Inammissibile l’istanza di restituzione nel termine per sopperire alla negligenza dell’avvocato

La condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza ex art. 97 c.p.p., comma 4, - in sostituzione del difensore di ufficio di cui all’art. 97 c.p.p., comma 1, - che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di ufficio assente circa lo sviluppo del processo e la pronuncia della sentenza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p., non può essere considerata, per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore.

È il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 36821/20, depositata il 21 dicembre. La Corte d’Appello di Napoli rigettava le istanze avanzate nell’interesse di un condannato e volte ad ottenere la rescissione del giudicato ex art. 629- bis c.p.p., nonché la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p. per proporre appello avverso la sentenza di cui si chiedeva la rescissione. La decisione era fondata sulla negligenza del difensore che, pur in presenza di precisi accordi con l’imputato, aveva omesso di proporre appello avverso la sentenza. La questione è dunque giunta all’attenzione della Suprema Corte. Il ricorrente invoca il vizio di motivazione in ordine alla mancata restituzione nel termine sottolineando il caso fortuito derivante dal fatto che il difensore d’ufficio , pur avendo appunto mantenuto costanti contatti con l’imputato, non si era presentato all’udienza all’esito della quale il Tribunale pronunciava sentenza con motivazione contestuale, facendo erroneamente affidamento sul termine ordinario di impugnazione . Il Collegio ricorda il consolidato principio secondo cui il mancato o l’ inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore - che legittimano la restituzione nel termine -, poiché consistono in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo Cass.Pen. n. 3631/16 . Si tratta di un principio che trova applicazione anche in caso di patrocinio d’ufficio . È infatti evidente che per ciò che concerne gli obblighi professionali che incombono al difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, non esiste alcuna differenza nel nostro ordinamento processuale, ridondando, semmai, la questione sull’onorario spettante al difensore di fiducia che abbia in ipotesi adempiuto in modo negligente al mandato . In conclusione, la pronuncia in oggetto cristallizza il principio di diritto secondo cui in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza ex art. 97 c.p.p., comma 4, - in sostituzione del difensore di ufficio di cui all’art. 97 c.p.p., comma 1, - che, in violazione degli obblighi di diligenza , abbia omesso di informare il difensore di ufficio assente circa lo sviluppo del processo e la pronuncia della sentenza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p., non può essere considerata , per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito , nè di forza maggiore . Il ricorso viene in conclusione rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 27 novembre – 21 dicembre 2020, n. 36821 Presidente Tardi – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato le istanze avanzate nell’interesse di C.A. volte a ottenere la rescissione del giudicato ex art. 629-bis c.p.p. in relazione alla sentenza del Tribunale di Nola in data 11 Aprile 2019, definitiva il 2 maggio 2019, nonché la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p. per proporre appello avverso la detta sentenza. In particolare, è stata esclusa la ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 175 c.p.p. derivante dalla presunta negligenza del difensore il quale, pur in presenza di chiari e precisi accordi con l’imputato, ometteva di proporre appello avverso la sentenza non avvedendosi del termine breve di 15 giorni dalla pronuncia della sentenza con motivazione contestuale. 2. Ricorre C.A. , a mezzo del difensore avv. Arturo Cola, che, limitatamente alla restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., denuncia il vizio della motivazione perché sussisteva il caso fortuito derivante dalla circostanza che il difensore d’ufficio, pur avendo mantenuto costanti contatti con l’imputato, non si presentava all’udienza all’esito della quale il Tribunale pronunciava la sentenza con motivazione contestuale e, erroneamente, faceva affidamento sul termine ordinario di impugnazione. In particolare, il ricorso deduce l’inapplicabilità della giurisprudenza di legittimità Sez. 4, n. 55106 del 18/10/2017, Hudorovic, Rv. 271660 citata dalla Corte d’appello di Napoli perché il difensore non era legato da incarico fiduciario, essendo stato nominato di ufficio, e perché era stato concluso, come risulta dalla nota a firma del ridetto difensore, un espresso accordo verbale in forza del quale in occasione dell’ultima udienza il difensore avrebbe dovuto comunicare l’esito del processo all’imputato, impegnandosi quindi a proporre l’eventuale impugnazione e comunque ad avvisare lo stesso dei motivi della condanna in tempo utile per proporre appello. Risulta, invece, che nonostante la diligenza dell’imputato, il quale ha mantenuto stabili collegamenti con il difensore e gli ha attribuito lo specifico compito di tenerlo informato della pronuncia della sentenza, il difensore, che non aveva partecipato all’udienza di discussione finale, non si è accorto che l’appello andava proposto entro il termine breve, così rendendo impossibile per un caso fortuito, cioè imprevedibile e non evitabile, il deposito dell’atto di impugnazione. Non può essere posto a carico dell’imputato un ulteriore onere di diligenza, consistente nel vigilare sull’attività del proprio difensore, avendo egli fatto ragionevole affidamento sull’incarico conferito al difensore il quale non si è attenuto agli obblighi previsti dall’art. 1176 c.c Considerato in diritto 1. Il ricorso, che non censura il rigetto dell’istanza ex art. 629-bis c.p.p., è infondato nella parte in cui critica la decisione impugnata sotto l’angolo visuale dell’art. 175 c.p.p 2. La giurisprudenza di legittimità e costantemente orientata ad affermare che il mancato o l’inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore - che legittimano la restituzione nel termine -, poiché consistono in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo Sez. 6, n. 3631 del 20/12/2016 dep. 2017, Porricelli, Rv. 269738 . 2.1. Tale principio di diritto trova applicazione anche nel caso dell’inadempimento del difensore di ufficio. 3. Il ricordato principio di diritto, costantemente seguito dalla Corte di legittimità, trova applicazione, per identità di ratio, anche quando il patrocinio è assegnato d’ufficio. La sentenza SU De Pascalis Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233419 ha chiarito che in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore d’ufficio, che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore circa il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p., non può essere considerata, per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore . È perciò evidente che, per ciò che concerne gli obblighi professionali che incombono al difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, non esiste alcuna differenza nel nostro ordinamento processuale, ridondando, semmai, la questione sull’onorario spettante al difensore di fiducia che abbia in ipotesi adempiuto in modo negligente al mandato. 4. Va ricordato che la rimessione nel termine per proporre impugnazione è stata chiesta da C. ai sensi dell’art. 175 c.p.p., il quale ne individua le possibili cause nella forza maggiore o nel caso fortuito. 4.1. L’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte, in relazione ai concetti di forza maggiore e caso fortuito, consente di ritenere ormai pacifico che costituisce causa di forza maggiore quel fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, perciò, è irresistibile, mentre si definisce caso fortuito ogni evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo. Ciò che caratterizza, dunque, il caso fortuito è la sua imprevedibilità , mentre nota distintiva della forza maggiore è l’elemento della irresistibilità . Connotazione comune a entrambi è la inevitabilità del fatto. 4.2. Nel caso in esame, il difensore d’ufficio presente all’udienza ex art. 97 c.p.p., comma 4 - che rivestiva la qualifica di sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p. e, quindi, esercitava gli stessi diritti e doveva assumere gli stessi doveri del difensore di ufficio assente - ha violato gli obblighi di diligenza che incombevano su di lui, in quanto era tenuto ad avvertire il difensore dello sviluppo ed esito del giudizio e, in particolare, che era stata emessa una sentenza di condanna dell’imputato e che decorrevano i termini per impugnarla. 4.3. Ciò che in questa sede rileva, ai fini della fondatezza dell’istanza di rimessione in termini, è stabilire se la mancata conoscenza dell’esito del processo di primo grado, da parte di C. e del suo difensore di ufficio, sia stato determinato da caso fortuito o da forza maggiore. Al quesito è stata data legittimamente, dalla Corte d’Appello, risposta negativa dal momento che non si verte in ipotesi di evento non evitabile con la normale diligenza, nè di causa di forza maggiore, cioè di evento irresistibile, visto che, con un comportamento improntato a normale diligenza accesso nella cancelleria del giudice che doveva celebrare il dibattimento , il difensore avrebbe potuto conoscere per tempo che era stata pronunciata una sentenza di condanna e presentare l’impugnazione, essendo egli, del resto, a conoscenza della data dell’udienza di discussione. 4.4. D’altra parte, le omissioni eventualmente ascrivibili al difensore, nominato ex art. 97 c.p.p., comma 4, non hanno dato luogo a un evento irresistibile, nè imprevedibile e, dunque, inevitabile. 5. Costituisce, infatti, violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita. Si noti che il difensore nominato d’ufficio, ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali, deve darne tempestiva e motivata comunicazione all’autorità procedente ovvero incaricare della difesa un collega che, ove accetti, è responsabile dell’adempimento dell’incarico art. 26 Codice deontologico forense , sicché egli non risulta esonerato dall’obbligo di diligenza. Ciò rende ragione dell’insussistenza di una ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, dovendosi, semmai, ascrivere l’evento verificatosi alla violazione di un obbligo professionale che incombe sul difensore. 5.1. Costituisce, del resto, principio indiscusso quello di equiparazione della difesa di fiducia a quella d’ufficio e, con riferimento al potere di impugnazione, il riconoscimento di un autonomo potere in capo al difensore nominato in sostituzione ex art. 97 c.p.p., comma 4. Il massimo consesso giudiziario ha, da tempo, chiarito che, poiché il nuovo codice di procedura penale ha realizzato, in attuazione della direttiva n. 105 della Legge-Delega, la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch’essa si caratterizza per l’immutabilità del difensore fino all’eventuale dispensa dall’incarico o all’avvenuta nomina fiduciaria, il diritto di impugnazione riservato in via autonoma al difensore ai sensi dell’art. 571 c.p.p., comma 3, compete al difensore di ufficio a suo tempo designato dal giudice o dal pubblico ministero, che va considerato titolare dell’ufficio di difesa anche al momento del deposito del provvedimento impugnabile, pur se, in costanza di una delle situazioni previste dall’art. 97 c.p.p., comma 4, egli sia stato momentaneamente sostituito. Tuttavia, per l’esigenza di non costringere la sostituzione del difensore di ufficio in limiti temporali aprioristicamente determinati o di correlarla a cadenze o a momenti processuali prestabiliti e per l’impossibilità di pretendere dal difensore sostituito comunicazioni circa le cause ed i tempi di durata dell’impedimento, può ritenersi utilmente proposta l’impugnazione da parte del difensore sostituto che, nei tempi e con le forme prescritte dalla legge, abbia preso l’iniziativa di presentare gravame a fronte del silenzio del difensore sostituito tale intervento, che di per sé costituisce un’innegabile forma di garanzia per l’imputato e di salvaguardia dei suoi interessi, non produce tuttavia effetti vincolanti per il difensore titolare dell’ufficio, al quale va coerentemente riconosciuto il diritto, se ancora nei termini, di proporre l’impugnazione, così superando quanto fatto in sua vece Sez. U, n. 22 del 11/11/1994, Nicoletti, Rv. 199399 . L’esistenza di un tale autonomo potere di impugnazione pone, in effetti, al riparo l’assistito da qualunque conseguenza derivante dall’assenza del proprio patrocinatore dall’udienza in cui è stata pronunciata la sentenza, poiché attribuisce al sostituto processuale, in disparte l’obbligo di informare il difensore titolare, un autonomo potere di impugnazione. 6. Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza ex art. 97 c.p.p., comma 4, - in sostituzione del difensore di ufficio di cui all’art. 97 c.p.p., comma 1, - che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di ufficio assente circa lo sviluppo del processo e la pronuncia della sentenza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p., non può essere considerata, per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore . 6.1. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.