Citofona alla vicina di notte per disturbarla: condannato

Sanzione definitiva per l’imputato, che ha fatto in modo da arrecare disturbo, in piena notte, alla vicina di casa. Nessun dubbio sulla sua responsabilità penale. Leggera la pena, solo pecuniaria su questo fronte decisivo anche il fatto che egli abbia trasferito la propria abitazione.

Citofona improvvisamente e in modo prolungato e priva di motivazioni, in piena notte, per dare fastidio alla vicina di casa. Legittima la condanna per molestie Cassazione, sentenza n. 30012/20, depositata il 29 ottobre . Scenario della assurda vicenda è un palazzo di Roma. Protagonista in negativo è un uomo – Carlo, nome di fantasia – che prende di mira la vicina di casa – Gianna, nome di fantasia – e le dà fastidio in piena notte, facendo suonare all’improvviso il citofono relativo al suo appartamento. Preso atto che è impossibile giungere a una rappacificazione tra i due contendenti, il ricorso alla giustizia è un passaggio inevitabile. E in Tribunale Carlo viene condannato alla pena di 300 euro di ammenda, in quanto riconosciuto colpevole del reato di molestie nei confronti della vicina di casa, avendo egli suonato il campanello della porta di ingresso dell’abitazione della donna in piena notte in due diverse occasioni. Per determinare la pena, comunque, i Giudici di merito hanno osservato che le condotte sono ormai cessate, avendo Carlo trasferito la propria abitazione e hanno sottolineato l’occasionalità della condotta . Ecco spiegata la decisione di optare per una sanzione solo pecuniaria . Inutile il ricorso proposto in Cassazione. Per i Giudici del Palazzaccio, difatti, è definitiva la condanna di Carlo per le molestie realizzate nei confronti della vicina di casa. Decisivo il fatto che il racconto di Gianna abbia trovato conferma nelle parole di un testimone in riferimento al subito disturbo della quiete domestica in orario notturno . Più precisamente, il testimone ha riferito di avere riscontrato, in più circostanze, che il citofono era stato manomesso con l’uso di uno stecchino” per provocarne l’ininterrotto funzionamento .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 settembre – 29 ottobre 2020, n. 30012 Presidente Iasillo – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Roma in data 13/6/2019, Ad. Ba. fu condannato alla pena di 300 Euro di ammenda in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche, del reato di cui all'art. 660 cod. pen., per aver recato molestia alla vicina di casa, Lu. Ia., suonando il campanello della porta di ingresso dell'abitazione della stessa in piena notte in Roma il 6 e l'8/3/2016. Nello stesso frangente, l'imputato era stato, invece, assolto, per non avere commesso il fatto, in relazione all'accusa di avere suonato, in più circostanze, il citofono dell'abitazione della persona offesa, in modo continuativo e per diversi minuti, non essendo stata raggiunta la prova che fosse stato proprio Ba. l'autore delle denunciate molestie. Considerato che le condotte erano ormai cessate, avendo l'imputato trasferito la propria abitazione, e considerato il tipo di molestia realizzata, il primo Giudice riconobbe le attenuanti generiche, anche in ragione dell'occasionalità della condotta e di limitare la pena a quella pecuniaria nella misura di 300,00 di ammenda. 2. Avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello lo stesso Ba. per mezzo del Difensore di fiducia, avv. Ca. Ar., deducendo quattro distinti motivi di impugnazione. Nondimeno, con la predetta pronuncia l'imputato era stato condannato alla sola pena pecuniaria, sicché ai sensi dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., la sentenza in questione avrebbe dovuto essere impugnata con il ricorso per cassazione. Per tale ragione, gli atti sono stati trasmessi dalla Corte di appello di Roma al Giudice di legittimità, in applicazione del principio, tratto dall'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., secondo cui l'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta, sicché il giudice ha il potere-dovere di provvedere all'appropriata qualificazione del gravame, privilegiando, rispetto alla formale apparenza, la volontà della parte di attivare il rimedio all'uopo predisposto dall'ordinamento giuridico e, se si tratta della Corte di cassazione, ritenere il giudizio qualificando l'impugnazione come ricorso, a norma degli artt. 620, lett. /' , e 621 cod. proc. pen. Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003, dep. 2004, Rv. 227092 . 2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta la mancata assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste, quantomeno ex art. 530 cod. proc. pen. per mancanza e/o contraddittorietà della prova in ragione delle numerose contraddizioni tra quanto riferito dai testi, Lu. Ia. e An. Di Ma., della non approfondita valutazione della deposizione della persona offesa, portatrice di interessi contrari a quello dell'imputato, anche in considerazione delle denunce sporte da quest'ultimo nei confronti della Ia. per la realizzazione di un manufatto abusivo da parte della stessa. Del resto, sia la persona offesa, sia il teste Di Ma., avrebbero riferito di non aver mai visto Ba. davanti-ai citofono. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis cod. pen., nonostante la particolare tenuità della lesione recata alla persona offesa e la non abitualità del comportamento, riscontrata dallo stesso Giudice in sede di applicazione della pena. 2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 2, cod. pen., tenuto conto di quanto riferito dall'imputato in sede di esame a proposito di rumori molesti nelle ore sensibili da parte della persona offesa. 2.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce la mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario giudiziale della condanna, nonostante lo stato di incensuratezza dell'imputato e la irrisorietà della pena pecuniaria applicata. 3. In data 4/8/2020 sono pervenuti in Cancelleria motivi nuovi trasmessi dall'avv. Carlo Argenti, con i quali è stato dedotto, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., il vizio di motivazione apparente in relazione alla affermazione di responsabilità dell'imputato, fondata unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa, che non sarebbero state sottoposte al vaglio di credibilità soggettiva e di attendibilità richiesto dalla giurisprudenza di legittimità. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2 II primo motivo è del tutto aspecifico, atteso che il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, prospettando, in maniera del tutto generica, la presenza di non meglio precisate contraddizioni nel racconto dei due testimoni, ipotizzando intenti ritorsivi nella persona offesa derivanti da denunce non allegate all'impugnazione e, pertanto, dedotte in maniera non autosufficiente. Del tutto aspecifico e in ogni caso irrilevante, infine, è il riferimento alla circostanza che i due testimoni abbiano raccontato di non aver mai visto Ba. davanti-ai citofono, considerato che per i relativi episodi l'imputato è stato assolto. Quanto, poi, alla valutazione della testimonianza della persona offesa, premesso che la stessa non abbisogna di riscontri esterni per dispiegare una piena efficacia probatoria Sez. U, n. 41461 del 19/7/2012, Bell'Arte, Rv. 253214 , va comunque osservato che il racconto della Ia. aveva trovato conferma, quanto alla realizzazione di interventi di disturbo della quiete domestica in orario notturno, nel racconto del teste Di Ma., che aveva riferito di avere riscontrato, in più circostanze, che il citofono era stato manomesso con l'uso di uno stecchino per provocarne l'ininterrotto funzionamento. 3. Il secondo motivo, con cui viene censurata la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis cod. pen., è del pari inammissibile, trattandosi di questione nuova , mai dedotta nel giudizio di merito e, come tale, non proponibile, per la prima volta, in sede di legittimità Sez. 6, n. 18061 del 15/3/2018, Cerra, Rv. 272974 . 4. Non autosufficiente è, ancora, il terzo motivo, attraverso il quale l'impugnante lamenta la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 2, cod. pen., atteso che le circostanze di fatto su cui si fonda la relativa deduzione, ovvero le dichiarazioni dell'imputato in sede di esame dibattimentale, sono state riportate senza allegare i relativi verbali, sicché non è possibile vagliare la fondatezza, pur in astratto, di quanto prospettato Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta, Rv. 263601 . 5. Quanto, infine, alle doglianze formulate con il quarto motivo, il riferimento allo stato di incensuratezza dell'imputato, che in tesi avrebbe giustificato la concessione del doppio beneficio, non è stato corredato da alcuna produzione atta a documentare la relativa condizione fermo restando che non risulta da alcun concreto elemento, in assenza di qualunque allegazione, che la difesa di Ba. avesse chiesto l'applicazione della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna v. Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 Sez. 1, n. 48422 del 9/9/2019, Novella, Rv. 277796 Sez. 3, n. 28690 del 9/2/2017, Rochira, Rv. 270587 . 6. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. 7. La natura non particolarmente complessa della questione e l'applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.