Casa affittata a tre prostitute e campanello rimosso: condannato

Nessun dubbio per i Giudici sulla condotta tenuta dall’imputato, che è perciò ritenuto colpevole di favoreggiamento della prostituzione. Impossibile sostenere, come fatto invece dalla difesa, che egli si sia limitato solo a fornire un aiuto alle singole prostitute, senza sostenerne l’attività.

Casa suddivisa in tre miniappartamenti locati in nero a tre prostitute. Logico parlare di favoreggiamento della prostituzione. Decisiva anche la constatazione che l’imputato sotto processo ha provveduto a rimuovere il riferimento citofonico, così da evitare di infastidire gli altri abitanti del palazzo Cassazione, sentenza n. 30924/20, depositata il 6 novembre . Ricostruita la vicenda, i Giudici di merito sono concordi nel ritenere colpevole l’imputato sotto processo. Fondata, in sostanza, l’accusa di favoreggiamento della prostituzione . Decisiva la constatazione della avvenuta locazione di tre miniappartamenti a tre prostitute. Secondo il difensore, però, la visione tracciata in secondo grado è erronea. In particolare, il legale sostiene che non vi sono prove concrete sul rapporto causale tra la condotta ascritta al suo cliente e l’attività di prostituzione , aggiungendo che tale nesso non potrebbe rinvenirsi nella mera locazione in nero di unità abitative a favore di prostitute, in uno con il distacco del campanello . Richiamando la Legge Merlin, il legale ricorda che va punito il soggetto che favorisce l’attività di meretricio, e non semplicemente la persona che esercita la prostituzione , e osserva che in questo caso è emersa solo una attività di aiuto alla persona, attraverso la locazione di unità immobiliari a prezzo di mercato , mentre è irrilevante, a suo dire, il dato della consapevolezza, in capo all’uomo, del fatto che in quei locali si svolgesse attività di prostituzione . Chiaro l’obiettivo della difesa dimostrare l’assenza del quid pluris idoneo a far individuare una concreta agevolazione del meretricio . E in questa ottica il legale sostiene che lo stesso frazionamento dell’unità immobiliare originaria è sintomatico solo della finalità di aumentare la redditività dell’immobile , e anche la disattivazione dell’unico campanello era funzionale al frazionamento della casa. E a quest’ultimo proposito è illogica, sempre secondo il legale, la tesi accusatoria secondo cui tale disattivazione sarebbe stata realizzata per evitare lamentele condominiali a fronte di ripetute scampanellate, essendo indimostrato che il suono del campanello sarebbe stato udito in tutte le altre abitazioni, mentre rimane logico solo il dato per cui tale suono, se non disattivato, avrebbe attinto indistintamente tutte le tre unità immobiliari frutto del frazionamento citato . Inutili però si rivelano le obiezioni proposte dal legale in difesa del suo cliente. Dalla Cassazione, difatti, confermano la condanna per favoreggiamento della prostituzione , e ritengono corrette le valutazioni compiute in Appello e poggiate su plurime circostanze, idonee nel ricostruire una condotta diretta a favorire effettivamente la prostituzione, andando esse ben oltre il mero servizio a favore della singola persona in quanto tale . In questa ottica è rilevante, aggiungono dalla Cassazione, la singolare circostanza – incontestata – dell’intervenuto affitto dei tre miniappartamenti sempre e comunque a soggetti dediti alla prostituzione , accompagnata poi dalla rimozione dell’unico campanello relativo all’immobile. Secondo i Giudici, ci si trova di fronte a situazioni coerenti con l’idea di favorire in maniera pregnante la medesima attività degli affittuari, sia anche consentendo eventualmente servizi collettivi” o comunque iniziative di reciproco supporto, sia in tal modo evitando lamentele da condomini non espletanti il medesimo servizio” . E così si spiega anche la rimozione dell’unico campanello, mai sostituito con tre distinti campanelli , rimozione evidentemente funzionale ad evitare fastidi per gli altri condomini . Non a caso, è stato proprio l’imputato a riconoscere che la rimozione del campanello era volta a evitare fastidi sonori , ammettendo, dunque, che esso era ben ascoltabile dagli altri abitanti del palazzo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 settembre – 6 novembre 2020, n. 30924 Presidente Ramacci – Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6 giugno 2019, la corte di Appello di Bologna in confermava la sentenza del 26 febbraio 2015 del tribunale di Bologna con cui Pa. Gi. era stato condannato in relazione al reato di cui all'art. 3 n. 8 della Legge n. 75 del 1958. 2 Avverso la pronuncia della predetta Corte di appello propone ricorso Pa. Gi., mediante il proprio difensore, deducendo un unico motivo di impugnazione. 2. Ha dedotto il vizio ex art. 606 comma 1 lett. b cod. proc. pen. nonché il vizio di motivazione, rilevando come la corte di appello avrebbe motivato in maniera insufficiente in ordine al rilevato rapporto causale tra la condotta ascritta e l'attività di prostituzione, evidenziando come esso non potrebbe rinvenirsi nella mera locazione in nero di unità abitative, a favore di prostitute, in uno con il distacco del campanello, come invece ritenuto dai giudici di merito, essendo richiesto che si favorisca l'attività di meretricio e non semplicemente la persona che la esercita. Nel caso in esame, emergerebbe solo una attività di aiuto alla persona, attraverso la locazione di unità immobiliari a prezzo di mercato, né modificherebbe la ricostruzione difensiva il dato della consapevolezza, in capo all'agente, del fatto che in quei locali si svolgesse attività di prostituzione. Mancherebbe, in ultima analisi, nella motivazione della corte di appello, quel quid pluris idoneo a far individuare una concreta agevolazione del meretricio. Lo stesso frazionamento dell'unità immobiliare originaria sarebbe sintomatico solo della finalità di aumentare la redditività dell'immobile. Anche la disattivazione dell'unico campanello sarebbe funzionale al frazionamento intervenuto. Illogica, al contano, sarebbe la tesi per cui tale disattivazione sarebbe stata realizzata per evitare lamentele condominiali a fronte di ripetute scampanellate, essendo indimostrato che il suono del campanello sarebbe stato udito in tutte le altre abitazioni, mentre rimane logico solo il dato per cui tale suono, se non disattivato, avrebbe attinto indistintamente tutte le tre unità immobiliari frutto del frazionamento citato. In maniera contraddittoria il giudice avrebbe inoltre ricavato da vicende pregresse, oggetto di assoluzione, una situazione di antigiuridicità, laddove dalle stesse secondo i giudici l'imputato avrebbe desunto come evitare disavventure giudiziarie sul medesimo tema. Con motivi aggiunti il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 240 cod. pen., per essere stata disposta la confisca dell'immobile del ricorrente, rientrante per due terzi nella titolarità della società HRA s.r.l., soggetto estraneo al reato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Propone una alternativa ricostruzione del fatto laddove i giudici del merito hanno operato una valutazione complessiva, insindacabile, di plurime circostanze, idonee nel ricostruire una condotta diretta a favorire effettivamente la prostituzione, andando esse ben oltre il mero servizio a favore della singola persona in quanto tale in tal senso coerente appare la singolare circostanza - incontestata - dell'intervenuto affitto dei tre miniappartamenti frutto di frazionamento sempre e comunque a soggetti dediti alla prostituzione e la rimozione dell'unico campanello situazioni coerenti con l'idea di favorire in maniera pregnante la medesima attività degli affittuari, sia anche consentendo eventualmente servizi collettivi o comunque iniziative di reciproco supporto sia in tal modo evitando lamentele da condomini non espletanti il medesimo servizio E in tale linea logica e fattuale, immune da vizi rilevabili in questa sede, si pone la rimozione dell'unico campanello, mai sostituito con tre distinti campanelli e come tale evidentemente funzionale ad evitare fastidi per gli altri condomini laddove lo stesso ricorrente, come emerge dalla sentenza, ha affermato che la rimozione era volta a evitare fastidi sonori e, dunque, era ben ascoltabile, diversamente da quanto sostenuto in ricorso per sminuire la porta della eliminazione. 2. Inammissibile è altresì la questione sulla confisca proposta con memoria, sia quale censura nuova, neppure riconducibile ai profili critici sollevati in ricorso, sia perché inerente ad aspetti riguardanti diritti facenti capo non direttamente al ricorrente come tale privo di interesse alla proposizione del motivo, cfr. Sez. U, n.'29529 del 25/06/2009 dep. 17/07/2009 Rv. 244110 - 01 De Marino . bensì a terzi. 3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.