I principi della Suprema Corte in tema di spaccio di stupefacenti

Con la sentenza n. 34754/20, la Corte di Cassazione ha affermato alcune importanti massime in tema di stupefacenti.

Spaccio di stupefacenti. La Cassazione ha precisato che si configura una condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nel caso di soggetti che offrano la costante disponibilità a fornire le sostanze stupefacenti al sodalizio, così da determinare un durevole, anche se non esclusivo, rapporto tra fornitore e acquirente, laddove per la quantità e la periodicità dei rapporti e la regolare cadenza degli acquisti, gli inquirenti possano contare su una fonte di approvigionamento ed i fornitori su una linea di smercio fondamentale per i propri guadagni. Concorso nel reato e connivenza. Sempre in tema di stupefacenti, la distinzione tra l’ipotesi di connivenza non punibile e concorso nel delitto, deve essere ravvisata nel fatto che la connivenza postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, mentre nel concorso di persone ex art. 110 c.p. è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, l’occultamento ed il controllo della droga, assicurando al concorrente una certa sicurezza o comunque garantendogli anche implicitamente una collaborazione su cui contare. Spetta al giudice di merito indicare il rapporto di causalità efficiente tra l’attività incentivante che integra il concorso modale e quella posta in essere dall’autore materiale del reato, fermo restando che la semplice presenza inattiva non può costituire concorso morale mentre può essere sufficiente una volontà di adesione all’attività criminosa altrui tramite forme agevolative della detenzione dello stupefacenti, con la consapevolezza di apportare un contributo causale, assicurando all’agente una certa sicurezza o garantendo anche implicitamente una collaborazione in caso di bisogno. Offerta della droga. La condotta criminosa dell’offerta di sostanze stupefacenti si perfeziona nel momento in cui l’agente manifesta la disponibilità a procurare ad altri la droga, indipendentemente dall’accettazione del destinatario a condizione tuttavia che si tratti di un’offerta collegata ad una effettiva disponibilità, sia pur non attuale, della droga, per tale intendendosi la possibilità di procurare lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalità che garantiscano il cessionario. Detenzione. In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra concorso nel reato e favoreggiamento personale deve essere identificato nell’elemento psicologico dell’agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l’aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente , sia l’espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall’intenzione – manifestatasi attraverso individuabili modalità pratiche – di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato. Impugnazioni. In presenza di una c.d. doppia conforme”, ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti con specifica deduzione che l’argomento probatorio asseritamente travisto è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Reato continuato. Gli istituti della recidiva e della continuazione non sono tra loro incompatibili, sicchè, sussistendone le condizioni, possono essere applicati entrambi praticando sul reato base l’aumento di pena per la recidiva e, quindi, quello per la continuazione, che può essere riconosciuta anche fra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato. Pena. In tema di sospensione condizionale della pena e non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, le ragioni del diniego possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice abbia negato le circostanze attenuanti generiche richiamando i profili di pericolosità del comportamento dell’imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall’art. 133 c.p

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 novembre – 7 dicembre 2020, n. 34754 Presidente Ciampi – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28/7/2017 il GUP presso il Tribunale di Palermo, all'esito di giudizio abbreviato condannava gli odierni ricorrenti A.A., AL.Fa., BA.An., B.G., D.G.G.B., F.G., G.G., LE.Ga., L.C., L.S., M.F., M.G., P.L., R.P., e T.G. per varie ipotesi reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73. Gli stessi venivano processati in uno con i coimputati non ricorrenti dinanzi a questa Corte di legittimità BA.Ma., C.D., M.M., MA.Ma., S.C. e con il ricorrente C.B.E., la cui posizione processuale è stata separata a seguito di intervenuta rinuncia al ricorso, in relazione ai seguenti reati M.M., non ricorrente , M.F., A.A., T.G., MA.Ma., non ricorrente , D.G.G.B., P.L. 1 del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 commi 1, 2 e 4, per essersi associati fra loro allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, di acquisto, trasporto, commercio, cessione, vendita ed illecita detenzione di ingenti partite cli sostanza stupefacente del tipo cocaina ed eroina Kg 12,600 di cocaina, gr. 700 di eroina -, nonchè Kg 1 di marijuana, reperite sul territorio campano e destinate ad essere poi smerciate sul mercato palermitano, nonchè nel trapanese e nell'agrigentino. In particolare M. . M., A. e T. per aver promosso ed organizzato l'associazione curando la fornitura dello stupefacente dal territorio campano, attraverso apposite riunioni e reclutando i corrieri che stabilmente procedevano al trasporto ed alla consegna dello stupefacente MA.Ma. , D.G., P., C.B.E. , per aver partecipato all'associazione provvedendo al trasporto materiale dello stupefacente di volta in volta acquistato dai diversi fornitori, nonchè custodendo stabilmente lo stesso presso luoghi nella loro disponibilità. Fatti avvenuti in OMISSIS dall'ottobre 2012 al giugno del 2014. M.M., non ricorrente , M.F., A.A. e C.D., non ricorrente 2 del reato di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 comma 6, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, in concorso tra loro ed in numero superiore a tre persone, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, il M. ed il M. in qualità di fornitori, il C. in qualità di corriere, si approvvigionavano al fine del successivo spaccio di diversi carichi di cocaina con sequestro di circa 5kg di cocaina il 22.12.12 e di 2 kg di cocaina il 11.2.2013. Fatti avvenuti in OMISSIS tra l'ottobre 2012 ed il febbraio 2013. M.F., M.G. S.C., non ricorrente , in concorso con T.R. ed ANGELINO Giuseppina, nei confronti delle quali si è proceduto separatamente 3 dei reati di cui agli artt. 110 c.p., 73 comma 1 e 6, D.P.R. n. 309 del 1990, 81 cpv., c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, in concorso tra loro ed in numero superiore a tre persone, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, il M.F. ed il M.G. nonchè lo S. in qualità di fornitori, la T. e la A. in qualità di corrieri, si approvvigionavano al fine del successivo spaccio di diversi carichi di cocaina con sequestro di circa 4 kg di cocaina l'11/6/2013 e 500 gr. di eroina. Fatti avvenuti in OMISSIS , dal 16 aprile a giugno 2013. T.G. 4 del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, deteneva al fine di spaccio sostanza stupefacente del tipo cocaina con sequestro di 2 Kg. cocaina il 20.6.2014 ed arresto di M.M. e M.F Fatti avvenuti in OMISSIS , da marzo a giugno 2014. P.L., L.S., L.C., A.A., C.B.E. 5 del reato di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 6, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, in concorso tra loro ed in numero superiore a tre persone, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, il P. in qualità di fornitore, si approvvigionavano al fine del successivo spaccio di diversi carichi di cocaina con sequestro il 22 gennaio 2013 di circa 300 grammi di cocaina. Fatti avvenuti in OMISSIS tra gennaio e febbraio 2013. P.L. in concorso con C.B.E., la cui posizione è stata separata, e con D.P. nei confronti del quale si è proceduto separatamente 6 del reato cli cui agli art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 commi 1 e 6, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, in concorso tra loro ed in numero pari a tre persone, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, il P. ed il C. in qualità di fornitori, si approvvigionavano al fine del successivo spaccio di diversi carichi di cocaina, marijuana e hashish con sequestro l'8.2.2013 di un chilo di marijuana, due chili di hashish e 55 grammi di cocaina. Fatti avvenuti in OMISSIS tra gennaio e febbraio 2013. D.G.G.B. 7 del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche, in tempi diversi, senza l'autorizzazione di cui al'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, deteneva al fine di spaccio sostanza stupefacente del tipo cocaina con sequestro di circa 30 grammi di cocaina il 15.3.2013 -. Fatti avvenuti in OMISSIS tra febbraio e marzo 2013. BA.An. 8 del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, il P. in qualità di fornitore, si approvvigionava al fine del successivo spaccio di diversi carichi cli eroina e cocaina con sequestro il 22.5.2013 di circa 211 grammi di eroina e 4 grammi di cocaina. Fatti avvenuti in OMISSIS tra marzo e maggio 2013. B.G., P.L., AL.Fa., F.G., R.P. 10 del reato di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 6, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, in concorso tra loro ed in numero superiore a tre persone, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, detenevano al fine di spaccio svariati quantitativi di hashish e cocaina. In particolare il 16.4.13 P., B. ed AL. detenevano al fine di spaccio sostanza stupefacente del tipo hashish del valore di circa 10mila Euro ed il P. offriva in vendita ad AL. per il successivo spaccio 5kg fumo il 6.5.13 B., P., R. e F. detenevano al fine del successivo spaccio circa 3kg di hashish poi sequestrati in data prossima ed anteriore al 3.5.13 B. cedeva a P. quantità imprecisata di hashish del valore superiore a 10 mila il 11.4.13 C. e A.A. detenevano quantità imprecisata di sostanza stupefacente del tipo cocaina. Fatti avvenuti in OMISSIS , da gennaio a maggio 2013. D.G.G.B., con C.B.E., posizione separata e BA.Ma., non ricorrente 11 dei reati di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 commi 1 e 6, art. 81 cpv. c.p., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, in concorso tra loro ed in numero pari a tre persone, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, il D.G. ed il C., in qualità di fornitori per il BA. si approvvigionavano al fine del successivo spaccio di quantità imprecisata di cocaina che quest'ultimo poneva poi in vendita a propri acquirenti, tra i quali S.M. e M.E. ai quali lo stesso BA. cedeva prima due campioni di prova di cocaina e poi una dose di 1gr. Fatti avvenuti in OMISSIS , da gennaio a marzo 2013. T.G., G.G., LE.Ga. 13 del reato di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 81 cpv. c.p. perchè, in concorso tra loro, con più azioni esecutive cli un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dall'ipotesi prevista dall'art. 75, cedevano il T. ed il LE. l'11 aprile 2015 sostanza stupefacente di ignota quantità e qualità ad un acquirente non identificato ed in data 18 giugno 2015, unitamente al G., cedevano circa 100 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, con un principio attivo del 65,8% pari a circa 440 singole dosi medie, a Bo.Gi. e Bo.Gi Fatti avvenuti in OMISSIS , l'11 aprile ed il 18 giugno 2015. Con la recidiva infraquinquennale per A.A Con la recidiva specifica reiterata infraquinquennale per M.M. , M.F., MA.Ma. , P.L., F.G., BA.An., LE.Ga Con la recidiva per S.C. . Con la recidiva reiterata infraquinquennale per AL.Fa Il giudice di primo grado, riqualificato il fatto ascritto al capo 1 a M. e M.F. ai sensi del D.P.R. n. 309 del 19901, art. 74, comma 2, esclusa per tutti gli imputati l'aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4, per il capo 1 , esclusa per il C. la responsabilità per l'episodio di cui al giorno 11 febbraio 2013 per il capo 2 , riconosciuta la responsabilità di M.G. per il capo 3 limitatamente all'episodio del 10 giugno 2013, esclusa la continuazione interna per L.S. e per L.C. per il capo 5 , per C. e P. per il capo 6 , per F. e R. per il capo 10 e per C. e D.G. per il capo 11 , riqualificato il fatto contestato al capo 11 ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, riconosciuta per il capo 13 la responsabilità degli imputati limitatamente alla condotta posta in essere il 18 giugno 2015 ed esclusa la continuazione interna, non considerata la recidiva contestata ad A., C. e P., esclusa la recidiva per C. e non considerata la recidiva contestata a S. e F., unificati i diversi fatti sotto il vincolo della continuazione e con la riduzione per il rito, condannava gli imputati alle pene principali ed accessorie di legge. 2. Interponevano appello tutti i suddetti imputati e all'esito la Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 2/5/2019, confermava le condanne di F.G. alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 10.000 di multa G.G. alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 18.000 di multa LE.Ga. alla pena di anni 6, mesi 8 di reclusione ed Euro 30.000 di multa M.G. alla pena di anni 4, mesi 6 di reclusione ed Euro 20.000 di multa R.P. alla pena, condizionalmente sospesa, di anni 2 di reclusione ed Euro 10.000 di multa T.G. alla pena di anni 14 e mesi 8 di reclusione con le pene accessorie già statuite in primo grado. eliminava la dichiarazione di abitualità pronunciata a carico di BA.An., per il quale, dunque, veniva confermata la condanna ad anni 8 di reclusione ed Euro 24.000 di multa e, per l'effetto estensivo, a carico di LE.Ga In riforma della sentenza di primo grado, i giudici del gravame del merito, invece assolvevano A.A. dal reato a lui ascritto al capo 2 della rubrica, limitatamente ai fatti del 22 gennaio 2013, perchè il fatto non sussiste e dal reato a lui ascritto al capo 5 della rubrica per non avere commesso il fatto e riducevano la pena inflitta allo stesso A. ad armi 15 di reclusione assolvevano AL.Fa. dal reato a lui ascritto al capo 10 della rubrica, limitatamente all'episodio di offerta in vendita di 5 Kg. di fumo, perchè il fatto non sussiste e, esclusa la aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, riducevano la pena inflitta allo stesso A. ad anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 16.666,00 di multa assolvevano B.G. dal reato contestatogli al capo 10 della rubrica, limitatamente all'episodio del 3 maggio 2013 ed all'episodio di offerta in vendita di 5 Kg. di fumo, perchè il fatto non sussiste e riduce la pena inflitta allo stesso B. ad anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 22.000,00 di multa assolvevano C.B.E. dal reato a lui ascritto al capo 5 della rubrica per non aver commesso il fatto e dal reato a lui ascritto al capo 11 della rubrica perchè il fatto non sussiste e riducevano la pena inflitta allo stesso C. ad anni otto e mesi otto di reclusione assolvevano D.G.G.B. dal reato ascrittogli al capo 1 della rubrica per non aver commesso il fatto e dal reato ascrittogli al capo 11 della rubrica perchè il fatto non sussiste e riducevano la pena inflitta allo stesso D.G. ad anni quattro di reclusione ed Euro 18.000 di multa assolvevano M.F., per l'effetto estensivo, dalla imputazione a lui ascritta al capo 2 limitatamente all'episodio del 22 gennaio 2013 perchè il fatto non sussiste e ritenuto il vincolo della continuazione fra i reati contestati al M. nel presente processo e quello giudicato con la sentenza resa nei confronti del medesimo dal GUP del Tribunale di Palermo il 9 ottobre 2014, irrevocabile il 4 dicembre 2014, determinavano la pena unica in anni 14 di reclusione assolvevano P.L. dal reato a lui ascritto al capo 10 della rubrica limitatamente all'episodio del 3 maggio 2013 ed all'episodio di offerta in vendita di 5 Kg. di fumo, perchè il fatto non sussiste e riduceva la pena inflitta allo stesso P. ad anni otto e mesi otto di reclusione escludevano l'aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, contestata a L.S. e L.C. al capo 5 della rubrica e per l'effetto riducendo la pena inflitta ai medesimi L.S. e L.C. ad anni quattro di reclusione ed Euro 17.334,00 di multa ciascuno 3. Avverso la sopra ricordata sentenza della Corte palermitana hanno proposto ricorso per Cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 1. A.A. Avv. Corrado Sinatra Con il primo motivo il difensore deduce errata applicazione dell'art. 74 D.P.R. n. 309/90, sia quanto all'esistenza dell'associazione criminale che in ordine al ruolo ricoperto dell' A Ad avviso del ricorrente la motivazione della sentenza impugnata non evidenzierebbe elementi idonei a sostenere l'accusa mossagli di aver fatto parte di un gruppo di sodali con il ruolo apicale atteso che -come sottolineato dalle censure espresse nei motivi di appello-non pare siano emerse circostanze idonee a ritenere che tra i correi vi fosse un rapporto che superasse i limiti del concorso di persone nel reato o che il ricorrente avesse rapporti così stretti ed intensi con i predetti nè che l' A. fosse addirittura il promotore del medesimo gruppo criminale. Ci si duole, peraltro, che la sentenza abbia trattato il ruolo del ricorrente unitamente a tutti gli altri correi, il richiamo è alle pagg. 118 e seguenti della sentenza impugnata , creando confusione tra i ruoli e abdicando al dovere di individuare ed individualizzare le singole condotte del singolo reo, per cui non parrebbe conforme a diritto trarre le conclusioni circa la partecipazione o meno dell' A. al sodalizio criminale in ragione di ciò che hanno fatto altri, creando un cortocircuito ermeneutico dove si perde di vista l'esistenza o meno di indici di reità a carico del singolo. La sentenza, a parere della difesa, avrebbe dovuto evidenziare tutti quegli elementi individuali riguardanti i rapporti del ricorrente con i presunti correi, e non concludere per l'accertamento di responsabilità a carico del predetto desumendola dalle condotte poste in essere da altri. Indubbiamente, una cosa sarebbe dire che A. possa essersi reso responsabile della violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, altra e ben diversa cosa e asserire che questi fosse partecipe di un sodalizio criminoso, per di più con posizione apicale L'odierno ricorrente prosegue il ricorso ha avuto rapporti occasionali con alcuni dei correi, neppure con tutti, e questa e certamente una prima circostanza che non può non essere considerata di rilievo. Se i giudici di merito hanno ritenuto il reo partecipe di un sodalizio malavitoso connotato da elementi tali da superare la soglia della configurabilità del concorso di persone nel reato un primo indice avrebbe dovuto essere la pluralità di contatti e di condotte con molti più soggetti. Inoltre, l'arco temporale interessato dai fatti del processo sarebbe di pochi mesi, mentre per poter valutare la sussistenza o meno di una associazione certamente il dato temporale assume un suo pregnante rilievo, mentre nel caso in oggetto l' A. veniva arrestato e dopo di allora non avrà mai più alcun rapporto con alcuno dei correi. Quest'ultima circostanza ci si duole in ricorso pare essere stata totalmente ignorata dalla Corte territoriale, così come dal giudice di prime cure, mentre è un dato fondamentale per testare l'esistenza o meno di un gruppo associato cui sarebbe stato partecipe anche l'odierno ricorrente. Si ricorda in ricorso che, durante le indagini, la PG procedeva infatti ad arrestare A. per un episodio di detenzione di stupefacente in concorso con il C. e come da questo evento deriverebbero due conseguenze totalmente ignorate dalla Corte territoriale la prima è che che l' A. per il predetto episodio e stato assolto, a dimostrazione che non esisteva alcun collegamento che lo legasse al C E poi, soprattutto che in conseguenza del suo arresto il gruppo non manifesterà alcun contraccolpo. Anzi secondo l'accusa l'associazione continuava ad esistere senza stravolgimenti. Il teorema accusatorio ipotizzava che il D.G. avesse riporto il vuoto causato dall'arresto dell' A., ma proprio i giudici di appello hanno assolto il correo D.G. dall'accusa di essere partecipe di una associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Quindi se anche gli atti del processo annotano singoli e sporadici contatti tra A. e taluni dei correi, questi non possono essere indicativi dell'esistenza di un gruppo e di un'affectio societatis, restandosi, a parere del ricorrente, al più nell'alveo del concorso ex art. 110 c.p Se, come diversamente si afferma in sentenza, A. fosse stato parte di un'associazione, i rapporti tra tutti i correi avrebbero avuto ben altro spessore e frequenza. Per il ricorrente basta leggere la rubrica delle accuse mosse all' A. per accorgersi che allo stato questi risponde unicamente di alcuni dei fatti descritti al capo 2. Sarebbe difficile ipotizzare una associazione a delinquere così come delineata al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, di cui il ricorrente avrebbe fatto parte con ruolo apicale senza che il reo abbia anche commesso plurimi atti di violazione anche del predetto D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. La sentenza di appello, prosegue il ricorso, ripercorrendo pedissequamente il ragionamento del GUP, evidenzia come elemento di prova le dichiarazioni del P., ritenuto un collaboratore. Tuttavia, ignorando le censure difensive, nessun elemento probatorio avrebbe permesso di valorizzare il propalato del P. ad esempio non esisterebbe per il ricorrente alcun indizio che leghi l' A. alla sorella o al L. nella presente vicenda processuale. Per tale ragione, il ricorrente manifesta il proprio stupore per il fatto che la Corte territoriale, in sentenza, alla pagina 126, analizzando la condotta del L. che si sarebbe attivato per pagare le spese legali venga considerato un sodale senza che questi sia mai stato neppure indagato nel presente giudizio. E peraltro si perseverebbe nell'ignorare che il difensore per il M. non viene nominato nell'immediatezza dell'arresto, cosa che avrebbe denotato l'interesse del gruppo a tutelare i sodali, mentre ciò avveniva durante le fasi dell'udienza preliminare e non su sollecitazioni esterne al carcere, ma da parte di un soggetto che era in cella insieme al M. Pertanto, una palese alterazione del dato oggettivo continuerebbe a sostenere che A. si sarebbe occupato della nomina di un difensore per il correo. Il ricorso prosegue nel ricordare che, in parte motiva della sentenza, a pag. 125, si ritiene prova della partecipazione dell' A. all'associazione i fatti accaduti il 10.9.2013 in occasione del primo arresto del ricorrente. Ma nuovamente la Corte omette di ricordare che per quei fatti A. è stato assolto con sentenza definitiva acquisita agli atti di questo procedimento penale e che pertanto questa intuizione investigativa non può superare l'evidenza della verità processuale che attesta che A. non avesse alcun interesse per la droga e per il danaro rinvenuto al C Si sarebbe, dunque, deciso non solo di ignorare una sentenza definitiva, ma soprattutto di distorcerne l'accertamento operato. Ciò integrerebbe certamente una grave violazione di legge nella misura in cui non viene rispettato il dettato normativo che regola la valutazione delle prove acquisite in giudizio. Se poi la frase detta dall' A. alla moglie in occasione di un colloquio familiare il 20 giugno del 2014, dì che sono tutti bruciati pag.127 , fosse la riprova dell'esistenza di una associazione la Corte sembra dimenticare di spiegare perchè il gruppo avrebbe continuato ad operare nonostante quanto accaduto e quanto riferito dal ricorrente. La Corte, poi, continuamente parla di rapporti costanti e duraturi tra l' A. ed i OMISSIS , ignorando il minimo lasso di tempo intercorso e il numero delle ipotetiche consegne di droga, mentre per il ricorrente, prima di valutare la sussistenza o meno del reato associativo, il giudice deve argomentare sul perchè non possa trovare applicazione la disciplina generale del concorso di persone nel reato. La sentenza impugnata ci si duole ignorerebbe totalmente questo dato, e qualificherebbe direttamente le condotte come sussumibili nell'alveo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, omettendo di motivare circa le ragioni per cui è stata raggiunta siffatta conclusione. Anche sul ruolo riconosciuto in sentenza all' A. non solo la sentenza non evidenzierebbe quali sarebbero gli, indici probatori su cui fondare una siffatta conclusione, ma proprio il materiale investigativo acquisito sembrerebbe andare in senso opposto. In realtà la Corte ometterebbe ogni considerazione sul punto. Le censure difensive compulsate nell'atto di appello prosegue il ricorso-espressamente contestavano non solo l'esistenza di una associazione cui avrebbe fatto parte il ricorrente, ma anche il ruolo apicale allo stesso attribuito, ma, a fronte delle deduzioni difensive, nella motivazione del provvedimento impugnato si ometterebbe ogni considerazione sul punto. Pertanto, non essendo stato valorizzato alcun indizio o prova da cui far discendere la conclusione per cui l' A. sarebbe stato l'organizzatore e promotore del gruppo, a parere del ricorrente può dirsi certamente integrato il vizio di legge atteso che difetta la prova della condotta contestata allo stesso ricorrente e certamente non aver risposto ad una doglianza difensiva è altresì una ulteriore violazione di legge. Sulla mancanza di una logica motivazione in risposta al primo motivo di appello con cui si era espressamente censurato il riconoscimento operato dal GUP in primo grado circa il ruolo apicale dell' A. nell'associazione di cui è processo si spende poi il secondo motivo di ricorso proposto nell'interesse dell' A Con il terzo motivo di ricorso, l' A. lamenta violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in quanto il compendio probatorio in atti non sarebbe idoneo a fondare un giudizio di colpevolezza per le diverse ipotesi di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente rubricate al capo 2. Secondo la tesi proposta in ricorso, con riferimento alle ipotesi indicate al capo 2 della rubrica, ossia gli approvvigionamenti da parte di soggetti OMISSIS , il difensore ricorrente ricorda di avere formulato specifico motivo di appello teso a rilevare come non esistesse prova alcuna che la droga che fosse certamente destinata all'odierno ricorrente. In particolare, nonostante la mole di intercettazioni e di pedinamenti, nessun elemento probatorio sarebbe stato acquisito in atti a riscontro dell'assunto accusatorio, che resterebbe una pregevole intuizione investigativa priva tuttavia di elementi oggettivi che li sorreggano e li confermino. Che i due corrieri, C. e P. siano stati fermati con lo stupefacente senza nessun'altro elemento che riconduca all' A., impedirebbe di poter concludere che certamente i predetti fossero diretti a casa dello stesso. Ebbene, a fronte delle doglianze difensive, la Corte territoriale ripercorrerebbe e ripeterebbe pedissequamente il ragionamento del giudice di prime cure, senza, tuttavia, dare conto delle critiche avanzate secondo cui, se in altra data e in altro momento A. ha incontrato i correi, ciò non può essere la prova di fatti avvenuti in altre circostanze, soprattutto perchè gli stessi atti del processo attestano che il gruppo dei OMISSIS aveva rapporti con altri soggetti. La Corte poi pag 21 della sentenza afferma che il 22 dicembre del 2012 A. avrebbe incontrato i correi presso la propria abitazione, ma si tratterebbe di una svista evidente, poichè nessun atto di PG ha mai riportato questo dato mentre si è supposto che A. sarebbe tornato presso la propria abitazione perchè li lo aspettava il M. senza che mai questo elemento sia mai stato cristallizzato. Nè certamente potrebbe essere ritenuto un riscontro quanto riferito dal P., atteso che nessun elemento riportato dal predetto collaborante ha mai trovato riscontro. A. e L. altro soggetto cui avrebbe fatto riferimento il dichiarante non sono mai stati detenuti insieme nè processati insieme la macchina con doppio fondo utilizzata per trasportare la droga non era intestata all' A Di fatto sostiene il ricorrente il P. ha affermato di aver fatto il corriere per M. ma non ha mai potuto asserire che tutti i viaggi erano destinati all' A D'altra parte, proprio la Corte isolana viene ricordato ha assolto l' A. per i fatti del 22.1.2013, per cui il ricorrente si domanda in cosa in cosa differiscano le diverse situazioni portate alla cognizione dei giudici, atteso che per tutte le contestazioni mosse all' A. al capo 2 della rubrica, pur potendosi affermare che sussistono forti elementi indiziari, adottando una linea rigorosa di giudizio e di valutazione della prova si dovrebbe parlare di elementi insufficienti per affermare in termini di certezza che effettivamente siano avvenute delle cessioni di droga. Pertanto, alla luce di quanto premesso, il ricorrente ritiene di poter concludere che per quanto concerne i fatti del 22.12.2012 e dell'1 1.02.2013 l'assenza di elementi di prova certi impedisca di affermare con assoluta certezza che il reo possa essere ritenuto responsabile per quanto allo stesso ascritto. Con un quarto motivo di ricorso l' A. denuncia violazione di legge in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62bis c.p Il ricorrente si duole che la Corte territoriale, nel confermare il giudicato reso in primo grado, abbia ritenuto non accoglibili le doglianze proposte nei motivi di appello limitandosi a stabilire che non potessero essere concesse le attenuanti generiche sulla scorta di alcune valutazioni che il ricorrente di non poter condividere. In tal senso viene, innanzitutto, posto l'accento sull'esigenza evidenziata dai giudici di legittimità, di valutare per i fini di cui all'art. 62 bis c.p., la effettiva quantità del reato . Ricordata la giurisprudenza di questa Corte sul punto il ricorrente si duole che la Corte palermitana non ne abbia operato un buon governo, in quanto a pag. 25 fa riferimento ad una pluralità di condotte che nel caso de quo non sussistono con la pronuncia di appello l' A. è stato infatti assolto sia dal capo 5 della rubrica che da un episodio indicato al capo 2 della stessa. Le imputazioni poi non solo risalgono ad oltre sei anni addietro, ma sono temporalmente contenute in pochi mesi. Pertanto, non si comprenderebbe come si possa parlare di fatti numerosi e ripetuti nel tempo. Non ultimo, viene posto in evidenza che il ricorrente è soggetto che non annovera precedenti specifici. 2. AL.Fa. Avv. Riccardo Bellotta Con un primo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 530 c.p.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e vizio motivazionale in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 10 della rubrica. Si sostiene in ricorso che il ragionamento logico giuridico seguito dal giudice di merito nell'affermazione della penale responsabilità dell'imputato merita ampia censura in quanto fondato essenzialmente su delle mere congetture, non supportate da effettivi e concreti elementi di riscontro in ambito processuale. Il giudice di primo grado, infatti, sarebbe pervenuto ad un giudizio di condanna nei confronti dell' Al. attraverso la valorizzazione unitaria di alcune circostanze che, ad avviso dello stesso, sarebbero prettamente sintomatiche della realizzazione della condotta di reato contestata al capo 10 della rubrica relativa all'acquisto di una partita di stupefacente che, secondo la ricostruzione operata, lo stesso non sarebbe riuscito a saldare nei confronti del suo venditore, identificato in P.L Tuttavia, nonostante la sussistenza delle captazioni telefoniche ed ambientali, nel caso di specie le conversazioni intercettate necessitano di riscontri certi a supporto delle considerazioni espresse dagli Ufficiali di P.G., riscontri che nel caso di specie sono del tutto assentì. Invero, il rilievo per cui l' Al. discuteva con il P. in ordine alla restituzione di una somma di denaro, ma non sarebbe emerso con certezza che quest'ultima fosse riferita ad una precedente fornitura di stupefacente o, al contrario, derivare da altro tipo di attività o di rapporto di carattere economico tra l'imputato ed il proprio presunto fornitore. Ci si duole che i giudici del gravame del merito abbiano argomentato che sarebbe stato onere dell'imputato fornire una spiegazione alternativa delle conversazioni riportate nella parte motiva della sentenza, sovvertendo in tal modo l'onere probatorio che è notorio che grava sulla pubblica accusa. In altre parole, difetta nel caso di specie la prova che il debito contratto dall'imputato in esame nei confronti del proprio coimputato P.L., dipendesse da una precedente fornitura di sostanza stupefacente o, se al contrario, lo stesso fosse da ricondurre ad un rapporto economico di altra natura, avente carattere lecito. Con un secondo motivo si deduce violazione dell'art. 99 c.p., e vizio motivazionale in punto di mancata esclusione della contestata recidiva. Si ricorda, in proposito, che è compito primario del giudicante, infatti, quello di verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità, tenendo conto, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità, esistente fra loro, dell'eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali. Ebbene, sotto tale profilo, si evidenzia in ricorso come, nel caso di specie, l' Al. non annoveri precedenti penali per stupefacenti e nella presente vicenda abbia ricoperto un ruolo molto marginale. Di conseguenza, non si comprenderebbe alla stregua di quali parametri e sulla base di quali argomentazioni i giudici dell'appello abbiano ritenuto di applicare la recidiva contestata, argomentando genericamente che la condotta contestata nel presente procedimento penale è espressione di ulteriore pericolosità sociale. Oltretutto, l'episodicità della condotta, il tipo leggero di sostanza stupefacente e l'insussistenza di condanne ulteriore per fatti di reato perpetrati in epoca successiva rispetto a quello contestato nel presente procedimento penale sarebbero tutti elementi che avrebbero dovuto indurre il giudice di primo grado a non operare l'aumento facoltativo per la contestata recidiva. Sotto tale aspetto, perciò, la motivazione dell'impugnata sentenza apparirebbe manifestamente lacunosa nella parte in cui omette di specificare, con riguardo all'imputato in esame, da quali elementi è possibile trarre il convincimento circa una più accentuata colpevolezza ed una maggiore pericolosità del reo, se si tiene conto della natura e del tempo di commissione dei precedenti penali dell'imputato de quo. Con un terzo ed ultimo motivo si denuncia vizio motivazionale in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Si lamenta che i giudici del merito abbiano fondato il diniego sulla gravità delle condotte, sul contatto con ambienti criminali di particolare spessore, nonchè sui precedenti penali dell' Al Tuttavia, la sopra riportata motivazione sarebbe totalmente illogica in quanto la concessione delle richieste attenuanti, secondo il ricorrente, è del tutto slegata dalla gravità del singolo fatto di reato contestato in rubrica, o dell'ambiente criminogeno in cui lo stesso ha avuto la propria origine, bensì è legato ad altri fattori. Nel caso di specie, l'assoluta episodicità della condotta posta in essere dall' Al., il tipo leggero di sostanza stupefacente, la mancanza di precedenti specifici dell'imputato de quo, sarebbero certamente elementi favorevoli di giudizio che avrebbero dovuto indurre i Giudici dell'appello a riconoscere le circostanze di cui all'art. 62 bis c.p., giungendo in tal modo all'irrogazione di un trattamento sanzionatorio più aderente all'effettiva condotta posta in essere dall'imputato. 3. BA.An. Avv. Antonina Bonafede Con un primo motivo il ricorrente lamenta erronea applicazione dell'art. 192 c.p.p. nonchè mancanza o manifesta illogicità della motivazione con cui è stato ritenuto colpevole del reato di cui al capo 8 dell'imputazione. Si sottolinea la natura indiziaria del compendio probatorio a suo carico. Ricordata la giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia, si sostiene che il ragionamento seguito dai giudici di appello nella fattispecie de qua sarebbe abnorme, solo che si consideri l'estrema fragilità degli elementi posti a fondamento del costrutto accusatorio seguito dal Collegio giudicante e l'illogica motivazione prospettata relativamente alla contestazione mossa al Ba., cioè di essersi approvvigionato di numerosi carichi di eroina e cocaina con sequestro il 22/5/2013 di 211 grammi di eroina e 4 grammi di cocaina in OMISSIS tra Marzo e Maggio 2013. La Corte territoriale prosegue il ricorso ha ritenuto che vi fossero delle conversazioni tra Ba. e P. il giorno 22/3/2013, ma sbaglierebbe perchè di dette conversazioni non vi sarebbe traccia nell'intero fascicolo. E' vero che Ba. e P. si incontrarono il 10.3.2013 e il 17.3.2013, ma la natura degli incontri non sarebbe stata assolutamente provata e non potrebbe certamente desumersi dalla circostanza che, in prossimità di detti incontri il P. abbia incontrato il C.E Mai, anche nelle intercettazioni tra P., C. e F., gli interlocutori parlano del Ba Mai nessuna telefonata intercorse tra i due soggetti il 22.3.2013. Ciò che invece è certo e non può essere oggetto di contestazione o di diversa interpretazione prosegue il ricorso è che il Ba., in più occasione, cercato dal Paralisi, non abbia incontrato lo stesso. Infatti, in data 20/3/2013 il Paralisi cercava di contattare prima ed incontrare poi il Ba. ma lo stesso risultava irreperibile. Se i due avessero concordato un incontro volto alla cessione di stupefacenti si chiede il ricorrente perchè il Ba. non si sarebbe dovuto fare trovare? A ciò si aggiunga che priva di ogni efficacia probatoria sarebbe la telefonata tra Ba. e Paralisi, avvenuta la sera del 20/3/2013 nel corso della quale il Ba. chiedeva al Paralisi se avesse con sè la macchina. Il Paralisi rispondeva che era con la macchina. E in effetti il Paralisi aveva raggiunto OMISSIS a bordo dell'autovettura del F., come candidamente dallo stesso dichiarato nel corso della suddetta telefonata. Anche il 22/3/2013 il P. si recava a OMISSIS del Vallo dopo essersi preliminarmente incontrato con il F E anche in questa occasione i due soggetti non riusciranno ad incontrare il Ba Vi è poi un sms inviato dal P. al Ba. il 24/3/2013, ma anche dopo tale messaggio nessun incontro ci sarà tra i due, nè verrà mai registrato dagli inquirenti o intercettato dagli stessi, nonostante i numerosi servizi di appostamento e le intercettazioni. I contatti tra i due soggetti ricorda il ricorso si interrompono poi fino al 18/5/2013 allorquando il P., contattato il Ba., lo informa del suo imminente arrivo, arrivo che non ci sarà nè è stato provato che ci sia mai stato, nonostante si fossero dati un appuntamento al bar, così come l'incontro del successivo 21.5.2013. La Corte territoriale ci si duole ritiene che non vi sia ragione di dubitare sul positivo esito dell'appuntamento, stante il precedente contatto telefonico tra Ba. e P., ma non vi sarebbero elementi di riscontro che. provino detta circostanza non vi erano stati diversi incontri nei giorni precedenti perchè si deve ritenere che questo vi sia stato? si domanda il ricorrente . L'unico incontro che viene verificato dagli inquirenti il 21/5/2013 è quello tra P. e F. a Castellamare ma anche in questo caso si sottolinea in ricorso che il Ba. non viene visto con i due soggetti sopraindicati. Il successivo 22.5.2013, giorno del sequestro. di 211 grammi di eroina, rinvenuti a bordo dell'autovettura Seat Cordoba guidata dal F., e di 4 grammi di cocaina rinvenuti all'interno dell'autovettura Toyota IQ guidata dal P., F. e P. venivano bloccati nella via OMISSIS , luogo ove abita il Ba Ma si obietta la circostanza argomentata. dalla Corte territoriale secondo cui P. e F. sarebbero stati in procinto di entrare a casa del Ba. sarebbe irrilevante perchè appunto erano in procinto e non erano entrati ed in più, non vi sarebbe prova che il Ba. fosse all'interno della propria. abitazione. E non sarebbe logico e ragionevole, alla luce dei fatti pregressi e dei mancati incontri, ritenere che il Ba. dovesse necessariamente essere all'interno della propria abitazione. Nè potrebbe certamente porsi alla base di una sentenza di condanna la verosimiglianza di una o più circostanze. Nessun disguido, inoltre, come erroneamente sostenuto dal primo giudice, sussisterebbe per la mancanza degli incontri tra P. ed il Ba., non essendovi traccia di ritardi negli appuntamenti o di luoghi fraintesi tra i due, ma solo una assoluta indifferenza del Ba. sia al P. che al F. e la mancanza di qualsiasi interesse ad incontrare i due soggetti. Da nessuna intercettazione, poi, emergerebbe il raggiungimento di un accordo tra P. e Ba. volto alla cessione e all'acquisto di sostanza stupefacente. Non si potrebbe, peraltro ritenere che il raggiungimento dell'accordo, la cui prova si ribadisce non sussiste, implicherebbe il perfezionamento della fattispecie prevista e punita dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, anche con la sola messa in vendita o offerta, a prescindere dalla traditio. I precedenti richiamati dal giudice di prime cure -sottolinea peraltro il ricorrente, che dichiara di non aderire a tale anticipazione della soglia di punibilità ipotizzano una responsabilità del promittente, non di colui cui la droga viene proposta, che potrebbe anche non accettarla. Proprio in relazione a tale doglianza, contenuta nell'attò di appello, non sarebbe stata fornita alcuna motivazione. Peraltro, si sottolinea che nel caso in esame nessun accordo sulla quantità e qualità della sostanza e sul prezzo da pagare tra acquirente e venditore sarebbe mai stato raggiunto Anzi proprio nessun accordo vi sarebbe stato tra il Ba. e il P Si sottolinea, inoltre, che non vi sarebbe quell'approfondita motivazione che questa Corte di legittimità ritiene necessaria per i casi di c.d. droga parlata. La motivazione della sentenza impugnata non consentirebbe di comprendere gli elementi obiettivi, derivanti da appostamenti e intercettazioni, che hanno supportato la sentenza di condanna nei confronti del Ba. Con un secondo motivo si denuncia motivazione illogica ed apparente anche in relazione alle doglianze formulate nel punto V dell'atto di appello. Si ribadisce che il primo giudice ha aumentato la pena base per la continuazione tra le diverse condotte contestate al Ba Orbene, si sostiene che detto aumento non potesse essere applicato poichè non vi sono condotte precisate nel tempo e nello spazio da marzo a maggio 2013, ad eccezione di quella del 22/5/2013, che possono essere contestate al Ba. e, conseguentemente anche l'aumento per la continuazione applicato dal primo giudice doveva essere escluso. Non è stato provato si ribadisce in ricorso che i diversi contatti tra il ricorrente e P. fossero finalizzati all'acquisto di sostanza stupefacente e, pertanto, l'istituto della continuazione non poteva trovare applicazione. 4. B.G. Avv. Filippo Maria Gallina Con un primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art. 81 c.p., e vizio motivazionale ritenendo che non andasse operato l'aumento per la continuazione, in quanto la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto il ricorrente in relazione al capo 10 dai fatti contestati in data 16.4.2013, e da quelli contestati in data anteriore e prossima al 3.5.2013. Ebbene, la contestazione prevedeva nel predetto capo di imputazione tre distinti episodi detenzione di hashish e se per due di tali ipotesi i giudici del gravame del merito hanno escluso la penale responsabilità, rimanendo unicamente la detenzione di Kg 3 di hashish avvenuta in data 6.5.2013, nel procedere alla rideterminazione della pena finale da irrogare, non dovevano disporre un aumento per continuazione pari a mesi 3 di reclusione e 3000 Euro di multa. Ciò, si ribadisce, perchè nei confronti del B. è stata pronunciata sentenza di condanna unicamente per la detenzione di circa 3 kg di hashish, commesso in data 6.5.2013 il richiamo è alle pagg. 46-49 della sentenza impugnata . Ove si fosse proceduto correttamente invece, la pena finale avrebbe dovuto essere quella di anni 3 mesi 6 di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa, da ridurre per la scelta del rito abbreviato ovvero la pena base di anni 3 di reclusione, aumentata di mesi 6 per la contestata aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, da ridurre per il rito . Per questi motivi, su tale punto, chiede che la Corte voglia annullare la impugnata sentenza o in ogni caso, ai sensi dell'art. 619 c.p.p., comma 2, procedere alla corretta rideterminazione della pena irrogata. Con un secondo motivo censura la sentenza impugnata, sempre sotto il duplice profilo della violazione di legge artt. 62 bis e 133 c.p. e del vizio motivazionale, per quanto riguarda la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e la dosimetria della pena. La Corte territoriale sarebbe incorsa nel lamentato vizio di legittimità in quanto avrebbe motivato in termini elusivi sulla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, ed avrebbe mancato di motivare in ordine alla riduzione della pena nella misura del minimo edittale, così come invocato nell'atto di impugnazione. Si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe individuato nella determinazione della pena una pena base superiore all'invocato minimo edittale senza alcuna motivazione, non procedendo sul punto ad alcuna valutazione in ordine all'incensuratezza del ricorrente ed all'assenza di elementi giustificativi di un trattamento sanzionatorio così elevato. Trattamento sanzionatorio che si paleserebbe sproporzionato, come dedotto nei motivi di appello, anche rispetto a quello irrogato al G.B. soggetto arrestato in fragranza di reato che, per la medesima ipotesi di reato del ricorrente, è stato condannato alla pena finale di un anno e un mese di reclusione. Con un terzo motivo, sempre sotto il duplice profilo del vizio motivazionale e della violazione di legge si censura la sentenza impugnata in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, lamentando che, a fronte di specifica richiesta, alcuna motivazione la sentenza ha offerto, nonostante il B., soggetto incensurato al momento del fatto fosse infraventunenne e pertanto potesse godere dell'in-vocato beneficio. La Corte territoriale anche sul punto avrebbe omesso una qualsivoglia motivazione, non considerando appunto che il ricorrente, infraventunenne, poteva godere del chiesto beneficio. 5. D.G.G.B. Avv. Corrado Sinatra Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta l'erronea applicazione della legge penale tanto in relazione alla sussistenza dei requisiti oggettivi per contestare il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, quanto in relazione ai criteri di valutazione della prova, laddove la Corte territoriale ha ritenuto il quadro probatorio sufficiente a sostenere l'accusa a carico dell'odierno ricorrente ed a sorreggere il pronunciamento condannatorio già adottato dal giudice di prime cure. Con riferimento al capo 7 della rubrica, in relazione alla cessione al D., ci si duole che la Corte territoriale, ignorando le deduzioni difensive abbia sostenuto che sia stata vista la cessione di stupefacente tra i due correi e che comunque l'acquirente veniva fermato dopo poco tempo rispetto all'incontro con l'odierno ricorrente, cfr. pag.63 della sentenza. Nessuna di queste due circostanze si sostiene sarebbe supportata da prove. La PG operante si legge in ricorso non ha mai affermato di avere monitorato un episodio di cessione del D.G. in favore del D La sentenza riporta sul punto un passaggio della motivazione di primo grado che la difesa aveva fermamente contestato, atteso che gli inquirenti hanno visto salire in macchina il reo ma mai hanno osservato alcuna cessione. Si tratterebbe solo di una supposizione che ciò sia accaduto, ed infatti nemmeno la stessa sentenza di primo grado riporta mai il dato dell'evidenzia della cessione. Ed inoltre, poichè il D. arrivava a OMISSIS all'incontro con il D.G. provenendo dalla provincia di OMISSIS , non si può nemmeno escludere che questi avesse già la droga con sè nel momento in cui veniva monitorato l'incontro a Palermo oggetto del presente capo di imputazione. Quindi i giudici di appello non avrebbero recuperato il vuoto probatorio e motivazionale, limitandosi a ribadire quanto affermato dal Gup, ma non esiste in atti alcun documento in cui sia riportato che è stato certamente visto il passaggio di droga in cambio di danaro, nè che lo stesso correo non fosse in possesso della droga quando già arrivava a OMISSIS . Altro errore sarebbe legato al momento del controllo della Polizia Stradale nei pressi del comune di OMISSIS per accertarsi che il D. fosse in possesso di stupefacente il controllo mirato avviene dopo diverse ore senza che nessuna vettura abbia seguito il D., e quindi non è possibile sapere se questi abbia avuto da altri la droga. La sentenza di appello, proseguendo il sentiero tracciato dal Gup, acriticamente dimenticherebbe che dal momento dell'incontro al momento del controllo è passato un notevole lasso di tempo e nessuno può escludere che lo stesso D. abbia effettuato una sosta o abbia incontrato altri soggetti Anche in questo caso la Corte isolana avrebbe ignorato totalmente le doglianze difensive, dando come certi elementi che, invece, non hanno mai avuto alcun riscontro oggettivo certo. Con un secondo motivo si censura l'erronea applicazione della legge penale, atteso che la Corte territoriale ha ritenuto il quadro probatorio sufficiente a sostenere l'accusa a carico dell'odierno ricorrente ed a sorreggere il pronunciamento condannatorio adottato dal giudice di prime cure che aveva ritenuto corretto sussumere la vicenda de quo nell'alveo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, invece della diversa ipotesi rubricata del comma 5, del citato articolo così come invocato dalla difesa. Nel caso di specie, invece, sulla base dei principi affermati da questa Corte di legittimità, che vengono ricordati in ricorso, la condotta posta in essere dall'odierno ricorrente apparirebbe connotata da quel margine di disvalore penale in base al quale si ritiene che il fatto possa riqualificarsi ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Il D.G. deve infatti rispondere di un unico episodio che lo coinvolgerebbe per pochi grammi di sostanza stupefacente avvenuto diversi anni prima del suo arresto e senza che questi abbia mai commesso altri delitti negli anni successivi. Pertanto negare la riqualificazione giuridica sul presupposto che altri hanno poi commesso ulteriori reati, pare essere per il ricorrente una palese violazione della legge penale. Con un terzo motivo si denuncia violazione dell'art. 62bis c.p. in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Ci si duole che i giudici del gravame del merito si siano limitati a stabilire che non potessero essere concesse le attenuanti generiche avuto riguardo, di fatto, alle conoscenze ed alle frequentazioni del reo . Il ricorrente ritiene che sul punto la sentenza impugnata non abbia fatto corretta applicazione dell'art. 62 bis c.p., non potendo le attenuanti generiche essere intese come oggetto di una benevola e discrezionale concessione del giudice ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificatamente che non sono comprese tra le circostanze da valutare ai sensi dell'art. 133, ovvero che presentino connotazioni tanto rilevanti e speciali, da esigere una più incisiva, particolare considerazione. La Corte territoriale ci si duole parrebbe dimenticare che nel presente giudizio il D.G., incensurato, è stato condannato solo per il capo 7 della rubrica, essendo lo stesso stato assolto dal più grave reato associativo di cui al capo 1 della rubrica e da un altro episodio di cessione di stupefacente rubricato al capo 11 della stessa. 6. F.G. Avv. Riccardo Bellotta Con il primo motivo lamenta violazione dell'art. 530 c.p.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e vizio motivazionale in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 10 della rubrica. Il ricorrente lamenta che la motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al capo 10 dell'imputazione, sarebbe del tutto generica, atteso che i giudici di merito si sarebbero limitati a riportare il contenuto delle conversazioni captate nel corso delle indagini preliminari senza argomentare in ordine agli specifici rilievi difensivi evidenziati nei motivi di gravame in ordine al reato di detenzione di sostanza stupefacente perpetrato dall'imputato in esame e dai suoi presunti correi in data 6/5/2013. In particolare, sebbene gli Ufficiali di P.G. abbiano riferito nell'allegato 331 della comunicazione di notizia di reato che l'imputato in esame abbia consegnato al G. un sacchetto, che quest'ultimo provvedeva a riporre nel vano sotto la sella, contenente sostanza stupefacente, la motivazione dell'impugnata sentenza sarebbe assente nella parte in cui si deduce la consapevolezza dell'imputato in esame sul suo contenuto illecito. Invero, dalla motivazione della sentenza in esame non si evincerebbe in alcun modo che il prevenuto avesse la consapevolezza che il sacchetto che lo stesso ha ceduto al G. contenesse della sostanza stupefacente, rappresentando quest'ultima una mera congettura da parte dei giudici di appello. Inoltre, il dato per cui il F., successivamente al fatto di reato contestatogli in rubrica, sia stato tratto in arresto insieme al P. per la detenzione di 200 grammi di cocaina, dimostrando in tal modo il suo inserimento in un circuito dedito al traffico di sostanze stupefacenti, sarebbe un dato meramente suggestivo atteso che si tratterebbe di un fatto di reato del tutto slegato rispetto a quello contestato nel presente procedimento penale. Ne sarebbe derivata, sotto questo specifico profilo, una motivazione manifestamente lacunosa, che non avrebbe potuto far concludere per una affermazione di penale responsabilità dell'imputato in esame per i fatti di reato ascritti in rubrica, con conseguente illogicità della motivazione. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizio motivazionale avendo i giudici di secondo grado argomentato in maniera lacunosa anche in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 114 c.p., avendo gli stessi ritenuto che avere fornito il sacchetto contenente sostanza stupefacente sarebbe incompatibile con la richiesta attenuante. A tal fine, si evidenzia in ricorso come, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l'attenuante in parola è configurabile quando l'apporto del correo risulti così lieve da apparire, nell'ambito della relazione di causalità, quasi trascurabile e del tutto marginale. Nel caso di specie, l'apporto del F., qualora lo si volesse ritenere concorsualmente partecipe del fatto di reato contestato al capo 10 della rubrica, limitatamente all'episodio posto in essere in data 6/5/2013, dovrebbe considerarsi del tutto marginale, in ragione del fatto che lo stesso non era nè il soggetto cedente la sostanza stupefacente nè il soggetto cessionario, ma secondo la ricostruzione accusatoria il prevenuto sarebbe il soggetto che si è limitato a consegnare al corriere G.B. un sacchetto di carta di colore marrone, operazione quest'ultima meramente materiale seppure rilevante sotto il profilo del concorso e posta in essere da un soggetto che non ricopriva alcun ruolo all'interno dell'illecita transazione contestata in rubrica. Di conseguenza, la motivazione della sentenza in esame avrebbe dovuto affrontare tale specifico rilievo, evidenziando se il contributo causale del F. fosse pieno o se al contrario lo stesso, sebbene concorsualmente rilevante, si potesse definire di minima importanza. Con il terzo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio motivazionale anche con riguardo alla mancata concessione nei confronti del F. delle circostanze attenuanti generiche previste dall'art. 62 bis c.p., oltre che manifestamente lacunosa sotto il profilo motivazionale per ciò che attiene la dosimetria della pena da irrogare in concreto. Ed invero la Corte territoriale avrebbe fornito una giustificazione piuttosto generica in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in quanto avrebbe dovuto argomentare in ordine alla limitata partecipazione del F. all'unica fattispecie di reato contestata nonchè per il fatto che nella presente vicenda processuale l'imputato in esame ha svolti un ruolo meramente secondario rispetto ad altri soggetti coinvolti. 7. e 8. G.G. e LE.Ga. Avv. Giovanni Castronovo, con due separati atti, in parte sovrapponibili Con un primo motivo di ricorso, uguale per entrambi i propri assistiti, il difensore ricorrente lamenta omessa motivazione e conseguente violazione dell'art. 111 Cost., art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 546 c.p.p., lett. e , in riferimento all'art. 192 c.p.p Secondo il ricorrente la Corte di merito avrebbe valutato unicamente gli elementi proposti dall'accusa, tralasciando la valutazione dell'intero panorama probatorio e delle deduzioni difensive. Il categorico rifiuto della confutazione delle censure difensive emergerebbe dal passaggio motivazionale di seguito indicato A nulla rileva che i verbalizzanti non abbiano potuto monitorare esattamente il momento della consegna, avvenuto all'interno del magazzino, atteso che il susseguirsi dei movimenti intercettati dimostra che la cessione era avvenuta in quel contesto e vi avevano preso parte anche gli imputati pag. 73 ss. sent. imp. . Richiamati i dicta di Sez. 6 n. 13085/2013 e di Sez. 1 n. 37531/2010 in tema di omessa valutazione di una memoria difensiva e conseguente nullità di ordine generale prevista ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , il ricorrente lamenta che, nell'attività di ricerca della verità processuale, la Corte territoriale avrebbe valutato solo parzialmente il compendio probatorio, contravvenendo al principio per il quale, fermo restando il principio del libero convincimento, è solo la motivazione, anche alla luce della recente novella, il luogo nel quale si fonde la contrapposizione delle parti, ovverosia il contraddittorio. Con un secondo motivo, pure comune ad entrambi i ricorrenti, si lamenta erronea applicazione dell'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, nonchè artt. 192 e 533 c.p.p., nella parte in cui la responsabilità penale di entrambi per il reato di cui al capo 13 -pur limitatamente all'episodio del 18/6/2015 sarebbe stata confermata in assenza di qualsivoglia confutazione della tesi difensiva. La trattazione con g. delle posizioni dei coimputati avrebbe avuto quale esito quello di eliminare definitivamente l'analisi delle censure difensive. Quanto al G., il difensore ricorrente ricordato che, secondo l'imputazione originaria, al capo 13 della rubrica, era stato contestato al G. il reato di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 81 cpv. c.p., poichè, in concorso con T.G. e Le.Ga., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, fuori dai casi previsti dall'art. 75, cedevano il T. ed il Le. l'11 Aprile 2015 sostanza stupefacente di ignota quantità e qualità ad un acquirente non identificato, ed in data 18 Giugno 2015, unitamente al G., cedevano circa 100 gr. di sostanza stupefacente del tipo cocaina, con un principio attivo del 65,8% pari a circa 440 singole dosi medie, a Bo.Gi. e Bo.Gi I fatti contestati, posti alla base del capo d'imputazione, si ricorda ancora in ricorso, traggono la loro origine dall'attività captativa svolta degli operatori di P.G. nello specifico, riprese di videosorveglianza e mirati servizi di sorveglianza dinamici , i quali avevano installato un sistema di videoriprese in vicolo Casamicciola, presso l'abitazione del T Nell'atto di gravame nel merito il ricorrente ricorda di avere evidenziato che G. era solito frequentare il cugino Le., e che quest'ultimo si recava abitualmente nella zona in cui si è verificato il contestato delitto poichè è ivi collocato lo studio medico del Dott. Attilio Granà, e quando vi era tanto tempo da attendere, egli pazientava presso la casa del cognato T Ad accompagnare Le., in tutti questi giri abituali, vi era abitualmente l'odierno ricorrente. E sarebbe provato nel processo il fatto che il G. accompagnasse il cugino Le. perchè sprovvisto di patente, facendo la spola tra lo studio medico e l'abitazione del T., ed informando il Le. circa il deflusso dei pazienti presenti in sala d'attesa. Di tale argomentazione difensiva, ampiamente documentata per tabulas, non vi sarebbe alcuna traccia in motivazione. Inoltre, il ricorrente ricorda di avere anche sottolineato come, esaminando gli atti di indagine, sarebbe stato possibile comprendere come dagli stessi non emergesse con assoluta certezza l'effettiva consegna dello stupefacente ai fratelli Bo. da parte del Le., del G. e del T., ben potendosi sostenere, in modo alternativo e parimenti logico, che i presunti acquirenti si fossero riforniti antecedentemente, ovvero che costoro volessero rifornire di droga il T. e che l'acquisto non fosse perfezionato, ragion per cui la sostanza stupefacente rimase nella disponibilità dei fratelli Bo Ci si duole che il giudice di merito abbia trattato congiuntamente le posizioni di Le. e G., senza che vi sia traccia nella motivazione delle argomentazioni difensive soggettivamente prodotte per entrambi. Ciò posto, si censura l'illegittimità di quanto ritenuto dal giudicante laddove afferma A nulla rileva che i verbalizzanti non abbiano potuto monitorare esattamente il momento della consegna, avvenuto all'interno del magazzino, atteso che il susseguirsi dei movimenti intercettati dimostra che la cessione era avvenuta in quel contesto e vi avevano preso parte anche gli imputati pag. 73 sent. imp. . La conferma della responsabilità penale dell'odierno ricorrente sarebbe fondata sull'illegittima ed illogica valutazione degli esiti dell'attività investigativa, in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di attribuire il giusto valore ad altre emergenze probatorie acquisite in atti, e dalle quali emergerebbe in maniera chiara la totale estraneità del G. in ordine al reato di concorso nella cessione di stupefacente. Peraltro, pur volendo condividere la prospettazione accusatoria circa l'effettiva cessione di droga avvenuta in data 18 giugno 2015 nel vicolo Casamicciola, non emergerebbero dati probatori certi soggettivamente ascrivibili a G.G. idonei ad identificare il ruolo che avrebbe rivestito il predetto nell'ambito della vicenda de qua. Nello specifico della posizione del Le., di cui alle pagg. 5-6 del ricorso viene ricordata la scansione del processo a suo carico, il difensore ricorrente sottolinea come la scelta della difesa di definire il procedimento nelle forme del rito abbreviato non sia stata in alcun modo dettata dal mero obiettivo di beneficiare, nel caso di condanna, di una riduzione della pena, quale effetto premiale della rinuncia dell'imputato alla formazione della prova nel contraddittorio tra le parti. Al contrario, la scelta del rito sarebbe stata ritenuta opportuna essendo certi del fatto che le prove raccolte, già allo stato degli atti, non apparivano e non appaiono sufficienti ed idonee a dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dell'imputato. E ciò anche alla luce dell'interrogatorio di garanzia reso dal Le. subito dopo il suo arresto, che sarebbe stato ampiamente riscontrato e corroborato dalla produzione documentale riversata in atti dalla difesa, e che consentiva di fornire una chiave di lettura diametralmente opposta rispetto a quella cuì è pervenuta la Pubblica Accusa. Alla condanna intervenuta nei confronti del Le., il difensore ricorrente ricorda di avere avanzato specifici motivi di gravame di cui non vi sarebbe traccia nella motivazione della sentenza impugnata. Si censura il seguente passaggio motivazionale Ed, invero, vanno pienamente condivise le considerazioni svolte dal primo giudice che, con puntuale e specifica motivazione, ha ritenuto che le giustificazioni fornite dagli imputati non fossero in grado di inficiare il complessivo quadro probatorio evidenziato a loro carico. Non vi è dubbio, che, nell'occasione, vi sia stata una cessione di droga a favore dei fratelli Bo. i quali, appena dopo avere lasciato il magazzino del T., venivano fermati e trovati in possesso della cocaina, peraltro, fornire nessuna spiegazione in merito a tale detenzione pag. 73 e ss. . I termini utilizzati dalla Corte territoriale sarebbero sintomatici della omessa considerazione dell'attività difensiva del Le Per entrambi i propri assistiti, ad avviso del difensore ricorrente, la conferma della responsabilità penale sarebbe fondata sull'illegittima ed illogica valutazione degli esiti dell'attività investigativa, in quanto il Decidente ha omesso di attribuire il giusto valore ad altre emergenze probatorie acquisite in atti, e dalle quali emerge in maniera chiara la totale estraneità del ricorrente in ordine al reato di concorso nella cessione di stu pefacente. La ricostruzione difensiva non sarebbe stata considerata, ed il risultato è l'illegittimità del seguente passaggio motivazionale Gli appellanti non si erano limitati a tenere una condotta di mera connivenza, anche volendo ipotizzare che la cessione fosse avvenuta da parte del solo T., in proposito pare sufficiente evidenziare che 11 G. è il Le. arrivano nello stesso momento dei fratelli Bo. già poco prima avvicinatisi ed andati via al magazzino di via Casamicciola e insieme vi facevano ingresso dopo alcuni cenni di intesa il tutto, dunque, a dimostrazione del fatto che gli imputati avevano avuto parte attiva nella cessione dello stupefacente pag. 73 sent. imp. . Non potrebbe dirsi raggiunta con certezza la prova della partecipazione attiva degli odierni ricorrente solo per l'ipotetico ingresso e gli ipotizzati movimenti, indebitamente qualificati come cenni di intesa. Nello specifico della posizione del Le., il ricorrente sottolinea che la presenza dello stesso presso l'abitazione del cognato sarebbe dovuta a ragioni diverse da quelle paventate dagli investigatori ossia non per concorrere con lo stesso allo svolgimento di un'attività illecita, ma semplicemente per ragioni personali, stante i rapporti di parentela tra i due soggetti. Inoltre, dall'attività investigativa svolta nell'ambito del presente procedimento penale non emergerebbe la presenza del Le. in altri episodi di cessione di sostanza stupefacente. Così come non vi sarebbero contatti o rapporti tra il Le. ed i coimputati, così come non vi sonò captazioni telefoniche nel corso delle quali si fa cenno al Le Inoltre, non può sottacersi il fatto che il ricorrente non è mai stato citato nelle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. Inoltre, il difensore ricorrente ricorda di avere segnalato al giudice di merito il fatto che al Le. non era mai stato contestato il reato di cui al capo 1 , ovvero il reato associativo, circostanza questa che costituisce un'ulteriore prova del fatto che costui è al di fuori del mondo legato al traffico di sostanze stupefacenti. E in ultimo che il Le., durante il periodo al quale risalgono i fatti contestati, percepiva un reddito da lavoro dipendente, come provato in atti, il che faceva sì che la situazione economica della propria famiglia non fosse precaria. Con il terzo motivo di ricorso proposto nell'interesse del G. si deduce erronea applicazione dell'art. 62 bis c.p., e vizio di motivazione in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Per il ricorrente, infatti, posto che qualunque reato è grave ciò non incide sulla concessione delle attenuanti generiche, poichè se fosse come erroneamente ritenuto dal Giudicante, la commissione del reato. renderebbe sempre impossibile l'applicazione delle attenuanti in parola. Con il terzo motivo proposto nell'interesse del Le., invece, si lamenta violazione dell'art. 2 c.p., comma 4, art. 62 bis c.p., art. 99 c.p., comma 4, e art. 133 c.p., e vizio motivazionale, in primis, laddove a carico del Le., è stata ritenuta sussistente la contestata recidiva, lamentandosi che la Corte territoriale non abbia operato alcuna concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo. Si lamenta altresì che la pena sarebbe eccessiva contestando la motivazione del G.U.P. che ricorda di avere fissato la pena al minimo edittale, di anni sei di reclusione ed Euro 27000 di multa, in considerazione del fatto che gli episodi risalgono al 2013, quindi, sotto la vigenza del novellato art. 73, e prima della sentenza della Corte costituzionale del 2014, e pertanto, la pena non è suscettibile di ulteriori riduzioni pag. 74 sent. imp. . Per entrambi i ricorrenti, nei due atti redatti dal comune difensore, viene infine affermato specularmente che il ragionamento svolto in punto di censura al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche .riverbera in modo evidente i suoi effetti con riguardo al trattamento sanzionatorio, che nel caso di specie risulta essere particolarmente a fflittivo . 9. e 10. L.C. e L.S. Avv. Domenico Putrino e Avv. Giuseppe Fabio Cacciatore, con un unico atto . Con un primo motivo di ricorso, i difensori ricorrenti lamentavo violazione dell'art. 125 c.p.p. comma 3, art. 533 c.p.p., comma 1, e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e , con specifico riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ed all'art. 110 c.p., nonchè vizio motivazionale in punto di affermata responsabilità per il reato di cui al capo 5 dell'imputazione, per il quale, esclusa l'aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, sono stati condannati, in concorso, entrambi i loro assistiti. I difensori dei ricorrenti ricordano che già in sede di gravame di merito aveva lamentato come il giudice di prime cure avesse sostanzialmente fondato il proprio convincimento su mere presunzioni ed interpretazioni soggettive delle conversazioni e comunicazioni captate dagli inquirenti, attribuendo alle stesse univoco significato, laddove invece i ricorrenti avevano dato contezza dei loro rapporti commerciali di vecchia data con il coimputato P Secondo la tesi sostenuta in ricorso, già dalla mera lettura dell'imputazione emergerebbe ictu oculi come la stessa sia del tutto contrastante non solo con quanto emerso dall'attività investigativa ma, altresì, con le stesse conclusioni cui sono pervenuti entrambi i giudici di merito. In primo luogo, non vi sarebbero dubbi sul fatto che non sono in alcun modo emersi collegamenti tra i due fratelli L. e gli altri correi A.A. e C.E., circostanza che troverebbe conferma nella decisione della Corte territoriale di escludere la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6. Viene richiamato il punto della motivazione di pagina 81 del provvedimento impugnato dove tra l'altro si legge Nel caso di specie si tratta di una cessione da P.L., per il tramite del fratello Salvatore, ai fratelli l., per cui non può ritenersi sussistente l'aggravante, stante la partecipazione alla condotta di vendita e a quella di acquisto per la successiva vendita, di due soggetti che agivano autonomamente in ciascuna delle fasi sopra indicate . Le soprariportate argomentazioni non farebbero che confermare la forzatura dell'imputazione mossa agli odierni ricorrenti, che avrebbe racchiuso in un unico calderone soggetti che non hanno avuto alcun ruolo nell'episodio contestato del gennaio 2013, e che ha portato al sequestro del quantitativo di stupefacente e al contestuale arresto del P.S La genericità e superficialità della contestazione mossa ai fratelli L. si appaleserebbe in maniera ancora più lampante nelle motivazioni del provvedimento impugnato, laddove non emergerebbe chiaramente che tipo di azione sia stata compiuta dall'uno e dall'altro degli imputati, i quali vengono coinvolti all'unisono nella vicenda senza che si possa effettuare una differenziazione delle singole condotte in proposito il ricorrente evidenzia come più volte si parli dei L. al plurale, senza distinguere la condotta dell'uno o dell'altro . Il ricorso si sofferma in particolar modo, ribadendo quanto esposto nei motivi di gravame nel merito, sul fatto che, soprattutto nei confronti di L.C., emerge dagli atti un coinvolgimento nella vicenda del tutto marginale se non assente. Viene ricordato come già nella sentenza di primo grado, pur avendo condannato entrambi alla medesima pena, nella motivazione il giudice sembra attribuire a L.S. un ruolo preminente rispetto al fratello. Si lamenta altresì che anche il capo di imputazione apparirebbe confuso e generico in ordine agli episodi contestati, ad esempio dove si attribuisce agli odierni ricorrenti lo spaccio di diversi carichi di eroina , pur in presenza di un unico sequestro avvenuto in data 22/1/2013, e senza che tale assunto accusatorio sia confortato da elementi di fatto. Rilevano i ricorrenti come nelle motivazioni sia di primo e di secondo grado, in effetti, sembrerebbe come l'unico episodio preso in considerazione sia quello culminato nel sequestro e nell'arresto di P. Salvatore, ciò a dimostrazione della totale carenza di riscontri circa l'origine illecita dei precedenti contatti tra i correi. Sull'episodio del 22/1/2013 poi, i ricorrenti ricordano di avere evidenziato al giudice del merito l'incongruenza dell'operazione di polizia posta in essere dagli investigatori che, nel caso fosse stata confermata l'ipotesi investigativa del coinvolgimento dei due fratelli l., li avrebbero potuti agevolmente cogliere in flagranza di reato e che non corrisponde al vero il fatto che Salvatore sarebbe stato visto alla fermata dell'autobus. Non vi sarebbe prova alcuna, inoltre, che la sostanza sequestrata fosse destinata agli odierni ricorrenti o ad uno dei due. Su tali temi e doglianze lamentano che la Corte territoriale non fornisca risposta, laddove il L.S. avrebbe precisato e chiarito ogni aspetto riguardanti i contatti avuti con P.L. egli è un imprenditore agricolo, nel settore dell'uva, assieme al fratello L.C. già rivenditore di auto usate e ha ceduto a P.L. un'autovettura Lancia Thesis che quest'ultimo, dopo il pagamento avvenuto in contanti, ha restituito pochi giorni dopo per difetti riscontrati a seguito di controlli meccanici. Dei soldi originariamente pagati 10.000 Euro , ha ricevuto, però, in restituzione solo una parte e, giustamente, chiedeva insistentemente ad entrambi i fratelli il pagamento del residuo. Vengono riportate in ricorso le captazioni ritenute più interessanti e gravemente indiziarie evidenziando come l'autovettura nelle stesse venga più volte menzionata. Viene ricordato come gli imputati nell'interrogatorio di garanzia hanno sul punto chiarito la propria posizione. Con un secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 533 c.p.p., comma 1, e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e , con specifico riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ed all'art. 110 c.p., nonchè vizio motivazionale in punto di mancato riconoscimento dell'ipotesi di reato meno grave di cui al comma 5. I ricorrenti ricordano che, per costante orientamento giurisprudenziale, la fattispecie di lieve entità può essere riconosciuta anche nelle condotte di modesta e non rilevante detenzione di sostanze stupefacenti che constino di plurime e continuative cessioni, purchè effettuate con una organizzazione rudimentale di mezzi e di persone, quando non risulti una diretta partecipazione ad attività organizzative di rilevante pericolosità. Ebbene, nel caso specifico si evidenzia che v'è stato un unico rinvenimento di sostanza stupefacente con modalità tali da ritenersi, ad avviso dei ricorrenti di lieve entità, non essendovi prova di ulteriori approvvigionamenti di merce nè di una costante organizzata attività di spaccio da parte dei ricorrenti. Con un terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 533 c.p.p., comma 1, e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e , con specifico riferimento all'art. 62 bis c.p., artt. 133 e 133 bis c.p., e art. 163 c.p., nonchè vizio motivazionale in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di dosimetria della pena. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, su cui si lamenta che la sentenza appaia priva di adeguata e logica motivazione, laddove i giudici del gravame si limitano ad evidenziare l'assenza di alcun elemento positivamente valutabile a favore degli imputati per potere riconoscere un tal beneficio che non può essere dato per scontato ma richiede la sussistenza di situazioni non riconducibili alla sola incensuratezza che presentino connotazioni tali da giustificare un trattamento di favore a ciò si aggiunga che, nel caso di specie le modalità delle condotte poste in essere denotano una negativa personalità dei predetti che hanno dimostrato di essere in grado di trattare l'acquisto di importanti quantitativi di cocaina attraverso i contatti interessati con appartenenti ad un contesto criminale non di poco conto vedi pag. 81 della sentenza impugnata . Si tratterebbe di argomentazioni in contraddizione con i fatti e con le conclusioni di merito cui sono pervenuti i giudicanti, anche soprattutto laddove hanno negato la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 73, comma 6. In particolare, ci si duole che, nel caso che ci occupa, non vi sarebbe stata alcuna valutazione circa una propensione a delinquere in capo agli imputati che giustificherebbe la mancata concessione delle attenuanti generiche. La motivazione sul punto sarebbe carente di un'adeguata valutazione delle circostanze del fatto e sulla possibilità che gli imputati stessi possono commettere in futuro nuovamente la condotta criminosa. Sarebbe stato anche completamente ignorato il comportamento processuale dei ricorrenti che, da subito, non si sono sottratti all'interrogatorio rendendosi disponibile a chiarire la propria posizione ammettendo riconoscere il presunto C Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e , con specifico riferimento all'art. 56 c.p I ricorrenti rilevano che la fattispecie contestata avrebbe dovuto essere qualificata nella condotta solo tentata con rimodulazione della pena adattando la condotta realmente poste in essere. Non potrebbe contestarsi che l'ipotesi di reato di cessione sostanze stupefacenti non si è perfezionata, rimanendo la condotta monca dell'esito finale, dunque solo tentata alla luce di ciò la corte prima ancora al giudice di prime cure avrebbero dovuto applicare la riduzione prevista al comma 1 dell'art. 56 del codice penale. 11. M.F. Avv. Giovanni Mannino . Con un primo motivo si lamenta violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74,artt. 110 e 112 c.p., e vizio motivazionale in punto di ritenuta sussistenza dell'associazione criminale e della partecipazione alla stessa del M Per il ricorrente il quadro delle violazioni emergerebbe ictu oculi dall'inadeguatezza del processo valutativo e dal connesso processo logico-argomentativo posto dalla sentenza della Corte territoriale a sostegno della validità probatoria delle propalazioni etero accusatorie raccolte nel presente processo, affiancato da molteplici processi interpretativi di taluni fatti storici oggettivamente inconfutabili in ordine ai quali l'impugnato provvedimento si spinge in costruzioni oltremodo congetturali illogiche e contraddittorie. Si ricorda in ricorso che il quadro probatorio a carico del ricorrente poggia, sul contenuto delle dichiarazioni di P.L., arrestato il 22.12.2012 a M. nel corso di un trasporto questi aveva riferito, collaborando con la giustizia, di essere il corriere per conto di M. e M. e di aver effettuato numerosi trasporti di hashish e cocaina, per loro conto, in favore di A. e di altri soggetti a quest'ultimo legati. Ed inoltre dal contenuto di alcune intercettazioni ambientali in atti, dalle quali si evincerebbe come il M. avesse stabili e continui rapporti con altri esponenti dell'associazione, tra i quali il M. e l' A. nonchè da una intercettazione al colloquio in carcere di M. con i propri familiari da cui emergeva che vi erano stati indicazioni da parte dei palermitani per la scelta del legale conversazione del 30 giugno 2014 . Ed ancora, la Corte territoriale afferma che la condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti stante la costante disponibilità dei OMISSIS a fornire le sostanze ai sodalizio operato a Palermo, cosi da determinale un durevole, anche se non esclusivo, rapporto tra fornitore e acquirente, laddove per la quantità e la periodicità dei rapporti e la regolare cadenza degli acquisti, gli acquirenti potevano contare su una fonte di approvvigionamento ed i fornitori su una linea di smercio fondamentale per i propri guadagni ved. pagine 124 e seguenti motivazione sentenza . Il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte di legittimità in relazione alla fattispecie associativa di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, e in particolare Sez. 1, 10.6.2006 Sez. 5 23.9.1997 e Sez. 1 n. 3133 del 12.11.1997 che supporterebbe la sua tesi secondo cui la rassegna di elementi di prova restituita alle indagini, evidenzierebbe una serie di condotte illecite ascrivili a singoli imputati o attuate, in concorso fra loro, da più soggetti non sufficiente a comprovare la contemporanea esistenza di una organizzazione criminale, finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di delitti fra quelli previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Si sostiene in ricorso che il quadro delineato dalle indagini risulta in larga parte frammentario ed episodico, con le uniche eccezioni di rapporti per un breve arco temporale, tra il M., M., A. e T., che sembrano però legati a ragioni differenti ed estranee all'esistenza dell'associazione. Ma soprattutto, il compendio probatorio risulterebbe privo di indicazioni utili sull'esistenza di una struttura organizzata stabile, sulla predisposizione di mezzi comuni, sulla suddivisione di ruoli e compiti interni, funzionali all'attività associativa. Al contrario, si imporrebbe con evidenza l'assenza di qualsiasi forma di programmazione, condivisa fra tutti i, singoli, presunti adepti. Così come, al di là dei finanziamenti stanziati in occasione delle singole condotte illecite, mancherebbe qualsiasi esempio di investimento finalizzato ad attuare e perpetuare i programmi globali e comuni dell'associazione. In ogni caso, si evidenzia che sono stati identificati solo i soggetti minimi indispensabili dal punto di vista soggettivo, e lo spazio temporale in cui si svolgono i fatti contestati all'odierno ricorrente non consente di apprezzare il requisito di stabilità, che è invece un dato imprescindibile per argomentare l'esistenza di una vera e propria organizzazione. Le vicende oggetto delle conversazioni intercettate, inducono nell'accezione più negativa a ritenere la scarsa capacità del gruppo e, certamente, l'esistenza di una cassa comune con la quale ripianare i debiti del supposto sodalizio, tutti elementi necessari per indurre ha supporre l'esistenza di una associazione dedita allo spaccio di stupefacenti. Ed ancora l'illogicità e la contraddittorietà nonchè la mancanza di motivazione della sentenza della Corte territoriale si evincerebbe, ancora, nella circostanza che quando in data 11.2.2013, veniva tratto in arresto dalla Polizia stradale il coimputato C.D. trovato in possesso di 2 chili di cocaina avveniva di fatto la rottura dei rapporti tra l'odierno ricorrente e il M Tale evenienza si sostiene veniva ricostruita nell'informativa della P.G. che poi ha portato all'emissione del provvedimento cautelare nel 2014 da parte del Gip presso il tribunale di Palermo nei confronti dell'odierno ricorrente. Sarebbe evidente che nel caso di specie si sarebbe in presenza di un concorso di persone nel medesimo reato ex art. 110, con l'aggravante prevista dall'art. 112 c.p Ed infatti, sarebbe emerso che vi era un accordo tra l' A. o il T. e il M. o il M., in relazione ai singoli episodi di trasporto di sostanza stupefacente da Napoli a Palermo. Tale circostanza comportava di fatto che se la sostanza stupefacente veniva sequestrata prima della consegna il rischio e le spese erano a carico dei fornitori e non quindi dei committenti. Le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di Appello, non troverebbero allora alcun supporto su argomentazioni connotate da logicità e sarebbero, inoltre, frutto dell'omessa considerazione di importanti elementi che dimostrerebbero, secondo i comuni canoni di rigore logico, la insussistenza dei requisiti strutturali del contestato delitto associativo. Inoltre, sarebbe inconfutabile che si tratta di risultanze che sono ben lungi dal dimostrare gli estremi strutturali della fattispecie delittuosa in argomento, o che le sopracitate intercettazioni possano dimostrare che il M., in particolare, facesse parte dell'associazione de qua. Infatti, non sarebbe stato dimostrato che vi fosse alcuna stabile e duratura collaborazione tra l'odierno ricorrente e gli altri coimputati. Queste circostanze sarebbero obiettivamente indicative delle infondatezze e delle illogicità argomentative di cui la sentenza di primo grado è affetta, in tutti quei numerosi passaggi nei quali si afferma la sussistenza da parte del M. alla partecipazione del sodalizio criminoso finalizzato all'importazione di sostanze stupefacenti. Con un secondo motivo si lamenta violazione dell'art. 99 c.p., comma 2, n. 2, e vizio motivazionale. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale, nel riconoscere il vincolo della continuazione tra la sentenza emessa in data 9.10.2014 e divenuta irrevocabile il 4.12.2014 e il presente procedimento, tuttavia, inspiegabilmente applicava all'odierno ricorrente la recidiva specifica reiterata infraquinquennale vedi la motivazione della sentenza alle pagg. 88 e 89 . Viene ricordato che l'art. 99 c.p., comma 2, prevede che ai fini della contestazione della recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale, richiede che il soggetto commetta un altro reato, nei cinque anni dalla condanna precedente . Ebbene nel caso di specie, la condotta associativa contestata nel presente procedimento al M., con i relativi reati fine, sarebbero stati commessi dallo stesso fino al giugno del 2014, data di cui veniva emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere il 30.06.2014 . Quindi i fatti del presente procedimento sarebbero stati commessi dall'odierno ricorrente prima della sentenza passata in giudicato 4.12.2014 di cui la Corte territoriale riconosceva la continuazione con il presente procedimento. Infatti, quando viene emessa la seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere per i fatti del presente procedimento in data 30.6.2014, l'odierno ricorrente si trovava già detenuto in quanto era stato tratto in arresto perchè trovato in possesso di sostanza stupefacente di tipo cocaina fatti commessi in Palermo nel giugno 2014 . Per il ricorrente risulterebbe alquanto inspiegabile ed abnorme, la circostanza che la Corte territoriale applichi all'odierno ricorrente la recidiva specifica infraquinquennale quando, invece, è la stessa Corte a riconoscere la continuazione ex art. 81 cpv c.p., tra le due sentenze sopra indicate. Con il terzo motivo si lamenta violazione dell'art. 62 bis c.p., e vizio motivazionale in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche lamentando, sul punto, che il corretto decidere ed il dovere di motivazione, con riferimento all'applicazione dell'attenuante in questione, non possa essere eluso attraverso il mero e generico richiamo alla gravità del reato , ma imponeva -il che non è stato una specifica e congrua valutazione delle singole e personali posizioni processuali che diano contezza, in ragione della peculiarità di ciascuna condotta e delle motivazioni sottese a ciascuna compartecipazione della meritevolezza, o meno, del riconoscimento dell'attenuante. 12. M.G. Avv. Cesare Amodio Ricordato che il ricorrente è stato condannato per il reato di cui al capo 3, per il solo episodio del 10/6/2013, il ricorrente, con il primo motivo di ricorso lamenta erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e vizio motivazionale in punto di affermata responsabilità. La Corte territoriale palermitana, però, per il ricorrente, al solo immotivato fine di addivenire ad una pronuncia di condanna nei confronti dell'odierno imputato, omettendo di confrontarsi con le censure difensive ed incorrendo in tal modo nel vizio di motivazione solo apparente oltre che nell'erronea applicazione della legge penale in riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 al folio 92 della sentenza impugnata avrebbe determinato il proprio convincimento su un unico, isolato elemento, tratto da una captazione telefonica, di per sè non sufficientemente rilevante ai fini della prova del coinvolgimento dell'odierno ricorrente e della riconducibi-lità della sua condotta materiale all'ipotesi delittuosa in parola. Si legge invero alla pagina 92 Si comprende, pertanto, come l'imputato avesse gestito tutte le fasi del trasporto, fin dal carico e occultamento dello stupefacente, così fornendo un rilevante contributo causale alla commissione del reato . Ebbene, per il ricorrente in tale affermazione non si rinviene alcuna traccia del ragionamento logico-giuridico e motivazionale che la Corte territoriale avrebbe dovuto esplicitare a conferma e a completamento della motivazione resa in primo grado e impugnata nei punti indicati dalla difesa Il giudice dell'impugnazione, di fatto, senza addurre alcuna motivazione specifica e pertinente rispetto al fatto storico verificatosi, avrebbe aderito pedissequamente a quanto già stabilito dal tribunale in prima istanza, adducendo in maniera apodittica, certamente generica e a tratti contraddittoria, che la responsabilità del M. deriverebbe dalla sua partecipazione in qualità di organizzatore del viaggio. Tale ultima affermazione conterrebbe, in sè, una doppia contraddizione, in quanto, da un lato si porrebbe in contrasto con quanto ricostruito dalla stessa Corte d'Appello nella motivazione impugnata dall'altro smentirebbe clamorosamente, peraltro, quanto argomentato nella sentenza di primo grado in cui, nell'ambito delle fattispecie di reato previste e punite dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, l'odierno ricorrente era stato ritenuto colpevole, seppur in assenza di una ricostruzione del tutto soddisfacentemente provata e motivata, per aver svolto il ruolo di staffettista . In sintesi, la brevissima motivazione resa nella decisione impugnata in questa sede non solo non integrerebbe nè correggerebbe le evidenti lacune della sentenza di primo grado, censurate dalla difesa con l'atto di appello, ma per di più fornirebbe una nuova e diversa considerazione della condotta perpetrata dal M.G., tanto da rendere incomprensibile l'approdo ad una pronuncia di condanna oltre ogni ragionevole dubbio. Si tratterebbe, pertanto, di precise e decisive censure difensive nei cui confronti i giudici di appello mancavano di confrontarsi. Con un secondo motivo di ricorso il difensore del M. lamenta erronea applicazione degli artt. 62 bis, 132 e 133 c.p., e connesso vizio di motivazione, che sarebbe apparente ed illogica. Si lamenta che la sentenza impugnata non offrirebbe alcuna motivazione che giustifichi la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e il fatto di non avere irrogato una pena nei minimi edittali. 13. P.L. Avv. Riccardo Bellotta . Con il primo motivo di ricorso il difensore ricorrente lamenta erronea applicazione dell'art. 74 D.P.R. n 309/90 e vizio motivazionale in punto di affermata responsabilità del proprio assistito per il reato di cui al capo 1 dell'imputazione. Viene ricordato in ricorso che i giudici dell'appello hanno argomentato come il P. fosse un soggetto acquirente della sostanza stupefacente dai coimputati A., T. e C., salvo poi cederla nei confronti di terzi soggetti, individuati nei coimputati Ba., D., nonchè nei fratelli L Di conseguenza, già attraverso la motivazione resa dalla Corte territoriale si evincerebbe in maniera chiara come il P. non fosse un soggetto che coadiuvava gli altri presunti sodali nell'attività di rifornimento della sostanza stupefacente con i grossi fornitori di Napoli M. e M. bensì si poneva come acquirente abituale che si riforniva di stupefacente da soggetti che assicuravano sollecite e sicure consegne. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe illogica in quanto fondata su mere congetture investigative e senza che sia stata fornita adeguata risposta alle specifiche censure riportate nei motivi di gravame, essendosi limitati i giudici di merito a riportare lo stralcio di alcune conversazioni captate nel corso delle indagini preliminari e sulla base delle stesse hanno ritenuto operante il sodalizio di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74. In particolare, la motivazione della sentenza de qua sarebbe illogica già nella conversazione riportata a pag. 137 della motivazione dell'impugnata sentenza, e relativa alla conversazione del 1 giugno allegato 259 in cui il riferimento a tale Giovanni il pacchione sarebbe certamente da attribuire al P., che come facilmente compulsabile dal capo di imputazione non ha come nome di battesimo G. bensì L Pertanto, i giudici di merito avrebbero dovuto argomentare sulla base di quali valutazioni il tale OMISSIS sarebbe identificabile nell'imputato de quo. Inoltre, anche nella conversazione del 6 giugno riportata a pag. 138 della motivazione dell'impugnata sentenza i giudici di appello hanno attribuito rilevanza alla conversazione tra A. e T. in cui si discuteva delle migliori modalità per far giungere la sostanza stupefacente a Palermo, facendo riferimento alle modalità utilizzate dal P., ma non ne avrebbero argomentato la rilevanza in ordine alla riferibilità ai sodalizio dei presunti approvvigionamenti da parte dell'imputato de quo. Invero, sarebbe stato necessario da parte dei giudici di merito spiegare come il P. si rifornisse di sostanza stupefacente per conto del sodalizio ed in tal modo avrebbe contribuito alla continua operatività dell'associazione dedita allo smercio dello stupefacente. A tal fine, l'unica argomentazione offerta dai giudici di merito sarebbe quella riportata a pag. 139 della motivazione dell'impugnata sentenza, in cui si evidenzia come il P. fosse un soggetto che si poneva come acquirente dei sodali palermitani, rifornendosi da loro nonchè pronto ad assicurare l'operatività del sodalizio recandosi a Napoli per rifornirsi di droga in favore dell' A Tuttavia, ci si duole che, sotto quest'ultimo profilo, i giudici di merito non abbiano chiarito come mai, nonostante la capillarità delle intercettazioni svolte nel presente procedimento penale nonchè del continuo e diretto monitoraggio dei diversi soggetti coinvolti nelle indagini preliminari non è stata mai accertata la presenza del P. in una nave diretta a Palermo proveniente da Napoli e soprattutto non vi sono riscontri sul fatto che lo stesso abbia mai trasportato sostanza stupefacente. Si tratterebbe, allora, di mere congetture argomentative anche perchè non è stato indicato in che modo il P. abbia svolto il ruolo di corriere per conto del sodalizio nonchè in quante occasioni abbia ricoperto tale ruolo. Inoltre, si lamenta che i giudici del gravame del merito, da una conversazione, abbiano ritenuto la ricorrenza di un sistema collaudato per il trasporto dello stupefacente da parte dell'imputato de quo per conto del sodalizio, nonostante la totale assenza di elementi investa giti di riscontro sul punto. Si tratterebbe di argomentazioni non sufficientemente sviluppate in quanto le evenienze processuali indicate non consentono di ritenere provato l'esistenza di un progetto indeterminato volto alla realizzazione di un più vasto programma criminoso che va oltre i singoli acquisti di sostanza stupefacente da parte dell'imputato ed, inoltre, l'esistenza di un sistema collaudo di trasporto dello stupefacente per conto del sodalizio. Mancherebbe un accordo stabile, caratterizzato -da un impegno reciproco alla commissione di una pluralità di reati, non potendosi configurare come tale l'ipotesi in cui il venditore, da un lato si riservi il diritto di offrire o meno in vendita la sostanza e l'acquirente, dall'altro lato, il diritto di comprarla o meno, di comprarla da altri al miglior prezzo di acquisto. In particolare, si sottolinea in ricorso, il singolo, che acquista sostanze stupefacenti per poi rivenderle, opera in modo da ricercare le migliori condizioni del mercato, subordinando la contrattazione ed i conseguenti acquisti alle logiche della convenienza, avendo cura di differenziare le forniture della sostanza per non restare privo di approvvigionamento in caso di interruzione dei rapporti. Parimenti, chi commercia quantità di sostanze stupefacenti tende a garantirsi la presenza di molteplici potenziali acquirenti in modo da assicurarsi un costante e continuo smercio delle stesse attraverso il mantenimento di plurimi canali di commercio. In tal senso il ricorrente evidenzia che il fine comune allo sviluppo del commercio degli stupefacenti, l'interesse al mantenimento di un livello di stabilità di tale mercato, nonchè ad una programmabilità delle azioni delittuose, non può costituire comunque elemento sufficiente per la sussistenza del fenomeno associativo, in quanto si resta in presenza di un mero rapporto sinallagmatico di compravendita, caratterizzato da reciproca autonomia decisionale il richiamo è alla sentenza n. 21755/2014 . Fattore necessario ed indispensabile per il sorgere del vincolo associativo è un legame di interdipendenza tra i soggetti coinvolti che li rende, in maniera certa ed inequivoca, parti di un medesimo progetto mentre si riconduce nell'alveo di una fattispecie sinallagmatica di compravendita l'ipotesi in cui l'interesse economico di un soggetto, venditore o acquirente che sia, risulti essere meglio assicurato dal buon andamento degli affari con i soggetti con i quali si relaziona, sussistendo un rapporto di reciproco affidamento non riconducibile in alcun modo all' affectio societatis vengono richiamate sul punto le sentenza 21755/2014, 32081/2014 e 24379/2015 . Alla luce di tali principi di diritto sarebbe del tutto evidente, come il rapporto tra il P. ed i soggetti ritenuti intranei al sodalizio contestato ai capo 1 della rubrica, non supererebbe la soglia del concorso di persone nel reato, rilevante ex art. 110 c.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Inoltre, si lamenta che i giudici di merito non abbiano argomentato in ordine all'ontologica incompatibilità tra il rapporto di fornitura tra il prevenuto con i propri presunti sodali ed il rapporto alternativo di fornitura dell'imputato in esame con il B.G. cristallizzato nel capo di imputazione n. 10 della rubrica, che dimostrerebbe vieppiù come non vi fosse alcun rapporto esclusivo di fornitura da parte del prevenuto bensì quest'ultimo si riforniva da chi gli offriva le migliori condizioni. Pertanto, sarebbe insussistente quell'affidamento evidenziato dai giudici di merito circa la sussistenza di continui rapporti di fornitura da parte dei soggetti appartenenti al sodalizio di cui al capo 1 della rubrica, disatteso da dati di fatto quale la fornitura da soggetti non coinvolti nel sodalizio. Il rilievo, evidenziato dai giudici del gravame, in ordine alla cessione di 20 grammi di cocaina effettuato dal C. nei riguardi del P. in data 9 agosto del 2013, che comproverebbe l'esistenza di un sodalizio volto al traffico di sostanze stupefacenti, sarebbe del tutto inconferente rispetto alla sussistenza dell'associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, in quanto è dimostrativo solo di una cessione rilevante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e non di uno stabile e continuo rapporto associativo. Oltretutto, la motivazione della sentenza in esame sarebbe manifestamente lacunosa anche in ordine all'ulteriore dato rappresentato dal fatto che, nonostante il P. nel periodo in considerazione non abbia subito provvedimenti restrittivi della propria libertà personale, rimanendo libero, i reati fine dallo stesso perpetrati sarebbero circoscritti ad un limitato lasso di tempo, intercorrente tra gennaio e maggio 2013, a fronte di una contestazione accusatoria per il reato contestato al capo 1 della rubrica intercorrente tra l'ottobre del 2012 ed il giugno 2014. E allora sarebbe stato precipuo onere della Corte territoriale sostiene il ricorrente argomentare in che modo un soggetto possa ritenersi stabile acquirente o, comunque, operare per conto del sodalizio quando la sua condotta è rimasta limitata in un ristretto periodo temporale a fronte di un periodo piuttosto ampio di operatività del sodalizio in esame. Tale argomentazione si denuncia essere del tutto assente da parte della Corte di Appello, con la conseguenza che la motivazione dell'impugnata sentenza sarebbe caratterizzata da assoluta lacunosità. Oltretutto, qualora il P. avesse operato per conto del sodalizio, lo stesso, nei momenti di difficoltà, legati al mancato pagamento delle forniture di stupefacente avrebbe approfittato dei legami anche parentali con i propri presunti sodali per giungere al recupero delle somme di cui lo stesso era creditore. Al riguardo, si evidenziano le captazioni ambientali relative alla fornitura di stupefacente contestata al capo 10 della rubrica in favore dell' Al.Fa. dalla cui disamina si evincerebbe in maniera chiara le difficoltà di recuperare quanto investito Invece, al contrario dagli atti di indagine non sarebbe emerso in maniera inequivocabile come il P. non abbia interessato alcuno dei propri presunti sodali per il recupero delle somme di denaro allo stesso spettanti, circostanza sarebbe stato lecito aspettarsi se invece l'imputato in esame avesse operato per conto del sodalizio, a cui favore sarebbero andati gli introiti derivanti dall'avvenuta cessione di stupefacente. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta errata applicazione dell'art. 530 c.p.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, oltrechè vizio motivazionale, in punto di affermata responsabilità per il reato di cui al capo 5 della rubrica la cessione di sostanza stupefacente in favore dei fratelli L. culminata nell'arresto del P.S., trovato in possesso di 300 grammi di cocaina. Si lamenta che i giudici del gravame del merito non abbiano argomentato in che modo l'imputato in esame possa essere effettivamente ritenuto responsabile del trasporto della sostanza stupefacente materialmente effettuata dai fratello S., soprattutto avuto riguardo alla mera elencazione delle captazioni telefoniche che hanno preceduto l'arresto del fratello dell'imputato in esame, senza che sia stato svolto alcun vaglio critico in ordine alle stesse conversazioni. A tal fine, i giudici di merito non avrebbero argomentato sul rilievo per cui il P.L. fosse l'effettivo fornitore della sostanza stupefacente, materialmente trasportata dal fratello. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia errata applicazione dell'art. 530 c.p.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, oltrechè vizio motivazionale, in punto di affermata responsabilità per il reato di cui al capo 6 della rubrica. Il ricorrente lamenta, sul punto, che gli elementi di reità sono stati individuati dai giudici di appello nelle conversazioni telefoniche che il coimputato e suocero Ma.Ma. ha intrattenuto in data 19/01/13 con il C.E. a ed in data 08/02/13 con lo stesso P.L A tal fine, il ricorrente evidenzia come, benchè la contestazione sia stata effettuata in concorso con il C.E., l'unico episodio che coinvolge in qualche modo il ricorrente è quello delì8/2/2013 e non anche quello del 19/1/2013 che riguarda esclusivamente il Ma. ed il C Invero, in data 8/2/2013 è stato monitorato un incontro tra l'imputato in esame ed il proprio suocero, Ma.Ma., nei pressi dei bar OMISSIS di OMISSIS . Tuttavia, per ciò che concerne l'incontro con il P. dell'8/2/2013 nei pressi del Bar OMISSIS di OMISSIS , avvenuto alle ore 14.00 circa, in cui gli Ufficiali di P.G. hanno notato che quest'ultimo consegnava una busta al suocero Ma Successivamente, a seguito di intese con il personale del Commissariato di P.S. di OMISSIS , era stato predisposto dagli investigatori un servizio di osservazione e di sorveglianza lungo la OMISSIS invero, verso le ore 17.20 poliziotti del Commissariato di OMISSIS avevano fermato il Ma. alla guida della propria autovettura e trovato lo stesso in possesso di un quantitativo di stupefacente pari ad un chilogrammo di marijuana, due chilogrammi di hashish e 55 grammi di cocaina. I giudici di appello hanno ritenuto che l'imputato in esame sia stato, in quell'occasione il fornitore di stupefacente in favore del suocero, che avrebbe dovuto cederlo al marsalese D.P Tuttavia, il ricorrente sottolinea la notevole distanza temporale tra il servizio di osservazione effettuato dagli inquirenti ed avvenuto alle ore 14.10 circa e il momento in cui il Ma. è stato fermato e tratto in arresto nei pressi del comune di OMISSIS , in contrada OMISSIS , avvenuto all'incirca alle, ore 17.20. Al riguardo prosegue il ricorso essendo di poco più di 100 km la distanza tra il comune di OMISSIS e quello di OMISSIS , il lasso temporale sussistente tra quando il P. ha consegnato la busta al M. e quando quest'ultimo è stato tratto in arresto, non deporrebbe in maniera univoca per poter ritenere che all'interno di quella busta fosse contenuta la sostanza stupefacente poi trovato in possesso dell'imputato de quo. La motivazione dell'impugnata sentenza, sotto questo specifico rilievo, non avrebbe fornito alcuna motivazione, essendosi i giudici di seconde cure limitati a riportare gli esiti delle conversazioni, evidenziando come non vi è dubbio che lo scambio continuo ed urgente di telefonate, la consegna del sacchetto da parte del P., l'immediato viaggio di M. verso OMISSIS con lo stupefacente, in assenza di giustificazioni da parte dell'imputato sulle ragioni dell'incontro e sul contenuto del sacchetto, inducano ragionevolmente a pensare che l'incontro fosse finalizzato alla consegna dello stupefacente da P. al suocero cfr. pag. 99 della motivazione dell'impugnata sentenza . Tuttavia, la motivazione della sentenza in esame sarebbe carente sotto molteplici rilievi già evidenziati nell'atto di gravame. In particolare, sarebbe rimasto ignoto se la sostanza stupefacente posta sotto sequestro in occasione dell'arresto del Ma. fosse stata rinvenuta all'interno della stessa busta dallo stesso consegnata e se il Ma., nel tragitto tra il Bar OMISSIS di OMISSIS ed il comune di OMISSIS abbia effettuato delle soste intermedie, rifornendosi in quel frangente di sostanza stupefacente. In altre parole, la motivazione del provvedimento impugnato non darebbe conto di alcun elemento che possa confermare con certezza che il P., in occasione dell'incontro con il proprio suocero avvenuto in data 8/2/2013, sia stato il soggetto fornitore di stupefacente, considerando pure che, in ragione del rapporto di parentela tra i due imputati, il loro incontro poteva essere legati a questioni familiari di qualsiasi natura e non necessariamente questioni inerenti gli stupefacenti. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia errata applicazione dell'art. 530 c.p.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, oltrechè vizio motivazionale, in punto di affermata responsabilità per il reato di cui al capo 10 della rubrica. Al riguardo lamenta che, benchè le captazioni, sia telefoniche che ambientali, abbiano certamente una rilevanza, tuttavia le conversazioni intercettate necessitavano di riscontri certi in ordine alle considerazioni espresse dagli Ufficiali di P.G., nel caso di specie del tutto assenti. A tal fine, a parte il sequestro di 3 kg di sostanza stupefacente effettuato nei confronti del G.B., qualsiasi considerazione da parte degli inquirenti sarebbero frutto di conversazioni ambientali che avrebbero necessitato di riscontri esterni. I giudici della corte di appello si sarebbero limitati a riportare il contenuto delle conversazioni intercettate nel corso delle indagini preliminari senza offrire un autonomo spunto di carattere argomentativo idoneo a qualificare la condotta contestata in rubrica ed a confutare le precise doglianze dell'atto di gravame. Ne sarebbe derivata, pertanto, anche sotto questo specifico profilo, una motivazione manifestamente lacunosa. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli artt. 62 bis e 133 c.p., e vizio di motivazione per la sua illogicità e lacunosità anche con riguardo alla mancata concessione nei confronti dei P. delle circostanze attenuanti generiche previste dall'art. 62 bis c.p., oltre che manifestamente lacunosa sotto il profilo motivazionale per ciò che attiene la dosimetria della pena da irrogare in concreto. Si lamenta che la Corte territoriale abbia fornito una giustificazione piuttosto generica in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonchè in ordine all'entità degli aumenti in continuazione a seguito della determinazione della pena base in anni dieci cli reclusione per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74. In particolar modo, si lamenta che non sia stata tenuta in alcun conto la limitata partecipazione del P. alla fattispecie associativa di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, dove a fronte di un periodo temporale lungo di contestazione lo stesso avrebbe partecipato solo per pochi mesi nonchè il fatto che nella presente vicenda processuale l'imputato, in esame avrebbe, in ogni caso, svolto un ruolo meramente secondario rispetto ad altri soggetti coinvolti. 14. R.P. Avv. Corrado Sinatra . Con un primo motivo si enuncia inosservanza del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e art. 368 c.p., in punto di affermata responsabilità per il reato di cui al capo 10 dell'imputazione. Per il ricorrente, come la stessa sentenza afferma a pag.110, certamente non è possibile conoscere nè gli accordi intercorsi tra le parti nè il ruolo del R. nella vicenda l'unico dato è un pacchetto, che solo successivamente si accerterà essere stupefacente, occultato nella vettura del R Tuttavia, viene evidenziato in ricorso che le lunghe indagini che hanno coinvolto tutti i correi ed hanno permesso di individuare innumerevoli episodi di reato, solo nella vicenda in esame annotato la presenza del R Ed allora se ne dovrebbe desumere che, se questi fosse stato inserito in un giro di droga, o se fosse coinvolto altri in episodi di spaccio, indubbiamente il complesso probatorio durato anni avrebbe permesso di accertare siffatta circostanza. Invece, il ricorrente viene visto in un'unica circostanza mentre altri prelevano dalla sua vettura un pacchetto, ma nulla permetterebbe di escludere che il predetto involucro fosse stato occultato all'interno della vettura da tempo e senza che lo stesso fosse consapevole di cosa contenesse. Nemmeno gli accadimenti successivi all'arresto di uno dei correi paleserebbero un suo interesse o un suo coinvolgimento specifico nella vicenda in oggetto. Probabilmente sarebbe possibile anche ipotizzare un coinvolgimento del connivente non punibile visto che le indagini hanno coperto un ampio lasso di tempo senza che mai emergesse la figura del R. sotto il profilo investigativo. In sintesi, per il ricorrente l'unico dato univoco è che un pacco era occultato dentro la vettura, senza nessun altro indizio che permetta di pervenire a conclusioni fondate di elementi probatori e giuridicamente apprezzabili sotto l'aspetto del riscontro oggettivo. D'altra parte, la stessa Corte territoriale si limiterebbe a riportare il passo della sentenza del GUP per poi convalidarne le conclusioni senza, di fatto, alcun rilievo critico sulle obiezioni difensive e sulla diversa ricostruzione operata in appello che vorrebbe diversamente qualificato il fatto di reato. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata laddove ha condiviso l'opzione del giudice di prime cure che aveva ritenuto corretto sussumere la vicenda de quo nell'alveo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, invece della diversa ipotesi rubricata al comma 5, così come invocato dalla difesa. Ricordata la giurisprudenza di questa Corte in materia in particolare le sentenze 33465/2011, e 42112/2009, si sostiene che nel caso che ci occupa la Corte territoriale avrebbe illegittimamente negato il riconoscimento dell'ipotesi di reato più lieve in virtù del coinvolgimento dei correi in altri fatti di reato di cui il R. non era chiamato a rispondere. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta inosservanza dell'art. 62 bis c.p., laddove la Corte territoriale ha negato al R. le circostanze attenuanti generiche sul rilievo delle conoscenze e delle frequentazioni del reo . Viene ribadito, in proposito, che il ricorrente è incensurato e che nessuna emergenza processuale permette di affermare che il R. fosse consapevole del contenuto del pacchetto occultato nella vettura, e che l'episodio di cui all'imputazione è l'unico per il quale lo stesso è sottoposto a processo. 15. T.G. Avv. Giuseppina Candiotta e Avv. Michele Rubino . Con il primo motivo di ricorso i difensori ricorrenti lamentano erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 1, artt. 125,192,533 e 546 c.p.p., in vizio motivazionale in punto di affermata sussistenza della responsabilità dell'odierno ricorrente quale promotore ed organizzatore dell'associazione dedita al traffico di stupefacenti specificatamente indicata al capo di imputazione numero 1. Ci si duole che la Corte territoriale, con motivazione apparente, a tratti illogica e travisando gli elementi probatori acquisiti, abbia affermato la sussistenza del reato associativo contestato, anche a carico dell'odierno ricorrente, con il ruolo di vertice insieme ad A. . Il ricorrente ricorda i vari passaggi della motivazione della sentenza impugnata, con particolare riguardo alle pagg. 129-133, in cui viene approfondita la posizione del T. e le fonti di prova del suo asserito ruolo apicale nell'ambito del sodalizio, per poi affermare che il ragionamento della Corte territoriale risulterebbe viziato da un duplice errore per un verso, da un evidente travisamento della prova in ordine alla valutazione delle conversazioni ambientali, per come acquisite in atti e, per altro verso, dall'inosservanza ed erronea applicazione delle norme che presiedono alla corretta qualificazione giuridica del soggetto ritenuto promotore e/o organizzatore dell'associazione dedita al traffico di stupefacenti. Ci si duole che la sentenza impugnata, travisando l'impianto accusatorio, che vedeva il T. quale organizzatore dell'associazione successivamente all'arresto di A., abbia affermato la sussistenza di una associazione organizzata e diretta da due capi contemporaneamente operanti. In altri termini, il duo A. T. avrebbe unitamente svolto funzioni apicali nell'ambito dell'associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, ed a sostegno di tale affermazione, i giudici del gravame del merito riportano alcune conversazioni ambientali, alterando quanto affermato dagli atti di indagine e dalla sentenza di primo grado, con un evidente travisamento della prova tale da disarticolare l'originario ragionamento probatorio. Ricordati i ditta di Sez. 5 n. 39048/2007, Sez. 6 n. 8342/2011, Sez. 3 n. 39729/2009, Sez. 5 n. 93387/2013 e Sez. 5 n. 4748/2019 i difensori ricorrenti affermano che, nel caso in esame, sarebbe venuto meno quell'obbligo di fedeltà agli atti processuali e probatori, con evidente travisamento della prova, che vedeva l'odierno ricorrente conseguire la posizione di vertice, dell'organizzazione dedita al traffico di stupefacenti, all'indomani dell'arresto di A., avvenuto nel mese di settembre del 2013. Invero, secondo i risultati dell'attività di indagine riportati nell'informativa di P.G. del 13/4/2015 a pag. 35 Dopo l'arresto di A., saranno il T. ed il D.G. a prendere la promozione dell'importante traffico di droga con il M., quando quest'ultimo, dal 2014, avrà ripreso nuovamente la società con il M.F. , ed ancora a pag. 41 . E' in effetti una associazione per delinquere nella quale anche il ruolo di promozione dell' A. verrà rimpiazzato, dal momento del suo arresto, dalle fattive condotte del T. e del D.G., che proseguiranno con continuità i rapporti con i fornitori OMISSIS . Sulla base di tali dati estrapolati dalla lettura delle conversazioni ambientali la sentenza di primo grado aveva affermato a pag. 127 che . deve ritenersi acclarato da/le conversazioni captate e dai servizi di osservazione posti in essere dalla P G, che gli imputati erano stati inizialmente coordinati da A., loro punto di riferimento soprattutto perchè, gestendo i rapporti con i fornitori, organizzava tale aspetto indispensabile per il sodalizio, ruolo che dopo l'arresto del primo era stato assunto da T . pag. 128 . Risulta, altresì, dall'attività tecnica esplicata dalla P.G. che A., dopo il suo arresto, come già evidenziato, era stato sostituito dal T., il quale aveva ripreso i rapporti con M. e M. che, da quel momento, avevano fatto riferimento a lui . pag. 133 . Che una tale struttura esistesse trova altresì conferma proprio nel dato che i traffici delittuosi con gli indagati di origine campana erano continuati nonostante l'arresto di A., il quale era stato sostituito dal T . Risulterebbe pertanto, evidente il travisamento della prova della assenta qualifica di organizzatore dell'associazione, fondata su una distorta e non fedele lettura degli elementi probatori emersi dagli atti di indagine, e con evidente scollamento dall'iter logico giuridico seguito dalla sentenza di primo grado. Difatti, le indagini e la sentenza di primo grado evidenziano l'esistenza di una associazione organizzata e promossa da A., fino al mese di settembre del 2013, ed una successiva sostituzione, nel ruolo di vertice, del T. nel periodo successivo fino al giugno del 2014. Di contro, la impugnata sentenza, attraverso una distorta lettura delle medesime conversazioni ambientali registrate nel 2013, elementi probatori collocabili nell'arco temporale della presunta reggenza di A., stravolgerebbe del tutto l'impianto accusatorio e la sentenza di primo grado, affermando la sussistenza di un'associazione con a capo due soggetti, oltretutto senza alcuna specificazione sui poteri gestionali e sul ruolo degli stessi. Sotto altro profilo, l'impugnata sentenza non si sarebbe conformata ai ripetuti arresti giurisprudenziali, sulla ritenuta sussistenza della qualifica di organizzatore e promotore dell'associazione per delinquere in contestazione, con evidente vizio di motivazione, per la palese presenza di una motivazione mancante, contraddittoria e manifestamente illogica. Ricordano i difensori ricorrenti che la Corte territoriale, a pag. 119 e 120, riassume i motivi di impugnazione della difesa, che avevano ad oggetto da un lato la dimostrazione della non partecipazione del T. al reato associativo e, dall'altro lato, la dimostrazione della insussistenza di tutti i presupposti necessari affinchè, l'imputato potesse considerarsi organizzatore e promotore dell'assenta associazione. In particolare, la difesa aveva lamentato la assoluta mancanza di motivazione della sentenza di primo grado sul ruolo di organizzatore del T., successivamente all'arresto dell' A., evidenziando la assenza di prove indicative di tale rilevante funzione sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, ovvero l'assenza 1. di reati fine posti in essere dal T. 2. di contatti con i presunti corrieri e pusher dell'associazione 3. di dichiarazioni da parte dei due collaboratori di giustizia, P. e G. 4. di condotte tipicamente organizzative reperimento capitali, gestione pusher, corrieri e reperimento di luoghi ove occultare lo stupefacente. Di contro, l'impugnata sentenza, con motivazione apparente, mancante ed illogica, fondata esclusivamente sulle conversazioni ambientali e telefoniche tra A. e T., avrebbe laconicamente affermato che i due erano posti al vertice dell'associazione. Il tutto senza considerare i motivi di impugnazione, in parte riportati a pag. 119, e senza la dimostrazione della posizione sovraordinata rispetto agli altri associati e del contributo primario e non paritetico del T Per i ricorrenti la sentenza impugnata, oltre le laconiche asserzioni di un ruolo di vertice del T. unitamente all' A., non indica e non individua quel necessario quid pluris nel modus agendi del capo che permetta di distinguerlo rispetto agli altri membri del gruppo ed, anche, rispetto allo stesso A Si specifica in ricorso che, analizzando la posizione del T., riportata da pag. 129 della sentenza, la Corte richiama le pagine della sentenza di primo grado da 13 e seguenti affermando che nel 2013 sarebbero stati monitorati diversi contatti tra A., T. e C Tale dato, per i difensori ricorrenti, sarebbe assolutamente inesatto, dal momento che non sono mai stati rilevati contatti tra il T. ed il C. il richiamo è alle pagg. 13 e seguenti sentenza di primo grado . Si evidenzia, in tal senso, che dall'analisi di tutte le conversazioni ambientali, dalle diverse attività di P.G. sequestri, servizi di osservazione non viene mai accertato alcun tipo di contatto tra il T. ed i presunti pusher e corrieri P., C., Ma. e D.G. , dato quest'ultimo di notevole rilevanza, dal momento che non si comprenderebbe su quali soggetti il T. avrebbe svolto le funzioni di vertice. Sul punto ci si duole che la sentenza impugnata, a pag. 130, si sia limitata ad affermare che non appaiono condivisibili le argomentazioni difensive, nè può dirsi che il T. intrattenesse rapporti solo con A. , affermazione che, successivamente, non troverebbe motivazione ed argomentazione alcuna con riferimento agli atti probatori ed, infatti, non viene riportata non esistendo alcuna conversazione tra l'odierno ricorrente e gli altri correi o alcun dato probatorio dal quale evincere l'esercizio del potere di vertice sugli altri partecipanti all'associazione. La sentenza poi, a pag. 130 prosegue il ricorso inizia ad analizzare i contatti tra il T. e l' A. affermando che le conversazioni, successivamente riportate, hanno valenza significativa per la sussistenza dell'associazione ed, in particolare, la conversazione del 1 giugno 2013 dimostrerebbe come l' A. ed il T. rivestissero un ruolo apicale dal momento in cui curavano l'approvvigionamento e la distribuzione dello stupefacente. Il tutto comprovato dalla conversazione del 4 giugno 2013 nel corso del viaggio a Napoli del duo T. A., per concordare un carico che sarebbe poi giunto a Palermo il 10 giugno. Orbene, senza volere indurre la Corte ad una valutazione di merito e ad una rilettura degli elementi probatori, i difensori ricorrenti ritengono assolutamente necessario evidenziare quanto segue 1. le conversazioni, svolte esclusivamente tra A. e T. nel corso dell'anno 2013, possono avere carattere indiziario per la sussistenza del reato associativo ma, nulla evidenziano, circa il ruolo sovraordinato del ricorrente nè unitamente all' A., nè successivamente all'arresto di quest'ultimo 2. dalle conversazioni riportate non emerge prova alcuna di una funzione di vertice quale promotore, organizzatore, finanziatore del T Secondo i difensori ricorrenti la Corte territoriale dimenticherebbe che, dopo il viaggio a Napoli del giugno del 2013, il T. non viene coinvolto nè direttamente nè indirettamente dal carico di stupefacente giunto a Palermo il 10 giugno e contestato nel capo di imputazione numero 3 che aveva portato al sequestro di 4 Kg di cocaina e 500 gr di eroina. E che vi erano stati e vi saranno altri viaggi a Napoli, sia nel corso del 2012 che del 2013, ai quali non aveva partecipato il T., tutti riportati nei capi di imputazione numero 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12. Risulterebbe chiaro, dunque, che quello del giugno 2013 non era l'unico viaggio a OMISSIS e, pertanto, l'impugnata sentenza avrebbe dovuto giustificare e chiarire per quale ragione proprio quell'unico viaggio, che vedeva la presenza del T., era talmente rilevante da comprovare la assenta partecipazione al vertice dell'associazione. Ci si duole che la sentenza impugnata abbia, nel corpo di un'unica motivazione, argomentato sia sulla sussistenza dell'associazione dedita al traffico di stupefacenti sia sulla funzione di vertice assunta dal T., il tutto con una sorta di implicita deduzione dimostrata la sussistenza dell'associazione e la partecipazione alla stessa dell'odierno ricorrente risulta anche provata la sua funzione di vertice. Ma l'illogicità e la mancanza della motivazione si evidenzierebbero proprio in tale aspetto, non è sufficiente dimostrare l'esistenza dell'associazione e la partecipazione alla stessa ma, e necessario motivare ed argomentare giuridicamente sui caratteri distintivi del soggetto ritenuto organizzatore, promotore o finanziatore dell'associazione. Inoltre, si ricorda che la sentenza impugnata analizza e riporta una conversazione intercorsa il 26 giugno 2014 tra L. e la moglie, offrendo una lettura che i difensori ricorrenti ritengono certamente particolare ed oltremodo estensiva della stessa. Invero, nessun dato probatorio, nessun indizio e neppure la lettura testuale della conversazione lascerebbe supporre che i due colloquiassero con linguaggio criptico per evidenziare come i controlli di PG. si fossero fatti più intensi. Infine, la sentenza impugnata, analizzando la posizione del P., a pag. 136, afferma che dal tenore delle conversazioni sarebbe emerso che A. e T., al vertice dell'associazione, gestivano i rapporti con i fornitori OMISSIS e tramite l'attività del C. cedevano poi la droga agli spacciatori quale il P Ebbene, non esisterebbe agli atti del processo, come può evincersi dalle letture delle conversazioni riportate nella sentenza di primo e di secondo grado, un contatto diretto tra il T. ed il C., o tra il T. ed il P Conseguentemente, non si comprenderebbe come possa affermarsi che il T. curasse la cessione della droga agli spacciatori con i quali non aveva alcun tipo di rapporto o contatto. Infine, la sentenza, a pag. 139, afferma che prive di pregio appaiono le considerazioni svolte dagli appellanti che hanno posto in evidenza la circostanza che i collaboratori escussi non avessero fatto cenno agli imputati diversi da A., M. e M., basta evidenziare in proposito che il P. era stato arrestato molto prima di A. e che la partecipazione del T. e del P. assume particolare pregnanza dopo l'arresto del complice palermitano . Ebbene, per i ricorrenti sarebbe di tutta evidenza come tale affermazione contrasti, sia incoerente ed inconciliabile con quanto esposto prima circa la coreggenza e la posizione di vertice del T. unitamente ad A Invero, la sentenza da un lato, afferma la posizione di vertice del T. unitamente ad A. fin dalla costituzione dell'associazione e dall'altro lato, al fine di giustificare la assenza di dichiarazioni accusatorie, di ben due collaborati di giustizia, afferma che la partecipazione del ricorrente ha assunto pregnanza successivamente all'arresto del correo. Ancora una volta, secondo il ricorrente, emergerebbe chiaramente la non coerenza strutturale della motivazione che in maniera palesemente contraddittoria analizzerebbe i dati probatori, conversazioni ambientali e dichiarazioni collaboratori, giungendo a conclusioni diametralmente opposte. Con il secondo motivo di ricorso i difensori del T. lamentano errata applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74,artt. 125,192,533 e 546 c.p.p., nella parte in cui ha riconosciuto la partecipazione del T. all'associazione dedita al traffico di stupefacenti. L'impianto motivazionale della sentenza impugnata risulterebbe insufficiente, in quanto non avrebbe offerto la prova della partecipazione al supposto sodalizio, nè della certezza della consapevolezza e della volontà in capo all'odierno ricorrente di partecipare alla presunta associazione criminosa. Sul punto i difensori ricorrenti ricordano di avere evidenziato come la stabilità dei rapporti dovuti a collegamenti familiari tra gli imputati non potesse costituire elemento significativo per ritenere l'esistenza di un'associazione. Considerando altresì, la mancanza di reati fine contestati al T., i contatti esclusivamente con l' A. e la mancanza di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, risulterebbe evidente la assenza di quei requisiti minimi ed indispensabili per potere affermare una partecipazione dell'odierno ricorrente alla presunta associazione con la precisa volontà di partecipare in modo stabile e non occasionale alla realizzazione del programma criminoso. In proposito ci si duole la sentenza impugnata non avrebbe offerto una motivazione congrua, adeguata e priva di illogicità. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta errata applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73,artt. 125,192,533 e 546 c.p.p., in relazione alla ritenuta responsabilità per i reati contestati ai capi 4 e 13 della rubrica. Quanto al reato di cui al capo 4 , ovvero la detenzione di 2 chili di cocaina sequestrata in data 20/6/2014 al M. ed al M., ci si duole che la Corte territoriale, con motivazione carente ed illogica, non avrebbe dato adeguata e coerente risposta ai rilievi prospettati dalla difesa nel proprio atto di impugnazione. Ci si riferisce, in particolare, alla dimostrata assenza di contatti, per circa un anno, tra i due OMISSIS ed il T. ultimo certo incontro e quello monitorato a Napoli del giugno 2013 , all'assenza di contatti telefonici o accordi di qualsiasi tipo volti a dimostrare la volontà del T. ad acquistare la sostanza stupefacente. E, ancora la illogicità dell'impugnata sentenza la si rileverebbe a pag. 115 ove si afferma che la droga trasportata dai OMISSIS fosse destinata al T. che in quel momento aveva la disponibilità sia di denaro liquido, per complessivi 2.250 Euro che ragionevolmente potevano essere impiegati per pagare la sostanza, in tutto o in parte , sia del bilancino per provvedere alla sua pesatura . . Un tale argomentare sarebbe palesemente contraddetto dalle più elementari regole di esperienza dal momento che, il prezzo normalmente applicato per 2 chili di cocaina non e certamente 2.500 Euro, ovvero 12 Euro al grammo. E, neppure il bilancino di precisione, viene normalmente utilizzato per potere pesare 2 chili di sostanza stupefacente. Relativamente poi al capo di imputazione 13 , la sentenza avrebbe, con motivazione carente, ritenuto responsabile il T. della cessione di circa 100 grammi di sostanza stupefacente. Nei motivi di appello la difesa ricorda di avere evidenziato l'assenza di prove certe ed inconfutabili della partecipazione dell'odierno ricorrente all'ipotizzata cessione, dal momento che lo stesso arriva a casa sua nei minuti finali dell'incontro, che non viene monitorato alcun passaggio di sostanza tra il T. ed i fratelli Bo. e che addosso allo stesso, perquisito nell'immediatezza dei fatti, non viene rinvenuto il presunto profitto della ipotizzata cessione. Su tali rilevanti aspetti la sentenza impugnata avrebbe omesso adeguata risposta e per tale ipotesi di reato l'errore di fondo da cui partirebbe la impugnata sentenza è l'avere affermato che il magazzino, ove presumibilmente si era verificata la cessione fosse del T., dato probatorio del tutto non riscontrato dal momento che si tratterebbe di un magazzino posto nelle vicinanze dell'abitazione del T. non nella sua diretta disponibilità. Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso i difensori del T. lamentano violazione degli artt. 62 bis, 81 e 133 c.p., per non avere offerto adeguata coerente e logica motivazione in ordine alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche specificamente richieste dalla difesa nei propri motivi di appello e nei motivi aggiunti depositati nei termini di legge. Sul punto viene posto in rilievo che la sentenza impugnata, a pag. 116, afferma che non sono emersi elementi positivi a favore dell'imputato, non riconducibili neppure al suo stato di incensuratezza ed a ciò si aggiunga che, nel caso di specie le modalità delle condotte poste in essere, la gravità dei fatti, la personalità dell'imputato, gravato da numerosi precedenti penali anche specifici, impediscono tale riconoscimento . Orbene, sarebbe di tutta evidenza la contraddittorietà di una tale motivazione che da un lato afferma che la incensuratezza del T. e dall'altro lato giustifica la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche per i numerosi precedenti penali anche specifici. Orbene, il T. risulterebbe essere incensurato, ciò desumendosi per il ricorrente dal fatto che non gli sia stata contestata alcuna recidiva e l'evidente errore in cui è incorsa la Corte renderebbe la motivazione non adeguata e coerente con la posizione dell'odierno ricorrente. In data 3/11/2020 sono stati presentati motivi aggiunti nell'interesse del T., a firma dei propri difensori di fiducia, con cui si esplicitano ulteriormente i motivi già portati all'attenzione di questa Corte, con ulteriori riferimenti giurisprudenziali sia in relazione al ruolo di organizzatore e/o promotore di un'associazione dedita al traffico di stupefacenti ed insistendo sul tema del travisamento della prova e di mancanza assoluta ed illogicità della motivazione in relazione al ruolo attribuito ai giudici di merito dal ricorrente. Ci si duole, inoltre, dell'assoluta mancanza di motivazione sulla lamentata assenza di reati-fine contestati al ricorrente. E si insiste per l'accoglimento dei motivi di ricorso. Tutti i ricorrenti chiedono, in accoglimento dei motivi sopra illustrati, l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, tutti i proposti ricorsi vanno rigettati. 2. L'analisi delle doglianze sopra illustrate non può che partire, per ragioni sistematiche, da quelle, in punto di responsabilità, che contestano il provvedimento impugnato nella sua motivazione riguardante la sussistenza del sodalizio criminoso D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, di cui al capo 1 dell'imputazione. Si tratta del primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A.A. e del primo motivo di ricorso di M.F Tali motivi sono infondati. Ed invero, la Corte territoriale, con motivazione logica e congrua, nonchè corretta in punto di diritto e che pertanto si sottrae alle censure di legittimità proposte ha dato ampiamente conto degli elementi in base ai quali ha ritenuto sussistente nel caso che ci occupa un'associazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74. Come ricorda la sentenza impugnata, il giudice di primo grado pagg. 117150 della sentenza del Gup ha segnalato, in primo luogo, il contenuto delle dichiarazioni di P.L., arrestato il 22 dicembre 2012 a OMISSIS nel corso di un trasporto questi aveva riferito, collaborando con la giustizia, di essere il corriere per conto di M. e M. e di avere effettuato numerosi trasporti di hashish e cocaina, per loro conto, in favore di A. e di altri soggetti a quest'ultimo legati. Il dichiarante aveva effettuato anche il riconoscimento fotografico di A. e di L.G., nonchè della sorella di A., R.S Il primo giudice ricordano ancora i giudici del gravame del merito sottolineava, quali elementi sintomatici della esistenza di un sodalizio 1. la capacità di supplire immediatamente alle esigenze del gruppo provvedendo alla sostituzione dei sodali arrestati 2. la diponibilità del gruppo familiare dell' A. di sostenere le spese legali del M. 3. la presenza di una cassa comune 4. la circostanza che, nonostante gli arresti di P. prima, poi di C. e, infine, di A. e C. , il traffico di stupefacenti era continuato, con rinnovato protagonismo del T. che aveva continuato a intrattenere rapporti illeciti con M. e M.F. fino al loro arresto, avvenuto nel giugno 2014, sintomo della saldezza e continua operatività del gruppo criminale. Il Gup evidenziava anche i legami di parentela tra il gruppo dei palermitani e, anche attraverso l'analisi delle numerose conversazioni intercettate, disegnava il ruolo assunto stabilmente da ciascuno degli associati inserito all'interno del sodalizio. Venivano segnalate, tra le tante, la intercettazione relativa al colloquio in carcere di M. con i propri parenti da cui emergeva che vi erano state indicazioni da parte dei palermitani per la scelta del legale. Riportava, ancora, il contenuto della conversazione intercorsa il 1 giugno 2013 tra A. e T., sintomatica di una comunanza di interessi tra i due e P.G., detto pacchione . Infine, il Gup evidenziava come, l'attività di indagine avesse consentito di individuare, all'interno della abitazione del C., una base operativa del gruppo dove era stata rinvenuta sostanza stupefacente, nell'occasione in cui A. e C. erano stati tratti in arresto in data 10 settembre 2013 quando, oltre alla droga, avevano anche la disponibilità di una notevole somma di denaro. Ebbene, la Corte territoriale, richiamata conferentemente la giurisprudenza di questa Corte di legittimità di cui si dirà di qui a poco, e in particolar modo la sentenza 30233/2016, convalida le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado, evidenziando come possa ritenersi accertata nel caso che ci occupa, partendo dall'esame delle posizioni degli imputati A., M. e M., una condotta di partecipazione ad un' associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, stante la costante disponibilità dei OMISSIS a fornire le sostanze al sodalizio operante a OMISSIS , così da determinare un durevole, anche se non esclusivo, rapporto tra fornitore e acquirente, laddove per la quantità e la periodicità dei rapporti e la regolare cadenza degli acquisti, gli acquirenti potevano contare su una fonte di approvvigionamento ed i fornitori su una linea di smercio fondamentale per i propri guadagni. I giudici del gravame del merito aderiscono argomentatamene alla motivazione del primo giudice, laddove questi ha richiamato le dichiarazioni di P.L., evidenziando gli elementi di riscontro costituiti dalle dichiarazioni di G.A. e dalle indagini svolte dalla PG che accertava la presenza dei tre soggetti summenzionati, il 31 ottobre 2012, quando giungevano nei pressi dell'abitazione di A. in quel sito tre autovetture, rispettivamente condotte da tre uomini riconosciuti per M., M. e P. uno dei tre mezzi risultava intestato al P., per come dallo stesso dichiarato il successivo 9 novembre 2012 i tre OMISSIS erano stati nuovamente notati mentre si recavano nell'abitazione di A. un' ennesima visita di M. e M. presso l'abitazione dell' A. era stata rilevata in data 19 dicembre 2012 a seguito della attivazione di alcune intercettazioni telefoniche ' Peraltro sottolinea la Corte territoriale il P. veniva arrestato il 22 dicembre 2012 perchè trovato in possesso di cinque chilogrammi di cocaina trasportata a Palermo, per essere consegnata ad A., per conto di M. e M Significativo viene ritenuto, poi, il colloquio tra M.F. e la moglie, il 30 giugno 2014 cfr. pag. 126 della sentenza impugnata , laddove l'uomo riferiva alla donna di recarsi nel negozio di A.S., moglie del L., che si era impegnato a indicargli un legale. Per i giudici di appello ciò indica che il L. si era impegnato a sostenere le spese legali del OMISSIS o, quanto meno, ad agevolare il sodale, come si comprende da un passaggio specifico della conversazione riportata. Il colloquio sull'avvocato veniva ripreso poi il 28 luglio. A fronte di tale robusto quadro probatorio i giudici palermitani rilevano come già in quella sede gli odierni ricorrenti si fossero limitati a criticare la pronuncia di responsabilità con doglianze generiche. In sentenza vengono logicamente confutate le argomentazioni difensive di A.A., secondo cui sarebbe da escludere una sua partecipazione al sodalizio criminoso in quanto, a seguito del suo arresto, non si erano verificati mutamenti sostanziali nella compagine associativa o perchè all' A. non risultavano contestate tutte le singole ipotesi di cessione oggetto delle imputazioni. Per i giudici del merito si tratta di considerazioni non condivisibili. Viene evidenziato, quanto al primo aspetto, come sia emerso, al contrario, in atti, che a seguito dell'arresto dell' A. i rapporti con i OMISSIS erano gestiti dal T., proprio a dimostrazione della sussistenza di un gruppo consolidato in grado di far fronte anche al venire meno di uno o più soldali quanto al secondo aspetto posto in rilievo, viene posto l'accento sul fatto che, per ritenere la partecipazione ad una associazione criminosa, non è necessario anche prendere parte a tutti i reati fine, laddove questi possono costituire sì il sintomo della partecipazione, ma l'estraneità agli stessi non implica in alcun modo l'estraneità all'associazione. Nemmeno, a parere della Corte territoriale, possono essere sminuite le dichiarazioni del collaboratore P., per la circostanza che il L. nel dicembre 2010 era stato arrestato, in quanto il dichiarante aveva fatto riferimento a viaggi a Palermo già a partire dal 2010, prima a favore del L. e poi di A., e ciò fino all'arresto avvenuto nel dicembre 2012. La Corte palermitana risponde poi anche alle doglianze riproposte in questa sede circa la gestione di una cassa comune, che secondo la linea difensiva vorrebbe che il contenuto della conversazione del 30 giugno sarebbe stato erroneamente interpretato dal primo giudice perchè poi il M. aveva scelto un difensore diverso da quello di A. e L Per i giudici del gravame del merito vale la logica considerazione che le diverse scelte difensive assunte successivamente, che possono essere intervenute per le più svariate ragioni, non riducono la portata di un dato molto significativo che è quello per cui il gruppo palermitano aveva offerto la propria disponibilità al OMISSIS , evidentemente in un contesto di comuni interessi. Ed ancora, come segnalato dal primo giudice, e come la Corte territoriale analizza analiticamente nelle pagg. 129 e ss., cui si rimanda, le conversazioni intrattenute da A. con gli altri correi appaiono significative di un preciso accordo criminoso, contrariamente a quanto dedotto, con generiche considerazioni. Rilevano logicamente i giudici del gravame del merito che, tra tutte, proprio l'intercettazione relativa al colloquio in carcere tra A. e la moglie, laddove l'imputato dice alla donna dì che sono tutti bruciati evoca chiaramente l'esistenza di un gruppo criminale organizzato. Coerente, dunque, appare la conclusione, cui perviene la sentenza impugnata, che tra A. e i due OMISSIS M. e M.F. si fosse consolidato un rapporto tale da assumere i caratteri del vincolo associativo, come ricostruito dal primo giudice. Sul punto, va detto, diversamente da quanto chiedono i ricorrenti nei loro ricorsi, la Corte di Cassazione, quale giudice di legittimità, non può procedere, a fronte di una motivazione dei giudici di appello che si palesi priva di aporie logiche, ad una rivalutazione dei contenuti delle intercettazioni. Costituisce, infatti, questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite Sez. 2, n. 35181 del 22/5/2013, Rv. 257784 . Inoltre, nel corso del 2015, le Sezioni Unite della Suprema Corte Sez. un., 26 febbraio 2015 n. 22471, Sebbar, Rv. 263715 , hanno ribadito l'indirizzo consolidato secondo cui le dichiarazioni carpite nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata, con le quali un soggetto accusa se stesso e/o altri della commissione di reati, hanno piena valenza probatoria e non necessitano di ulteriori elementi di corroborazione ai sensi dell'art. 192 c.p.p., comma 3. Al riguardo, in precedenza era stata giudicata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 192,195,526 e 271 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost., e l'art. 6 CEDU, nella parte in cui non prevedono che le indicazioni di reità e correità, captate nel corso di conversazioni intercettate, debbano essere corroborate da altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità, come avviene per le chiamate in reità o correità rese dinanzi all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, e nella parte in cui non prevedono l'inutilizzabilità di tali dichiarazioni qualora il soggetto, indicato quale fonte informativa nella conversazione intercettata, si avvalga poi della facoltà di non rispondere Sez. 6, 20/2/2014 n. 25806, Caia, Rv. 259673 . La Corte territoriale ha preso anche in esame la doglianza, secondo cui il primo giudice non avrebbe tenuto conto della interruzione dei rapporti tra i due OMISSIS , rilevando come, anche nel breve periodo in cui tra i OMISSIS erano in corso dissapori, A. con gli altri sodali non aveva interrotto i rapporti con loro, pur gestendoli separatamente in ogni caso, poco dopo, il M. e il M. riprendevano, di comune accordo, la loro attività illecita tanto che l'anno dopo venivano arrestati insieme a Palermo. Ed invero, dopo l'arresto di A., a settembre 2013, il T. proseguiva personalmente i contatti con i OMISSIS con i quali organizzavano un viaggio per una fornitura che si concludeva con l'arresto dei due OMISSIS . I giudici del gravame del merito rispondono con una motivazione priva di aporie logiche anche al rilievo di M.F. i cui profili di doglianza, sia in ordine alla sussistenza dell'associazione che alla sua partecipazione alla stessa devono, pertanto, ritenersi infondati che deduce l'assenza di consapevolezza nella partecipazione all'associazione e la mancanza di stabilità nei rapporti, osservando come, nel caso di specie, i OMISSIS erano ben consapevoli dell'esistenza di un accordo consolidato tra A., T. e C., soggetti che conoscevano tutti personalmente, con i primi due anche avendo avuto contatti diretti. Inoltre, i rapporti di fornitura erano stabili in proposito vengono richiamate le pagine relative all'esame dei singoli reati fine e non si erano fermati neppure a seguito degli arresti, prima, dei corrieri e, poi, di uno dei soggetti posti al vertice dell'associazione, e cioè l' A. inoltre, viene posto in risalto anche che, proprio la prosecuzione dei rapporti con il T., che già i OMISSIS conoscevano, è un chiaro indice della consapevolezza della stabilità dell'organizzazione. 2.1. Ebbene, il provvedimento impugnato opera un buon governo della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità circa gli elementi che caratterizzano l'associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, per la configurabilità della quale non è richiesta la presenza di una complessa ed articolata organizzazione, dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l'esistenza di una struttura, anche rudimentale, desumibile dalla predisposizione di mezzi e dalla suddivisione dei ruoli, per il perseguimento del fine comune, idonea a costituire un supporto stabile e duraturo alla realizzazione delle singole attività delittuose cfr., ex plurimis, sez. 1, n. 30463 del 7.7.2011, Cali, rv. 251011 sez. 1, n. 4967 del 22.12.2009 dep. 2010, Galioto, rv. 246112 . Nemmeno è necessaria l'esistenza di un'articolata e complessa organizzazione, connotata da una struttura gerarchica con specifici ruoli direttivi e dotata di disponibilità finanziarie e strumentali per un'estesa attività di commercio di stupefacenti, ma è sufficiente anche un'elementare predisposizione di mezzi, pur occasionalmente forniti da taluno degli associati o compartecipi, sempre che gli stessi siano in concreto idonei a realizzare in modo permanente il programma delinquenziale oggetto del vincolo associativo sez. 6, n. 25454 del 13.2.2009, Mammoliti e altri, rv. 244520, fattispecie nella quale ia Corte ha ravvisato il reato con riguardo alla partecipazione ad un piccolo ed autonomo sodalizio, collegato ad un'organizzazione criminale più vasta, al fine di assicurarsi consistenti forniture di stupefacenti da destinare alla rivendita . In altri termini, ai fini della configurabilità del delitto associativo D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 74, l'elemento organizzativo assume un rilievo secondario, essendo sufficiente anche un'organizzazione minima perchè il reato si perfezioni cfr. sul punto sez. 2, n. 16540 del 27.3.2013, Piacentini e altri cne ha ritenuto corretta la sentenza di merito che, ai fini dell'esclusione del reato, aveva giudicato irrilevante e, comunque, non provato il fatto che i correi non avessero stabile organizzazione e fossero sempre alla ricerca di mezzi per la commissione dei delitti scopo . L'elemento aggiuntivo e distintivo del reato associativo rispetto alla contigua fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti è stato correttamente ravvisato nel carattere dell'accordo criminoso che contemplava la commissione di una serie non previamente determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti che, anche al di fuori dell'effettiva commissione dei singoli reati programmati, assicuravano la propria disponibilità duratura e indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso proprio del sodalizio in tal senso Sez. 5, n. 42635 del 4/10/2004, Collodo ed altri, Rv. 229906 . Ai fini della configurabilità di un'associazione finalizzata al narcotraffico, è dunque necessario a che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo sorto anche in modo informale e non contestuale avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali b che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilità, risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo c che ciascun associato, sia a conoscenza, quanto meno, dei tratti essenziali del sodalizio, e si metta stabilmente a disposizione di quest'ultimo in tali termini la condivisibile Sez. 6, n. 7387 del 3/12/2013 dep. 2014, Pompei, Rv. 258796 . 3. Proseguendo in via sistematica, detto della congruità motivazionale del provvedimento impugnato per quanto concerne la sussistenza dell'associazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, dedita al narcotraffico, vanno a questo punto valutate le doglianze che i singoli propongono in relazione alla loro partecipazione ed al ruolo ricoperto in seno alla stessa. Si è già detto al paragrafo precedente dell'infondatezza del motivo di ricorso, il primo, proposto da M.F., che contestava non solo la sussistenza dell'associazione criminosa D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, ma anche la sua partecipazione alla stessa, sostenendo, al più, che si potesse ipotizzare un concorso nel reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso proposto, A.A. contesta che la Corte palermitana abbia congruamente motivato il ruolo apicale allo stesso attribuito. Ebbene, si tratta di un motivo che si palesa infondato. Del ruolo dell' A., palermitano che come ricorda il giudice di primo grado a pag. 126 era soggetto appartenente alla nota ed omonima famiglia mafiosa storicamente radicata nel quartiere della OMISSIS , si è già ampiamente detto sub 2. Il giudice di primo grado ricorda anche come le dichiarazioni del collaboratore di giustizia P. siano state riscontrate anche dalla videosorveglianza attivata presso l'abitazione dell' A. e dalle numerose conversazioni telefoniche ed ambientali captate. Qui va aggiunto che la Corte territoriale ha già ampiamento confutato le doglianze difensive oggi riproposte e con quelle motivazioni il ricorrente non pare confrontarsi criticamente. Il ruolo di promotore dell' A., il cui protagonismo organizzativo era stato già evidenziato dal giudice di primo grado, emerge chiaro dal già ricordato colloquio intercettato con la moglie il 20 giugno 2014 nella Casa Circondariale di OMISSIS , dall'essersi comunque recato a Napoli il 13 gennaio 2013 senza farsi condizionare in alcun modo dall'avvenuto arresto in flagranza del P. qualche settimana prima e dai contatti di cui alle numerose intercettazioni che lo vedono protagonista indicate alle pagg. 135 e ss. della sentenza di primo grado. Allo stesso come aveva già concluso a pag. 146 il giudice di primo grado con una motivazione che non è stata scalfita nè dai motivi di appello e nemmeno da quelli di cui all'odierna impugnazione deve essere indubbiamente riconosciuto il ruolo di promotore ed organizzatore del sodalizio con il particolare compito di curare l'approvvigionamento di notevoli quantitativi di sostanza stupefacente, tenuto conto 1. dei viaggi effettuati dai fornitori OMISSIS per recarsi nella sua abitazione e dei suoi contatti ed incontri con i predetti, prodromici all'arresto in flagranza di P. e sviluppatisi tra l'ottobre ed il dicembre del 2012 2. della decisione di continuare comunque la collaborazione con M. giustamente dobbiamo andare avanti . 3. l'organizzazione del viaggio di C., poi arrestato nel febbraio 2013 4. i viaggi a Napoli con il C. e T. con l'esplicitazione dei programmi circa la cocaina da acquistare 5. le precauzioni da adottare per successivi trasporti 6. Il danaro da accantonare e tenere nascosto 7. i dialoghi, telefonici e tra presenti intrattenuti con lo stesso fornitore M. e con tutti i sodali, in relazione all'organizzazione della distribuzione della droga e dello sviluppo della relativa attività illecita fino all'arresto avvenuto il 10 settembre 2013 8. i ricordati commenti in carcere e le indicazioni fornite agli accoliti tramite la moglie gli devi dire che sono tutti bruciati 9. le dichiarazioni di P. 10. i reati fine commessi. Anche T.G. censura, con il primo ed il secondo motivo di ricorso il percorso motivazionale con cui i giudici del merito ne hanno affermato la responsabilità ed il ruolo di organizzatore del sodalizio D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, di cui al capo 1 . Per il ricorrente la stabilità dei rapporti, dovuti a collegamenti familiari tra gli imputati non può costituire elemento significativo per ritenere l'esistenza di un'associazione. Considerando altresì, la mancanza di reati fine contestati al T., i contatti esclusivamente con l' A. e la mancanza di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, secondo la tesi prospettata in ricorso risulterebbe evidente l'assenza di quei requisiti minimi ed indispensabili per potere affermare una partecipazione dell'odierno ricorrente alla presunta associazione con la precisa volontà di partecipare in modo stabile e non occasionale alla realizzazione del programma criminoso. Il motivo di ricorso è infondato. Già il giudice di primo grado pag. 146 aveva riconosciuto al T. il ruolo di promotore ed organizzatore del sodalizio criminoso, con il particolare compito di curare l'approvvigionamento di notevoli quantitativi di sostanza stupefacente, mantenendo gli stessi fornitori, ruolo rivestito soprattutto dopo l'arresto di A. e con gli stessi fornitori, poi arrestati nel giugno del 2014 e trovati in possesso di 2 chilogrammi di cocaina che stavano per consegnare proprio al T Venivano ricordati, inoltre, i primi incontri con M. e M. nel febbraio 2013, insieme ad A. il viaggio con quest'ultimo a Napoli il 5 giugno 2013 per l'acquisto della fornitura arrivata il 10 giugno 2013 ed i commenti espliciti ed univoci registrati in intercettazione ambientale, gli incontri a Palermo presso la sua abitazione nel giugno 2014. Come ricorda lo stesso ricorrente la sentenza impugnata, dopo avere analizzato i singoli reati fine, da pag. 118 inizia ad esaminare il reato associativo, riportando a pag. 119 i motivi di impugnazione proposti dalla difesa nell'interesse del T. successivamente, da pag. 129 viene approfondita la posizione dell'odierno ricorrente affermando che 1. Il T. aveva rivestito un ruolo di vertice insieme ad A., comprovato dalle conversazioni intercorse tra i due e riportate in motivazione pag. 130 2. la conversazione del 1/6/2013 dimostra come l' A. ed il T. rivestivano un ruolo apicale dal momento in cui curavano l'approvvigionamento e la distribuzione dello stupefacente pag. 133 3. sempre dal tenore delle conversazioni era emerso che A. e T., al vertice dell'associazione, gestivano i rapporti con i fornitori di OMISSIS e tramite l'attività del C. cedevano poi la droga agli spacciatori quale il P. pag. 136 . E' lo stesso ricorrente a ricordare anche che, secondo i risultati dell'attività di indagine riportati nell'informativa di P.G. del 13/4/2015 a pag. 35 Dopo l'arresto di A., saranno il T. ed il D.G. a prendere la promozione dell'importante traffico di droga con il M., quando quest'ultimo, dal 2014, avrà ripreso nuovamente la società con il M.F. ed ancora a pag. 41 . E' in effetti un' associazione per delinquere nella quale anche il ruolo di promozione dell' A. verrà rimpiazzato, dal momento del suo arresto, dalle fattive condotte del T. e del D.G., che proseguiranno con continuità i rapporti con i fornitori OMISSIS . Sulla base di tali dati, estrapolati dalla lettura delle conversazioni ambientali. la sentenza di primo grado aveva affermato a pag. 127 che . deve ritenersi acclarato dalle conversazioni captate e dai servizi di osservazione posti in essere dalla P G, che gli imputati erano stati inizialmente coordinati da A., loro punto di riferimento soprattutto perchè, gestendo i rapporti con i fornitori, organizzava tale aspetto indispensabile per il sodalizio, ruolo che dopo l'arresto del primo era stato assunto da T . a pag. 128 Risulta, altresì, dall'attività tecnica esplicata dalla P.G. che A., dopo il suo arresto, come già evidenziato, era stato sostituito dal T., il quale aveva ripreso i rapporti con M. e M. che, da quel momento, avevano fatto riferimento a lui . pag. 133 . Che una tale struttura esistesse trova altresì con-ferma proprio nel dato che i traffici delittuosi con gli indagati di origine campana erano continuati nonostante l'arresto di A., il quale era stato sostituito dal T . Per il ricorrente sarebbe evidente il travisamento della prova della assenta qualifica di organizzatore dell'associazione, in quanto, al più, il T. avrebbe sostituito l' A. nel ruolo di capo dopo il suo arresto, ma non vi sarebbe la prova di un'organizzazione diretta da due capi, appunto l' A. e il T Orbene, appare di tutta evidenza che non siamo di fronte ad un travisamento della prova. In primis, va ricordato che il travisamento della prova è altro rispetto a quello che si indica nel presente ricorso. Avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli atti del processo costituisce il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove , prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all'interno della decisione. In altri termini, vi sarà stato travisamento della prova qualora il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste ad esempio, un documento o un testimone che in realtà non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse dell'imputato . Oppure dovrà essere valutato se c'erano altri elementi di prova inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi. Ma -occorrerà ancora ribadirlo non spetta comunque a questa Corte Suprema rivalutare il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacchè attraverso la verifica del travisamento della prova. Per esserci stato travisamento della prova occorre che sia stata inserita nel processo un'informazione rilevante che invece non esiste nel processo oppure si sia omesso di valutare una prova decisiva ai fini della pronunzia. In tal caso, però, al fine di consentire di verificare la correttezza della motivazione, va indicato specificamente nel ricorso per Cassazione quale sia l'atto che contiene la prova travisata o omessa. Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve inoltre avere carattere di decisività. Diversamente, infatti, si chiederebbe al giudice di legittimità una rivalutazione complessiva delle prove che, come più volte detto, sconfinerebbe nel merito. Peraltro siamo di fronte, quanto a T., ad una doppia conforme affermazione di responsabilità Ebbene, va ricordato che questa Corte, con orientamento che il Collegio condivide e ribadisce, ritiene che, in presenza di una c.d. doppia conforme , ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno nel caso di specie, riguardante l'affermazione di responsabilità , il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti con specifica deduzione che l'argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado cfr. Sez. 4, n. 19710/2009, Rv. 243636 secondo cui, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell'ipotesi in cui l'impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c. d. doppia conforme, superarsi il limite del devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice conf. Sez. 2, n. 47035 del 3/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013 dep.2014, Nicoli, Rv. 258432 Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 dep. 2014, Capuzzi ed altro, Rv. 258438 Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 dep. 2017, La Gumina ed altro, Rv. 269217 . Nel caso di specie, al contrario, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Gup e, dopo avere preso atto delle censure del T., è g. alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilità dell'imputato che, in concreto, si limita in questa sede a reiterare le doglianze già incensurabilmente disattese dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa lettura delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti degli elementi probatori valorizzati. Le ulteriori doglianze sono dei tutto generiche perchè anch'esse meramente reiterative, e comunque manifestamente infondate, avendo la Corte d'appello in-censurabilmente valorizzato Del resto, non appare alcuna inconciliabilità logica tra il fatto che il T. affiancasse l' A. tra i capi del sodalizio e poi ne abbia preso il posto una volta che quegli venne arrestato. Anzi, è del tutto logico, che a prenderne il posto sia colui che lo affiancava tra i promotori dell'associazione. Va segnalato, infine, che la Corte territoriale ha anche evidenziato come nella conversazione del 26 giugno tra il L. e la moglie, quando i due fanno riferimento all'arresto di M. e M., la frase pronunciata dal L. non sta ad indicare l'estraneità del T. ai fatti, quanto, piuttosto, la sorpresa per la perquisizione subita dal predetto, posto che la droga era stata trovata nell'auto dei OMISSIS . P.L., con il suo primo motivo di ricorso, più che contestare l'esistenza del sodalizio criminoso D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, contesta che sussistessero le condizioni per poterne essere ritenuto intraneo alla stessa. Egli nega di avere ricoperto il ruolo di corriere e, soprattutto, che il suo essere acquirente dello stupefacente avesse quei caratteri di stabilità tenuto conto che come si evince dal capo 10 si approvvigionava anche da altri soggetti per caratterizzarne un ruolo da sodale. E, ancora, nega che OMISSIS di cui si fa riferimento a pag. 137 della motivazione sia lui, che si chiama L Si tratta di motivi inammissibili, in quanto, a fronte di una congrua e logica motivazione offerta dai giudici del merito, propongono censure in fatto non scrutinabili in questa sede. Significativa ai fini dell'affermazione di penale responsabilità del P. appare per i giudici palermitani la conversazione del 1/6/2013 tra A. e T., in cui i due decidono come gestire la prossima fornitura di droga che stanno per ricevere e A. rappresenta che una parte la riserverà a G. OMISSIS , identificato dalla PG nell'imputato P D'altra parte, già in precedenza erano emersi contatti importanti tra P. e gli altri partecipi in particolare si fa riferimento al contenuto di una conversazione dell'11 aprile 2013 progressivo 839 tra il P. e il C. dove si comprende che il P., in procinto di partire per Napoli per un rifornimento, chiedeva a C. di avvisare T. A. del suo rientro e si informava se loro avevano disponibilità della cocaina, allo scopo, evidentemente, di provvedere ad un rifornimento generale anche per gli altri sodali. Rileva la Corte territoriale come l'odierno ricorrente sia di un soggetto che acquistava la droga da A., T. e C. per poi cederla a terzi soggetti D., secondo quanto ricostruito per il capo 6 della rubrica, L., come accertato esaminando le risultanze relative al capo 5 , Ba., secondo quanto ricostruito al capo 8 della rubrica . E come sia emerso dal tenore delle conversazioni che A. e T., al vertice dell'associazione, gestivano i rapporti con i grossi fornitori di Napoli M. e M. e tramite l'attività del C. cedevano poi la droga agli spacciatori quale il P Poco importa e in tal senso viene confutata la tesi oggi riproposta nell'interesse del P. che questi potessero usufruire anche di altri canali di approvvigionamento quando, come nel caso di specie, i gli acquirenti abituali fossero consapevoli di gestire il traffico nell'ambito di un contesto associativo più ampio che gli assicurava sollecite e sicure consegne. Altra conversazione di rilievo per la posizione di P. viene ritenuta quella intercettata il 6/6/2013, quando A. e T., tornando da Napoli, discutono del modo migliore per trasportare lo stupefacente e anche in questo caso fanno riferimento alle modalità usate dal P. il pacchione , soprannome mai contestato criticamente nel corso del processo, se non in questa sede, ancora una volta genericamente . Priva di vizi di legittimità, appare pertanto la conclusione cui pervengono i giudici del gravame del merito nel ritenere non esservi dubbi, pertanto, che anche il P. fosse inserito nell'organizzazione criminale, stante, in primo luogo, la consapevolezza della sussistenza di una rete di rapporti gestiti in via preminente da A. e T. e la volontà di parteciparvi, sia attraverso la pronta disponibilità a rifornirsi da loro anche, tramite il C. , sia attraverso la disponibilità a sopperire ad una eventuale mancanza dello stupefacente, mostrandosi disponibile ad andate a Napoli pei rifornirsi di droga anche per A Circostanze tutte, secondo la motivazione priva di aporie logiche dei giudici palermitani che dimostrano come anche il P. agisse spinto anche da un interesse comune e condiviso con gli altri sodali, avesse la consapevolezza dell'esistenza di risorse dell'organizzazione su cui contare, con la coscienza e volontà di far parte del sodalizio e di contribuire, con la propria azione, ai suo mantenimento, e di pone in essere una serie di reati nell'ambito della esecuzione del programma associativo. E, a conferma di tali considerazioni, viene richiamato quanto rimasto provato per il reato contestato al capo 9 della, rubrica al C., e cioè l'accertata cessione di 20 grammi di cocaina da C. a P. il 9 agosto 2013. Anche per il Parolosi la Corte palermitana fa buon governo del principio, che costituisce ius receptum, secondo cui l'associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti sussiste anche quando sia rilevabile un vincolo durevole che accomuna il fornitore di droga e gli spacciatori acquirenti che in via continuativa la ricevono per immetterla nel mercato del consumo così, ex multis, Sez. 5, n. 51400 del 26/11/2013, Abbondanza ed altro, Rv. 257991, in cui La Corte, dopo aver precisato in motivazione che la ratio della configurabilità del vincolo associativo tra fornitore e acquirente abituale di sostanze stupefacenti all'interno dell'unico sodalizio criminale nel quale essi operano risiede nella reciproca consapevolezza che la stabilità del rapporto instaurato garantisce l'operatività dell'associazione in quanto tale, rivelando così l' affectio societatis dello stesso acquirente o fornitore, ha annullato con rinvio la decisione di merito che non aveva motivato sulla esistenza della prova di tale necessario coefficiente di stabilità del rapporto . Nello stesso solco giurisprudenziale si colloca poi la pronuncia con cui si è affermato che, in casi come quello all'odierno esame, l'associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti sussiste anche quando il vincolo associativo poggia sul rapporto che accomuna, in maniera durevole, il fornitore della sostanza e gli spacciatori, sempre che vi sia consapevolezza di operare nell'ambito di un'unica associazione e di contribuire alla realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga così sez. 2, n. 6261 del 23.1.2013, Scruci, rv. 254498 . 3.1. In relazione alla specificità dei ruoli dei singoli partecipi il Collegio ritiene altresì di condividere e dover ribadire l'orientamento costante della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui sia il fornitore che il rivenditore abituali devono considerarsi parimenti partecipi dell'associazione, anche se non conoscono personalmente tutti i soggetti che ne fanno parte. Va pertanto riaffermato il principio di cui al precedente di questa Corte regolatrice costituito da Sez. 6 n. 3509/2012 per cui, in definitiva, l'associazione per delinquere, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, può dirsi realizzata sia dalla unione di più persone che operano, anche in via soltanto parallela, per la realizzazione di profitti con lo spaccio della droga, sia dal vincolo che lega l'importatore, che si adopera per rifornire il mercato, in via continuativa, con l'organizzazione territoriale dedita allo spaccio, purchè tutti i soggetti abbiano la consapevolezza di agire nell'ambito di una organizzazione, nella quale l'attività dei singoli si integrano strumentalmente per la finalità perseguita e purchè l'acquirente-rivenditore sia stabilmente disponibile, inoltre, a ricevere le sostanze stupefacenti con tale continuità da proiettare il singolo atto negoziale oltre la sfera individuale, come elemento della complessiva ed articolata struttura organizzativa. Integra -secondo quanto precisato in altra pronuncia più recente la condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che Immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell'associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto del commercio di droga sez. 6, n. 41612 del 19.6.2013, Manta, rv. 257798 . E' stato anche precisato che per la configurabilità della condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti non è richiesto un atto di investitura formale ma è necessario che il contributo dell'agente risulti funzionale per l'esistenza dell'associazione in un dato momento storico così Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, Amodio e altri, Rv. 257905, fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto il ruolo di partecipe al soggetto che risultava essere l'intestatario del contratto di locazione dell'immobile all'interno del quale era occultata e venduta la sostanza stupefacente . Tuttavia, la configurabilità della condotta di partecipazione richiede pur sempre la prova della stabile adesione dell'agente ad un sodalizio riconducibile alla fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, ovvero della consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale Sez. 6, n. 50133 del 21/11/2013, Casoria, Rv. 258645, relativa ad un caso in cui la Corte ha annullato con rinvio un provvedimento cautelare personale in cui i gravi indizi di colpevolezza erano desunti da due sole conversazioni telefoniche concernenti la ricerca di canali di rifornimento della droga e la partecipazione ad uno specifico acquisto di sostanza stupefacente . Una volta verificata l'esistenza, anche rudimentale, della struttura e delle relazioni personali tra i componenti, per poter affermare la qualità di promotore od organizzatore è necessaria la prova del ruolo in concreto svolto da coloro cui tale qualifica viene attribuita, atteso che i compartecipi di un'associazione priva di una struttura gerarchica non possono, per ciò stesso ed in modo automatico, essere ritenuti promotori od organizzatori ai sensi dell'art. 416 c.p., comma 1, Sez. 6, n. 25698 del 15/6/2011, Brusaferri, Rv. 250515 . In difetto di tale prova, evidentemente, occorrerà ricomprendere il soggetto interessato tra i meri partecipi. Seppure, come evidenzia correttamente in taluni passi della propria motivazione la Corte territoriale, l'avere svolto attività per l'organizzazione in plurimi episodi di rilievo costituisca un evidente indice della fiducia che i vertici dell'organizzazione stessa rivestono nei confronti di questo o quell'associato cfr. in tal senso pag. 33 della motivazione del provvedimento impugnato , va ricordato che l'elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente agito, per cui il coinvolgimento in un solo episodio criminoso non è incompatibile con l'affermata partecipazione dell'agente all'organizzazione di cui si è consapevolmente servito per commettere il fatto così Sez. 1, n. 43850 del 3/7/2013 in una fattispecie relativa al coinvolgimento in un unico episodio di programmato trasporto di un apprezzabile quantitativo di droga conf. Sez. 6, n. 5150 del 16/01/2014 secondo cui in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, lo svolgimento dell'attività di corriere per conto del sodalizio non costituisce, in sè ed automaticamente, prova della partecipazione al reato associativo, qualora non venga dimostrato che il soggetto agente, consapevole dell'esistenza di un sodalizio volto alla commissione di una serie indefinita di reati nel settore degli stupefacenti, aderisca volontariamente a tale programma ed assicuri la sua stabile disponibilità ad attuano. Nella specie, la S. C. ha annullato con rinvio la decisione del giudice di merito che aveva affermato la responsabilità per il reato associativo in base al solo coinvolgimento dell'imputato in due spedizioni di droga, effettuate nell'arco di dieci giorni . 4. Passando alle doglianze in punto di responsabilità su specifiche fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, si procederà ad analizzarle per singoli capi d'imputazione. 4.1. A censurare il provvedimento impugnato per quanto riguarda la propria condanna relativamente al capo 2 dell'imputazione -peraltro limitata ai fatti di cui al 22/12/2012 e all'11/2/2013, in quanto in appello è stato assolto limitatamente ai fatti del 22/1/2013 è con il terzo motivo di ricorso A.A Ebbene, i motivi di ricorso sul punto paiono infondati. La motivazione che offre sul punto il provvedimento impugnato alle pagg. 20 e ss. si palesa priva di aporie logiche. La Corte territoriale, dopo avere ricordato che, a fronte della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado, già in quella sede la difesa dell' A. si era limitata a contestazioni -generiche, ritenendo che tutte le situazioni accertate dalla PG e valorizzate dal primo giudice avessero un carattere neutro e non dimostrativo della circostanza che vi fossero state delle forniture di droga rileva come, in primo luogo, sui fatti del 22 dicembre 2012, significativa appare la conversazione del 19 dicembre quando la moglie di A. lo avvisa di tornare con urgenza che c'è un amico che lo aspetta a casa. E dal servizio di osservazione si comprendeva che i OMISSIS , sbarcati a Palermo, si dirigevano a casa di A In tale contesto ricorda la sentenza impugnata le dichiarazioni del collaboratore P. assumono un valore pregnante, trattandosi, peraltro, del soggetto che fungeva da corriere che più volte aveva trasportato lo stupefacente e che sapeva anche a chi doveva consegnarlo. Le due telefonate tra T. e A., pur nel loro sintetico contenuto, appaiono per i giudici del gravame del merito significative del fatto che i due, dopo avere avuto contezza del mancato arrivo del carico di droga per l'avvenuto arresto del P., avevano cercato conferma dei loro sospetti dalla lettura di una testata online e, come viene ricordato, da un'altra conversazione è emerso che il ricorso a informazioni acquisite dal web fosse usuale per acquisire notizie di eventuali arresti . Nè d'altra parte ricorda la sentenza impugnata gli imputati hanno fornito giustificazioni in ordine alla necessità di consultare il giornale Live Sicilia proprio quel giorno e in quel contesto. La responsabilità dell'imputato è stata confermata in appello anche per l'episodio del 3 febbraio 2013, sul rilievo, da parte dei giudici di appello, che il primo giudice correttamente ha evidenziato una serie di circostanze. In primo luogo, viene evidenziato che dalle conversazioni intercorse tra M. e M. si comprende che i due stanno effettuando un carico di stupefacente stante l'utilizzo di un linguaggio criptico e la necessità di fare attenzione ai controlli cfr. la trascrizione a pag. 22 della sentenza impugnata . Dai servizi di osservazione si accertava che i due, a bordo di auto diverse, stavano scortando una terza autovettura che si comprende guidata dal C. che poi veniva vista dalla polizia arrivare presso l'abitazione di A Peraltro, dal servizio di osservazione si comprendeva che il M. aveva in mano un sacco nel momento in cui entrava a casa dell' A Logico appare, pertanto, rilievo dei giudici palermitani che non si comprenderebbe, quale ragione avrebbero avuto i OMISSIS di adottare tante cautele per un trasferimento a Palermo se si fosse trattato di un viaggio di piacere e non, invece, di una attività illecita. Ancora più generica e priva di fondamento, infine, viene ritenuta la doglianza difensiva in ordine ai fatti dell'11 febbraio laddove è emerso che il M. aveva avvisato A. che in serata sarebbe arrivato a Palermo la PG aveva monitorato i movimenti di M., M. e C. che, prima, si erano incontrati agli imbarchi di Villa San Giovanni e poi si erano divisi dai colloqui monitorati tra M. e M. era emerso che questi erano preoccupati perchè avevamo perso di vista il corriere che effettivamente stato arrestato con un carico di due chili di cocaina. Ad ulteriore conferma che la droga fosse destinata ad A. il provvedimento impugnato richiama conferentemente il contenuto delle conversazioni di cui agli allegati 46 e 47 del 12 febbraio laddove l' A. aveva prima chiesto notizia del corriere e poi aveva avuto conferma che era stato arrestato ho avuto conferma è in ospedale . Nè è emerso che A. e il suo interlocutore avessero un cugino in ospedale. Anche in questo caso, dunque, si è in presenza per i giudici di appello di una chiara ricostruzione dei fatti, anche in considerazione dei contatti precedentemente intercorsi tra A. e i OMISSIS , soggetti tra i quali non sono stati accertati rapporti leciti che potessero giustificare e ricondurre i loro frequenti contatti ad altre ragioni che non fossero la fornitura dello stupefacente. Rispetto a tale motivata, logica e coerente motivazione il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui detto un siffatto modo di procedere è inammissibile perchè trasformerebbe questa Corte di legittimità nell'ennesimo giudice del fatto. 4.2. Passando al capo 3 dell'imputazione, propone doglianze in ordine all'affermazione di responsabilità relativa allo stesso, con il primo motivo di ricorso, M.G Il motivo è infondato, perchè sollecita una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede. Come ricorda la sentenza impugnata, il giudice di primo grado ha ricostruito come, dopo gli arresti, prima dei P., e poi del C., immediatamente fossero ripresi i contatti tra A., il M. e il M Si dà atto in sentenza che, a partire dal 14 febbraio 2013, tra A. e M. iniziava una trattativa telefonica per l'acquisto di stupefacente che si protraeva fino al mese di marzo. Nel frattempo. il M. aveva continuato ad avere contatti con A. mentre M.F. aveva intrapreso rapporti con S.C Da una conversazione tra A. e T. emergeva che l'due OMISSIS , M. e M., erano in disaccordo intanto il 5 giugno A. e T. si incontravano, prima, con M.F. e S.C., dopo, con M. e G., e il primo si incontrava poi con M Il giudice dava atto del contenuto della conversazione intercorsa, in auto, tra A. e T., da cui poteva evincersi che vi fossero stati accordi per l'acquisto dello stupefacente inoltre nella stessa giornata, si registrava un nuovo incontro tra i palermitani e M., M. e S. in ogni caso, l'incontro a OMISSIS si era concluso con nuovi accordi e il M. aveva consegnato ad A. una nuova scheda telefonica. Nella sentenza si ricostruivano i movimenti di M.F. e di due donne che si erano recati a OMISSIS per una fornitura di droga. In particolare, il 7 giugno era stato organizzato un viaggio per trasportare un carico di droga tramite due donne contattate da S.C., tramite il cellulare di M.F Si dava atto, poi, di come si fosse pervenuti, l'11 giugno 2013, al sequestro dello stupefacente trasportato con l'autovettura Panda dove si trovavano due donne che erano arrivate, separatamente, a Palermo con i fratelli M In proposito, il giudice di primo grado riportava il contenuto delle conversazioni tra A. e M.F. da cui poteva evincersi il diretto coinvolgimento di S.C. e di M.G., per quest'ultimo, avuto riguardo, in particolare, al contenuto della conversazione nel corso della quale F. chiedeva al fratello G. se aveva nascosto bene la droga. Ebbene, coerente con tali risultanze appare la conclusione che si legge invero alla pagina 92 della sentenza impugnata Si comprende, pertanto, come l'imputato avesse gestito tutte le fasi del trasporto, fin dal carico e occultamento dello stupefacente, così fornendo un rilevante contributo causale alla commissione del reato . Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui detto un siffatto modo di procedere è inammissibile perchè trasformerebbe questa Corte di legittimità nell'ennesimo giudice del fatto. 4.3. T.G., con il terzo motivo d'imputazione, censura sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione il provvedimento impugnato per quanto concerne la sua condanna per il reato di cui al capo 4 d'imputazione. La doglianza si fonda sulla dimostrata assenza di contatti per circa un anno tra i due OMISSIS ed il T. ultimo certo incontro e quello monitorato a Napoli del giugno 2013 , sulla assenza di contatti telefonici o accordi di qualsiasi tipo volti a dimostrare la volontà del T. ad acquistare la sostanza stupefacente. E, ancora, per il ricorrente l'illogicità della sentenza impugnata la si rileverebbe a pag. 115 ove si afferma che la droga trasportata dai OMISSIS fosse destinata al T. che in quel momento aveva la disponibilità sia di denaro liquido, per complessivi 2.250 Euro che ragionevolmente potevano essere impiegati per pagare la sostanza, in tutto o in parte , sia del bilancino per provvedere alla sua pesatura . . Un tale argomentare secondo la tesi proposta in ricorso sarebbe palesemente contraddetto dalle più elementari regole di esperienza, dal momento che, il prezzo normalmente applicato per 2 chili di cocaina non è certamente 2.500 Euro, ovvero 12 Euro al grammo. E, neppure il bilancino di precisione, viene normalmente utilizzato per potere pesare 2 chili di sostanza stupefacente. Il motivo in questione è del tutto infondato, in quanto sollecita una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede. La Corte territoriale ricorda come, in relazione al fatto di cui al capo 4 dell'imputazione, il giudice di primo grado abbia ricostruito i contatti tra M. e M., nel corso dei due viaggi da loro compiuti fino a Palermo in occasione dell'incontro con il T. ed altre persone in particolare, per il fatto del 19 giugno, in sentenza si dava atto del servizio di osservazione, che aveva evidenziato la presenza del T., che si era dato alla fuga alla vista dei poliziotti, e dell'esito del controllo all'interno della Smart, in uso ai OMISSIS , che aveva consentito di rinvenire due chili di cocaina ed ancora, della perquisizione a carico del T. che aveva dato esito positivo perchè questi era stato trovato in possesso di un bilancino di precisione intriso di cocaina e di una consistente somma di denaro si dava atto anche del tenore delle conversazioni tra A., che nel frattempo si trovava in carcere, e la moglie. La Corte palermitana con una motivazione logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto, e che pertanto si sottrae alle proposte censure di legittimità convalida le conclusioni del Gup, che aveva ritenuto la responsabilità dell'odierno ricorrente sulla base delle acquisizioni probatorie in atti. Viene evidenziato che il 10 settembre 2013 A. veniva arrestato, ma già prima, come si evince dagli elementi che hanno consentito di ricostruire le operazioni di fornitura dello stupefacente nel mese di giugno 2013, oggetto della. imputazione di cui al capo 3 , il predetto agiva in accordo con il T., tanto che, insieme, si erano recati a Napoli per incontrare M. e M Dopo l'arresto di A., M. e M., il 2 giugno 2014, erano arrivati da Napoli e si erano recati in via Casamicciola dove avevano incontrato il T. che, insieme al M., si era spostato in via OMISSIS dove era parcheggiata una autovettura Daewoo che i due spostavano in via Casamicciola, davanti l'ingresso dell'abitazione del palermitano lì, i verbalizzanti notavano il M., posto in posizione di controllo, all'ingresso del vicolo, e il T. e il M. che armeggiavano sull'autovettura Daewoo Tacuma. In questa occasione si ricorda ancora in sentenza la PG decideva di non procedere ai controlli e, pertanto, non veniva sequestrata sostanza stupefacente, ma la condotta posta in essere dal trio induceva certo in forte sospetto sui motivi dell'incontro avuto riguardo alla natura dei rapporti tra loro intrattenuti. Quanto, poi, ai fatti del 19 e 20 giugno, per i giudici palermitani le risultanze istruttorie dimostrano con evidenza come la droga sequestrata fosse destinata al T. e, invero, M. e M. si erano incontrati con il T., il quale, alla vista dei poliziotti, si era dato alla fuga. La PG aveva però operato una perquisizione presso la sua abitazione trovando denaro e un bilancino di precisione infine, all'esito delle operazioni di smontaggio dell'autovettura condotta dai OMISSIS veniva rinvenuta la droga e alle pagg. 114-115 della sentenza impugnata vengono riportati i contenuti del verbale di arresto dei due OMISSIS . Per i giudici del gravame del merito con una motivazione logica con cui, in concreto, il ricorrente non si confronta emerge chiaro, dalla sequenza dei movimenti, come la droga trasportata dai OMISSIS fosse destinata al T., non ravvisandosi altra ragione sicuramente non prospettata dagli imputati per cui questi dovevano recarsi con il carico di droga a casa del T. che, peraltro, in quel momento aveva la disponibilità sia di denaro liquido, per complessivi Euro 2250 che ragionevolmente potevano essere impiegati per pagare la sostanza, in tutto o in parte , sia del bilancino per provvedere alla sua pesatura. Il tutto trovando poi conferma nella conversazione intercorsa in carcere, il giorno dopo la perquisizione, tra A. e la moglie, laddove questi, dopo avere appreso dell'accaduto, commentava che ormai erano tutti bruciati e che la moglie lo doveva riferire al T., avendo ormai il forte sospetto che fossero controllati e intercettati. Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui detto un siffatto modo di procedere è inammissibile perchè trasformerebbe questa Corte di legittimità nell'ennesimo giudice del fatto. 4.4. L.S. e L.C. primo e quarto motivo di ricorso contestano, sotto il duplice profilo del vizio motivazionale e della violazione di legge, la loro affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 5 dell'imputazione E, in ultima analisi, a tutto voler concedere, affermano trattarsi di un'ipotesi di tentativo. Lamentano una scarsa valutazione dell'operato dei singoli laddove i giudici di merito farebbero riferimento, nelle loro motivazioni, indistintamente, ai due fratelli. Il motivo è infondato. Ed invero, i giudici di merito motivano congiuntamente in relazione alle posizioni dei due fratelli L., in quanto le loro posizioni sono strettamente correlate. Come ricorda la Corte territoriale, il primo giudice ha fondato la responsabilità degli imputati sugli esiti dell'attività captativa che aveva consentito di ricostruire, nel periodo dal 16 al 30 gennaio 2013 una serie di contatti tra P.L. ed i fratelli L., diretti ad ottenere una fornitura di sostanza stupefacente, contatti che erano culminati nell'arresto di P.S., fratello di L., che era stato incaricato di svolgere il ruolo di corriere per il trasporto della sostanza poi sequestrata. Il primo giudice esaminava anche la versione dei fatti fornita dai L. per ritenerne la inattendibilità e inverosimiglianza alla luce delle chiare emergenze processuali in atti. Reputa la Corte palermitana che il Gup abbia interpretato correttamente le risultanze probatorie in atti. Viene, evidenziato, in primo luogo, il contenuto degli allegati 156 e 157 da dove emerge che, in data 16 gennaio 2013, P.L. e L.S. si scambiavano messaggi in cui primo si scusava con l'altro perchè la ragazza non è tanto bella e L. lo sollecitava a farsi sentire al più presto. I giorni successivi continuava lo scambio di messaggi tra P. e L.S. e il 21 gennaio P. avvisava L.S. con un messaggio che doveva ridurre la quantità da 500 a 300 . Si comprende poi dalla successiva conversazione tra i fratelli P. che P.S. avrebbe trasportato la droga. Il provvedimento impugnato dà atto di come il primo giudice abbia riportato correttamente tutta la sequenza delle telefonate, tra P.L. e il fratello e poi quelle con i fratelli L., fino al momento in cui si erano resi conto che il corriere era stato fermato. Oltre al contenuto delle captazioni, significativa per i giudici siciliani appare la circostanza che P.S. veniva trovato in possesso di 300 grammi di cocaina, proprio il quantitativo richiesto nell'ultimo messaggio inoltre, dai servizi di osservazione era emerso che L.S. era in attesa alla fermata del pullman dove viaggiava il P., a riscontro ulteriore che lo stupefacente fosse destinato a lui. Non vi è dubbio come si legge in sentenza che il fornitore fosse P.L., come si ricava dai numerosi contatti con i fratelli L., dallè conversazioni con il fratello S., dalla telefonata con cui avvisa L. dell'arrivo del corriere. E a fronte di tal inequivoci riscontri coerente appare la conclusione dei giudici di appello che non possa darsi alcun credito al tentativo degli imputati di fornire una ricostruzione alternativa dei fatti del tutto disancorata dai dati processuali sopra evidenziati e che, per tale ragione, il primo giudice ha ritenuto inverosimile. Quanto alla tesi del tentativo, va evidenziato che il relativo motivo non risulta proposto in appello in appello. E la giurisprudenza di questa Corte Suprema è pacifica nel ritenere che non possano essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perchè non devolute alla sua cognizione Sez. 5, n. 25814 del 23/4/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577 conf. Sez. 2, n. 22362 del 19/4/2013, Di Domenica, Rv. 255940 Sez. 1, n. 2176 del 20/12/1993 dep. 1994, Etzi e altro, Rv. 196414 . In altra successiva pronuncia, condivisibilmente, è stato ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione con cui venga dedotta una violazione di legge che non sia stata eccepita nemmeno con l'atto di appello, non avendo l'intervenuta trattazione della questione da parte del giudice di secondo grado efficacia sanante ex post Sez. 3, n. 21920 del 16/5/2012, Hajmohamed, Rv. 252773 . Diversamente opinando, del resto, diverrebbe estremamente difficile se non impossibile, per la Corte di Cassazione, mancando un motivo di appello sul punto e, dunque, una doglianza ritualmente sollevata, procedere a verificare anzitutto i termini esatti della doglianza stessa e, conseguentemente, la congruenza della relativa risposta della Corte Sul punto va anche ricordato che è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 606 c.p.p., comma 3, per contrasto con l'art. 24 Cost., e art. 111 Cost., comma 7, nella parte in cui dispone che il ricorso per cassazione proposto per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello è inammissibile, perchè la disposizione appena richiamata detta una disciplina ragionevole di regolazione del diritto di ricorrere per cassazione per violazione di legge contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, limitandolo, per ragioni di funzionalità complessiva del sistema, soltanto per il caso in cui la parte abbia inteso adire tutti i tre gradi di giudizio Sez. 2, n. 40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv. 235504 . In ogni caso, ritiene il Collegio che sul punto vada ribadito come la condotta criminosa di offerta di sostanze stupefacenti si perfeziona nel momento in cui l'agente manifesta la disponibilità a procurare ad altri droga, indipendentemente dall'accettazione del destinatario, a condizione, tuttavia, che si tratti di un'offerta collegata ad una effettiva disponibilità, sia pure non attuale, della droga, per tale intendendosi la possibilità di procurare lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalità che garantiscano il cessionario Sez. Un. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263716 Già in precedenza, peraltro, si era condivisibilmente evidenziato come il reato di traffico di stupefacenti, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, è integrato dalla condotta di colui che anche soltanto si limiti a offrire la sostanza stupefacente, purchè di essa egli abbia la effettiva, anche se non attuale, disponibilità e purchè, pertanto, egli sia in grado, concretamente, di procurarsi la sostanza medesima. Non è, per contro, necessario per il perfezionamento dell'ipotesi criminosa il raggiungimento di un accordo con il cessionario della droga, nè, tantomeno, la traditio concreta della sostanza Sez. 4, n. 34926 del 17/6/2003, Carta, Rv. 226229 . Punto nodale, dunque, come nel caso che ci occupa, è che le condotte criminose di offerta e messa in vendita di sostanze stupefacenti si perfezionano al momento della manifestazione del soggetto agente di procurare ad altri la sostanza, sempre che ne abbia, anche non immediatamente, la disponibilità Sez. 1, n. 29670 del 25/3/2010, Buffardeci, Rv. 248606 conf. Sez. 6, n. 36818 del 22/05/2012, Amato ed altri, Rv. 253348 Sez. 6, n. 39110 del 16/09/2014, Bonanno, Rv. 260463 . Viceversa, si configura il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio quando l'iter criminis si sia interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore in ordine alla quantità, alla qualità e al prezzo della sostanza così Sez. 5, n. 54188 del 26/09/2016, Pizzinga, Rv. 268749, che, in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per tentato acquisto, in una fattispecie in cui erano state intercettate comunicazioni tra l'imputato ed altro soggetto nelle quali il primo, manifestando la volontà di acquistare cocaina presso un fornitore ed al prezzo indicatogli dal secondo, chiedeva a quest'ultimo di mettersi in contatto con il predetto fornitore, per verificare la disponibilità dello stupefacente . Non configura desistenza ma tentativo di reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, anche il mancato perfezionamento dell'acquisto di stupefacente a causa della scarsa qualità della sostanza, se, essendo stato già raggiunto l'accordo su quantità, tipologia e prezzo dello stupefacente, le trattative proseguano in vista della ravvicinata conclusione di un accordo avente ad oggetto droga di migliore qualità Sez. 3, n. 41096 del 30/01/2018, P. Rv. 273961 . Sempre in relazione al reato di cui al capo 5 P.L., come visto in premessa, lamenta che i giudici del gravame del merito non abbiano argomentato in che modo l'imputato in esame possa essere effettiva-mente ritenuto responsabile del trasporto della sostanza stupefacente materialmente effettuata dai fratello S., soprattutto avuto riguardo alla mera elencazione delle captazioni telefoniche che hanno preceduto l'arresto del fratello dell'imputato in esame, senza che sia stato svolto alcun vaglio critico in ordine alle stesse conversazioni. A tal fine, i giudici di merito non avrebbero argomentato sul rilievo per cui il P.L. fosse l'effettivo fornitore della sostanza stupefacente, materialmente trasportata dal fratello. Ebbene, il motivo in questione è infondato. Osserva la Corte territoriale come il primo giudice ha fondato la responsabilità degli imputati sugli esiti dell'attività captativa che aveva consentito di ricostruire, nel periodo dal 16 al 30 gennaio 2013, una serie di contatti tra P.L. e i fratelli L., diretti ad ottenere una fornitura di sostanza stupefacente, contatti che erano culminati nell'arresto di P.S., fratello di L., che era stato incaricato di svolgere il ruolo di corriere per il trasporto della sostanza poi sequestrata. Il primo giudice esaminava anche la versione dei fatti fornita dai L. per ritenerne la inattendibilità e inverosimiglianza alla luce delle chiare emergenze processuali in atti. Ebbene, reputa il giudice del gravame nel merito, nello scrutinare i motivi di gravame proposti dalla difesa del P., che le risultanze probatorie in atti siano state correttamente interpretate. Viene evidenziato, in primo luogo, il contenuto degli allegati 156 e 157 da dove emerge che in data 16 gennaio 2013 P.L. e L.S. si scambiavano messaggi in cui primo si scusava con l'altro perchè la ragazza non è tanto bella e L. lo sollecitava a farsi sentire al più presto. I giorni successivi proseguiva lo scambio di messaggi tra o due e il 21 gennaio P. avvisava L.S. con un sms che doveva ridurre la quantità da 500 a 300. Si comprende poi dalla successiva conversazione tra i fratelli P. riportata a pag. 97 della sentenza impugnata che P.S. avrebbe dovuto trasportare la droga. Oltre al contenuto delle captazioni tra P.L. e il fratello, e poi con i fratelli L., che vengono riportate in sentenza, viene ritenuta significativa ai fini dell'affermazione di responsabilità del P. per il reato che coi occupa, la circostanza che P.S. veniva trovato in possesso di 300 grammi di cocaina, proprio il quantitativo richiesto con l'ultimo messaggio e che, dai servizi di osservazione, era emerso che L.S. era in attesa alla fermata del pullman dove viaggiava il P., a riscontro ulteriore che lo stupefacente fosse destinato a lui. Non vi è dubbio, pertanto, secondo la logica conclusione dei giudici palermitani, che il fornitore fosse P.L., come si ricava dai numerosi contatti con i fratelli L. e dalle conversazioni con il fratello S. e da quella con cui il predetto avvisava il L. dell'arrivo del corriere. 4.5. Con riguardo al reato di cui al capo 6 , P.L., con il terzo motivo di ricorso, contesta che la motivazione del provvedimento impugnato dia conto di qualsivoglia elemento atto a confermare con certezza che egli, in occasione dell'incontro con il proprio suocero avvenuto in data 8/2/2013, sia stato il soggetto fornitore di stupefacente, considerando pure che, in ragione del rapporto di parentela tra i due imputati, il loro incontro poteva essere legati a questioni familiari di qualsiasi natura e non necessariamente questioni inerenti gli stupefacenti. Anche tale motivo è infondato, in quanto, oltrechè ripropositivo di doglianze già logicamente confutate dai giudici di merito, sollecita una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede. La Corte territoriale ricorda come il giudice di primo grado evidenziava, a conforto della pronuncia di responsabilità le conversazioni di Ma. con la figlia S. e gli esiti del servizio di appostamento presso il bar OMISSIS , l'8 febbraio 2013, quando i verbalizzanti vedevano il P. che consegnava un sacchetto a Ma. ed ancora i successivi accertamenti della polizia di OMISSIS a carico del Ma. a cui veniva sequestrata la droga. In particolare, i militari avevano predisposto un servizio di osservazione presso il bar Bob-buccio, a seguito delle telefonate che il Ma. aveva effettuato alla figlia S. affinchè lo mettesse in contatto con il di lei marito, P. questi, dopo che i due avevano fissato l'appuntamento, si era presentato con un pacco che aveva consegnato a Ma. che, fermato nei pressi di OMISSIS , veniva arrestato in quanto trovato in possesso di diversa sostanza stupefacente del tipo hashish, marijuana e cocaina. La sequenza delle telefonate che i giudici di appello riportano a pag. 99 della sentenza impugnata porta a concludere che la ragione dell'incontro tra suocero e genero fosse la cessione dello stupefacente. Sulla scorta di tale ricostruzione dei fatti, la Corte territoriale -con una motivazione che, in concreto, non viene attinta criticamente dai motivi dell'odierna imputazione, che rimangono generici e ripropositivi conclude logicamente che non vi è dubbio che lo scambio continuo ed urgente di telefonate, la consegna del sacchetto da parte del P., l'immediato viaggio di Ma. verso OMISSIS con lo stupefacente, in assenza di giustificazioni da parte dell'imputato sulle ragioni dell'incontro e sul contenuto del sacchetto, inducano ragionevolmente a pensare che l'incontro fosse finalizzato alla consegna dello stupefacente da P. al suocero cfr. pag. 99 della motivazione dell'impugnata sentenza . 4.6. D.G.G.B., con il primo motivo di ricorso, censura la sentenza impugnata in relazione al capo 7 dell'imputazione, unico per il quale è stato condannato in relazione alla cessione al D., lamentando che la Corte territoriale, ignorando le deduzioni difensive, abbia sostenuto che sia stata vista la cessione di stupefacente tra i due correi e che comunque l'acquirente veniva fermato dopo poco tempo rispetto all'incontro con l'odierno ricorrente, cfr. pag.63 della sentenza. Nessuna di queste due circostanze si sostiene sarebbe supportata da prove. La PG operante si legge in ricorso non ha mai affermato di avere monitorato un episodio di cessione del D.G. in favore del D La sentenza riporta sul punto un passaggio della motivazione di primo grado che la difesa aveva fermamente contestato, atteso che gli inquirenti hanno visto salire in macchina il reo ma mai hanno osservato alcuna cessione. Si tratterebbe solo di una supposizione che ciò sia accaduto, ed infatti nemmeno la stessa sentenza di primo grado riporta mai il dato dell'evidenzia della cessione. Nè il contenuto della conversazione telefonica valorizzata dal primo giudice per il ricorrente sarebbe idoneo a fondare un giudizio di colpevolezza, poichè, in assenza di ulteriori riscontri, avrebbe dovuto assumere un valore soltanto indiziario. E' evidente che il motivo, che si palesa infondato e tende ad una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede, si gioca tutto sull'equivoco visione della cessione visione del D. che viene visto entrare nell'autoarticolato del D., da cui poi ne discende, con l'autotrasportatore che di lì a poco verrà trovato in possesso dello stupefacente. Si trattava di un appuntamento concordato e il quadro indiziario è talmente chiaro, preciso e concordante che non appariva certamente necessario che venisse materialmente vista la traditio dello stupefacente. Ricorda la Corte territoriale come il giudice di primo grado abbia evidenziato a carico di D.G.G.B. i contatti telefonici con il D. e i servizi di osservazione della PG che avevano portato all'arresto del D. quello del D.G. era stato differito e al sequestro della cocaina trovata nella sua disponibilità. Ricordavano i giudici del gravame del merito come in quella sede la difesa del D.G. si fosse limitata a ribadire quanto già esposto davanti al primo giudice che con motivazione puntuale e condivisibile, aveva ritenuto l'inattendibilità delle doglianze difensive a fronte delle emergenze probatorie in atti. Ricordano i giudici palermitani come sia emerso che, a partire dal mese di febbraio, che l'imputato intratteneva contatti frequenti con il D., con cui si sentiva per fissare un appuntamento infine, a seguito dell'ultimo contatto del 15 marzo, veniva attivato un controllo D. veniva fermato dopo che si era incontrato con il D.G. e all'esito della perquisizione, veniva trovato in possesso di 30 grammi di cocaina. Significativo appare il contenuto della annotazione di servizio del 15 marzo 2013 dove si dà atto delle modalità dell'incontro, che la Corte territoriale trascrive a pag. 63 della sentenza impugnata. 4.7 BA.An. censura la motivazione della sentenza impugnata in punto di affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 8 dell'imputazione. Il motivo è infondato, in quanto sollecita una rivalutazione del fatto e ripropone questioni che i giudici di appello hanno già argomentatamente confutato. La Corte territoriale, a pag. 31 della sentenza impugnata, offre una logica e congrua in punto di responsabilità del Ba Va rilevato che, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, non siamo di fronte ad un'ipotesi di c.d. droga parlata, in quanto nel caso che ci occupa i sequestri di diversi carichi 211 grammi di eroina e 4 grammi di cocaina ci sono stati. E quanto alla tesi del mancato perfezionamento del reato si rimanda a quanto osservato in precedenza in relazione al capo 5 dell'imputazione e ai ricorrenti L.S. e L.C Come ricordano i giudici di appello, il primo giudice pagg. 84-92 della sentenza di primo grado ha fondato la responsabilità del Ba. su una serie di conversazioni da questi intrattenute con il P., protrattesi dal mese di marzo al mese di maggio 2013, in particolare, quelle del 22 marzo, quando venivano arrestati il P. e il F. che si erano recati a OMISSIS del Vallo per rifornire di droga il Ba In primo luogo venivano segnalati gli incontri di Ba. con P. il 10 e 17 marzo poi un nuovo viaggio di P. e F. a OMISSIS del Vallo il 22 marzo 2013, organizzato in modo che il P. giungeva in pullman e il F. in auto e durante il viaggio i predetti si scambiavano una telefonata preoccupati dei controlli i giorni successivi il P. aveva contattato il Ba., che non si era fatto trovare, sollecitando questi per avere la rimanenza il 18 maggio, il P. che si trovava nella zona di Alcamo, aveva avvisato il Ba. che stava arrivando da lui il 21 maggio il P. aveva contattato Ba. avvisandolo che sarebbe andato da lui per fargli vedere un orologio della moglie che non gli era piaciuto il 22 maggio, P. e F. erano partiti con due auto, erano stati fermati mentre si accingevano ad entrare nell'abitazione del Ba. e trovati in possesso di 200 grammi di eroina e 4 grammi di cocaina, sostanza nascosta all'interno delle due autovetture. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa i giudici di appello ritengono significative le due telefonate del 21 marzo che si susseguivano in pochi minuti la prima in cui P. diceva al Ba. che non lo aveva trovato e si davano appuntamento per l'indomani, la seconda in cui Ba. richiama P. per chiedergli se aveva la macchina . La dimostrazione che i viaggi a OMISSIS fossero diretti ad incontrare il Ba. suo debitore di una somma di denaro si ricava secondo la logica motivazione dei giudici del gravame del merito dal tenore del messaggio mandato il 24 marzo, richiamato dal primo giudice a pag. 88 della sentenza Testo SMS = T. gentilmente chiamami urgentemente a due giorni che mi fai fare avanti indietro e poi mi serve la rimanenza che mi devi cioè poi non capisco quale il motivo che non rispondi a telefono . Si comprende poi dalle telefonate che i due avranno modo di chiarirsi in particolare P. riferiva a Ba. che era andato da lui due volte con la macchina nuova per fargliela provare e si è già detto che non si trattava davvero di una autovettura visto che il P. si era spostato in pullman. La Corte territoriale confuta argomentatamente anche la deduzione difensiva, secondo cui non sarebbe rimasto provato l'incontro dei giorni 18/05/2013 e 21/05/2013, e ciò alla luce del contenuto delle intercettazioni telefoniche da cui emerge che il P. tiene informato il Ba. del suo imminente arriso vedasi le intercettazioni del 18, 21 e 22 maggio riportate a pag. 33 della sentenza impugnata . Logico appare anche il rilievo che l'imputato non ha mai fornito alcuna spiegazione alternativa sulla natura rapporti intercorsi con il P. e neppure ha chiarito a cosa si riferisse quest'ultimo nel momento in cui, nel corso della conversazione del 24 marzo, lo sollecitava a provvedere a pagare la rimanenza . 4.8 AL.Fa., con il primo motivo di ricorso, censura la sentenza impugnata, sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, in punto di affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 10 della rubrica per il quale è stato assolto limitatamente all'episodio di offerta in vendita di 5 chili di Fumo . Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta criticamente con la motivazione del provvedimento impugnato. Va ricordato, infatti, che questa Corte di legittimità ha chiarito più volte -e va qui riaffermato che In tema di ricorso per cassazione, la denunzia cumulativa, promiscua e perplessa della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè della mancanza, della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione rende i motivi aspecifici ed il ricorso inammissibile, ai sensi degli art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c , e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c , non potendo attribuirsi ai giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio cfr. Sez. 1, n. 39122 del 22/9/2015, Rugiano, Rv. 264535 conf. Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Alota ed altri, Rv. 263541 Sez. 6, n. 800 del 06/12/2011 dep. 2012, Bidognetti ed altri, Rv. 251528, Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, T., Rv. 248037 . Ancore di recente è stato condivisibilmente sottolineato come sia onere del ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e -, a pena di aspecificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione così Sez. 2, Sentenza n. 38676 del 24/05/2019, Onofri, Rv. 277518, nella cui motivazione, la Corte ha precisato che, al fine della valutazione dell'ammissibilità dei motivi di ricorso, può essere considerato strumento esplicativo del dato normativo dettato dall'art. 606 c.p.p., il Protocollo d'intesa tra Corte di cassazione e Consiglio Nazionale Forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale , sottoscritto il 17 dicembre 2015 . Il ricorrente si duole di una sorta di inversione della prova nell'interpretazione della natura dello scambio sottesa alla dazione di danaro di cui si parla, ma la Corte territoriale dà conto con argomentazione del tutto priva di aporie logiche del perchè ad essere scambiata con il denaro in questione debba ritenersi sia lo stupefacente di cui al capo 10. Alle pagg. 26 e ss., dopo avere ricordato come la motivazione resa dal primo giudice alle pag. da 95 a 100 si sia limitata ad una critica generica, viene evidenziato il contenuto delle intercettazioni che si sono susseguite tra la metà di aprile ed il 6 maggio da cui si comprende che una parte della fornitura ricevuta da B. il P. l'aveva ceduta ad Al. che non l'aveva pagata, così impedendo allo stesso P. di regolarizzare i conti con B. alla fine i rapporti si erano chiusi il 6 maggio, quando veniva monitorato un passaggio di hashish da parte di P. R. e F. a favore del B., che a sua volta lo passava a G.B., il quale, in quella circostanza, veniva arrestato perchè trovato in possesso di tre chili di hashish. La vicenda per i giudici di appello appare chiara, alla luce della lunga conversazione del 16 aprile tra Al. e P., da cui si comprende che quest'ultimo si era procurato il fumo , che ancora doveva pagare la fornitura e che attendeva il denaro di Al. per potere saldare il debito con un soggetto che, poi, si comprenderà essere B Si comprende anche, da tale conversazione, che tra P., Al. e un terzo soggetto erano intervenuti accordi per l'acquisto di un'autovettura, che interessava P., ma i rapporti si erano complicati a causa della cessione della droga. Nel corso della conversazione P. e Al. parlano chiaramente anche degli introiti che ricavano dall'attività illecita. Gli incontri, del 27 e 29 aprile, tra il P. e il B., portano la Corte territoriale a concludere che quest'ultimo fosse stato il fornitore del P. per la partita di droga, in parte ceduta ad Al., di cui doveva completare il pagamento. In proposito viene segnalato anche il contenuto del messaggio che il 2 maggio P. inviava ad Al. e ritenute significative le conversazioni del medesimo giorno, quando Al. si impegnava con P. rassicurandolo che sarebbe andato a casa sua a pagare lo stupefacente. Il 3 maggio, poi, il P., prima, si trovava con B. a cui ricordava di avergli dato 10.000 Euro transazione non spiegata in altri termini dagli imputati poi, avvisava Al. A fronte di tali conversazioni è il logico rilievo dei giudici del gravame del merito l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione da cui potere desumere che i colloqui avessero ad oggetto rapporti economici di diversa natura. Va qui evidenziato, quanto al valore probatorio delle conversazioni captate e alla loro interpretazione, che la sentenza impugnata si colloca nel solco della giurisprudenza delle già ricordate Sezioni Unite Sebbar del 2015 Sez. un., 26 febbraio 2015 n. 22471, Sebbar, Rv. 263715 . La stessa decisione delle Sezioni Unite va qui ricordato ha affrontato il tema dell'interpretazione dei risultati delle captazioni, che è strettamente legato a quello del valore probatorio delle stesse. Secondo l'indirizzo consolidato, recepito dalla sentenza, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, rappresenta una questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità, se la valutazione risulta logica in base alle massime di esperienza utilizzate. Non solo il significato attribuito al linguaggio criptico utilizzato dagli interlocutori, ma anche la stessa natura convenzionale di esso, invero, costituisce una valutazione di merito insindacabile in cassazione. La censura di diritto può riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa impiegata dal giudice di merito. Una di tali chiavi di lettura può essere integrata dal frequente ricorrere di termini che non trovano una spiegazione coerente con il tema del discorso e che, invece, si spiegano nel contenuto ipotizzato nella formulazione dell'accusa oppure dalla connessione con determinati fatti commessi da persone che usano gli stessi termini in contesti analoghi Sez. 5, 14/7/1997, n. 3643, Ingrosso, Rv. 209620 . Sebbene l'interpretazione delle conversazioni debba fondarsi sul tenore complessivo delle indagini, indispensabili pure per la corretta identificazione degli interlocutori, essa può riposare anche su massime di esperienza Sez.6, 11/12/2007 n. 15396 dep. 2008, Sitzia, Rv. 239636 Sez. 6, 30/10/2013 n. 46301, Corso, Rv. 258164 . Queste ultime sono costituite da generalizzazioni tratte con procedimento induttivo dalla esperienza comune, conformemente agli orientamenti diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione Sez. 6, 28/5/2014 n. 36430, Schembri, Rv. 260813 Sez. 2, 6/12/2013 n. 51818, Brunetti, Rv. 258117 . Al riguardo, trova applicazione il principio secondo cui il ricorso alle massime d'esperienza ed al criterio di verosimiglianza conferisce al dato preso in esame valore di prova solo se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l'ipotesi all'apparenza più verosimile Sez. 6, 22/10/2014 n. 49029, Leone, Rv. 261220 . In questo caso, il controllo della Cassazione sui vizi di motivazione della sentenza impugnata, se non può estendersi al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza, può però avere ad oggetto la verifica sul se la decisione abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'id quod plerumque accidit ed insuscettibili di verifica empirica od anche ad una pretesa regola generale che risulta priva di una pur minima plausibilità Sez. 1, 11/2/2014 n. 18118, Marturana, Rv. 261992 Sez. 6, 27/11/2013 n. 1686 dep. il 2014, Kel-ler, Rv. 258135 . Sull'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 10 si sofferma anche il primo motivo di ricorso di F.G., il quale ricorda che nell'allegato 331 della comunicazione di notizia di reato si dia atto di come l'imputato in esame abbia consegnato al G. un sacchetto, che quest'ultimo provvedeva a riporre nel vano sotto la sella contenente sostanza stupefacente. Ma lamenta che la motivazione dell'impugnata sentenza sarebbe assente nella parte in cui si deduce la consapevolezza dell'imputato in esame sul suo contenuto illecito. Il motivo è infondato, in quanto la Corte territoriale, con motivazione logica e congrua, ha già logicamente confutato la tesi difensiva secondo cui la pronuncia di responsabilità sarebbe fondata sul contenuto di intercettazioni prive di riscontro, che potrebbe, al più, aversi una mera connivenza e che, in ogni caso, non sarebbe possibile evincere dal materiale probatorio in atti che il F. avesse consapevolezza del contenuto del pacco consegnato al G La Corte palermitana, ricordato come il primo giudice abbia ritenuto la responsabilità del F. per il reato contestatogli, in primo luogo, in considerazione dei rapporti intercorsi con il P., avendo partecipato alle conversazioni di questo con l' Al., evidenzia come poi, sulla base degli esiti degli accertamenti svolti dalla PG, il 6 maggio, il F. era stato visto cedere a G.B. un sacchetto, che, poi, si sarebbe appurato contenere sostanza stupefacente. Richiamando quanto evidenziato per la posizione dell'imputato Al.Fa., i giudici del gravame del merito evidenziano come emerga, dalle intercettazioni che si sono susseguite tra la metà di aprile e il 6 maggio 2013, che il P. aveva ceduto una fornitura di droga ricevuta da B. ad Al. e questi non lo aveva ancora pagato così impedendo allo stesso P. di regolarizzare i suoi conti con il B. alla fine, i rapporti tra i due si erano chiusi il 6 maggio, quando veniva monitorato un passaggio di hashish da parte di P., R. e F. a favore del B. che a sua volta lo passava a G.B. che, in quella circostanza, veniva arrestato perchè trovato in possesso di tre chili di hashish. La vicenda appare chiara, secondo la logica motivazione dei giudici di appello, alla luce della lunga conversazione del 16 aprile tra Al. e P., da cui si comprende che P. aveva ottenuto il fumo e che ancora doveva pagare la fornitura per cui attendeva il denaro di Al. per potere saldare il debito con un soggetto che, poi, si comprenderà essere B Nel corso della conversazione P. e Al. parlano chiaramente anche degli introiti che ricavano dall'attività illecita e F., presente in auto con i due, appare perfettamente a conoscenza delle problematiche insorte tra P. e Al. in ordine al pagamento di una fornitura di fumo . Sempre il 16 aprile tra P. e F. interviene altra interessante conversazione significativa dei rapporti illeciti che gli stessi intrattengono vedi pagg. 67-68 della sentenza impugnata . Viene poi ricordato, quanto ai fatti del 6 maggio, come il giudice di primo grado la cui motivazione delle pagg. 101 e 102 viene riportata adesivamente dai giudici di appello alle pagg. 68-70 della sentenza impugnata abbia ampiamente ricostruito i movimenti dell'odierno ricorrente, riportando i contenuti dell'annotazione di servizio redatta presso l'abitazione del P., dove confluivano anche B., F., R. e G. e dove il G. riceveva due buste di cui una dal F. che poi si accertava contenere stupefacente. Rileva la Corte territoriale come, ciò posto, benchè non sia dato sapere quale era il tenore degli accordi intercorsi tra tali soggetti, il F. anche in questo caso aveva coadiuvato il P. e proprio lui aveva consegnato uno dei sacchetti con lo stupefacente al G. a cui veniva sequestrato immediatamente dopo. E ad ulteriore riscontro che il F. fosse pienamente consapevole dell'attività illecita svolta dal P. e che lo coadiuvasse nella stessa, offrendo il proprio contributo, vengono eloquentemente richiamati anche i fatti del 22 maggio 2013 quando i due venivano arrestati mente si recavano a consegnare la droga al Ba., tanto che circa 200 grammi di cocaina in quella occasione venivano trovati dentro il filtro dell'aria della Seat Cordoba guidata proprio dal F Difficile, dunque, in un quadro di rapporti così delineato, parlare di mera connivenza non punibile. La sentenza impugnata opera un buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui la connivenza non punibile, riguardo alla disciplina degli stupefacenti, può essere integrata solo da un comportamento meramente passivo, mentre costituisce concorso nel delitto il contributo manifestato anche solo in forme che agevolino la detenzione, l'occultamento e il controllo della droga, assicurando al concorrente una certa sicurezza o comunque garantendogli, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale egli può contare. Questa Suprema Corte ha più volte espresso il principio che va qui ribadito secondo il quale la distinzione tra l'ipotesi della connivenza non punibile ed il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che mentre la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex art. 110 c.p., è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, l'occultamento ed il controllo della droga, assicurando all'altro concorrente una certa sicurezza o comunque garantendogli, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare cfr. Sez. 3, n. 34985 del 16/7/2015, Caradonna ed altro, Rv. 264454, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'affermazione di responsabilità a titolo di concorso del titolare dell'abitazione che aveva offerto ospitalità al detentore dello stupefacente, consentendogli l'uso di una cantina per custodire la droga e che, al momento della perquisizione, aveva tentato di occultare le chiavi dell'autovettura all'interno della quale erano custodite le chiavi della predetta cantina conf. Sez. 3, n. 41055 del 22/9/2015, Rapushi ed altro, Rv. 265167, relativa ad un caso in cui la Corte ha escluso che fosse sufficiente per configurare il concorso nella detenzione di sostanza stupefacente l'accertamento di un rapporto di coabitazione nell'appartamento in cui la droga era custodita, non ravvisando a carico del convivente alcun obbligo giuridico di impedire l'evento ex art. 40 cod. pen Sez. 4, n. 21441 del 10/04/2006, Rv. 234569 Sez. 6, n. 14606 del 18/02/2010, Rv. 247127 . Naturalmente spetta al giudice del merito indicare il rapporto di causalità efficiente tra l'attività incentivante che integra il concorso morale e quella posta in essere dall'autore materiale del reato, in quanto la semplice presenza inattiva non può costituire concorso morale, mentre, però, può essere sufficiente una volontà di adesione all'altrui attività criminosa, la quale venga a manifestarsi in forme agevolative della detenzione di sostanze stupefacenti, consistente nella consapevolezza di apportare un contributo causale, assicurando all'agente una certa sicurezza ovvero garantendo, anche implicitamente, una collaborazione in caso di bisogno, in modo da consolidare la consapevolezza nel correo di poter contare su una propria attiva collaborazione cfr. Sez. 6, n. 9986 del 20/5/1998, Costantino e altro, Rv. 211587 in cui la Corte ha ritenuto sussistente il dolo del concorso nel reato da parte del coniuge, per la collocazione dello stupefacente in piena vista nella stanza da letto, per il prelievo della droga da parte del coniuge e la consegna agli agenti operanti con occultamento sulla persona della maggior quantità possibile della sostanza per sottrarla al sequestro . Si tratta di principi correttamente applicati dai giudici del merito, nel caso in esame, per le ragioni sopra esposte. La propria affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 10 è contestata, con il quarto motivo di ricorso, anche da P.L. secondo cui le conversazioni intercettate necessitavano di riscontri certi in ordine alle considerazioni espresse dagli Ufficiali di P.G., nei caso di specie del tutto assenti. A tal fine, a parte il sequestro di 3 kg di sostanza stupefacente effettuato nei confronti del G.B., qualsiasi considerazione da parte degli inquirenti sarebbero frutto di conversazioni ambientali che avrebbero necessitato di riscontri esterni. Il motivo è infondato. Si è già ricordato in precedenza che le Sezioni Unite della Suprema Corte Sez. un., 26 febbraio 2015 n. 22471, Sebbar, Rv. 263715 , hanno ribadito l'indirizzo consolidato secondo cui le dichiarazioni carpite nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata, con le quali un soggetto accusa se stesso e/o altri della commissione di reati, hanno piena valenza probatoria e non necessitano di ulteriori elementi di corroborazione ai sensi dell'art. 192 c.p.p., comma 3. Al riguardo, in precedenza era stata giudicata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 192,195,526 e 271 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost., e l'art. 6 CEDU, nella parte in cui non prevedono che le indicazioni di reità e correità, captate nel corso di conversa-zioni intercettate, debbano essere corroborate da altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità, come avviene per le chiamate in reità o correità rese dinanzi all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, e nella parte in cui non prevedono l'inutilizzabilità di tali dichiarazioni qualora il soggetto, indicato quale fonte informativa nella conversazione intercettata, si avvalga poi della facoltà di non rispondere Sez. 6, 20/2/2014 n. 25806, Caia, Rv. 259673 . La Corte territoriale ha motivato in maniera logica e congrua circa la penale responsabilità del P. anche per il reato sub 10, alle pagg. 100 e ss., ricordando e riportando l'ampio compendio intercettativo a suo carico, e, in particolare le conversazioni intercettate intercorse con B. e Al., conversazioni che evidenziavano che il B. aveva effettuato una fornitura di hashish al P. che, a sua volta, aveva ceduto un quantitativo di stupefacente ad Al. che non lo aveva pagato, così impedendo al P. stesso di saldare il proprio debito con il B. che continuamente lo cercava. Viene evidenziato, in proposito, il contenuto della conversazione intercorsa tra P. e Al., il 16 aprile 2013, e poi quelle successive sempre tra i medesimi, oltre a quelle tra il P. e il B Viene anche segnalato come, dalle intercettazioni, che si sono susseguite tra la metà di aprile e il 6 maggio, si comprenda che, una parte di una fornitura ricevuta da B., il P. l'aveva ceduta ad Al. che non l'aveva pagata così impedendo allo stesso P. di regolarizzare i conti con il B. infine, i rapporti tra i due si erano chiusi il 6 maggio, quando veniva monitorato un passaggio di hashish da parte di P., R. e F. a favore del B. che a sua volta lo passava a G.B. che, in quella circostanza, veniva arrestato per essere stato trovato in possesso di tre chili di hashish. La vicenda come si legge ancora nella sentenza impugnata -appare chiara alla luce della lunga conversazione del 16 aprile tra Al. e P. sopra citata da cui si comprende che P. aveva ottenuto il fumo , che ancora doveva pagare la fornitura e che attendeva il denaro di Al. per potere saldare il debito con un soggetto che, poi, si comprenderà essere B Si intende anche, da tale conversazione, che tra P., Al. ed un terzo soggetto erano intervenuti accordi per l'acquisto di un'autovettura che interessava P., ma i rapporti si erano complicati a causa della cessione della droga. Vengono ricordati anche gli incontri del 27 e 29 aprile, tra l'imputato e il B., che hanno portato i giudici di merito a concludere che quest'ultimo fosse stato il fornitore del P. per la partita di droga, in parte ceduta ad Al., di cui doveva completare il pagamento. E, ancora, il contenuto del messaggio che il 2 maggio P. inviava ad Al., dopo pochi minuti dalla telefonata ricevuta da B., e la conversazione di cui all'allegato 332, quando P. e B. si davano appuntamento, cui seguiva quella tra P. e Al. cfr. pag. 101 della sentenza impugnata . E, pure, la telefonata intercettata il 3 maggio quando P. diceva a B. che gli aveva dato 10.000 Euro e rispetto alla quale, come rilevano i giudici del gravame del merito, gli imputati non hanno fornito alcuna diversa giustificazione e l'sms del successivo 4 maggio con cui P. avvisava B. che ancora non aveva disponibilità della somma. I giudici di appello danno atto anche atto della conversazione del 6 maggio confermativa del fatto che tra P. e B. vi fossero delle pendenze di carattere economico in relazione a rapporti che, in considerazione del complessivo tenore dei colloqui e in mancanza di giustificazioni da parte degli imputati, devono ritenersi scaturiti dalla compravendita di stupefacenti. Si aggiunge anche che gli accertamenti del 6 maggio confermano la natura illecita dei rapporti tra B. e P., laddove si assisteva alla cessione della droga a favore di G.B., soggetto con cui B. era giunto all'appuntamento con il P., e che per il tramite del B., riceveva la sostanza successivamente sequestrata. Ciò porta la Corte territoriale a ritenere di dover confermare con una motivazione che si sottrae alle proposte censure di legittimità la pronuncia di responsabilità del P. sia per la detenzione dell'hashish accertata in data 16 aprile 2013 che per la detenzione di tre chili di hashish ceduti al G Contesta la motivazione della sentenza impugnata in relazione al capo 10 dell'imputazione, con il primo motivo di ricorso, anche R.P Si tratta, in realtà di un profilo di doglianza inammissibile, in quanto il ricorrente ripropone questioni di fatto già vagliate dai giudizi di merito, cui gli stessi hanno già risposto con motivazioni prive di aporie logiche e corrette in punto di diritto. Il fulcro della prospettazione difensiva risiede nella circostanza -che peraltro è incontestata, essendo l'unico capo d'imputazione di cui il ricorrente è stato chiamato a rispondere e per il quale è stato condannato che non vi sia prova che il R. abbia partecipato ad altre azioni delittuose. Resta, tuttavia, quella in cui è provato che altri prelevano dalla sua vettura un pacchetto contenente i 3 chili di hashish ceduti al G La Corte territoriale evidenzia come la figura del R. emerga nell'ambito della annotazione di servizio redatta il 6 maggio quando il gruppo composto da P., B. e F. si recava presso l'esercizio commerciale dell'imputato, per spostarsi poi nei pressi dell'abitazione del P., dove il R. giungeva a bordo di una Smart. ed indicava a G. di prendere qualcosa che si trovava all'interno della sua auto e che il G. immediatamente prelevava. In particolare, vengono riportate le pagine 101 e 102 della sentenza appellata, ove si ripercorrono tutti i fatti imputati al R Per il ricorrente nulla permetterebbe di escludere che il predetto involucro fosse stato occultato all'interno della vettura da tempo e senza che lo stesso fosse consapevole di cosa contenesse. E, perciò, al più potrebbe parlarsi di connivenza non punibile o, al più, di favoreggiamento personale ex art. 378 c.p., anche se nel ricorso si menziona l'art. 368 c.p., che punisce il reato di calunnia e non pare conferente con il caso che ci occupa . Tale tesi difensiva, tuttavia, era già stata confutata logicamente dalla Corte territoriale, sul rilievo che, benchè non sia dato sapere quale era il tenore degli accordi intercorsi tra tali soggetti e come il R. si fosse inserito nella vicenda, resta il fatto che proprio lui aveva trasportato una parte dello stupefacente, ceduto al G. e a questi sequestrato immediatamente dopo. Per i giudici palermitani la ricostruzione dei fatti porta ad escludere che nel caso di specie possa configurarsi la sussistenza del reato di favoreggiamento, in quanto il R. che in ogni caso non ha fornito una diversa ed alternativa ricostruzione della vicenda e del suo intervento, ha posto in essere una condotta concorsuale, tra quelle indicate dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, nel, momento in cui ha trasportato l'hashish con la sua autovettura e lo ha ceduto al G La sentenza impugnata, sul punto, opera un buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che, ancora di recente, ha precisato che, in tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra il concorso nel reato e l'autonoma fattispecie di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione manifestatasi attraverso individuabili modalità pratiche di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato così Sez. 4, n. 28890 del 11/6/2019, Merolla, Rv. 276571, che ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna a titolo di concorso per la detenzione di stupefacente, desumendo l'elemento soggettivo dalla condotta dell'imputata, tesa a disfarsi dello stupefacente mentre era sola in casa, sapendo dove la droga fosse custodita, e così dimostrando la sua autonoma disponibilità della sostanza conf n. 6128/2018, Rv. 271968 n. 12793/2007, Rv. 236195 . 4.9. G.G. e LE.Ga., attraverso il comune difensore, propongono due motivi sovrapponibili, il primo e il secondo afferente la ritenuta responsabilità, per entrambi, in relazione al reato di cui al capo 13 dell'imputazione, ancorchè per il solo episodio del 18/6/2015. Legittimamente la Corte territoriale, come si farà anche in questa sede, ha trattato congiuntamente le due posizioni, differenziando le valutazioni solo per quella parte dell'atto di impugnazione del comune difensore che le differenzia. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per la sua assoluta genericità. Si lamenta, infatti, che la sentenza impugnata abbia trascurato le censure proposte in sede di gravame nel merito, ma non si specifica, in concreto, quali siano state tralasciate e in che maniera abbiano influito sul portato complessivo della decisione. In proposito va ricordato che, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto, a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata cfr. Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muià ed altri, Rv.254107 . Il secondo motivo di ricorso ripropone una valutazione alternativa in fatto di circostanze già argomentatamente confutate dalla Corte territoriale, con una motivazione priva di aporie logiche. La Corte territoriale offre una motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto e che pertanto si sottrae alle proposte censure di legittimità per quanto riguarda entrambi gli odierni ricorrenti. Alle pagg. 72 e ss. si ricorda come il giudice di primo grado, a pag. 113 della propria sentenza, abbia riportato per esteso il contenuto dell'annotazione di servizio redatta a seguito del servizio di osservazione effettuato dalla PG il 18 giugno 2015, ove si dà atto che i fratelli Bo., da una parte, e il G. unitamente al Le. , dall'altra, erano arrivati presso la casa dei T., rispettivamente, a bordo di una autovettura e di uno scooter e tutti accedevano all'interno del magazzino di via Casamicciola alle 12,09 il G. si allontanava e Bo.Gi. si avvicinava alla propria autovettura da cui in precedenza era sceso, a seguito di un cenno di intesa con il G., per entrare nel magazzino dove rimaneva per qualche minuto, prima di tornare di nuovo verso il magazzino alle 12, 26 il G. faceva ritorno e raggiungeva i quattro nel magazzino dopo pochi minuti i Bo. uscivano e i verbalizzanti notavano che Bo.Gi. teneva una mano in tasca poco dopo, fermati, venivano trovati in possesso di 100 grammi di cocaina. Ebbene, secondo la logica conclusione della Corte territoriale, la ricostruzione dei fatti offerta dagli investigatori consente di ritenere con margini di sufficiente certezza la responsabilità degli imputati. Ed invero, per i giudici del gravame del merito vanno pienamente condivise le considerazioni svolte dal primo giudice che, con puntuale e specifica motivazione, ha ritenuto che le giustificazioni fornite dagli imputati non fossero in grado di inficiare il complessivo quadro probatorio evidenziato a loro carico. Per i giudici palermitani non vi è dubbio che, nella occasione, vi sia stata una cessione di droga a favore dei fratelli Bo. i quali, appena dopo avere lasciato il magazzino del T., venivano fermati e trovati in possesso della cocaina, senza, peraltro, fornire nessuna spiegazione in merito a tale detenzione. E' del tutto evidente che, diversamente da quanto pare opinare il difensore ricorrente, non è necessario che gli operanti abbiano assistito alla traditio dello stupefacente, Come si rileva nella sentenza impugnata, gli odierni ricorrenti non si erano limitati a tenere una condotta di mera connivenza, anche volendo ipotizzare che la cessione fosse avvenuta da parte del solo T., ciò desumendosi dal fatto che il G. e il Le. arrivarono nello stesso momento dei fratelli Bo. già poco prima avvicinatisi ed andati via al magazzino di via Casamicciola e insieme vi fecero ingresso dopo alcuni cenni di intesa, il tutto, dunque, a dimostrazione del fatto che avevano avuto una parte attiva nella cessione dello stupefacente. Contesta la propria declaratoria di responsabilità per il reato di cui al capo 13 , con il terzo motivo di ricorso, sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, anche T.G. sul rilievo dell'assenza di prove certe ed inconfutabili della sua partecipazione all'ipotizzata cessione, dal momento che egli arriva a casa sua nei minuti finali dell'incontro, che non viene monitorato alcun passaggio di sostanza tra il T. ed i fratelli Bo. e che addosso allo stesso, perquisito nell'immediatezza dei fatti, non viene rinvenuto il presunto profitto della ipotizzata cessione. L'impugnata sentenza afferma poi che il magazzino, ove presumibilmente si era verificata la cessione, fosse del T., dato probatorio che secondo il ricorrente sarebbe del tutto non riscontrato dal momento che si tratterebbe di un magazzino posto nelle vicinanze dell'abitazione del T., ma non nella sua diretta disponibilità. Il motivo è infondato, in quanto si tratta di evidenti contestazioni che mirano ad una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede, peraltro rispetto a doglianze già logicamente confutate in grado di appello. Ricorda la Corte territoriale come a pag. 113 della sentenza il giudice di primo grado ha riportato per esteso il contenuto della annotazione di servizio redatta a seguito del servizio di osservazione effettuato il 18 giugno 2015 ove, tra l'altro, si dà atto che i fratelli Bo., da una parte, e il G. unitamente al Le-to , dall'altra, erano arrivati presso la casa del T., rispettivamente, a bordo di un'autovettura e di uno scooter e tutti accedevano all'interno del magazzino di via Casamicciola alle 12,09 il G. si allontanava e Bo.Gi. si avvicinava alla propria autovettura da cui in precedenza era sceso, a seguito di un cenno di intesa con il G., per entrare nel magazzino dove entrava per rimanervi qualche minuto, prima di tornare di nuovo verso il magazzino alle 12,22 sopraggiungeva il T., che entrava nel magazzino alle 12,26 il G. faceva ritorno e raggiungeva i quattro nel magazzino dopo pochi minuti i Bo. uscivano e i verbalizzanti notavano che Bo.Gi. teneva una mano in tasca poco dopo, fermati, venivano trovati in possesso di 100 grammi di cocaina. Secondo il logico argomentare del giudice di appello, con cui, in concreto, gli odierni motivi non si confrontano, vanno pienamente condivise le considerazioni svolte dal primo giudice nel senso che non vi è dubbio che nell'occasione vi sia stata una cessione di droga a favore dei fratelli Bo. i quali, appena dopo avere lasciato il magazzino del T. venivano fermati e trovati in possesso della cocaina, senza, peraltro, fornire una spiegazione in merito a tale detenzione. Come si vede, davvero poco conta la proprietà del magazzino, essendo incontestata la presenza del T E a nulla rileva che i verbalizzanti non abbiamo potuto monitorare esattamente il momento della consegna, avvenuto all'interno del magazzino, atteso che il susseguirsi dei movimenti intercettati dimostra che la cessione era avvenuta in quel contesto e che vi aveva preso parte anche l'odierno ricorrente. 5. Venendo ai motivi in punto di mancato riconoscimento, in relazione a specifiche contestazioni del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, dell'ipotesi meno grave di cui al comma 5, di tale norma, gli stessi sono stati proposti da D.G.G.B., con il secondo motivo di ricorso, in relazione al reato di cui al capo 7 dell'imputazione propone il motivo, sub specie di violazione di legge. Il motivo si palesa inammissibile. Ed invero, come si evince ex actis dai motivi di appello proposti per tale imputato dell'avv. Corrado Sinatra il 15/2/2018 dell'avv. Giovanni Catronuovo il 12/2/2018 la questione, in relazione al reato di cui al capo 7 che riguarda, va ricordato, la cessione di 30 grammi di cocaina, previo appuntamento telefonico all'autotrasportatore D., che pare certamente incompatibile, per quantità e circostanze del fatto con l'ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 , non risulta proposta con i motivi di gravame nel merito. E, pertanto, valgono le considerazioni in punto di diritto, già operate sub. 4.4. in ordine all'inammissibilità di proporre in questa sede di legittimità questioni che non siano state già sottoposte al giudice del gravame del merito. L.S. e L.C. in relazione al capo 5 dell'imputazione secondo motivo di ricorso La situazione è analoga, anche con le medesime considerazioni in punto di diritto già spese in precedenza, alla posizione del ricorrente D.G. Siamo, infatti, di fronte a plurime cessioni, che portano ad un sequestro di 300 grammi di cocaina, e dunque a circostanze di fatto che paiono davvero poco compatibili con l'ipotesi di reato meno grave di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 comma 5. E, in ogni caso, come si evince dall'atto di appello proposto nell'interesse dei fratelli L. dall'avv. Giuseppe Fabio Cacciatore, del Foro di Agrigento, del 9/3/2018 il motivo in questione non risulta proposto in appello. R.P. con il secondo motivo di ricorso in relazione al reato di cui al capo 10 dell'imputazione. Il motivo è infondato, in quanto la Corte palermitana, rispondendo all'identico motivo di impugnazione proposto in quella sede, ha dato atto di avere valutato la complessiva entità dei fatti, maturati in un contesto delinquenziale organizzato, nonchè la qualità e quantità dello stupefacente sequestrato, atteso che il principio attivo rilevato nella sostanza era alto e idoneo a confezionare un numero considerevole di dosi, considerato che si trattava di 29 tavolette di hashish e che per ognuna erano ricavabili oltre 200 dosi medie singole. Per tutti i ricorrenti sopra indicati, pertanto, la sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, anche all'esito della formulazione normativa introdotta dal D.L. n. 146 del 2013, art. 2, conv. in L. n. 10 del 2014 e della L. 16 maggio 2014, n. 79, che ha convertito con modificazioni il D.L. 20 marzo 2014, n. 36 può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione mezzi, modalità e circostanze dell'azione , con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio così le recenti Sez. Un. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nè precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. Un, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, Xhihani, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l'esclusione dell'attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell'attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l'elevato numero di clienti conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, Genco, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell'attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell'attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori . In tale ottica secondo le SSUU Muro/o del 2018 è dunque richiesto, già al momento della sua qualificazione di valutare la minore offensività del fatto, considerandolo nella sua concreta singolarità e cioè effettiva consistenza lesiva mediante la globale valutazione di tutti i dati sintomatici descritti dalla norma e delle relazioni intercorrenti tra i medesimi. La pronuncia delle Sezioni Unite del 2018, nel solco di quelle sopra ricordate del 2000, ha anche fugato il dubbio sul fatto che la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta sia di per sè ostativa alla configurabilità del reato di cui all'art. 73, comma 5, in quanto l'accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione, tra cui evidentemente anche la pluralità di sostanze offerte sul mercato. La circostanza di detenere al fine di cederle a terzi sostanze di diverso tipo è comunque un indice, da valutarsi e da comparare con gli altri, della capacità dell'agente di procurarsi sostanze tra loro eterogenee e, per ciò stesso, di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica tutelato dalla norma incriminatrice vedasi sul punto il precedente costituito da Sez. 3, n. 26205/2015 relativo alla detenzione di 20,875 grammi di eroina, di 5,176 grammi di cocaina e di 1,401 grammi di ha-shish . Va anche ricordato, in proposito, e va qui ribadito, che è legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell'autore di diffondere in modo non episodico, nè occasionale, sostanza stupefacente così questa Sez. 4, n. 40720 del 26/04/2017, Nafia ed altri, Rv. 270767 in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata l'esclusione da parte del giudice di merito dell'ipotesi attenuata in ragione della capacità degli imputati di diffondere in modo non episodico nè occasionale sostanza stupefacente in un determinato contesto territoriale, desunta dall'intensità del traffico, dalla pluralità di sostanze vendute, dalla sussistenza di una rudimentale organizzazione dell'attività criminale, da una numerosa e fedele clientela acquisita, e da incassi ingenti . In altra pronuncia è stato ribadito che è legittimo il mancato riconoscimento della fattispecie di lieve entità, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, qualora l'attività di spaccio sia svolta in un contesto organizzato le cui caratteristiche, quali il controllo di un'apprezzabile zona del territorio, l'impiego di mezzi funzionali a tale scopo, l'accertata reiterazione delle condotte di spaccio e la disponibilità di tipologie differenziate di sostanze stupefacenti, pur se in quantitativi non rilevanti, siano sintomatiche della capacità dell'autore del reato di diffondere in modo sistematico sostanza stupefacente Sez. 6, n. 3363 del 20/12/2017 dep. 2018, -Cesarano ed altro, Rv. 272140 . Ritenere che la valutazione degli indici di lieve entità elencati dall'art. 73, comma 5, debba essere complessiva, significa certamente per le SSUU Murolo abbandonare l'idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Ma allo stesso tempo anche che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo. Il percorso tracciato dal legislatore impone di considerare, infatti, anche la possibilità che tra gli stessi si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso, come del resto già era stato in passato sostenuto in alcuni arresti delle Sezioni semplici cfr. Sez. 6, n. 167 del 23/01/1992, Chorki Bouzhaiem, Rv. 189462 Sez. 4, n. 8954 del 11/05/1992, Bondi, Rv. 191643, la quale, ad esempio, ha sottolineato come la lieve entità del fatto possa essere riconosciuta anche in presenza di una non modica quantità di droga, qualora la concreta modalità e la circostanza della condotta ne ridimensionino la rilevanza penale . All'esito della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di lieve entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri, come per l'appunto affermato nei precedenti arresti delle Sezioni Unite. Ebbene, tale valutazione complessiva appare correttamente operata dalla Corte territoriale che, come visto ha argomentatamente ritenuto che non ricorressero i presupposti del fatto di lieve entità. 6. Contestano la motivazione del provvedimento impugnato in punto di ritenuta recidiva, in primis, AL.Fa. secondo motivo di ricorso e LE.Ga. terzo motivo di ricorso I motivi sono tutti infondati. Quanto all' AL., con motivazione logica e congrua, la Corte territoriale ha già argomentatamente confutato la medesima doglianza propostale, evidenziando come la condotta contestata appaia indice di una maggiore pericolosità dello stesso, che ha dimostrato di non essere in grado di trarre insegnamento dalla precedente condanna, reiterando analoghe condotte. Per LE. osserva la Corte che non ricorrono i presupposti per escludere la contestata recidiva atteso che il Le. risulta gravato da numerosi precedenti specifici in materia cosicchè la condotta in contestazione appare indice di una maggiore pericolosità dello stesso che ha dimostrato di non essere in grado di trarre insegnamento dalle precedenti condanne, reiterando analoghe condotte. I giudici del gravame del merito hanno, dunque, operato una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo, di talchè la sentenza impugnata non presenta i denunciati profili di censura. Per entrambi i ricorrenti, pertanto, la motivazione della sentenza impugnata si colloca nel solco del dictum di questa Corte di legittimità, secondo cui l'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva rientra nell'esercizio dei poteri discrezionali del giudice, su cui incombe solo l'onere di fornire adeguata motivazione, con particolare riguardo all'apprezzamento dell'idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo che giustifichi l'aumento di pena Cfr. Corte Cost. sent. n. 185 del 2015 nonchè, ex plurimis, sez. 2, n. 50146 del 12/11/2015, caruso ed altro, Rv. 265684 . M.F. si duole della ritenuta recidiva sul rilievo che i fatti del presente procedimento sarebbero stati commessi dall'odierno ricorrente prima della sentenza passata in giudicato 4.12.2014 , con cui la Corte territoriale riconosceva la continuazione con il presente procedimento. Infatti, quando viene emessa la seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere per i fatti del presente procedimento in data 30.6.2014, l'odierno ricorrente si trovava già detenuto in quanto era stato tratto in arresto perchè trovato in possesso di sostanza stupefacente di tipo cocaina fatti commessi in Palermo nel giugno 2014 . Il motivo è infondato. In primis, va ricordato come questa Corte di legittimità abbia chiarito che non esiste incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della continuazione, sicchè, sussistendone le condizioni, vanno applicati entrambi, praticando sul reato base, se del caso, l'aumento di pena per la recidiva e, quindi, quello per la continuazione, che può essere riconosciuta anche fra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato così questa Sez. 4, n. 21043 del 22/03/2018 dep. 2018, B, Rv. 27274501, che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la recidiva reiterata specifica avuto riguardo a due precedenti condanne, per reati della stessa indole di quello oggetto della sentenza impugnata, tra le quali era stata riconosciuta la continuazione nello stesso senso anche Sez. 3, n. 54182 del 12/9/2018, Pettenon, Rv. 275296, che ha rilevato come non sussiste incompatibilità tra l'istituto della recidiva e quello della continuazione, con conseguente applicazione, sussistendone i presupposti normativi, di entrambi, in quanto il secondo non comporta l'ontologica unificazione dei diversi reati avvinti dal vincolo del medesimo disegno criminoso, ma è fondata su una mera fictio iuris a fini di temperamento del trattamento penale Come rileva la Corte territoriale la richiesta di esclusione della recidiva è stata formulata in quella sede solo con le richieste finali, in sede di discussione, ed è stata tardiva e generica, in quanto fondata su una dedotta e non meglio specificata omessa motivazione sul punto. Anche in questa sede, peraltro, il motivo di impugnazione sul punto è caratterizzato da assoluta genericità. Peraltro, come si evince dal certificato penale in atti, oltre che per la sentenza con cui è stata riconosciuta la continuazione, M.F. è gravato da altre condanne. Risulta, pertanto, convalidato, il giudizio di pericolosità sociale già operato dal primo giudice. Per tutti i ricorrenti sopra indicati, pertanto, i giudici del gravame del merito hanno, dunque, operato una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo, di talchè la sentenza impugnata non presenta i denunciati profili di censura. Va ricordato, infatti, che secondo il dictum di questa Corte di legittimità, l'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva rientra nell'esercizio dei poteri discrezionali del giudice, su cui incombe solo l'onere di fornire adeguata motivazione, con particolare riguardo all'apprezzamento dell'idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo che giustifichi l'aumento di pena Cfr. Corte Cost. sent. n. 185 del 2015 nonchè, ex plurimis, sez. 2, n. 50146 del 12/11/2015, caruso ed altro, Rv. 265684 . 7. In punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche si dolgono A.A. quarto motivo d, ricorso AL.Fa. terzo motivo di ricorso B.G. secondo motivo di ricorso D.G.G.B. terzo motivo di ricorso F.G. terzo motivo di ricorso G.G. terzo motivo di ricorso LE.Ga. terzo motivo di ricorso L.S. e L.C. terzo motivo di ricorso M.F. terzo motivo di ricorso M.G. secondo motivo di ricorso P.L. quinto motivo di ricorso R.P. terzo motivo di ricorso T.G. terzo motivo di ricorso I motivi in questione sono tutti infondati in quanto la Corte palermitana offre una motivazione assolutamente congrua,e priva di, aporie logiche, nonchè corretta in diritto, in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche. Quanto all' A. pag. 25 per la Corte territoriale non è emerso alcun elemento positivamente valutabile a suo favore dell'imputato per potere riconoscergli un tal beneficio che non può essere dato per scontato ma richiede la sussistenza di situazioni non riconducibili neppure allo stato di incensuratezza che presentino connotazioni tali da giustificare un trattamento di favore. Viene poi aggiunto che, nel caso di specie, le modalità delle condotte poste in essere, la gravità dei fatti numerosi e ripetuti nel tempo , la personalità dell'imputato, gravato da precedenti penali, impediscono tale riconoscimento AL. è lui stesso a ricordare come la Corte territoriale abbia valorizzato, ai fini del diniego del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche la gravità delle condotte, il contatto con ambienti criminali di particolare spessore, nonchè i precedenti penali da cui è gravato anche per rapina e lesioni . Per il B. per la Corte territoriale non è emerso alcun elemento positivamente valutabile a suo favore per potere riconoscergli un tal beneficio che non può essere dato per scontato ma richiede la sussistenza di situazioni non riconducibili alla sola incensuratezza che presentino connotazioni tali da giustificare un trattamento di favore a ciò si aggiunga che, nel caso di specie, la gravità delle condotte poste in essere impediscono tale riconoscimento, dovendo segnalarsi in proposito come il B. abbia dimostrato una notevole capacità a delinquere potendo disporre di notevoli quantità di stupefacente, indice di un suo inserimento in un importate contesto delinquenziale. Per D.G. la Corte territoriale ha valutato negativamente, ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non solo la mancata evidenziazione di elementi positivi di meritevolezza, ma anche e soprattutto le modalità dei fatti contatti con soggetti inseriti in un contesto delinquenziale organizzato e gestione di sostanze stupefacenti più pericolose . Non si tratta, dunque -come afferma il ricorso di un diniego fondato su una valutazione delle conoscenze e delle frequentazioni dello stesso. Anche per il F. la Corte territoriale rileva l'assenza di elementi positivi valutabili, e, al contrario, come lo stesso abbia dimostrato una notevole capacità a delinquere, intrattenendo rapporti illeciti con soggetti appartenenti ad un importante contesto delinquenziale, mostrandosi disponibile ad assumere il ruolo di corriere per ulteriori attività illecite. Anche per il G. in primo luogo, osserva la Corte che non è emerso alcun elemento positivamente valutabile a favore dell'imputato per potere riconoscergli le circostanze attenuanti generiche, beneficio che non può essere dato per scontato ma richiede la sussistenza di situazioni non riconducibili alla sola incen-suratezza che presentino connotazioni tali da giustificare un trattamento di favore a ciò si aggiunga che, nel caso di specie, la gravità delle condotte poste in essere impedisce tale riconoscimento, dovendo segnalarsi in proposito come il G. abbia dimostrato una notevole capacità a delinquere intrattenendo rapporti con soggetti inserti in un importante contesto delinquenziale pag. 74 sent. imp. . Quanto poi al LE., si aggiunge che non può non segnalarsene la negativa personalità, alla luce dei numerosi precedenti penali, anche specifici. Per L.S. e L.C. la Corte territoriale dà atto che alcun elemento positivamente valutabile a favore degli imputati per potere riconoscere un tal beneficio che non può essere dato per scontato ma richiede la sussistenza di situazioni non riconducibili alla sola incensuratezza che presentino connotazioni tali da giustificare un trattamento di favore a ciò si aggiunga che, nel caso di specie le modalità delle condotte poste in essere denotano una negativa personalità dei predetti che hanno dimostrato di essere in grado di trattare l'acquisto di importanti quantitativi di cocaina attraverso i contatti interessati con appartenenti ad un contesto criminale non di poco conto vedi pag. 81 della sentenza impugnata . Per M.F. la Corte territoriale evidenzia come fattori ostativi alla concessione del chiesto beneficio, oltre all'assenza di elementi positivi, le modalità della condotta e la gravità dei fatti numerosi e ripetuti nel tempo , la personalità dell'agente gravato anche da precedenti penali contro il patrimonio . M.G. propone sul punto un motivo assolutamente generico, affermando che non vi sarebbe alcuna motivazione nella sentenza impugnata in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, mancando dunque di confrontarsi con la motivazione della stessa ove, oltre che sull'assenza di elementi positivi, si fonda il diniego del chiesto beneficio sulla gravità delle condotte poste in essere e sulla capacità a delinquere del ricorrente, che si evince dall'avere intrattenuto rapporti illeciti con soggetti appartenenti ad un importante contesto delinquenziale. Il motivo di P.L. è del tutto generico ed aspecifico, a fronte di una Corte territoriale che, oltre che sull'assenza di elementi positivi, ha fondato il diniego sulla gravità dei fatti numerosi e ripetuti nel tempo e sulla negativa personalità dell'imputato, desunta dai precedenti penali da cui è gravato. Analogamente infondato è il motivo proposto da R.P., per il quale, oltre all'assenza di elementi positivi, la Corte palermitana ha valorizzato negativamente, ai fini del diniego del chiesto beneficio, la gravità delle condotte poste in essere e la notevole capacità a delinquere del R., desumibile dall'avere intrattenuto rapporti illeciti con dei soggetti appartenenti ad un importante contesto delinquenziale. Quanto a T.G., il ricorrente afferma che la sentenza impugnata, a pag. 116, afferma che non sono emersi elementi positivi a favore dell'imputato, non riconducibili neppure al suo stato di incensuratezza ed a ciò si aggiunga che, nel caso di specie le modalità delle condotte poste in essere, la gravità dei fatti, la personalità dell'imputato, gravato da numerosi precedenti penali anche specifici, impediscono tale riconoscimento . Orbene, sarebbe di tutta evidenza la contraddittorietà di una tale motivazione che da un lato afferma che la incensuratezza del T. e dall'altro lato giustifica la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche per i numerosi precedenti penali anche specifici Orbene, il ricorrente afferma che il T. risulta essere incensurato, in quanto allo stesso non è infatti stata contestata alcuna recidiva e l'evidente errore in cui è incorsa la Corte renderebbe la motivazione non adeguata e coerente con la posizione dell'odierno ricorrente. Il motivo in questione è manifestamente infondato. I giudici del gravame del merito non affermano affatto, a pag. 116, che il T. è incensurato, ma si limitano a dire, in via generale, che la concessione delle circostanze attenuanti generiche non può essere data per scontata ma richiede la sussistenza di situazioni non riconducibili neppure allo stato di incensuratezza che presentino connotazioni tali da giustificare un trattamento di favore . Come si evince dal certificato penale in atti e il difensore ricorrente dovrebbe saperlo T.G. è gravato da plurimi e gravi precedenti penali. Perciò, con motivazione illogica che appare immune dai denunciati vizi di legittimità la Corte territoriale gli ha negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sul rilievo dell'assenza di elementi positivi a tal fine, cui vanno ad aggiungersi le modalità delle condotte poste in essere, la gravità dei fatti numerosi e ripetuti nel tempo e, appunto la personalità dell'imputato, gravato da numerosi precedenti penali anche specifici così la richiamata pag. 116 . Nel rispondere a tutti i motivi sopra ricordati, il provvedimento impugnato appare, dunque, collocarsi nell'alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell'imputato, nonchè al suo negativo comportamento processuale . Va ricordato che questa Corte di legittimità ha anche chiarito che, con un indirizzo assolutamente prevalente, che è legittima in tali casi la doppia valutazione dello stesso elemento ad esempio la gravità della condotta purchè operata a fini diversi, come possono essere il riconoscimento del fatto di lieve entità, la determinazione della pena base, o la concessione ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche cfr. ex multis Sez. 2, n. 24995 del 14/5/2015, Rv. 264378 Sez. 2, n. 933 dell'11/10/2013 dep. 2014, Rv. 258011 Sez. 4, n. 35930 del 27/6/2002, Rv. 222351 In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell'art. 62 bis c.p., operata con il D.L. 23 maggio 2008, n. 2002, convertito con modif. dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, che ha sancito essere l'incensuratezza dell'imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che sarebbe stato assolutamente sufficiente che il giudice si fosse limitato a dar conto, di avere ritenuto l'assenza di elementi o circostanze positive a tale fine. E in ogni caso è pacifico il dictum di questa Corte secondo cui, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicchè anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso così Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone ed altri, Rv. 249163 conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 7707 del 4/12/2003 dep. 2004, Anaclerio ed altri, rv. 229768 . In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d'essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l'affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza univoca di questa Corte Suprema, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda così, ex plurimis, Sez. 1, n. 29679 del 13/6/2011, Chiofalo ed altri, Rv. 219891 Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381 Sez. 1 n. 12496 del 21/9/1999, Guglielmi ed altri, Rv. 214570 Sez. 6, n. 13048 del 20/6/2000, Occhipinti ed altri, Rv. 217882 . 8. F.G. con il secondo motivo di ricorso lamenta che non sia stata ritenuta a suo favore la circostanza attenuante della minima partecipazione ex art. 114 c.p Si tratta, tuttavia, di un motivo manifestamente infondato, del tutto generico e peraltro contrastante con i dati di fatto emersi nel corso del processo, alla luce dei quali la Corte territoriale lo ha già logicamente confutato ricordando come non può dirsi che il F. abbia fornito un contributo di minima importanza alla condotta illecita, avendo peraltro provveduto personalmente alla consegna di uno dei pacchi contenenti la droga. In proposito, va ricordato che la circostanza attenuante invocata è configurabile quando l'apporto del concorrente non solo abbia avuto una minore rilevanza causale rispetto alla partecipazione degli altri concorrenti, ma abbia anche assunto un'importanza obiettivamente minima e marginale ossia di efficacia causale così lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso cfr. Sez. 3, n. 9844 del 17/11/2015, dep. 2016, Barbato, Rv. 266461, al punto n. 3 dei considerato in diritto v. altresì, ex plurimis, Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Caradonna e altro, Rv.264455 Sez. 1, n. 29168 del 31/05/2011, Atowi e altri, Rv. 250751 Sez. 1, n. 26031 del 09/05/2013, Di Domenico, Rv. 256035 Sez. 4, n. 12811 del 08/02/2007, Muggeri e altro, Rv.236198 Sez. 6, n. 45248 del 30/11/2005, Cirillo, Rv. 232619 vedasi anche la recente Sez. 4, n. 50307 del 20/07/2018, B., Rv. 274002 che ha affermato come la circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza non può essere riconosciuta al correo che, imputato della codetenzione di sostanza stupefacente, si sia adoperato per reperire un luogo ove occultarla e abbia fornito il proprio contributo come staffetta, pur senza riceverla o custodirla materialmente, in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza impugnata che aveva escluso il riconoscimento all'imputato di tale attenuante per la rilevanza del ruolo dallo stesso svolto, avuto riguardo anche alle caratteristiche dell'organizzazione criminale in cui era inserito e all'ingente quantitativo dello stupefacente oggetto dell'operazione . E' stato anche condivisibilmente affermato e va qui ribadito che, in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all'art. 114 c.p., non è sufficiente una minore efficacia causale dell'attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell' iter criminoso così questa Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037 cha ha ritenuto immune da censure la sentenza della corte d'appello che aveva escluso l'attenuante per il conducente di una vettura, al cui interno era stata ritrovata sostanza stupefacente, ritenuto responsabile in concorso con il passeggero che si era attribuito l'esclusivo possesso della stessa -, ritenendo determinante il contributo al trasporto, in quanto il passeggero non era titolare di patente di guida . In altri termini, deve escludersi l'applicabilità dell'attenuante quando, come nel caso che ci occupa, l'opera prestata insista in maniera apprezzabile sul grado di efficacia causale, abbia assunto una certa rilevanza, sia materiale che psicologica, nella fase esecutiva del delitto. 9. Ancora in punto di pena, B.G., con il suo primo motivo di ricorso, lamenta che non avrebbe dovuto essergli operato l'aumento per la continuazione, in quanto la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto il ricorrente in relazione al capo 10 dai fatti contestati in data 16.4.2013, e da quelli contestati in data anteriore e prossima al 3.5.2013. Ebbene, la contestazione prevedeva nel predetto capo di imputazione tre distinti episodi detenzione di hashish e se per due di tali ipotesi i giudici del gravame del merito hanno escluso la penale responsabilità, rimanendo unicamente la detenzione di 3 chili di hashish avvenuta in data 6.5.2013, nel procedere alla rideterminazione della pena finale da irrogare, non dovevano disporre un aumento per continuazione pari a mesi 3 di reclusione e 3000 Euro di multa. Ciò, si ribadisce, perchè nei confronti del B. è stata pronunciata sentenza di condanna unicamente per la detenzione di circa 3 kg di hashish, commesso in data 6.5.2013 il richiamo è alle pagg. 46-49 della sentenza impugnata . Ove si fosse proceduto correttamente invece, secondo la tesi proposta in ricorso, la pena finale avrebbe dovuto essere quella di anni 3 mesi 6 di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa, da ridurre per la scelta del rito abbreviato ovvero la pena base di anni 3 di reclusione, aumentata di mesi 6 per la contestata aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, da ridurre per il rito . Il motivo, tuttavia, è infondato. Come si rileva a pag. 44 della sentenza impugnata la Corte palermitana ha confermato la pronuncia di responsabilità di B.G. per la detenzione al fine di spaccio dell'hashish accertata in data 16/4/2013 e per la detenzione di tre chili di hashish ceduti al G. episodio del 6/5/2013 . L'assoluzione quanto ai fatti del 16/4/2013, in altri termini, è stata parziale, ed ha riguardato, come si evince chiaramente a pag. 46 della motivazione, la condotta di offerta in vendita di 5 kg di hashish all' Al Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha operato un unico e contenuto aumento per la continuazione Mesi tre di reclusione ed Euro 3000 di multa dando atto di averlo ridotto in ragione delle intervenute assoluzioni cfr. pag. 48 della sentenza impugnata . Anche BA.An. si duole, con il suo secondo motivo di ricorso, che non andasse operato alcun aumento per la continuazione non essendovi condotte specificate nel tempo, tra marzo e maggio 2013, ad eccezione di quella del 22/5/2013. Il motivo è, tuttavia, infondato. Lo stesso cfr. pag. 35 della sentenza impugnata era già stato correttamente confutato dalla Corte territoriale sul corretto rilievo che la continuazione è stata correttamente contestata perchè risultano accertati più contatti, tra l'imputato e il P., finalizzati all'acquisto di sostanza stupefacente, anche se è stata indicata la data del 22 maggio posto che quel giorno le forze dell'ordine procedevano al sequestro dello stupefacente. 10. Venendo al trattamento sanzionatorio tout court, B.G., con il secondo motivo di ricorso, pure lamenta che la pena irrogata sia stata eccessiva, essendo stata immotivatamente superiore al minimo edittale anche tenuto conto della più mite sanzione inflitta al coimputato G.B., arrestato in flagranza, a cui lo stupefacente era stato, in ultimo, ceduto. Il motivo è infondato, in quanto la Corte territoriale cfr. pag. 48 della sentenza impugnata dà conto con ciò adempiendo pienamente al suo obbligo motivazionale di ritenere la pena congrua in relazione alla modalità del fatto e ai quantitativi di stupefacente ceduto, come si evince dalla conversazione in cui B. e P. effettuano i conteggi dei pagamenti dovuti che si aggirano su cifre superiori a 10.000 Euro. F.G., con il terzo motivo di ricorso, lamenta vizio motivazionale in punto di dosimetria della pena, ma si tratta di un motivo ictu oculi inammissibile per la sua genericità ed aspecificità, in quanto lo si enuncia in rubrica, ma poi non lo si sviluppa in alcun modo nel ricorso cfr. pagg. 3-4 , non indicando i punti della sentenza impugnata che sarebbero viziati e perchè. In ogni caso, la Corte territoriale, a pag. 71 della sentenza impugnata, motiva adeguatamente in ordine alla dosimetria della pena, che ritiene congrua rispetto all'entità dei fatti ed alla personalità dell'imputato, in considerazione del contributo fornito in diverse occasioni al P Viene anche evidenziato come, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, il principio attivo rilevato nella sostanza stupefacente era alto e idoneo a confezionare un numero considerevole di dosi, posto che si trattava di 29 tavolette di hashish e che per ognuna erano ricavabili oltre 200 dosi medie singole. G.G. con il terzo motivo di ricorso rileva che il ragionamento svolto in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche riverbera in modo evidente i suoi effetti con riguardo al trattamento sanzionatorio, che nel caso di specie risulta particolarmente afflittivo . Si tratta, con tutta evidenza, di un motivo meramente enunciato e che non sviluppa alcuna critica concreta rispetto alla motivazione del provvedimento impugnato in punto di dosimetria della pena. LE.Ga. davvero non si capisce di cosa si dolga, visto che siamo di fronte ad una cessione di 100 grammi di cocaina e il G.U.P. ha fissato la pena al minimo edittale, di anni sei di reclusione ed Euro 27000 di multa, in considerazione del fatto che gli episodi risalgono al 2013, quindi, sotto la vigenza del novellato art. 73 e prima della sentenza della Corte costituzionale del 2014, e pertanto, la pena non è suscettibile di ulteriori riduzioni pag. 74 sent. imp. . A LE.Ca., che con il terzo motivo di ricorso attingono la motivazione della sentenza impugnata sotto il profilo della dosimetria della pena la Corte territoriale, che pure ha eliminato l'aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, il motivo è del tutto inammissibile in quanto risulta applicato il minimo edittale. M.G. propone sul punto un motivo assolutamente generico, affermando che non vi sarebbe alcuna motivazione nella sentenza impugnata in punto di dosimetria della pena, laddove a pag. 93 della sentenza impugnata dannò atto di come si sia partiti dal minimo edittale, per cui la pena irrogata non è suscettibile di ulteriori riduzioni. Anche P.L., con il suo quinto motivo di ricorso, prospetta delle doglianze del tutto generiche in punto di dosimetria della pena del tutto infondate, in ragione, comunque, di un giudizio di congruità della pena che la Corte territoriale ribadisce. 11. In ultimo, lamenta la mancata concessione della sospensione condizionale della pena B.G. terzo motivo di ricorso che pone l'attenzione sul fatto che lo stesso, al momento dei fatti, fosse incensurato ed infraventunenne, per cui poteva godere del chiesto beneficio. Il motivo è infondato. Il B. è nato a OMISSIS , per cui, effettivamente, alla data del commesso fatto OMISSIS era infraventunenne. Ebbene, come si evince dal certificato penale del 22/5/2018, in atti, lo stesso all'epoca dei fatti, era incensurato. Orbene, dall'atto di appello del 9/3/2018, proposto dall'Avv. Filippo Maria Gallina nell'interesse del B., si legge in ultima pagina .si chiede che la Corte voglia irrogare una pena inferiore e concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena trattandosi di soggetto infraventunenne . La Corte ha poi irrogato una pena che astrattamente rendeva possibile ad un imputato infraventunenne la sospensione condizionale della pena, non gliel'ha concessa, ma poi sul punto cfr. pagg. 48-49 della sentenza impugnata non offre alcuna motivazione. E non può ritenersi che possa individuarsi un rigetto implicito in ragione del fatto che la pena pecuniaria irrogata congiuntamente a quella detentiva, una volta ragguagliata ai sensi dell'art. 135 c.p., determinerebbe il superamento del limite stabilito per la concessione del beneficio, atteso che questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che, dopo le modifiche introdotte all'art. 163 c.p., comma 1, ad opera della L. n. 145 del 2004, il giudice può disporre la sospensione della sola pena detentiva, se di per sè non eccedente il limite suddetto, ordinando invece l'esecuzione di quella pecuniaria cfr. Sez. 2, n. 4853 del 15/1/2010, Laschi, Rv. 246278 Tuttavia, come si evince a pag. 48, ove se ne dà atto, la Corte territoriale dà atto di avere scrutinato la richiesta della difesa del B. secondo cui .sarebbe corretto irrogare una sanzione il più prossima possibile al minimo edittale, diminuendo l'aumento di pena inflitto per la continuazione . Ebbene, deve ritenersi che, conformemente al condivisibile orientamento di questa Corte di legittimità, le ragioni del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena per il B. possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice del gravame del merito gli ha negato le circostanze attenuanti generiche richiamando la gravità delle condotte poste in essere dall'imputato, di cui ha segnalato la notevole capacità a delinquere potendo disporre di notevoli quantità di stupefacente, indice di un suo inserimento in un importante contesto delinquenziale così pag. 48 della sentenza impugnata dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall'art. 133 c.p. Sez. 3, n. 26191 del 28/3/2019, Lamaj, Rv. 276041 . 12. Al rigetto dei ricorsi consegue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna o ricorrenti al pagamento delle spese processuali.