Padre condannato per non aver provveduto adeguatamente ai due figli avuti dall’ex moglie

Respinta la tesi difensiva secondo cui l’uomo si sarebbe trovato a vivere una situazione economica precaria. Inequivocabile, per i giudici, è il dato rappresentato dal contratto di affitto dell’immobile in cui egli vive col figlio avuto da una relazione.

Respinta la tesi difensiva secondo cui l’uomo si sarebbe trovato a vivere una situazione economica precaria su questo fronte i giudici osservano che egli ha preso in affitto un immobile per stare col figlio avuto da un’altra donna e si è sobbarcato un canone di locazione esorbitante Cassazione, sentenza n. 28778, sezione sesta penale, depositata oggi . Sotto accusa un uomo per la mancata cura prestata ai due figli avuti dall’ex moglie. I Giudici di merito ritengono evidente la sua colpevolezza , e in secondo grado egli viene condannato per violazione degli obblighi di assistenza familiare , non avendo fornito mezzi di sussistenza ai due figli minori . In Appello, in particolare, viene ritenuto decisivo l’utilizzo da parte dell’uomo di un alloggio reperito in affitto nel libero mercato ad un canone troppo alto e incompatibile con le condizioni economiche da lui evidenziate. Su questo punto si sofferma il legale, contestando la tesi accusatoria, secondo cui la locazione dell’immobile a un canone esorbitante era ascrivibile a una libera scelta dell’uomo, e spiegando che il suo cliente aveva vanamente cercato un alloggio più economico e richiesto aiuto per il pagamento del canone, però senza ottenere risposta . E comunque, aggiunge il legale, non si trattava di un immobile lussuoso e l’importo del canone è stato giudicato eccessivo senza alcun supporto probatorio . A completare la linea difensiva, poi, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131- bis c.p Su questo fronte il legale sostiene che non può avere rilievo la sola reiterazione del mancato versamento a fronte dei parziali pagamenti effettuati dal suo cliente e del fatto che egli aveva provveduto ai figli nati dal matrimonio, nei periodi in cui si trattenevano con lui . E poi, aggiunge ancora il legale, avrebbe dovuto valutarsi se fossero venuti meno davvero i mezzi di sussistenza , fermi restando, come detto, i parziali versamenti e i periodi nei quali i minori si erano trattenuti con il padre . Per i Giudici della Cassazione, però, checché ne dica il legale, è evidente la colpevolezza dell’uomo, e corretto è il richiamo fatto in secondo grado alla sua concreta capacità economica . Legittimamente sono state valutate le concrete disponibilità reddituali dell’uomo , osservando come a fronte di esse, la circostanza che egli avesse scelto di vivere con l’altro figlio, nato da una diversa relazione, in un appartamento preso in affitto ad un canone non proporzionato a quelle risorse non potesse risolversi in un danno per i figli minori avuti dall’ex moglie . In questa prospettiva, quindi, osservano dalla Cassazione, si è rilevato come non fosse stato dato conto della concreta impossibilità di operare scelte diverse o di fruire di alloggi a minor costo e come dunque non potessero accogliersi le deduzioni difensive in merito all’impossibilità di far fronte al versamento di quanto dovuto in favore degli altri due figli minori avuti con l’ex moglie. E tale visione è in linea col principio secondo cui in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 c.p., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti . A fronte della valutazione compiuta dai Giudici di merito, poi, l’uomo non ha dimostrato di aver effettivamente percorso strade alternative per fruire di alloggi meno onerosi o di condizioni più favorevoli e ciò assume tanto più rilievo, spiegano dalla Cassazione, se si considera che alla cura verso il figlio nato da diversa relazione, ha fatto riscontro il protratto inadempimento dell’obbligo verso i due minori avuti dell’ex moglie, salvi versamenti saltuari, comunque di gran lunga inferiori alla somma stabilita . Di conseguenza, è impossibile anche solo ipotizzare la non punibilità, presto atto della persistente condotta omissiva tenuta dall’uomo e intervallata solo da adempimenti saltuari e parziali . E non può essere ignorato, aggiungono i magistrati, che la condotta dell’omesso versamento, di per sé reiterato, si risolve in una permanente mancanza di mezzi di sussistenza, a fronte di un persistente stato di bisogno.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 settembre – 16 ottobre 2020, n. 28778 Presidente Bricchetti – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27/2/2019 la Corte di appello di Trento, in parziale riforma di quella del Tribunale di Trento in data 5/9/2017, ha ripristinato l'originaria qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., in relazione alla mancata prestazione di mezzi di sussistenza ai figli minori, e ha confermato il giudizio di penale responsabilità di Ac. Fr. Pa. Ce., rideterminando la pena e sostituendo quella detentiva con la libertà controllata. 2. Ha presentato ricorso l'Ac. tramite il suo difensore. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilità dell'elemento oggettivo e di quello soggettivo. Contesta in particolare l'affermazione della Corte secondo cui la disponibilità di un alloggio reperito in affitto nel libero mercato ad un canone troppo alto avrebbe dovuto reputarsi incompatibile con le condizioni economiche del ricorrente e ascrivibile a sua libera scelta senonché egli aveva vanamente cercato un alloggio più economico e richiesto aiuto per il pagamento del canone, ma senza ottenere risposta. Peraltro, non si trattava di immobile lussuoso e l'importo del canone era stato giudicato eccessivo senza alcun supporto probatorio. Indebitamente era stato rovesciato sul ricorrente l'onere probatorio. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all'invocata causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. Indebitamente la Corte aveva reputato che il fatto avesse ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Si sarebbe trattato di valutare il fatto nel rapporto con i minori. Non avrebbe potuto aver rilievo la sola reiterazione del mancato versamento, a fronte dei parziali pagamenti effettuati e del fatto che il ricorrente aveva provveduto ai figli nati dal matrimonio, nei periodi in cui si trattenevano con lui. 2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla qualificazione del fatto. Il primo Giudice aveva ravvisato il delitto di cui all'art. 12-sexies legge 898 del 1970, mentre la Corte aveva ripristinato l'originaria qualificazione ravvisando lo stato di bisogno dei minori. Ma avrebbe dovuto valutarsi se fossero venuti meno i mezzi di sussistenza, ciò che la Corte aveva omesso di fare, fermi restando i parziali versamenti e i periodi nei quali i minori si erano trattenuti con il padre. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. In particolare non merita accoglimento il primo motivo, nel quale si deduce l'inidoneità delle valutazioni della Corte in merito alla concreta capacità economica del ricorrente. Sta di fatto che la Corte ha considerato le concrete disponibilità reddituali del ricorrente, osservando come, a fronte di esse, la circostanza che il predetto avesse scelto di vivere con l'altro figlio, nato da una diversa relazione, in un appartamento preso in affitto ad un canone non proporzionato a quelle risorse non potesse risolversi in un danno per i figli minori avuti dall'ex compagna Ve In tale prospettiva si è rilevato come non fosse stato dato conto della concreta impossibilità di operare scelte diverse o di fruire di alloggi a minor costo e come dunque non potessero accogliersi le deduzioni difensive in merito all'impossibilità di far fronte al versamento di quanto dovuto in favore degli altri due figli minori. Si tratta di affermazione in linea con l'orientamento consolidato secondo cui in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 cod. pen., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti Sez. 6, n. 53173 del 22/5/2018, R., Rv. 274613 Sez. 6, n. 41362 del 21/10/2010, M., Rv. 248955 . A fronte di ciò il ricorrente si duole della valutazione in concreto operata dalla Corte, ma alla resa dei conti non dimostra di aver effettivamente percorso strade alternative per fruire di alloggi meno onerosi o di condizioni più favorevoli, ciò che assume tanto più rilievo se si considera che alla cura verso il figlio nato da diversa relazione, ha fatto riscontro il protratto inadempimento dell'obbligo verso i due minori avuti dalla Ve., salvi versamenti saltuari, comunque di gran lunga inferiori alla somma stabilita e in prosieguo di tempo, per quanto rilevato dalla Corte, non modificata. 3. E' inammissibile, perché manifestamente infondato, il secondo motivo. La Corte ha correttamente dato conto della persistente condotta omissiva, intervallata solo da adempimenti saltuari e parziali, rilevando l'incompatibilità di essa con l'ipotesi prevista dall'art. 131-bis cod. pen. Va del resto rilevato come la condotta dell'omesso versamento, di per sé reiterato, si risolva con riguardo al delitto di cui all'art. 570 comma secondo, cod. pen. in una permanente mancanza di mezzi di sussistenza, a fronte di un persistente stato di bisogno. Ma la connotazione del reato in termini di permanenza sottende comunque sul piano fenomenico che il comportamento assuma progressivamente ulteriore significato in relazione al rinnovato inadempimento, ciò che con riguardo alla parallela ipotesi di cui all'art. 3 legge 54 del 2006 o a quella del mancato versamento dell'assegno divorzile di cui all'art. 12-sexies legge 898 del 1970 ora art. 570-bis cod. pen. ha condotto a ravvisare un reato a consumazione prolungata Sez. 6, n. 11780 del 21/1/2020, P., Rv. 278722 o comunque abituale Sez. 2, n 23020 del 10/5/2016, P., Rv. 267040 . In ogni caso il ricorrente si è limitato ad invocare i pagamenti parziali e a segnalare periodi in cui i minori si erano trattenuti presso di lui, peraltro senza fornire indicazioni precise in ordine alla consistenza effettiva di tali periodi. Ne discende che non risultano in alcun modo vulnerate le valutazioni della Corte in ordine all'incompatibilità del comportamento con il riconoscimento dell'ipotesi invocata. 4. Parimenti inammissibile risulta il terzo motivo, relativo alla qualificazione del fatto. La Corte ha invero richiamato sulla scorta delle valutazioni contenute nell'appello del P.G. l'orientamento secondo cui con riguardo ai minori lo stato di bisogno è in re ipsa, cosicché l'omesso versamento di somme in loro favore da parte del soggetto obbligato determina la mancanza di mezzi di sussistenza, in assenza della prova della disponibilità di autonome fonti di reddito, ferma restando l'irrilevanza del fatto che alla sussistenza provvedano altri soggetti si richiama al riguardo Sez. 6, n. 17766 del 27/2/2019, V., Rv. 275726 Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, S., Rv. 261871 . Il ricorrente sul punto si è limitato a dedurre che la Corte aveva verificato lo stato di bisogno ma non la prestazione di mezzi di sussistenza, senza confrontarsi con il rilievo del protratto inadempimento, non compensato da versamenti saltuari e parziali, comunque intervenuti solo fino al gennaio 2016, e senza fornire indicazioni precise in ordine ai periodi in cui i minori si erano trattenuti presso di lui. Corretta dunque risulta la qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 570, comma secondo, n. 2 cod. pen. 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.