Ubriaco alla guida, centra una vettura parcheggiata: il contesto del centro abitato rende grave la condotta

Esclusa l’ipotesi avanzata dalla difesa, cioè il riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Rilevanti non solo i danni al veicolo colpito, ma anche il potenziale pericolo per l’incidente verificatosi in un centro abitato in pieno pomeriggio.

Ubriaco alla guida della propria vettura impatta violentemente con una automobile parcheggiata sulla strada. I danni provocati al veicolo e il pericolo potenziale per le persone, considerato l’orario pomeridiano e il contesto – un centro cittadino –, sono sufficienti per escludere l’ipotesi difensiva della particolare tenuità del fatto. Sacrosanta, quindi, la condanna del conducente Cassazione, sentenza n. 33868/20, depositata il 1° dicembre . Ricostruito l’episodio, verificatosi in un centro cittadino, l’imputato sotto accusa per avere guidato sotto l’influenza dell’alcool viene condannato prima in Tribunale e poi in Appello. Per i Giudici di merito è evidente la violazione compiuta dall’automobilista, che si è posto alla guida di un’autovettura in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico accertato pari a 2,8 grammi per litro, provocando un sinistro stradale consistito nel centrare una vettura parcheggiata sulla strada. Il difensore prova a ridimensionare la condotta illecita dell’automobilista, mirando ad ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto . In questa ottica il legale sostiene che la vettura colpita dall’automobile del suo cliente non ha riportato danni apprezzabili, tali da rendere necessaria la sostituzione del paraurti anteriore e di quello posteriore non a caso questi presunti danni non risultano dagli atti del processo , precisa il legale, e peraltro non è stato dimostrato che il proprietario abbia dovuto provvedere alla riparazione del mezzo . Allo stesso tempo, il difensore dell’automobilista sostiene che il suo cliente non ha provocato un serio pericolo per la pubblica incolumità , preso atto della esiguità dei danni arrecati alla vettura colpita e tenendo presente la mancanza di prove in merito alla ipotetica presenza di persone sul luogo dell’incidente . Per i Giudici della Cassazione, però, è assolutamente legittimo il diniego pronunciato in Appello alla richiesta della difesa di applicazione dell’articolo 131- bis del Codice Penale . Impossibile ipotizzare la causa di non punibilità, poiché è evidente, alla luce dei dettagli della vicenda, la non esiguità del pericolo cagionato alla pubblica incolumità , posto che il sinistro è intervenuto in centro abitato, fra le ore 17 e le ore 17.30 , centro abitato che si presume ovviamente trafficato nel corso del pomeriggio . Per quanto concerne poi i danni arrecati alla vettura parcheggiata sulla pubblica via sono ritenute inequivocabili le fotografie in atti, e ciò a prescindere, chiariscono i magistrati, dalla effettiva riparazione del veicolo. Da escludere categoricamente, quindi, l’ipotesi della particolare tenuità del fatto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 ottobre – 1 dicembre 2020, n. 33868 Presidente Izzo – Relatore Nardin Fatto e diritto 1. La Corte di Appello di Cagliari -Sezione distaccata di Sassari con sentenza del 16 dicembre 2019 ha confermato la sentenza del Tribunale di Sassari con cui Antonio Salvatore De. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 186, commi 2 lett. c , 2 bis C.d.S., per essersi posto alla di un'autovettura, in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcoleimico accertato pari a gr/l 2,8 , provocando un sinistro stradale. 2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore formulando un unico motivo, con cui si duole della falsa applicazione della legge penale, in relazione all'art. 131 bis cod. pen. e del vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale, travisando la prova, affermato che la Volkswagen Golf, parcheggiata sulla via, sulla quale aveva impattato l'auto condotta dall'imputato, avesse subito danni apprezzabili, tali da rendere necessaria la sostituzione del paraurti anteriore e posteriore del veicolo coinvolto, benché ciò non risulti dagli atti del processo. Osserva che, dunque, l'argomento della significatività dei danni, non essendo stato dimostrato che il proprietario della Volkswagen abbia dovuto provvedere alla riparazione del mezzo, non può essere posto a sostegno del diniego dell'applicazione dell'art. 131 bis cod. pen Così come non può affermarsi che la condotta di De. abbia prodotto un pericolo per la pubblica incolumità, incompatibile con l'esiguità del danno e del pericolo di cui alla disposizione invocata, posto che non vi è prova nel processo della presenza di persone sul luogo del sinistro. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata. 3. Il ricorso è inammissibile. 4. Il motivo è manifestamente infondato. La Corte, infatti, affronta espressamente la doglianza proposta dalla ricorrente e, premessi i criteri applicativi della disposizione di cui all'art. 131 bis cod. pen., come precisati dalla Sezioni Unite, Tushaj Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 dep. 06/04/2016 , si fa carico del chiarimento della ragioni del diniego della causa di non punibilità, nel caso di specie, facendo preciso riferimento alla 'non particolare tenuità del fatto' stante la non esiguità del pericolo cagionato alla pubblica incolumità, posto che il sinistro è intervenuto in centro abitato, fra le 17 e 17,30. A ciò aggiunge, facendo riferimento alle fotografie in atti, la sussistenza di danni significativi all'auto investita, che si trovava parcheggiata sulla pubblica via. A fronte di questa motivazione, con la quale si richiamano prove documentali dalle quali emerge l'entità del danno, indipendentemente dalla sua effettiva riparazione, e che fa riferimento alla situazione tipica di un centro abitato, ovviamente trafficato nel corso del pomeriggio, il ricorrente si limita ad opporre considerazioni poco conferenti in ordine alla particolare tenuità del fatto. La motivazione, al contrario, appare del tutto esaustiva e pienamente soddisfacente i canoni di indirizzo indicati dal Supremo Collegio, con la sentenza richiamata. 5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.