Il giudice dell’esecuzione non può sindacare sulla nomina del difensore rilasciata tra Italia e Perù

Deve essere annullata l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione ha dichiarato inammissibile l’istanza di non esecutività di una sentenza ormai definitiva per carenza di ius postulandi in capo al difensore. È infatti valido l’atto di nomina redatto a Roma, inviato per posta elettronica al ricorrente detenuto in Perù e poi ritrasmesso con sottoscrizione, autenticata dal difensore.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 32123/20, depositata il 16 novembre. Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza di declaratoria di non esecutività ex art. 670 c.p.p. della sentenza emessa dal medesimo Tribunale nei confronti del condannato e divenuta irrevocabile. La decisione era fondata sulla carenza dello ius postulandi in capo al difensore che aveva depositato una procura non valida, trattandosi della fotocopia di quella precedentemente rilasciata in Italia dal condannato che si trovava in quel momento detenuto in Perù. La difesa ha proposto ricorso per la cassazione della pronuncia affermando che l’atto di nomina era stato redatto a Roma, inviato per posta elettronica al ricorrente che lo aveva firmato e ritrasmesso, per poi essere autenticato dal difensore medesimo in conformità alla legge. Il ricorso risulta fondato. Ai sensi dell’art. 39 disp. att. c.p.p., il difensore è autorizzato ad autenticare la firma del proprio assistito. L’art. 976 c.p.p. prevede che l’ atto di nomina del difensore possa essere trasmesso all’autorità procedente con raccomandata o consegnato a mano dal difensore stesso. Da tali norme, discende che il difensore si assume la piena responsabilità della provenienza dell’assistito della dichiarazione e della sottoscrizione autenticata. Come ricorda la pronuncia in oggetto, la legge non prescrive nè che la firma venga apposta in presenza del difensore che può autenticarla perché la conosce e la riconosce o perché è aliunde certo della sua riferibilità , nè che l’atto debba pervenire al difensore con determinate modalità, piuttosto che con altre che ne veicolino solo la copia ad esempio tramite fax . Pertanto, finché l’atto rimane nella sfera del difensore , cioè non sia stato ancora spedito o consegnato all’autorità giudiziaria procedente, quest’ultima non ha alcuna competenza a sindacare il percorso che lo scritto possa avere compiuto dal cliente al difensore ovvero dall’estero all’Italia e viceversa mentre allorquando l’atto si trova ormai a far parte del fascicolo , ciò si verifica poiché il difensore si è assunto le suindicate responsabilità . In conclusione, il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto ritenere il difensore privo dello ius postulandi sulla base di considerazioni legate all’iter dell’atto di nomina con sottoscrizione autenticata. Per tali motivi, la Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Roma.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 ottobre – 16 novembre 2020, n. 32123 Presidente Tardio – Relatore Binenti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Roma, provvedimento con l’ordinanza indicata in epigrafe in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza volta a ottenere la declaratoria di non esecutività, ai sensi dell’art. 670 c.p.p., della sentenza emessa nei confronti A.P.R. dal medesimo Tribunale il 3 luglio 2009, divenuta irrevocabile il 21 febbraio 2010. 2. A ragione, rilevava che l’Avv. Nicola Caricaterra, che aveva presentato l’istanza, era privo dello ius postulandi, avendo depositato una procura non valida, in quanto si trattava della fotocopia di quella precedentemente rilasciata in Italia dal condannato, il quale in atto si trovava in stato di detenzione in Perù. Aggiungeva, poi, quanto ai rilievi in ordine alla nullità della notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza di condanna presso il medesimo difensore a seguito di elezione di domicilio da parte di A. , che tale elezione risultava indicata negli atti precedenti la dimissione di quest’ultimo dal carcere nel corso del procedimento, sicché doveva ritenersi anche dopo confermata. 3. Propone ricorso per cassazione A. , muovendo doglianze affidate a due motivi con i quali denuncia violazione di legge e vizi della motivazione. 2.1. Il primo motivo deduce che le considerazioni circa la non validità della nomina sono state riferite proprio all’atto redatto a Roma e inviato per posta elettronica al ricorrente che lo aveva poi ritrasmesso con la sottoscrizione, infine autenticata dal difensore secondo modalità perfettamente conformi alla legge. 2.2. Il secondo motivo lamenta che non è stata fornita risposta in ordine ai rilievi che avevano dedotto l’assenza dell’elezione di domicilio presso il difensore nel corso del giudizio di cognizione, in quanto, anziché acquisirsi il fascicolo per verificare la fondatezza o meno della deduzione, è stata solamente riscontrata l’indicazione della medesima elezione in altri atti precedenti alla scarcerazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate. 2. Alla stregua di quanto previsto dall’art. 39 disp. att. c.p.p., il difensore è autorizzato ad autenticare la firma del proprio assistito. L’art. 96 c.p.p. stabilisce che l’atto incorporante la nomina del difensore di fiducia può essere trasmesso all’autorità giudiziaria procedente con raccomandata ovvero può essere consegnato a mano dal difensore stesso. Da ciò consegue che il difensore si assume la piena responsabilità della provenienza dall’assistito della dichiarazione e della relativa sottoscrizione che egli autentica. La legge, invero, non prescrive nè che la firma venga apposta in presenza del difensore che può autenticarla perché la conosce e la riconosce o perché è aliunde certo della sua riferibilità , nè che l’atto debba pervenire al difensore con determinate modalità, piuttosto che con altre che ne veicolino solo la copia ad esempio tramite fax . Pertanto, finché l’atto rimane nella sfera del difensore, cioè non sia stato ancora spedito o consegnato all’autorità giudiziaria procedente, quest’ultima non ha alcuna competenza a sindacare il percorso che lo scritto possa avere compiuto dal cliente al difensore ovvero dall’estero all’Italia e viceversa mentre allorquando l’atto si trova ormai a far parte del fascicolo, ciò si verifica poiché il difensore si è assunto le suindicate responsabilità Sez. 6, n. 29 del 27/11/2013, dep. 2014, Rv. 258459 Sez. 5, n. 21950 del 24/04/2008 Rv. 240486 . Ne deriva la fondatezza del primo motivo in quanto il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto ritenere il difensore privo dello ius postulandi sulla base di considerazioni legate all’iter dell’atto di nomina con sottoscrizione autenticata. 3. Anche il secondo motivo è fondato laddove censura le considerazioni svolte nel provvedimento a sostegno di una decisione di sostanziale rigetto. Ed infatti, come si rileva nel ricorso, ciò che si deduceva era la mancanza dell’elezione di domicilio presso il quale, secondo quanto riportato negli atti, è stata effettuata la notificazione dell’estratto contumaciale, da cui sono poi dipesi il passaggio in giudicato della sentenza e pertanto l’esecutività del titolo. A fronte di ciò, la motivazione dà semplicemente conto del riferimento in altri atti alla suddetta elezione del domicilio, così non misurandosi con il controllo della sua effettiva esistenza. Di contro, il giudice dell’esecuzione, avvalendosi dei suoi poteri istruttori, avrebbe dovuto svolgere una diversa verifica ai fini dell’accertamento della fondatezza o meno della domanda, richiedendo l’atto di cui trattasi ovvero la trasmissione del fascicolo che avrebbe dovuto contenerlo. 4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.