Con la rottamazione delle cartelle i beni sequestrati tornano al contribuente

Attraverso la rottamazione delle cartelle, viene meno il profitto del reato contestato al contribuente e dunque anche l’oggetto del sequestro preventivo che deve essere di conseguenza revocato.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 35175/20, depositata il 10 dicembre. Il Tribunale di Varese rigettava l’appello del PM avverso la pronuncia con cui il Giudice di Pace aveva revocato il sequestro preventivo disposto sui beni di una donna indagata per il reato di cui all’art. 10- quater , comma 2, d.lgs. n. 74/2000. La pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione dal Procuratore generale. La difesa ha depositato memoria con cui afferma che la CTR ha evidenziato l’avvenuto pagamento delle somme in oggetto, mediante adesione alla rottamazione delle cartelle, pertanto il sequestro non poteva operare sulle somme versate ex art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000. Il ricorso risulta inammissibile. Il provvedimento impugnato ha infatti correttamente motivato la decisione rilevando come il fumus dei reati in accertamento sia venuto meno posto che la contribuente ha effettuato la rottamazione delle cartelle, come dalla stessa invocato e come accertato anche dalla sentenza della CTR. Con la rottamazione infatti viene meno il profitto del reato e dunque anche l’oggetto del sequestro preventivo . Dagli atti emerge inoltre il pagamento dell’intera somma con la rottamazione e la contestuale rinuncia dell’Agenzia delle Entrate della pretesa fiscale. In tal senso, l’art. 3, comma 1, d.l. n. 119/2018 prevede la c.d. rottamazione ter con la quale, mediante pagamento dell’importo iscritto a ruolo, si estingue il debito fiscale e non sono dunque dovute né le sanzioni né gli interessi di mora.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 settembre – 10 dicembre 2020, n. 35175 Presidente Ramacci – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Varese, in sede di riesame, con ordinanza del 27 maggio rigettava l’appello del P.M. avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese che aveva revocato il sequestro preventivo disposto con decreto del 12 settembre 2019 sui beni di F.A. - indagata per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, comma 2, per l’anno di imposta 2006, per compensazione dei debiti fiscali con crediti inesistenti per un importo di Euro 236.756,38. 2. Ricorre in cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Varese, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge artt. 324 e 325 c.p.p. contraddittorietà della motivazione. Sulla liceità del sequestro si era già formato il giudicato cautelare l’indagata, infatti, non aveva proposto impugnazione avverso il provvedimento del Tribunale del riesame del 15 ottobre 2019 che aveva rigettato l’istanza di riesame. La preclusione cautelare non può essere superata da un’opinabile sentenza della Commissione Tributaria Regionale, non avendo, comunque, le decisioni delle Commissioni Tributarie efficacia vincolante in sede penale principio del doppio binario . Inoltre, la questione del pagamento o rottamazione delle cartelle era già stata espressamente valutata in sede cautelare dall’ordinanza del Tribunale del riesame di Varese del 15 ottobre 2019, che aveva rigettato il riesame dell’indagata. 2. 2. Violazione di legge D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 12 bis e 13 . Mancanza della motivazione. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a pagare, ma nel caso di mancato pagamento la confisca è sempre disposta. Inoltre, per D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13, nell’ipotesi di pagamento del debito tributario - comprese sanzioni amministrative ed interessi, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento, o ravvedimento operoso -, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i reati non sono punibili. La norma non prevede la rottamazione delle cartelle tra le cause di non punibilità. Oltretutto non si comprende neanche in cosa sia consistita la procedura di rottamazione, la cui rilevanza non può certo desumersi da un passaggio incidentale della sentenza della Commissione Tributaria. L’ordinanza impugnata apoditticamente - con motivazione solo apparente - afferma che l’importo di Euro 236.756,38 è stato interamente pagato mediante la rottamazione delle cartelle. La sentenza della Commissione Tributaria si limita a dichiarare parzialmente estinto l’appello che respinge nel resto. L’indagata aveva l’onere di dimostrare in sede penale l’integrale pagamento. Invece, L’Agenzia delle entrate ha rilasciata certificazione attestante alla data del 24 ottobre 2019 un debito fiscale di Euro 1.257.268,00, nè estinto e neanche ridotto parzialmente. Per il Tribunale del riesame l’Agenzia delle Entrate non era a conoscenza del pagamento, che invece era conosciuto dall’Agenzia delle entrate Riscossione. Il creditore resta comunque sempre l’Agenzia delle entrate. Dal mod. F 24 si evince che il credito inesistente è stato imputato, dalla stessa contribuente, al codice tributo 6037 - Credito IVA e non ha nessuna attinenza con le cartelle in questione. Il profitto del reato in accertamento attiene al credito IVA del secondo trimestre 2016 e l’eventuale definizione di altri crediti non può avere nessuna incidenza sul profitto del reato. Non si comprende perché l’importo rottamato debba imputarsi proprio all’estinzione del profitto del reato in oggetto a fronte di un credito fiscale totale di Euro 1.257.268,00. 2. 3. Violazione di legge art. 321 c.p.p. . In sede cautelare il Tribunale del riesame non può sindacare la concreta fondatezza dell’accusa o la stessa colpevolezza o innocenza dell’indagata, ma deve solo valutare il fumus dei reati in accertamento. Nel caso in giudizio, peraltro, è stato già disposto il rinvio a giudizio di F.A. . 2. 4. Violazione di legge D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, comma 2 mancanza della motivazione. Le somme dovute al fisco ammontano a ben 1.257.268,00 Euro, senza che risulta nessuna riduzione come da certificazione dell’Agenzia delle entrate. Il reato si consuma al momento dell’indebita compensazione. Ha chiesto pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato. 3. Con memoria l’indagata F.A. ha evidenziato la genericità del ricorso e la sua conseguente inammissibilità. Il ricorso peraltro è proposto per vizio della motivazione e non per violazione di legge. Comunque, per l’indagata tutti i motivi di ricorso risultano infondati in quanto la preclusione cautelare non poteva invocarsi in relazione alla novità costituita dalla sentenza della Commissione Tributaria che aveva evidenziato il pagamento delle somme di cui all’imputazione in oggetto, come provato in sede di giudizio davanti alla Commissione. Il sequestro, pertanto, non poteva operare per le somme versate o per quelle che il contribuente si impegna a versare , D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 12 bis. Tutte le censure del P.M. ricorrente riguardano il merito e la motivazione, non ammissibili nel giudizio in Cassazione. Ha chiesto, pertanto, di dichiarare inammissibile o in subordine di rigettare il ricorso della Procura della Repubblica. Considerato in diritto 4. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso in cassazione unicamente per motivi di violazione di legge, e non per vizio di motivazione. Nella specie i motivi di ricorso risultano proposti, sostanzialmente, per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato nella valutazione sostanziale del ricorso e in parte anche nella loro indicazione letterale nel ricorso . Il ricorso in cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 - dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093 Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 - dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692 . Tuttavia, nella specie non ricorre una violazione di legge e nemmeno l’apparenza della motivazione e, conseguentemente, il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato. Infatti, il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva come il fumus dei reati in accertamento sia venuto meno in quanto la contribuente ha effettuato la rottamazione delle cartelle di cui al debito fiscale di Euro 236.756,38, come risulta dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 18/2020. Con la rottamazione per il Tribunale del riesame, unitamente al Giudice per le indagini preliminari, viene meno il profitto del reato e, quindi, l’oggetto del sequestro preventivo. Il Tribunale del riesame, poi, rileva come dalla documentazione in atti emerge il pagamento dell’intera somma di Euro 236.756,38 con la rottamazione, con la contestuale rinuncia dell’Agenzia delle Entrate della pretesa fiscale, con gli interessi e le sanzioni. Infatti, il D.L. n. 119 del 2018, art. 3, comma 1, prevede la c.d. rottamazione ter che comporta, mediante il pagamento dell’importo iscritto a ruolo, l’estinzione del debito fiscale, senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. La somma certificata dall’Agenzia delle Entrate, su richiesta del P.M., di Euro 1.257.268,00 di debito fiscale non è chiaro se si riferisce anche all’importo qui in discussione si tratta comunque di un accertamento di merito adeguatamente compiuto dal Tribunale del riesame, e già dal Giudice per le indagini preliminari, non sindacabile in sede di legittimità. Era comunque onere del P.M. ricorrente specificare, con le adeguate prove documentali, l’assenza di rottamazione delle cartelle per il credito di Euro 236.756,38. Ciò non certo con una dichiarazione generica di debito fiscale che in tesi potrebbe riferirsi a qualsiasi altra questione fiscale o penale , ma con la prova dell’assenza del pagamento della somma in sede di procedura di rottamazione per l’estinzione del debito fiscale che, del resto, opera automaticamente, vedi, Sez. 5 - civile, Ordinanza n. 15471 del 07/06/2019, Rv. 654397 - 01 . Prova, questa, completamente assente. 5. L’avvenuta rottamazione delle cartelle e la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia sono certamente elementi nuovi, che escludono la preclusione cautelare prospettata dal ricorrente P.M., in quanto le precedenti ordinanze non si erano pronunciate sul punto, se non in modo generico, come evidenziato nell’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Varese ha si preso in esame la questione del pagamento o rottamazione delle cartelle ma non già risolvendola, bensì pronunciandosi in termini fortemente dubitativi al fine di sollecitare il Pubblico Ministero a reperire ulteriori informazioni presso l’Amministrazione Finanziaria. Il ricorso, pertanto, deve dichiararsi inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.