessi il 13/4/2015 - con la terza sentenza, emessa il 12/10/2017, irrevocabile il 28/11/2017, sub 3 del certificato l’imputato fu condannato per reati commessi fra il omissis . Ciò significa che nè nel secondo nè nel terzo processo la recidiva è stata e poteva essere ab origine contestata, in quanto i reati ivi giudicati erano stati commessi in data anteriore al passaggio in giudicato delle precedenti sentenze. Nessuno dei reati oggetto dei diversi processi fu commesso dall’imputato quando era già divenuta irrevocabile una precedente condanna egli, quindi, non aveva mai commesso un altro reato dopo essere stato condannato per un delitto non colposo . Infatti è pacifico che, perché possa configurarsi la recidiva, occorre che il nuovo reato sia commesso dopo che la precedente condanna sia divenuta irrevocabile, non essendo sufficiente che esso giunga a definitiva consumazione dopo tale momento in questo senso, già in epoca risalente, cfr. Sez. 3, n. 7302 del 17/05/1994, Pietra, Rv. n. 198204 . Più di recente, in continuità con detta pronuncia, si è affermato che, in tanto può evocarsi lo status di recidivo e nelle varie forme previste dall’art. 99 c.p., in quanto le condanne utilizzate come precedenti siano passate in giudicato prima della commissione del fatto-reato cui la recidiva stessa si riferisce. È ben vero, infatti, che, mentre l’art. 99, comma 1, nel far riferimento alla condizione di chi commette un reato dopo essere stato condannato , chiaramente evoca - attraverso la locuzione condannato - una pronuncia di condanna irrevocabile temporalmente antecedente alla commissione del nuovo delitto, nel comma 4 dello stesso articolo, per descrivere la figura della recidiva reiterata, il legislatore adotta il diverso enunciato se il recidivo commette un altro delitto non colposo quasi a lasciar intendere che la condizione del già recidivo sorga dalla duplice condanna, a prescindere da quando è divenuta irrevocabile la seconda condanna non si dice, infatti, come nel comma 1, che il nuovo reato è stato commesso dopo che la persona è stata condannata due volte . Ma è tuttavia evidente che, in tanto può parlarsi di già recidivo, in quanto le condanne che qualificano tale condizione siano passate in giudicato prima della commissione del nuovo reato così Sez. 2, n. 41806 del 27/09/2013, Iadonisi, Rv. 257242 in senso esattamente conforme v. Sez. 6, n. 16149 del 03/04/2014, Madeddu, Rv. 259681 nonché Sez. 3, n. 57983 del 25/09/2018, C., Rv. 274692 . I casi ora citati riguardano fattispecie parzialmente diverse da quella in esame nella pronuncia del 2013 è stata esclusa la recidiva reiterata perché la seconda condanna era passata in giudicato successivamente alla commissione del fatto per cui si procedeva nella sentenza del 2014 alla medesima conclusione si è pervenuti perché le prime due condanne, sulle quali si fondava la contestazione della recidiva reiterata, erano divenute entrambe irrevocabili dopo la commissione del fatto in esame in quella del 2018, per contro, la correttezza della contestazione della recidiva reiterata è stata riconosciuta perché entrambe le pronunce precedenti erano passate in giudicato prima della commissione del nuovo fatto. In tale ultima sentenza, preso atto che alla data di commissione del nuovo reato le due precedenti condanne erano divenute irrevocabili, si è ritenuto che l’imputato fosse già recidivo perché condannato due volte senza la necessità, evidentemente, di verificare la pregressa applicazione della recidiva , e si è affermato che, ai fini della configurabilità della recidiva reiterata, è necessario che il nuovo reato sia commesso dopo il passaggio in giudicato cui la stessa si riferisce, giacché il soggetto autore del nuovo crimine deve essere a quel momento in condizione di conoscere tutte le conseguenze penali che ne derivano e, dunque, anche lo status di recidivo reiterato . Alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni unite, in precedenza richiamati, risulta improprio il persistente riferimento ad uno status per indicare quella che, di volta in volta, è invece l’applicazione facoltativa di una circostanza aggravante se anche si ritiene irrilevante la precedente applicazione della recidiva semplice, non vi è dubbio che quella della recidiva reiterata richiede pur sempre una verifica pregnante circa la significatività del nuovo fatto-reato, evidenziata dalle Sezioni unite in tutte le sentenze in precedenza richiamate. 9. Ciò che rileva, comunque, è che il principio generale affermato nelle citate sentenze risulta pertinente al caso di specie. Pacifico essendo che la recidiva possa essere contestata ed applicata solo se il fatto-reato per cui si procede è stato commesso successivamente al passaggio in giudicato della precedente sentenza, si deve ritenere - nel caso in cui nel precedente processo o nei precedenti processi non vi era la possibilità di contestare la recidiva semplice, aggravata o pluriaggravata ex art. 99 c.p., commi 1, 2 e 3 , in quanto il fatto era stato commesso prima del passaggio in giudicato della precedente sentenza - che sia per ciò stesso preclusa la contestazione ed applicazione della recidiva nella forma reiterata. Utilizzando l’improprio riferimento allo status, che pure si trova nelle pronunce citate da ultimo, si potrebbe affermare che non può avere lo status di recidivo reiterato chi non poteva avere ab origine, per la mancanza di un indefettibile presupposto formale commissione del reato dopo la data di irrevocabilità della sentenza sulla quale si fonderebbe la recidiva , lo status di recidivo. In altri e più precisi termini, si può enunciare il seguente principio di diritto È preclusa l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva reiterata art. 99 c.p., comma 4 nel caso in cui in un precedente processo non sia mai stata applicata la recidiva semplice, aggravata o pluriaggravata in quanto mancava il presupposto formale costituito dall’anteriorità della data di irrevocabilità della precedente sentenza rispetto a quella di commissione del nuovo fatto . 10. Ne consegue che, nel caso di specie, l’aggravante della recidiva va riqualificata come specifica ed infraquinquennale art. 99 c.p., comma 3 e che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, non potendosi in astratto escludere che, venuta meno la preclusione di cui all’art. 69 c.p., comma 4, operante solo per la recidiva reiterata, le attenuanti generiche possano essere riconosciute dal giudice di secondo grado con giudizio di prevalenza sulla recidiva, come richiesto dalla difesa nell’atto di appello. Il giudice del rinvio, dunque, procederà a nuovo giudizio di comparazione fra dette attenuanti e la recidiva, così come riqualificata, esprimendo un nuovo motivato giudizio nel senso della equivalenza ovvero della prevalenza delle prime sulla seconda. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione della recidiva, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità e inammissibile il ricorso nel resto.