Concessi i domiciliari al padre mafioso per assistere il figlio autistico

La Corte di Cassazione si esprime in merito al diniego relativo alla richiesta dell’imputato di sostituire la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari al fine di assistere il figlio infraseienne affetto da un grave disturbo dello spettro autistico, nonostante la presenza della madre. In particolare, afferma che nella valutazione relativa alla assoluta impossibilità” della madre ad occuparsi del figlio minore deve porsi al centro l’integrità psico-fisica del piccolo da accudire in relazione alla necessaria assistenza da parte di entrambi i genitori.

Così la Suprema Corte nella sentenza n. 36884/20, depositata il 21 dicembre. Il Tribunale del riesame di Lecce rigettava l’appello proposto contro l’ordinanza con cui il GIP aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti dell’attuale ricorrente, il quale era indagato per il delitto di cui agli artt. 416- bis c.p. e 73 d.P.R. n. 309/1990. La misura era stata richiesta dall’indagato poiché padre di minore di 5 anni affetto da grave disturbo dello spettro autistico tuttavia, il Tribunale non aveva concesso la misura richiesta poiché non rientrante nell’ambito dell’art. 275, comma 4, c.p.p., in quanto la madre del piccolo non versava in una condizione di impossibilità a prestare assistenza al figlio. Il padre impugna la suddetta decisione mediante ricorso per cassazione. La Suprema Corte accoglie il ricorso, osservando come il comma 4 dell’art. 275 c.p.p. legittimi la valutazione circa la ricorrenza di una situazione di incompatibilità con il regime carcerario per il padre di prole di età non superiore a 6 anni quando la madre sia deceduta ovvero assolutamente impossibilitata ad assistere il figlio, comportando una deroga per gli imputati di alcuni gravi reati, tra cui rientra proprio quello di cui all’art. 416- bis c.p Tenendo conto di ciò, nonché del quadro clinico molto problematico del figlio del ricorrente, la Corte richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 17/2017, la quale ha evidenziato che il divieto di cui alla norma citata è frutto del giudizio di valore operato dal legislatore, il quale stabilisce che sulla esigenza processuale e sociale della coercizione intramuraria deve prevalere la tutela di un altro interesse di rango costituzionale, quello correlato alla protezione costituzionale dell’infanzia . A tale interesse si correla un altro principio affermato dalla Suprema Corte, secondo cui l’impossibilità assoluta per la madre di assistere il figlio ex art. 275, comma 4, c.p.p., si individua con riferimento non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche alla situazione del minore, tenendo conto del rischio concreto di deficit” assistenziale dal punto di vista della compromissione irreversibile del processo evolutivo-educativo derivante dalla mancata presenza di entrambi i genitori. Tale assoluta impossibilità” della madre, proseguono gli Ermellini, può desumersi anche dalle condizioni precarie di salute della donna, nonché dalla necessità di provvedere alle necessità di altro figlio minorenne portatore di grave malattia . Ciò posto, la Corte afferma che nella valutazione del giudice occorre, dunque, porre al centro l’ integrità psico-fisica del minore da accudire in relazione alla necessaria assistenza da parte dei genitori in un momento delicato per la formazione fisica e psichica di un minore di 6 anni. Non avendo il Giudice valutato nel caso concreto la condizione di salute del piccolo e verificato la sussistenza o meno di un deficit” assistenziale, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia gli atti al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 ottobre – 21 dicembre 2020, n. 36884 Presidente De Gregorio – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 19 maggio 2020, il Tribunale del riesame di Lecce ha rigettato l’appello contro l’ordinanza del GIP di Lecce che aveva respinto l’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di P.G. , indagato per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso all’art. 416 bis c.p. e per più episodi di traffico di sostanze stupefacenti D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 . In particolare, il Tribunale condividendo la valutazione del G.i.p. ha evidenziato come l’attenuazione della misura richiesta dall’indagato - avente un figlio di cinque anni P.A. affetto da grave disturbo dello spettro autistico - non possa essere concessa, ponendosi, la situazione dedotta, al di fuori del perimetro applicativo dell’art. 275 c.p.p., comma 4, non versando la madre del piccolo P.A. in una condizione di impossibilità a prestare assistenza al figlio e potendo comunque avvalersi del sostegno di soggetti esterni, attraverso il ricorso a figure private o a strutture pubbliche. 2. Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza P.G. , con atto a firma del proprio difensore, Avv. Pantaleo Cannoletta, denunciando la violazione di legge art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b in relazione all’art. 275 c.p.p., comma 4 e il conseguente vizio di motivazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e invero, l’indagato aveva dedotto, documentato e dimostrato le condizioni gravi del figlio, P.A. , affetto da disturbo dello spettro autistico con compromissione intellettiva e del linguaggio associata a disregolazione emotiva e atteggiamento oppositivo, con disturbi del sonno, assenza di linguaggio, eteroaggressività, tendenza all’autolesionismo e a mettere in atto condizioni pericolose che rendono impossibile a una donna sola di prestargli assistenza l’art. 275 c.p.p., comma 4 è dettato allo scopo di tutelare il superiore interesse del fanciullo a mantenere un rapporto continuativo con ciascuno dei genitori, dai quali ha il diritto di ricevere ogni cura il deficit assistenziale può pregiudicare l’esistenza del minore, ma ad avviso del Tribunale, il divieto di mantenimento della custodia cautelare in carcere è correlato solo all’ipotesi in cui la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole tuttavia, occorre considerare come sia irrinunciabile la funzione di padre, ossia inalienabile e intangibile il diritto del minore infraseienne a ricevere assistenza sufficiente da parte di un genitore l’art. 275 c.p.p., comma 4 non va letto in maniera ragionieristica - come fa l’ordinanza censurata che ne esclude comunque l’applicazione nel caso di specie sul presupposto per cui la madre non sarebbe assolutamente impossibilitata a dare assistenza al figlio, le cui condizioni, per giunta, non rileverebbero affatto - dovendo il giudice, nell’applicarlo, considerare la condizione dello stesso minore nello specifico caso al suo esame, soprattutto quando gli effetti della malattia non possono che peggiorare nel tempo pertanto, l’ordinanza del tribunale del riesame di Lecce, è viziata e deve essere annullata, o comunque deve essere sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 275 c.p.p., comma 4 per contrasto con gli artt. 2, 3, 31 e 32 e con il generale principio di ragionevolezza, nella parte in cui non consente che il giudice possa, in assenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, valutare il caso concreto e sostituire la misura della custodia in carcere con gli arresti domiciliari nei confronti del padre di un minore di età, anche superiore ai sei anni, quando la madre, in ragione delle gravi condizioni di salute psichica del minore, sia assolutamente impossibilitata ad assicurare la sua costante protezione da atti autolesionistici o eteroaggressivi. 3. Con memoria del 22.9.2020 la difesa del ricorrente ha depositato motivi aggiunti con i quali ha ulteriormente illustrato le deduzioni di cui al ricorso, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 18/2020, ed a conforto della fondatezza della questione di legittimità costituzionale che si chiede di sollevare. Considerato in diritto Il ricorso va accolto nei limiti di cui si dirà. 1. Va premesso che l’ordinanza impugnata ha escluso che ricorrano nei confronti dell’indagato, P.G. , esigenze cautelari di eccezionale rilevanza , atteso che quest’ultimo - pur avendo ricoperto in ambito associativo mafioso un ruolo di spicco partecipava ad importanti summit relativi alla spartizione dei proventi derivanti da estorsioni e veniva designato per l’esecuzione di un omicidio, sia pur non portato a termine - non ricopriva funzioni verticistiche o apicali all’interno del sodalizio ed, inoltre, era gravato da precedenti penali risalenti nel tempo. Pertanto, in assenza di esigenze di eccezionale rilevanza , l’art. 275 c.p.p., comma 4 legittima la valutazione della ricorrenza di una situazione di incompatibilità con il regime carcerario per il padre di prole di età non superiore a sei anni, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole . Invero, tale comma 4 comporta una deroga sia pur soggetta a condizioni e limiti ai criteri di scelta delle misure cautelari dettati dai precedenti commi del cit. articolo, e, quindi, anche alla presunzione legale contenuta nel comma 3 di adeguatezza della sola custodia cautelare carceraria per gli imputati di alcuni gravi reati, tra i quali quello di cui all’art. 416-bis c.p. così Corte Cost. n. 17/2017 . 2. P.G. invoca la sua incompatibilità con il regime carcerario, evidenziando che il figlio infraseienne P.A. , sulla base della documentazione medica prodotta - e segnatamente di quella da ultimo recante la data del marzo 2019 - presenta un quadro clinico molto problematico, che comprende un grave disturbo dello spettro autistico con compromissione intellettiva e del linguaggio associata, livello di gravità 3, disregolazione emotiva e atteggiamento oppositivo . Il Tribunale del riesame, pertanto, a fronte della richiesta di far rientrare l’indagato nel suo nucleo familiare, affinché coadiuvasse la madre nella gestione del piccolo A. stante le sue condizioni di salute, ha rigettato tale istanza, ritenendo che -la rilevanza del ruolo paterno nell’ambito delle ipotesi di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4 risulta ancora circoscritto all’ambito di una mera supplenza, onde l’incompatibilità con il carcere sorge per il padre soltanto ove la madre sia in condizioni fisiche, psicologiche od esistenziali, tali da non poter prestare assistenza ai minori - la difesa dell’indagato non ha in alcun modo dedotto - prima ancora che documentato l’esistenza di una impossibilità in capo alla madre di prestare assistenza al figlio A. , potendo la stessa comunque avvalersi del sostegno di soggetti esterni, attraverso il ricorso a figure private o strutture pubbliche di sostegno - l’art. 275 c.p.p., comma 4 correla il divieto di mantenimento della custodia cautelare in carcere solo all’ipotesi in cui la madre sia deceduta ovvero assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, mentre, nel caso in esame, la madre è in vita e pare svolgere egregiamente il suo ruolo genitoriale da tutte le relazioni allegate si evince infatti che il piccolo A. veniva accompagnato dalla madre presso i centri medici interessati ai fini della rivalutazione diagnostica e, comunque, sarebbe incongruente una soluzione che affidasse alla discrezionalità del giudice penale l’apprezzamento, caso per caso, della particolare condizione del minore, derivando da essa l’incoerente condizione di un giudice chiamato ad applicare una misura nei confronti di un imputato sulla base di valutazioni relative non già a quest’ultimo, ma ad un soggetto terzo il minore estraneo al processo. 3. Tale valutazione - che riconduce l’apprezzamento del divieto di custodia in carcere per il padre di minore infraseienne ex art. 275 c.p.p., comma 4 in dipendenza dell’assoluta impossibilità della madre di occuparsi della prole esclusivamente al perimetro della idoneità fisica, psicologica od esistenziale della genitrice ad occuparsi della prole, disancorandolo dalle concrete condizioni del minore - appare non aderente alla ratio della norma ed ai valori costituzionali che l’hanno ispirata. 3.1. In alcune pronunce di questa Corte è stato evidenziato come la ratio del divieto legislativo di applicazione della misura cautelare carceraria, in presenza di minori di età inferiore ai sei anni, risieda nella necessità di salvaguardare la loro integrità psicofisica, dando prevalenza alle esigenze genitoriali ed educative su quelle cautelari entro limiti ben precisi , garantendo così ai figli l’assistenza genitoriale, in un momento particolarmente significativo e qualificante della loro crescita e formazione cfr. per tutte Sez. 5, n. 8636 del 15/02/2008, Rv. 239042 Sez. 6, n. 29355 del 30/04/2014, Rv. 259934 . 3.2. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 17 del 2017, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 275 c.p.p., comma 4, in riferimento agli artt. 3, 13, 24 e 111 Cost. - nella parte in cui, prevedendo che non possa essere disposta o mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di imputati per gravi reati, che siano genitori di prole solo di età non superiore a sei anni , imporrebbe automaticamente l’applicazione della misura cautelare carceraria al compimento del sesto anno d’età del minore, senza permettere al giudice di valutare le particolarità del caso concreto, con asserita lesione dell’effettività dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali in materia di libertà personale - ha evidenziato, tra l’altro, come il divieto sancito dall’art. 275 c.p.p., comma 4 sia frutto del giudizio di valore operato dal legislatore, il quale stabilisce che sulla esigenza processuale e sociale della coercizione intramuraria deve prevalere la tutela di un altro interesse di rango costituzionale, quello correlato alla protezione costituzionale dell’infanzia, garantita dall’art. 31 Cost .Già la Corte Cost. in altre pronunce ha posto in evidenza sentenze n. 239 del 2014, n. 7 del 2013 e n. 31 del 2012 la speciale rilevanza dell’interesse del figlio minore a vivere e a crescere nell’ambito della propria famiglia, mantenendo un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, dai quali ha diritto di ricevere cura, educazione e istruzione, ed ha riconosciuto che tale interesse è complesso ed articolato in diverse situazioni giuridiche. Queste ultime trovano riconoscimento e tutela sia nell’ordinamento costituzionale interno - che demanda alla Repubblica di proteggere l’infanzia, favorendo gli istituti necessari a tale scopo art. 31 Cost., comma 2 - sia nell’ordinamento internazionale, ove vengono in particolare considerazione le previsioni dell’art. 3, comma 1 della già citata Convenzione sui diritti del fanciullo e dell’art. 24, comma 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo. Queste due ultime disposizioni qualificano come superiore l’interesse del minore, stabilendo che in tutte le decisioni relative ad esso, adottate da autorità pubbliche o istituzioni private, tale interesse deve essere considerato preminente precetto che assume evidentemente una pregnanza particolare quando si discuta dell’interesse del bambino in tenera età a godere dell’affetto e delle cure materne così, in particolare, sentenza n. 239 del 2014 . L’elevato rango dell’interesse del minore a fruire in modo continuativo dell’affetto e delle cure materne, tuttavia, non lo sottrae in assoluto ad un possibile bilanciamento con interessi contrapposti, pure di rilievo costituzionale, quali sono certamente quelli di difesa sociale, sottesi alle esigenze cautelari Lo dimostra, del resto, la stessa disposizione censurata, che fa comunque salve le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza anche in presenza di un figlio minore di sei anni . 3.3. La particolare rilevanza dell’interesse del figlio minore, in relazione alla specifica situazione di incompatibilità con il regime carcerario del padre di minore infraseienne, quando la madre sia assolutamente impossibilitata ad occuparsi della prole, è stata compiutamente considerata in una pronuncia di questa Corte Sez. 6, n. 35806 del 23/06/2015, Rv. 264725 richiamata anche dalla suddetta sentenza della Corte Costituzionale, con la quale è stato affermato il principio secondo cui, in tema di misure cautelari personali, l’assoluta impossibilità per la madre di dare assistenza al minore, prevista dall’art. 275 c.p.p., comma 4, si individua avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal deficit assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo, dovuta alla mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori. 3.4. A tale principio, del tutto condivisibile, si intende dare in questa sede continuità, rilevando nel contempo, come già in precedenza vi siano state aperture su tale linea interpretativa, laddove era stato affermato il principio, secondo cui la situazione di assoluta impossibilità della madre può essere desunta anche dalle precarie condizioni di salute della donna e dalla necessità di provvedere alle necessità di altro figlio minorenne portatore di grave malattia Sez. 1, n. 4748 del 12/12/2013, dep. 2014, Alvaro, Rv. 258143 , ovvero laddove era stato affermato che il divieto di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’imputato, padre di prole di età inferiore a sei anni, opera anche nel caso in cui i minori possano essere affidati a congiunti disponibili o a strutture pubbliche Sez. 2, n. 47473 dell’11. 11.2004 , in quanto ad essi il legislatore non riconosce alcuna funzione sostitutiva, considerato che la formazione del bambino può essere gravemente pregiudicata dall’assenza di una figura genitoriale, la cui infungibilità deve, pertanto, fin dove possibile, essere assicurata, trovando fondamento nella garanzia che l’art. 31 Cost. accorda all’infanzia Sez. 5 n. 41626 del 9.11.2007 rv. n. 2382099 . 3.5. Invero, se la ratio dei divieti di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4 è da ravvisarsi nella necessità di salvaguardare l’integrità psicofisica di soggetti diversi dalla persona da assoggettare a custodia in carcere, nella consapevolezza dei gravi effetti che le mutazioni del rapporto affettivo possono provocare su soggetti in tenera età , occorre effettivamente porre al centro del perimetro valutativo del giudice, anche nell’analisi dell’ assoluta impossibilità della madre ad occuparsi della prole, proprio l’integrità psico-fisica del minore da accudire, in relazione alla necessità di assistenza da parte dei genitori in un momento particolarmente significativo e qualificante per la formazione fisica e, soprattutto psichica, qual è quella fino ai sei anni di età. 3.6. In definitiva, si ritiene che le valutazioni del giudice, nel caso in cui venga invocata l’assoluta impossibilità della madre a dare assistenza alla prole , devono necessariamente avere come riferimento la situazione concreta nella sua interezza su cui la custodia cautelare in carcere del padre di prole di età inferiore a sei anni va incidere e il deficit complessivo che l’ipotesi di incompatibilità in questione è volto a tutelare arg. ex Sez. 6, n. 35806 del 23/06/2015, Rv. 264725 . 3.7. Nella fattispecie in esame - partendo dalla premessa che risulta indiscussa la gravità delle condizioni del figlio dell’indagato, involgenti una patologia dello spettro autistico con comportamento oppositivo autolesionistico eteroaggressività e linguaggio assente utilizza esclusivamente la parola mamma in maniera indifferenziata , patologia questa che si assume essere talmente grave da rendere necessaria la compresenza di entrambi i genitori in casa, tanto più che nello stesso nucleo vive altra minore, figlia della coppia, di sette anni - occorreva, alla luce del principio sopra condiviso, tener conto di tale situazione. In particolare, il Tribunale del riesame nel valutare l’assoluta impossibilità della madre ad occuparsi della prole, non avrebbe dovuto considerare solo la condizione della stessa, ma anche tener conto delle condizioni di salute del minore infraseienne, P.A. , e verificare, in concreto, la sussistenza o meno per lo stesso di un deficit assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo per la mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori. 4. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame sulla base dei principi innanzi riportati. Tale conclusione assorbe all’evidenza ogni altra valutazione posta all’attenzione di questa Corte con i motivi di ricorso, circa la verifica della tenuta costituzionale dell’art. 275 c.p.p., comma 4. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Lecce, Sezione riesame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.