Mascherine a prezzi ‘gonfiati’, dissequestrate le farmacie

Inutile il ricorso in Cassazione proposto dall’imprenditrice e mirato a contestare il fumus delicti relativo al reato ipotizzato, ossia manovra speculativa su merci”. Sufficiente il provvedimento con cui il Tribunale del riesame ha disposto il dissequestro degli esercizi pubblici, prendendo atto che per effetto di disposizioni normative si è determinato un maggior equilibrio fra la domanda e la offerta dei prodotti, tale da realizzare il ripristino di ordinarie condizioni di mercato.

Superata – almeno in apparenza – la fase critica dell’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19, vengono meno i presupposti per il sequestro della farmacia finita sotto accusa per i prezzi maggiorati applicati a prodotti come mascherine protettive, guanti monouso in lattice e liquidi igienizzanti. Inutile, tuttavia, il ricorso proposto in Cassazione, e mirato a mettere in discussione l’originaria qualificazione della condotta , ossia manovra speculativa su merci” Cassazione, sentenza n. 28946/20, sez. III Penale, depositata oggi . All’origine della vicenda le polemiche e le segnalazioni riguardanti i prezzi ‘gonfiati’ praticati, durante i mesi della chiusura totale provocata dal Coronavirus, su prodotti diventati indispensabili, come, ad esempio, le mascherine protettive. A finire sotto accusa, in particolare, due parafarmacie in Abruzzo. Consequenziale il provvedimento, datato aprile 2020, con cui il GIP del Tribunale dispone il sequestro preventivo degli esercizi pubblici , mentre alla legale rappresentante della società che gestisce le due parafarmacie viene contestato il reato di manovra speculativa su merci . Nello specifico, secondo l’accusa, l’imprenditrice ha messo in commercio, nel corso della recente emergenza legata all’insorgere della epidemia da ‘coronavirus’, generi di prima necessità mascherine protettive, guanti in lattice monouso e prodotti liquidi disinfettanti a prezzi fortemente maggiorati, in tal modo compiendo manovre speculative atte a determinare il rincaro sul mercato interno dei prodotti in questione . A maggio 2020, però, arriva il provvedimento del Tribunale, che dispone il dissequestro delle due farmacie. Preso atto che il provvedimento cautelare reale è stato adottato nel corso delle indagini a carico della imprenditrice in relazione al reato di manovra speculativa su merci , i Giudici osservano però che per effetto di disposizioni normative di carattere generale in particolare viene richiamata la ordinanza n. 11 del 26 aprile 2020 adottata dal Commissario straordinario per l’attuazione ed il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento ed il contrasto dell’emergenza epidemiologica ad oggi si è determinato un maggior equilibrio fra la domanda e la offerta dei prodotti, tale da realizzare il ripristino di ordinarie condizioni di mercato . Allo stesso tempo, non può essere ignorato, viene aggiunto, che per effetto dell’avvenuto ristabilimento della ordinaria libertà di locomozione dei cittadini sul territorio dello Stato è venuta meno quella situazione di parcellizzazione e atomizzazione microeconomica dei mercati che avrebbe consentito, in via astratta, la possibilità di incidenza sull’andamento di essi anche a fenomeni di carattere locale . In sostanza, secondo i Giudici paiono cessate le esigenze cautelari che avevano giustificato la adozione della misura in questione . Ciò significa dissequestro dei due esercizi commerciali e loro restituzione all’avente diritto , ossia alla società titolare della gestione delle due parafarmacie. A fronte di tale quadro è però privo di fondamento il ricorso proposto in Cassazione dalla imprenditrice e mirato a sostenere la originaria carenza dei requisiti per la adozione della misura in questione e a contestare l’esistenza del fumus delicti , vista, a suo avviso, l’impossibilità di qualificare la fattispecie come manovra speculativa su merci . I Magistrati del ‘Palazzaccio’ ribattono, innanzitutto, ponendo in evidenza la assoluta carenza di legittimazione della imprenditrice ad impugnare la decisione assunta dal Tribunale in funzione di giudice del riesame . Ciò perché il sequestro è stato adottato su beni facenti capo a una ‘srl’ – ente che, per la tipologia rivestita, è dotato di piena soggettività nel nostro ordinamento – mentre il presente ricorso è stato presentato dalla donna in proprio, cioè in quanto soggetto sottoposto ad indagini preliminari, e non in quanto, eventualmente, legale rappresentante, della predetta compagine sociale . Peraltro, nel giudizio penale la nozione di interesse ad impugnare va individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo . E in questa ottica i Giudici della Cassazione osservano che stante la natura del presente giudizio, avente ad oggetto la legittimità o meno della decisione assunta dal Tribunale del riesame in ordine alla fondatezza o meno della istanza di riesame di una misura cautelare, l’ interesse del soggetto ricorrente deve intendersi integralmente soddisfatto – senza possibilità, quanto meno con riferimento alla presente fase processuale, di ulteriori arricchimenti della sua posizione soggettiva – una volta che siano stati rimossi gli effetti del provvedimento impugnato e sia stata ripristinata la situazione preesistente alla esecuzione della misura cautelare de qua . In questa vicenda, preso atto che l’avente diritto è stato pienamente reintegrato nel possesso dei beni sequestrati, è evidente l’assenza di alcun ulteriore interesse dell’imprenditrice, se non quello, surrettizio, di sollecitare ai Giudici della Cassazione, in una sede impropria, una pronunzia, che si suppone favorevole, in ordine alla sussistenza del fumus delicti .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 settembre – 14 ottobre 2020, n. 28496 Presidente Ramacci – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con ordinanza emessa in data 21 maggio 2020, le cui motivazioni sono state depositate in pari data, il Tribunale di Pescara, adito su richiesta di Di Me. Si., ha accolto la richiesta di riesame da costei presentata in relazione al provvedimento con il quale, il precedente 14 aprile 2020, il Gip del medesimo Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo degli esercizi pubblici ove la Business Services Srl svolgeva la sua attività di gestione di due parafarmacie, rispettivamente denominate Farmaternum e Farmateate. Il Tribunale - dato atto della circostanza che il provvedimento cautelare reale era stato adottato nel corso delle indagini a carico della Di Me. in relazione al reato di cui all'art. 501-bis cod. pen., in ipotesi da questa commesso per avere messo in commercio, nel corso della recente emergenza legata all'insorgere della epidemia da coronavirus, generi di prima necessità nella specie mascherine protettive, guanti in lattice monouso e prodotti liquidi disinfettanti a prezzi fortemente maggiorati, in tal modo compiendo manovre speculative atte a determinare il rincaro sul mercato interno dei prodotti in questione - ha, tuttavia osservato che, per effetto di disposizioni normative di carattere generale in particolare è stata richiamata la ordinanza n. 11 del 26 aprile 2020 adottata dal Commissario straordinario per l'attuazione ed il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento ed il contrasto dell'emergenza epidemiologica , ad oggi si è determinato un maggior equilibrio fra la domanda e la offerta dei prodotti di cui sopra, tale da realizzare il ripristino di ordinarie condizioni di mercato. Ha, altresì, rilevato che, per effetto dell'avvenuto ristabilimento della ordinaria libertà di locomozione dei cittadini sul territorio dello Stato, è venuta meno quella situazione di parcellizzazione e atomizzazione microeconomica dei mercati che avrebbe consentito, in via astratta, la possibilità di incidenza sull'andamento di essi anche a fenomeni di carattere locale. Sulla base dei rilievi che precedono, ritenuto che fossero cessate le esigenze cautelari che avevano giustificato la adozione della misura in questione, ha accolto l'istanza formulata dalla Di Me. ed ha, pertanto, ordinato il dissequestro dei due esercizi commerciali e la loro restituzione all'avente diritto. Avverso la predetta ordinanza ha interposto ricorso per cassazione la indagata, lamentando la originaria carenza dei requisiti per la adozione della misura in questione, in particolare il fumus delicti, stante la impossibilità di qualificare la fattispecie ai sensi dell'art. 501-bis cod. pen. Considerato in diritto Il ricorso è chiaramente inammissibile. Ciò in ragione di una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali già sarebbe autonomamente sufficiente a sostenere la decisione assunta. Vi è, in primo luogo, da rilevare, in via del tutto pregiudiziale, la assoluta carenza di legittimazione della Di Me. ad impugnare la decisione assunta dal Tribunale di Pescara in funzione di giudice del riesame. Va, infatti, premesso che, per quanto chiaramente emergente dal testo della ordinanza impugnata, il sequestro del quale si discute è stato adottato su beni facenti capo alla Business Services Srl - ente che, per la tipologia rivestita, è dotato di piena soggettività nel nostro ordinamento - mentre il presente ricorso è stato presentato dalla Di Me. in proprio, cioè in quanto soggetto sottoposto ad indagini preliminari, e non in quanto, eventualmente, legale rappresentante, della predetta compagine sociale. Sulla base di questo dato va considerato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l'indagato che non sia il titolare del bene sequestrato è legittimato a ricorrere avverso un provvedimento cautelare di sequestro solamente in quanto affermi motivatamente di essere il soggetto che, ove il suo ricorso fosse accolto, sarebbe immesso, in base ad un valido titolo, nella materiale disponibilità del bene precedentemente staggito, rimanendo, invece, privo di legittimazione laddove dovesse rimanere estraneo rispetto a siffatta restituzione così, in sostanza Corte di cassazione, Sezione V penale, 27 dicembre 2019, n. 52060 idem Sezione III penale, 24 gennaio 2019, n. 3602 . Nel caso in esame la Di Me., pacificamente soggetto legalmente diverso rispetto alla Business Services Srl, non ha svolto, come sarebbe stato suo onere, alcuna considerazione in merito alle ragioni che avrebbero potuto giustificare la sua legittimazione, e cioè il diritto alla restituzione di quanto in sequestro, segnando, pertanto, nel senso della inammissibilità il suo ricorso. Ma, come dianzi accennato, siffatta conclusione è dovuta anche ad un'altra, di per sé sufficiente, concorrente ragione. Osserva, infatti, il Collegio, considerato l'insegnamento sul punto delle Sezioni unite di questa Corte, che, a differenza che nel giudizio civile -caratterizzato dal confronto dialettico fra due posizioni soggettive contrapposte ed, in linea di principio, inconciliabili - nel quale il presupposto indefettibile ai fini della legittimazione ad impugnare una decisione giurisdizionale è dato dal requisito della soccombenza , nel giudizio penale la nozione di interesse ad impugnare va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un'utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 17 febbraio 2012, n. 6624 . Osserva, a questo punto, il Collegio che, stante la natura del presente giudizio, avente ad oggetto la legittimità o meno della decisione assunta dal Tribunale del riesame in ordine alla fondatezza o meno della istanza di riesame di una misura cautelare, l'interesse del soggetto ricorrente deve intendersi integralmente soddisfatto - senza possibilità, quanto meno con riferimento alla presente fase processuale di ulteriori arricchimenti della sua posizione soggettiva - una volta che siano stati rimossi gli effetti del provvedimento impugnato e sia stata ripristinata la situazione preesistente alla esecuzione della misura cautelare de qua in tal senso, per tutte Corte di cassazione, Sezione VI penale, 21 gennaio 1993, n. 4438 né vale rilevare l'apparentemente contrario avviso espresso da Corte di cassazione, Sezione IV penale, 29 marzo 2011, n. 12710, posto che nella fattispecie la Corte ebbe a sottolineare che, al di là del suo mantenimento, la adozione della misura, essendo stata revocata questa solo in ragione della prestazione di una cauzione monetaria, avrebbe comunque continuato a spiegare un effetto immediatamente pregiudizievole sulla posizione soggettiva dell'interessato, consentendo il trattenimento della somma versata a titolo di cauzione, giustificando, pertanto, ciò il suo perdurante interesse a ricorrere onde rimuovere anche tale effetto . La assenza nella ipotesi ora sottoposta allo scrutinio di questo Collegio di alcun ulteriore interesse della ricorrente - essendo stato l'avente diritto pienamente reintegrato nel possesso dei beni sequestrati - che non sia quello, surrettizio, di sollecitare a questa Corte, in una sede impropria, una pronunzia, che si suppone favorevole, in ordine alla sussistenza del fumus delicti, determina vieppiù la inammissibilità del ricorso. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso fa seguito, visto l'art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.