Confisca per equivalente dei beni della società: ammissibile anche se l’amministratore ha compiuto il reato in altra veste

La Corte di cassazione ha chiarito la portata della decisione delle Sezioni Unite n. 10561/14 secondo cui la confisca per equivalente sarebbe ammissibile sui beni della società quando questa costituisca uno schermo” del reo.

Così con sentenza n. 34956/20, depositata il 9 dicembre. Nella specie , infatti, si lamentava il fatto che l’amministratore di fatto ed il titolare effettivo delle quote, formalmente intestate al ricorrente, non avesse commesso alcun reato in tale sua qualità e che pertanto non potesse procedersi alla confisca delle quote societarie . La Cassazione, rileggendo correttamente la decisione sopra richiamata delle Sezioni unite, che pure avevano avuto come riferimento il caso in cui l’amministratore della società aveva compiuto il reato in tale veste, ha avuto facile gioco nel rilevare che ciò che importa al fine della confisca per equivalente è la sussistenza di beni del reo . Infatti, il fatto che il reo abbia in qualche modo occultato” tali beni attraverso una diversa società , magari neo-costituita , non è altro che un modo attraverso cui tale occultamento” è avvenuto, trattandosi evidentemente di un mero schermo”. Da qui il rilievo, in verità condivisibile nella sua formulazione astratta che il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite secondo cui in tema di reati tributari commessi da legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo dei beni dell’ente non può essere disposto, ad eccezione del caso in cui in questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni può applicarsi al caso in cui la confisca per equivalente è riferita al profitto di un reato che l’amministratore e sostanziale titolare della società-schermo abbia commesso in altra veste, vale a dire quale amministratore di altra società, ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti . E ciò perché ciò che conta, ai fini di cui si tratta, non è il nesso tra reato e operatività della società-schermo , ma la riferibilità della società-schermo al patrimonio del soggetto che deve subire la confisca.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 1 ottobre – 9 dicembre 2020, n. 34956 Presidente Marini – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell’8 aprile 2020, il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta di riesame proposta dall’odierno ricorrente Z.D. - in proprio e quale legale rappresentante della Z Production Srl unipersonale - contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Prato. Il sequestro era finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato continuato di cui all’art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 commesso da altre persone Zh.Zi.Yi. e H.K. , nell’esercizio dell’impresa individuale HLM di H.K. , negli anni 2016, 2017 e 2018. La misura è stata espressamente disposta ed eseguita anche sulle quote della Z Production Srl intestate all’odierno ricorrente e sui beni di proprietà della Z Production Srl - soggetti entrambi estranei ai reati ipotizzati sul rilievo che si trattasse di valori e beni nella disponibilità dell’indagato Zh.Zi.Yi. . 2. Avverso detta ordinanza, Z.D. ha proposto ricorso per cassazione deducendo, con un primo motivo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , c ed e , la violazione dell’art. 321 c.p.p., comma 1, art. 324 c.p.p. e art. 125 c.p.p., comma 3, con riguardo alla conferma del sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, delle quote della Z Production Srl unipersonale al medesimo intestate, quantomeno nella misura del 34h. In particolare, si lamenta che, nel respingere il motivo di riesame al proposito proposto sul rilievo che, quand’anche l’indagato Zh.Zi.Yi. potesse essere ritenuto uno dei gestori di fatto e dei soci della Z Production, il ricorrente Z.D. , avendo anche effettuato finanziamenti personali per l’avvio della società, ne fosse parimenti socio quantomeno nella misura del 34%, l’ordinanza era viziata da manifesta illogicità, contraddittorietà ed apparenza di motivazione. Nell’escludere che il ricorrente avesse potuto far fronte con risorse personali all’acquisto delle quote della società, l’ordinanza aveva contraddittoriamente omesso di considerare i proventi non dichiarati che lo stesso provvedimento riconosceva essergli stati corrisposti quale dipendente della HLM e aveva illogicamente dato rilievo al fatto che egli non risultasse titolare di beni immobili o mobili registrati, del pari illogicamente affermato che avesse acquistato le quote di una società in attivo e con clienti prestigiosi , laddove egli aveva invece partecipato alla costituzione della società nel 2018, iniziando questa ad operare nel 2019, e finanziato gradualmente, per almeno un terzo, lo start up della stessa. Le argomentazioni utilizzate nell’ordinanza per respingere il motivo di riesame proposto davano pertanto corpo ad una motivazione meramente apparente. 3. Con un secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , c ed e , si deduce la violazione dell’art. 321 c.p.p., comma 1, art. 324 c.p.p. e art. 125 c.p.p., comma 3, art. 322 ter c.p. e L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, con riguardo alla conferma del sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, dei beni e dei valori di proprietà della Z Production Srl unipersonale, ritenuta nel provvedimento genetico quale apparato societario fittizio/interposto, utilizzato dal Zh.Zi.Yi. per schermare le proprie disponibilità patrimoniali/economiche frutto dei reati di frode fiscale . In primo luogo si censura l’omessa motivazione sulla doglianza che la continuità produttiva e commerciale individuata tra l’impresa individuale HLM e la società Z Production, pur laddove quest’ultima fosse stata amministrata di fatto dall’indagato Zh.Zi.Yi. , non poteva essere considerata integrare disponibilità patrimoniali/economiche frutto dei reati di frode fiscale da quest’ultimo commessi quale occulto titolare della HLM. In secondo luogo, integrerebbe violazione di legge l’aver affermato che vi era stata migrazione di denaro dalla HLM alla Z Production per l’avviamento di quest’ultima , avendo lo stesso provvedimento impugnato riconosciuto che la somma di 140.000 Euro prestata dalla prima alla seconda era stata restituita nel giro di pochi mesi. Appariva, inoltre, conseguentemente apodittica ed illogica - tanto da integrare una motivazione apparente - l’affermazione dell’ordinanza impugnata secondo cui la Z Production sarebbe stata una società schermo operante come alveo di allocazione dei profitti derivanti dagli illeciti fiscali commessi da Zh. antecedentemente alla costituzione della stessa . Del tutto improprio, del resto, era il tentativo di applicare il concetto della società schermo ad una società estranea alla commissione di qualsiasi delitto, trattandosi di concetto elaborato dalla giurisprudenza unicamente per le società utilizzate dal proprio amministratore per commettere delitti e per schermare nei propri patrimoni gli illeciti profitti così conseguiti, vale a dire per ipotesi ben diverse da quella in esame, pacifico essendo che nessun profitto di reato era stato conseguito mediante illecite modalità di amministrazione della Z Production Srl tale da trasmigrare nel patrimonio di quest’ultima. Considerato in diritto 1. Com’è noto, il ricorso per cassazione proposto contro provvedimenti adottati in sede di impugnazione in materia di sequestri è consentito - a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, - soltanto per violazione di legge e, quanto alla giustificazione della decisione, costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicità manifesta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119 Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129 . Per altro verso, la motivazione può essere definita soltanto apparente, ciò che integra gli estremi della violazione di legge di cui all’art. 125 c.p.p., comma 3, deducibile anche nel ricorso per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali, quando sia fondata su argomentazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314 o quando si tratti di un vizio tanto radicale da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e a., Rv. 269656 Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, Faiella, Rv. 269296 Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893 . 2. Sulla scorta dei richiamati principi, il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato, avendo il Tribunale, nel condividere l’analisi del g.i.p., reso ampia e congrua giustificazione circa la riconducibilità all’indagato Zh.Zi.Yi. dell’integralità delle quote della Z Production Srl unipersonale formalmente intestate all’odierno ricorrente Z.D. . Quest’ultimo, già dipendente dell’impresa individuale HLM di fatto al primo riconducibile, è stato ritenuto, in forza di un serio ed articolato compendio indiziario cfr. pagg. 2 e 3 del provvedimento impugnato , quale suo mero prestanome, non solo nel ricoprire la formale veste di amministratore della società, ma anche quale apparente socio che l’avrebbe costituita e che era intestatario delle relative quote. La Z Production, presentata ai clienti della HLM - che era gravata da pesanti debiti fiscali - come semplice variazione della ragione sociale della ditta individuale, ne proseguì, quale nuovo soggetto giuridico, l’attività di destinataria di commesse di noti marchi di moda, consentendo così all’indagato Zh. di aggirare le pretese da parte dell’amministrazione finanziaria convogliando i profitti, anche illeciti, ed il valore dell’azienda di HLM nel patrimonio del nuovo soggetto giuridico, le cui quote erano state fittiziamente intestate all’odierno ricorrente, che fungeva appunto da prestanome. Richiamando incongruamente il concetto di apparenza della motivazione in un caso in cui l’iter logico-giuridico della ricostruzione operata dal giudice del merito cautelare è invece molto chiaro, il ricorrente finisce col contestare - anche espressamente - la presunta contraddittorietà e manifesta illogicità di taluni degli argomenti indiziari utilizzati per raggiungere la conclusione, in tal modo proponendo però una doglianza certamente non consentita nel procedimento di legittimità afferente ai procedimenti cautelar’ reali. 3. Il secondo motivo di ricorso è infondato. 3.1. Va in primo luogo rilevato, in applicazione degli stessi principi più sopra esposti, l’errato richiamo del concetto di motivazione apparente per censurare la ritenuta natura di società schermo della Z Production rispetto all’allocazione di risorse economiche riconducibili all’indagato Zh. e provenienti dai profitti conseguenti agli illeciti fiscali commessi nell’ambito di HLM. Ancora una volta - al di là dei singoli profili di censura mossi alla motivazione con riguardo al fatto che sarebbe illogico parlare di trasmigrazione di risorse con riferimento al prestito effettivamente restituito, ciò che integra un vizio motivazionale in questa sede non deducibile - l’iter logico-giuridico della decisione cautelare è assolutamente chiaro e, contrariamente a quanto allega il ricorrente, fornisce adeguata risposta a tutte le doglianze proposte con il gravame di merito. I beni aziendali ed i valori economici e finanziari della Z Production sono stati ritenuti, già dal g.i.p., riconducibili all’indagato Zh.Zi.Yi. per essere stato utilizzato uno schermo societario fittizio/interposto volto ad occultare, anche attraverso il ricorso al prestanome Z.D. quale intestatario delle quote della Srl unipersonale, disponibilità economico-patrimoniali invece riferibili al suddetto Zh. , provenienti dall’attività imprenditoriale svolta con successo ed esentasse all’insegna HLM pag. 3 dell’ordinanza, che richiama sul punto il decreto di sequestro ed allocate in capo al nuovo soggetto societario, dal medesimo di fatto amministrato, che si configura come un espediente fraudolento per aggirare la pretesa dell’amministrazione finanziaria . 3.2. Del pari infondata, poi, è la censura in diritto che, richiamando la nota sentenza rese dalle Sezioni unite di questa Corte nel caso Gubert, viene mossa al provvedimento nella parte in cui sarebbe stato impropriamente utilizzato il concetto di società schermo per ritenere legittimo il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Correttamente, di fatti, l’ordinanza impugnata ha respinto l’analoga doglianza contenuta nei motivi di riesame osservando che con tale sentenza si è legittimata la confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati commessi dai suoi organi nella sola ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti un mero schermo attraverso cui l’amministratore agisce come effettivo titolare , ciò che nella specie è stato efficacemente argomentato con riguardo ai rapporti tra Zh. e la sua creatura Z Production. Il ricorrente erra, di fatti, allorquando afferma che indispensabile presupposto del richiamo a tale schema sia che l’amministratore abbia commesso il reato che origina il profitto della cui confisca si tratti eventualmente preceduta da sequestro preventivo nell’ambito della gestione di quella società-schermo, circostanza, questa, che pacificamente non ricorre nel caso di specie e che il giudice del merito cautelare non ha mai sostenuto. Il principio di diritto affermato dalla sentenza delle Sezioni unite già richiamata, secondo cui, in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevista dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, e art. 322 ter c.p. non può essere disposto sui beni dell’ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258646 , è stato formulato nei suddetti termini in ragione della peculiare situazione in quel caso scrutinata si tratta, peraltro, di un principio che la stessa sentenza indica come costituente orientamento consolidato cfr., ex multis, Sez. 3, n. 42476 del 20/09/2013, Salvatori, Rv. 257353 Sez. 3, n. 42350 del 10/07/2013, Stilgelbauer, Rv. 257129 Sez. 3, n. 33182 del 14/05/2013, De Salvia, Rv. 255871 Sez. 3, n. 1256 del 19/09/2012, dep. 2013, Unicredit S.p.A., Rv. 254796 . Non v’è, per contro, alcuna ragione che impedisca di farne applicazione laddove la confisca per equivalente è riferita al profitto di un reato che l’amministratore e sostanziale titolare della società - schermo abbia commesso in una diversa veste, vale a dire quale amministratore di altra società, ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti ciò che conta, cioè, non è il legame tra commissione del reato ed operatività della società - schermo, ma la riferibilità di quest’ultima e dei beni e valori del suo patrimonio al soggetto, chiamato a subire la confisca per equivalente del profitto del reato da lui commesso, che di quelle utilità abbia la concreta disponibilità quale amministratore anche soltanto di fatto dell’ente, attraverso il quale, come mero soggetto interposto, l’autore del reato opera nella realtà economica. Illuminante, infatti, è l’argomentazione addotta dalle Sezioni unite a sostegno del principio da essa ribadito, laddove si afferma che nei casi come quello nella specie esaminato ma, aggiunge il Collegio, in tutti gli altri consimili in cui sia ravvisabile la medesima ratio la trasmigrazione del profitto del reato in capo all’ente non si atteggia alla stregua di trasferimento effettivo di valori, ma quale espediente fraudolento non dissimile dalla figura della interposizione fittizia con la conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato in apparente vantaggio dell’ente, ma, nella sostanza, a favore proprio Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, in motivazione . Si badi, peraltro, che l’argomentazione si riferisce al profitto per equivalente , giacché la sentenza ha in altra parte analizzato, ed affermato, la legittimità della confisca diretta del profitto di reato nei confronti della società che ne ha in qualche modo beneficiato è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l’ente una persona estranea al detto reato . Il principio di diritto affermato dalla sentenza Gubert, cioè, impedisce che uno schermo societario meramente fittizio valga ad escludere la riconducibilità al reo di beni ed utilità formalmente e fittiziamente intestati a quel soggetto giuridico e di cui il medesimo comunque ha la disponibilità nel senso richiesto dall’art. 322 ter c.p. e, oggi, dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis . Nell’accezione appena declinata, del resto, il principio è stato in talune occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimità successiva alla pronuncia Gubert. Si veda il caso deciso da Sez. 3, n. 18311 del 06/03/2014, Cialini, Rv. 259102, secondo cui, in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto può essere disposto sui beni intestati a una persona giuridica, soltanto quando sia dimostrato che l’ente costituisce lo schermo fittizio delle attività e delle disponibilità dell’amministratore resosi autore del reato nel caso di specie, il Collegio ha tuttavia ritenuto insufficiente la motivazione con la quale il Tribunale del riesame aveva confermato la misura adottata nei confronti di una s.r.l. che sembrava estranea al reato fiscale commesso, facendo esclusivo riferimento alla funzione gestionale svolta dall’indagato nella società . Si consideri, ancora, Sez. 2, n. 45520 del 27/10/2015, Terlizzi, Rv. 265532, secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevista dall’art. 322 ter c.p. può essere disposto sui beni dell’ente, nel caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni. Più di recente, Sez. 1, n. 50823 del 27/06/2017, dep. 2018, New Parco delle Rose S.r.l. Rv. 274640, ha affermato che la confisca per equivalente prevista dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, e art. 322-ter c.p. può essere disposta sui beni dell’ente, nel caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo - cui detto ente è riconducibile - agisca come effettivo titolare dei beni. La predetta sentenza, pur richiamata a sostegno del ricorso, milita invece in senso contrario, posto che, in applicazione del citato principio, il Collegio ha confermato la decisione con cui i giudici di merito, in funzione di giudici dell’esecuzione, avevano rigettato la richiesta di restituzione di beni confiscati, formulata da una società che, formalmente estranea agli illeciti, risultava partecipata al 90% da altra società destinataria della confisca, ritenendola titolare solo formale dei beni. Nè rileva il pur invocato principio affermato da Sez. 3, n. 15755 del 15/11/2018, dep. 2019, Di Saverio, Rv. 276079, secondo cui, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, il provvedimento che ha ad oggetto la totalità delle quote o delle azioni societarie non comporta automaticamente l’estensione del vincolo cautelare ai beni che costituiscono il complesso aziendale, trattandosi di fattispecie in cui non era in alcun modo evocata la situazione della società - schermo, venendo invece in rilievo, in via generale, il significato da attribuirsi all’art. 104-bis disp. att. c.p.p., comma 1-bis, in tema di amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo, quanto al rinvio alle norme di cui al libro I, titolo III del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, che disciplinano l’amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni oggetto di sequestro di prevenzione. 4. I ricorsi proposti da Z.D. personalmente e in qualità di legale rappresentante della Z Production Srl, complessivamente infondati, vanno pertanto rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.