Il giudice dell’esecuzione non può sostituire la revoca della patente con la sospensione

Tenendo conto della natura di sanzione amministrativa accessoria propria della revoca della patente per i delitti di cui agli articolo 589-bis e 590-bis c.p., il giudice dell’esecuzione non ha il potere di modificare la statuizione oggetto della sentenza di condanna passata in giudicato relativa alla revoca al fine di disporre la sanzione più mite della sospensione, quando ne ricorrano i presupposti, esulando ciò dall’ambito di applicazione dell’articolo 30, comma 4, l. numero 87/1953.

Questo l’oggetto della decisione della Suprema Corte numero 37034/20, depositata il 22 dicembre. Il difensore dell’imputato chiedeva al GUP la rideterminazione della pena a lui applicata per il reato di cui all’articolo 589-bis c.p., chiedendo la sostituzione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida con quella della sospensione della stessa, invocando a tal fine gli effetti della sentenza numero 88/2019 della Corte Costituzionale. Quest’ultima, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’articolo 222, quarto periodo, d.lgs. numero 285/1992, nella parte in cui non prevede per i reati di cui agli articolo 589-bis e 590-bis, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, che il giudice possa disporre in alternativa alla revoca della patente la sospensione della medesima quando non ricorrano le circostanze aggravanti previste. Tuttavia, il GUP dichiarava inammissibile la richiesta, considerando che la sostituzione richiamata aveva cessato di avere efficacia il giorno successivo dalla pubblicazione della suddetta decisione. Per questo motivo, lo stesso difensore impugna la decisione mediante ricorso per cassazione. I Giudici di legittimità dichiarano infondati i motivi di ricorso, chiarendo che la revoca della patente connessa ai delitti ex articolo 589-bis e 590-bis c.p. ha natura di sanzione amministrativa accessoria, dunque, anche in presenza di condotte suscettibili di dar luogo alla sanzione della sospensione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale richiamata, «non rientra tra i poteri del giudice dell’esecuzione modificare la statuizione della sentenza di condanna passata in giudicato relativa alla suddetta revoca, esulando questa dall’ambito di applicazione dell’articolo 30, comma 4, della legge 11 marzo 1953, numero 87». Per tale ragione, gli Ermellini affermano che il carattere amministrativo della sanzione, avente finalità preventiva e non penale, esclude l’operatività dell’articolo 30, comma 4, l. numero 87/1953, non essendo dunque possibile per il giudice dell’esecuzione rideterminare la pena inflitta. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 settembre – 22 dicembre 2020, numero 37034 Presidente Casa – Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con atto rivolto al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Siena, in fase esecutiva, il difensore di P.M. chiedeva la rideterminazione della pena applicata a costui, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., con sentenza emessa dal predetto Giudice in data 1 febbraio 2018, divenuta irrevocabile il 14 marzo 2018, per il reato di cui all’articolo 589-bis c.p In particolare, il difensore chiedeva la sostituzione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida con quella meno grave della sospensione della patente stessa. Il richiedente invocava gli effetti della sentenza numero 88 del 2019, emessa dalla Corte costituzionale il 19 febbraio 2019, depositata il 17/04/2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale numero 17 del 24 aprile 2019, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 30 aprile 1992, numero 285, articolo 222, comma 2, quarto periodo, nuovo codice della strada, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 c.p.p., per i reati di cui agli articolo 589-bis omicidio stradale e articolo 590-bis lesioni personali stradali gravi o gravissime del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso dell’articolo 222 C.d.S., comma 2, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi l’articolo 589-bis c.p., commi 2 e 3 e articolo 590-bis c.p 2. Il suddetto Giudice dell’udienza preliminare dichiarava l’istanza inammissibile, notando che la sostituzione invocata dal condannato non poteva aver luogo, poiché l’articolo 222 C.d.S., comma 2, dichiarato costituzionalmente illegittimo, nel senso sopra indicato, con la citata sentenza della Corte costituzionale numero 88 del 19 febbraio 2019, aveva cessato di avere efficacia il giorno successivo dalla pubblicazione di tale sentenza, con la conseguente intangibilità delle decisioni definitive adottate facendo applicazione della norma dichiarata incostituzionale, in base alle regole generali dettate dall’articolo 136 Cost. e L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 30, comma 3. Secondo il giudice dell’esecuzione, dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 222 C.d.S., comma 2, discende una differenza relativa non a pena detentiva, pecuniaria o accessoria, ma a sanzione amministrativa di competenza prefettizia, applicata dal giudice penale in attuazione dell’articolo 222 C.d.S., comma 1, con la conseguenza che non può trovare applicazione la L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 30, comma 4, che dispone la cessazione dell’esecuzione e di tutti gli effetti penali della sentenza irrevocabile di condanna pronunciata in applicazione della norma dichiarata incostituzionale. 3. Il difensore dell’istante ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, richiamando l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, in relazione all’articolo 3 Cost., articolo 136 Cost., comma 1 agli articolo 6 e 7 Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per il tramite dell’articolo 117 Cost., comma 1 al L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 30,commi 3 e 4,. In considerazione della natura sostanzialmente penale della sanzione, formalmente amministrativa ma in realtà punitiva, il giudice dell’esecuzione, tenendo conto anche dei principi della citata CEDU, avrebbe dovuto applicare L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 30, comma 4, disponendo la rideterminazione della sanzione della revoca della patente di guida che era stata inflitta sulla base dell’articolo 222 C.d.S., comma 2, norma successivamente dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale nel senso sopra indicato. 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, richiamando l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , mancanza e manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione, in relazione all’articolo 3 Cost., articolo 136 Cost., comma 1 agli articolo 6 e 7 Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per il tramite dell’articolo 117 Cost., comma 1 al L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 30, terzo e comma 4. Il giudice dell’esecuzione ha reso motivazione carente e insufficiente, richiamando la sentenza Sez. U, numero 42858 del 29/05/2014, Rv. 260697, Gatto, ma omettendo di tener conto della portata innovativa della sentenza numero 63 del 21 marzo 2019 della Corte costituzionale, che costituisce un punto di svolta nell’ambito dell’applicabilità della retroattività favorevole a tutte le sanzioni amministrative a carattere punitivo. Considerato in diritto 1. La trattazione del caso rende opportuno il richiamo della recente giurisprudenza di legittimità sull’argomento. 1.1. È stato chiarito che la revoca della patente di guida correlata alla condanna per i delitti di cui agli articolo 589-bis e 590-bis c.p., ha natura di sanzione amministrativa accessoria, attesa la sua finalità precipuamente preventiva e la limitatezza dell’arco di tempo in cui al destinatario è inibito il conseguimento di un nuovo titolo abilitativo alla guida pertanto, anche nel caso di condotte suscettibili, a seguito della sentenza della Corte Cost. numero 88 del 2019, di dar luogo, in sede di cognizione, alla più mite sanzione della sospensione, non rientra tra i poteri del giudice dell’esecuzione modificare la statuizione della sentenza di condanna passata in giudicato relativa alla suddetta revoca, esulando questa dall’ambito di applicazione della L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 30, comma 4 Sez. 1, numero 1804 del 14/11/2019, dep. 2020, Rv. 278182 . 1.2. In applicazione del predetto principio, pienamente condivisibile, deve affermarsi che entrambi i motivi di ricorso - riguardanti rispettivamente presunte violazioni di legge e lamentati vizi motivazionali - sono infondati, poiché il carattere amministrativo, con finalità precipuamente preventiva e non penale della sanzione prevista dall’articolo 222 C.d.S., comma 2, esclude l’operatività del L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 30, comma 4, con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione non poteva applicare tale disposizione per rideterminare la pena inflitta, con sentenza irrevocabile, in base alla norma dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza del 19 febbraio 2019, numero 88. Per quanto riguarda, in particolare, il secondo motivo di ricorso, deve notarsi, per completezza, che non può pervenirsi a soluzione diversa, rispetto a quella adottata dal giudice dell’esecuzione, neppure sulla base dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza emessa il 21 marzo 2019, numero 63, richiamata dal ricorrente, perché essa concerne ipotesi di sanzioni amministrative munite di elevatissima carica afflittiva, quindi dotate di carattere punitivo in funzione repressiva, mentre alla sanzione accessoria della revoca della patente di guida, rilevante nel caso qui esaminato, va riconosciuta finalità eminentemente preventiva e non Aa carattere punitivo, anche per l’arco temporale limitato, come sopra precisato. 2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.