Quando si configura il reato di finanziamento illecito ai partiti politici da parte delle fondazioni?

La Suprema Corte analizza in modo dettagliato il reato oggetto dell’art. 7, l. n. 195/1974 con riferimento ad una Fondazione che aveva contribuito ad alcune spese riguardanti iniziative riconducibili ad un partito politico e corrisposto somme di denaro ai suoi esponenti. Basta ciò a ritenere sussistente il fumus in ordine al reato di finanziamento illecito ai partiti?

Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 28796/20, depositata il 16 ottobre. Il Tribunale di Firenze confermava il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. nei confronti dell’imputato per il reato di illecito finanziamento ai partiti politici . Contro tale pronuncia egli propone ricorso per cassazione, lamentando la violazione di legge e la mancanza di motivazione circa la qualificazione della sua Fondazione quale articolazione di partito politico e contestando la ritenuta sussistenza del fumus in ordine al reato addebitatogli. La Suprema Corte dichiara fondati i motivi di ricorso sopra prospettati, sottolineando come il Giudice non avesse esaminato il tema concernente la configurabilità del reato oggetto dell’art. 7, l. n. 195/1974 in relazione alle erogazioni provenienti da una fondazione politica , senza considerare che la marcata equiparazione stabilita tra partiti e fondazioni per effetto della l. n. 3/2019 cd. spazzacorrotti non può applicarsi a fatti risalenti ad epoca anteriore. Solo per effetto della legge spazzacorrotti, infatti, è stata prevista un’equiparazione ai partiti di associazioni e fondazioni politiche riguardante tutti gli obblighi e i divieti oggetto dell’art. 5 della legge citata, quando tali enti presentino i connotati ivi contenuti. Inoltre, per effetto dell’art. 1, comma 28, della l. n. 3/2019, le fondazioni e associazioni con i caratteri indicati dall’art. 5 sono destinatarie di tutte le prescrizioni e sanzioni contemplate ai commi da 11 a 27. Gli Ermellini osservano a tal proposito che l’equiparazione non implica un’identità ontologica ma ha ad oggetto la stessa ratio giustificativa dell’applicazione delle norme in materia di trasparenza . Per questo motivo, i Giudici evidenziano che la diversità ontologica tra partito e fondazione politica implica che quest’ultima non rileva agli effetti della disciplina penale del reato in oggetto quando non siano stati riscontrati elementi che conferiscano all’ente un contenuto e un’operatività diversa rispetto a quella apparente e dichiarata. Ciò posto, la Suprema Corte analizza i due profili rilevanti ai fini della configurabilità del reato di illecito finanziamento ai partiti , rilevando che, in primo luogo, il finanziamento deve ritenersi vietato se destinato al partito e ad esso giunge in forma indiretta ma comunque preordinata in secondo luogo, al di là della cornice formale dell’ente, si ritiene tale l’erogazione destinata al partito sia nel senso che essa sia immediatamente riversata al partito o comunque ad uno dei soggetti di cui agli artt. 7, l. n. 195/1974 e 4, comma 1, l. n. 659/1981, sia nel senso che l’ente si ponga a servizio del partito in modo stabile, svolgendo una funzione propulsiva a tal fine. Dunque, non è sufficiente una coincidenza di finalità politiche, ma è necessaria una concreta simbiosi operativa , tale per cui la struttura esterna possa dirsi sostanzialmente inserita nell’azione del partito o di suoi esponenti , e tra le strutture esterne può certo ricomprendersi anche la fondazione, in quanto anch’essa può fungere da strumento surrettizio di azione del partito o di suoi esponenti. All’esito di tale analisi, la Corte conclude per l’ annullamento della decisione impugnata, in quanto il Giudice aveva dato erroneamente per scontata una sorta di autoevidenza delle contribuzioni della Fondazione a sostegno di iniziative riconducibili ad un partito politico, senza però compiere alcuna analisi in vista della verifica effettiva del fumus del reato .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 settembre – 16 ottobre 2020, n. 28796 Presidente Bricchetti – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16/12/2019 il Tribunale di Firenze ha confermato il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. presso il Tribunale di Firenze in data 20/11/2019 nei confronti di C.M. in relazione al reato di cui all’art. 110 c.p., L. n. 195 del 1974, art. 7 e L. n. 659 del 1981, art. 4. 2. Ha proposto ricorso il C. tramite il suo difensore. 2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla qualificazione della Fondazione Open come articolazione di partito politico. Il Tribunale non aveva fornito risposta alla doglianza, coinvolgente il tema della configurabilità del fumus, relativa alla qualificazione della Fondazione Open come articolazione politico-organizzativa di partito, essendosi limitato a respingere l’assunto difensivo, quando veniva in rilievo la stessa possibilità di sussumere il fatto nella fattispecie ipotizzata. 2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del fumus in ordine al reato di finanziamento illecito ai partiti. Disattendendo il contrario parere pro-veritate espresso da tre illustri giuristi, il Tribunale aveva ritenuto che la Fondazione Open costituisse articolazione di partito, sottolineando che la stessa aveva contribuito ad alcune spese riguardanti iniziative riferibili ad un partito e aveva corrisposto somme di denaro in favore di un partito o di suoi parlamentari. Ma tali profili valevano invece a confermare che Open aveva agito da semplice fondazione politica. Rileva il ricorrente che prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 3 del 2019 le fondazioni erano soggette solo a prescrizioni in tema di adempimenti formali di pubblicità dettate dal D.L. n. 149 del 2013, art. 5, comma 1, convertito dalla L. n. 13 del 2014, non essendo invece estesi obblighi e sanzioni previsti dal comma 3. Avrebbe dovuto dirsi dunque legislativamente escluso che le fondazioni potessero considerarsi articolazioni di partito, tanto più alla luce di quanto risultante dai lavori parlamentari, in cui si era specificato che si era inteso far riferimento solo alle articolazioni previste dagli statuti di partito. 2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 253 c.p.p. e al principio di pertinenza. Era invero ravvisabile un sequestro avente finalità esplorative, non essendosi spiegato, a fronte dell’ipotizzato delitto di finanziamento illecito dei partiti e dei relativi elementi costitutivi, quali fossero i profili di inerenza e di pertinenzialità del materiale sequestrato. In realtà dallo stesso provvedimento genetico emergeva l’intendimento di ricercare elementi idonei a supportare altre ipotesi di reato, a fronte del sequestro di quanto ritenuto utile al fine delle indagini, disposto allo scopo di ricostruire i rapporti degli indagati B. e C. con i finanziatori della Fondazione Open e con i soggetti coinvolti nelle iniziative lussemburghesi e fiorentine descritte, la causale delle erogazioni, le modalità e le finalità delle stesse, quelle di costituzione della provvista, profili di per sé non coerenti rispetto al reato di finanziamento illecito dei partiti, anche alla luce delle chiavi di ricerca utilizzate dal P.M. per la selezione ed estrazione del materiale informatico. 3. Con successiva memoria il difensore del ricorrente ha ribadito gli argomenti riguardanti la lecita operatività della Fondazione Open quale fondazione politica, legittimata a contribuire al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti, articolazioni di partito, fermo restando che gli elementi valorizzati nel provvedimento impugnato non erano idonei ad attestare nulla di diverso da quel tipo di contribuzione al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito, in favore di partiti o singoli parlamentari. Segnala inoltre l’irrilevanza degli elementi incentrati sui rapporti con una società di diritto lussemburghese e con le erogazioni destinate a quest’ultima. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in relazione ai primi due motivi, dovendosi per contro rilevare l’inammissibilità del terzo, in quanto il relativo tema non ha formato oggetto di deduzioni in sede di riesame sul punto Sez. 6, n. 16395 del 10/1/2018, Contardo, Rv. 272982 Sez. 5, n. 3560 del 10/12/2013, dep. 2014, Palmas, Rv. 258553 . 2. Orbene, venendo all’esame dei primi due motivi, si rileva che il Tribunale non ha specificamente esaminato il tema cruciale, difensivamente dedotto, cioè quello concernente la configurabilità del reato di finanziamento illecito di cui alla L. n. 195 del 1974, art. 7 in relazione ad erogazioni fatte ad una fondazione politica, ma ha ritenuto di poter eludere la relativa analisi, dando conto delle finalità statutarie e confrontandole con alcune evidenze probatorie, ritenute espressive delle erogazioni fatte dalla Fondazione Open a supporto delle iniziative di un partito o di suoi esponenti, comprensive di rimborsi spese a parlamentari e della messa a disposizione di carte di credito e bancomat. Sta di fatto che nella prospettiva accusatoria la L. n. 195 del 1974, art. 7 sarebbe nel caso di specie applicabile, in quanto la Fondazione Open dovrebbe essere intesa alla stregua di un’articolazione politico-organizzativa di un partito. A fronte di ciò è stato eccepito dalla difesa che è mancata l’analisi del tema e che comunque la nozione di articolazione politico-organizzativa postulerebbe un’inclusione statutaria e formale della struttura nell’operatività del partito e che per contro non potrebbe stabilirsi un’equiparazione con una fondazione politica, dovendosi al riguardo considerare i limiti dell’equiparazione normativamente stabilita tra partiti e fondazioni politiche e comunque la sopravvenienza, per effetto della L. n. 3 del 2019 c.d. spazzacorrotti , di una più marcata equiparazione, non applicabile retroattivamente a fatti risalenti ad epoca anteriore. 3. Relativamente al tema dell’equiparazione, deve rimarcarsi come il D.L. n. 149 del 2013, art. 5, convertito con modificazioni dalla L. n. 13 del 2014, abbia stabilito un’equiparazione ai partiti di fondazioni e associazioni politiche cioè di quelle la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici, nonché di quelle che eroghino somme a titolo di liberalità o contribuiscano al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne o di parlamentari o consiglieri regionali, in misura superiore al 10 per cento dei propri proventi di esercizio dell’anno precedente ai fini dell’operatività delle prescrizioni in materia di trasparenza, dettate dal comma 1 di tale articolo. Solo per effetto della recente L. n. 3 del 2019 è stata introdotta una più marcata equiparazione. L’art. 1, comma 20, di tale legge, modificando il citato art. 5, ha stabilito che l’equiparazione concerne tutti gli obblighi e divieti dettati da tale articolo ed è riferibile alle fondazioni, alle associazioni e ai comitati la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici ovvero i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero persone che siano o siano state, nei dieci anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o Europeo o di assemblee elettive regionali o locali ovvero che ricoprano o abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo al livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali per esservi state elette o nominate in virtù della loro appartenenza a partiti o movimenti politici , nonché alle fondazioni e alle associazioni che eroghino somme a titolo di liberalità o contribuiscano in misura pari o superiore a Euro 5.000 l’anno al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, di membri di organi di partiti o movimenti politici o di persone che ricoprono incarichi istituzionali . Inoltre, per effetto della L. n. 3 del 2019, art. 1, comma 28, le fondazioni e associazioni, come descritte nel riformulato D.L. n. 149 del 2013, art. 5, sono destinatarie di tutte le disposizioni, prescrizioni e sanzioni contemplate ai commi da 11 a 27. A ben guardare l’equiparazione non implica un’identità ontologica ma sottende una medesima ratio giustificativa dell’applicazione delle norme in tema di trasparenza e mira a colmare quelle lacune che in funzione di misure anticorruzione erano state avvertite dagli osservatori e in particolare anche dal G.R.E.C.O Group of States against Corruption nell’Addenda al Second Complice Report. E tuttavia ciò ha rilievo agli effetti dell’applicazione delle specifiche norme per le quali è stabilita l’equiparazione. Correlativamente non può dirsi che l’equiparazione abbia un’immediata e automatica ricaduta, agli effetti dell’applicazione della L. n. 195 del 1974, art. 7. In particolare, deve osservarsi che la disposta equiparazione riguarda entità che hanno determinate connotazioni strutturali e operative, le quali sono prese in considerazione in ragione dell’esigenza di scongiurare il rischio di elusioni, essendo peraltro in concreto irrilevante, ai fini dell’applicazione della nuova disciplina, che elusioni siano o meno ravvisabili. D’altro canto, la fondazione non corrisponde ad un partito, cosicché la violazione delle prescrizioni e dei divieti ad esse applicabili non implica che possa dirsi automaticamente e contestualmente applicabile la L. n. 195 del 1974, art. 7, al di fuori dei casi specificamente previsti dal relativo precetto. Nel contempo ciò vale a sgomberare il campo dall’equivoco che potrebbe discendere dalla stabilita equiparazione deve infatti ritenersi del tutto irrilevante ai fini dell’applicazione della norma penale l’ambito dell’equiparazione, che opera su un piano parallelo e distinto. Piuttosto deve rimarcarsi che la diversità ontologica tra partito e fondazione politica implica che quest’ultima non possa rilevare agli effetti della disciplina penale del finanziamento illecito ai partiti, ove non siano ravvisabili elementi che valgano a conferire all’ente un contenuto e un’operatività concretamente diversa rispetto a quella apparente e dichiarata, fermo restando comunque la sottoposizione a prescrizioni e divieti derivanti dall’equiparazione legislativamente stabilita. In definitiva sono fuorvianti le deduzioni volte a stigmatizzare l’inapplicabilità dell’equiparazione nel caso concreto, trattandosi di profilo che è comunque estraneo al tema della riconducibilità dell’ente all’ambito di applicazione della L. n. 195 del 1974, art. 7, piuttosto dovendosi rimarcare che la nuova disciplina, nel porre in evidenza la simmetrica corrispondenza degli obblighi, evoca nel contempo la necessità di verificare profili sintomaticamente rappresentativi del possibile superamento dei limiti inerenti all’operatività di una vera e propria fondazione politica. 4. E proprio muovendo da tale rilievo, l’ulteriore analisi può focalizzare i temi decisivi. L’ipotesi di reato di cui alla L. n. 195 del 1974, art. 7 è riferibile ai finanziamenti in favore di partiti o di loro articolazioni politico-organizzative. In prima battuta sono certamente articolazioni rilevanti ai fini in esame quelle direttamente contemplate dagli statuti e inerenti all’assetto che un determinato partito formalmente si è dato. Vanno peraltro considerati due profili che possono incidere sulla concreta applicazione della norma. In primo luogo, il finanziamento deve ritenersi vietato se è destinato al partito e ad esso perviene in forma indiretta, ma comunque preordinata. È stato al riguardo affermato che è configurabile il reato di finanziamento illecito ai partiti politici qualora l’erogazione del contributo, pur formalmente riferibile a persona fisica, provenga da una società, la quale fornisca la relativa provvista in violazione delle prescrizioni di cui alla L. 2 maggio 1974, n. 195, art. 7, richiamato dalla L. 18 novembre 1981, n. 659, art. 4, atteso che la fattispecie incriminatrice fa riferimento alle erogazioni eseguite dagli enti societari in qualunque forma, anche indiretta Sez. 6, n. 37624 del 14/6/2019, Naro, Rv. 277199 ciò consente di ipotizzare che un determinato finanziamento destinato al partito sia comunque occultato dall’utilizzo di uno schermo intermedio, destinato a consentire l’ulteriore passaggio verso il partito. In secondo luogo deve ritenersi che al di là della cornice formale un ente intermedio di qualsivoglia natura possa costituire tramite di erogazioni destinate al partito, sia nel senso che le erogazioni siano immediatamente riversate al partito o comunque a taluno dei soggetti presi in considerazione dalla L. n. 195 del 1974, art. 7 e L. n. 659 del 1981, art. 4, comma 1, sia nel senso che l’ente si ponga stabilmente al servizio del partito, svolgendo una funzione propulsiva, quale articolazione politico-organizzativa di esso e quale centro di imputazione di erogazioni destinate a finanziare le attività del partito o di suoi esponenti. Ma a tal fine è necessario non solo dar conto di erogazioni o contribuzioni in favore del partito rivenienti dall’ente, formalmente esterno al partito, ma anche del fatto che la reale funzione di esso, al di là di quanto in apparenza desumibile dalla formale cornice statutaria, possa dirsi corrispondente a quella di uno strumento nelle mani del partito o di suoi esponenti, in assenza di una sua effettiva diversa operatività, governata da logiche non immediatamente o esclusivamente strumentali. Non è sufficiente una mera coincidenza di finalità politiche, ma occorre anche una concreta simbiosi operativa, tale per cui la struttura esterna possa dirsi sostanzialmente inserita nell’azione del partito o di suoi esponenti, in modo che finanziamenti ad essa destinati abbiano per ciò stesso una univoca destinazione al servizio del partito. In tale ambito possono inquadrarsi anche le fondazioni, ma non in ragione della disposta equiparazione, rilevante agli effetti delle prescrizioni e divieti volti ad assicurare la trasparenza dei finanziamenti, bensì in ragione del fatto che, a prescindere dall’apparenza formale, esse costituiscano uno strumento surrettizio di azione del partito o di suoi esponenti. Ciò implica una rigorosa verifica dell’azione della fondazione, del tipo di rapporto con il partito o con suoi esponenti, della rilevanza della sua operatività ai fini dell’azione del partito o dei suoi esponenti, della sostanziale mancanza di una funzione diversa e autonoma, manifestatasi costantemente negli anni, anche alla luce di una analisi dell’attività svolta e delle entrate e delle uscite ad essa connesse. 5. Sulla base di tale analisi appare evidente la fondatezza dei rilievi esposti nei primi due motivi di ricorso, avendo il Tribunale elencato una serie di elementi probatori, riferiti a contribuzioni della Fondazione a sostegno di iniziative di un partito o di suoi esponenti, ma avendone erroneamente data per scontata una sorta di autoevidenza, in assenza di un loro coerente e convergente inquadramento e di una verifica effettiva del fumus del reato, posto alla base della perquisizione e del sequestro, fumus che non può risolversi in una solo asserita ed unilaterale prospettazione si rinvia a Sez. U. n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657, secondo cui in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente prendere atto della tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica , ma implica l’analisi degli elementi disponibili e l’attribuzione ad essi di un significato preciso, nel caso di specie involgente anche un’analisi dell’operatività della Fondazione Open, in modo da poter inquadrare gli elementi prospettati al di fuori della ordinaria attività di una fondazione politica e da poter per contro suffragare, sia pur all’attuale stadio delle indagini e per le relative finalità, l’assunto accusatorio dell’illiceità di finanziamenti ricevuti e/o intermediati da Fondazione Open 6. Il vizio si traduce in duplice profilo di violazione di legge, riferito sia alla mancanza di motivazione sia al presupposto inquadramento giuridico della fattispecie. Di qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze per un nuovo giudizio alla luce dei principi esposti. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze, competente ai sensi dell’art. 324 c.p.p., comma 5.