Valutazione della richiesta di applicazione della disciplina della continuazione in sede di esecuzione

Il giudice dell’esecuzione investito della richiesta ex art. 671 c.p.p. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28471/20, depositata il 13 ottobre. Il GIP presso il Tribunale di Roma veniva investito della richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 c.p.p. in ordine ai delitti di rapina commessi dall’istante e già giudicati con sentenze irrevocabili. L’istanza veniva rigettata. La difesa ha dunque proposto ricorso per cassazione. Il Collegio richiama i principi consolidati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di applicazione della continuazione e ricorda che l’ identità del disegno criminoso , caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81 c.p., comma 2, postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali Cass.Pen. n. 15955/16 . Inoltre occorre ricordare che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio - temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita . In tal senso è necessario che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali , non essendo sufficiente valorizzare la presenza di alcuni degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea Sez. U., n. 28659/17 . La pronuncia in oggetto sottolinea inoltre che il giudice dell’esecuzione , investito della richiesta ex art. 671 c.p.p. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame . Qualora ritenga di rigettare la domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, è dunque tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento. Applicando tali principi al caso di specie, il ricorso risulta fondato non avendo il giudice correttamente motivato la decisione di discostarsi dall’accertamento compiuto in sede di cognizione. Per questi motivi, l’ordinanza impugnata viene annullata con rinvio al Tribunale di Roma.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 luglio – 13 ottobre 2020, n. 28471 Presidente Casa – Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con atto rivolto al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in funzione di giudice dell’esecuzione, veniva richiesta, nell’interesse di S.S. , l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., in ordine ai delitti giudicati con le seguenti sentenze divenute irrevocabili a sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma il 21 novembre 2017, con la quale, in esito a giudizio abbreviato, il S. era stato condannato per due rapine aggravate dall’uso di arma in danno di istituti bancari, delitti commessi in omissis b sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma il 19 aprile 2018, con la quale, in esito a giudizio abbreviato, il prevenuto era stato condannato per ventinove rapine aggravate dall’uso di arma in danno di istituti di credito e farmacie, delitti commessi in omissis c sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma il giorno 11 gennaio 2019, con la quale, in esito a giudizio abbreviato, il S. era stato condannato per due rapine aggravata dall’uso di arma in danno di istituti di credito, delitti commessi in omissis . 2. Il giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza, con ordinanza del 23 luglio 2019. 3. L’avv. Giancarlo Di Giulio, difensore di S.S. , ha proposto ricorso per cassazione con atto in cui deduce vizio di motivazione con riferimento al mancato accoglimento della richiesta incidentale. La difesa aveva evidenziato che la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma il 19 aprile 2018, sopra indicata alla lettera b , ebbe ad oggetto rapine commesse tra il omissis e riconobbe la sussistenza del vincolo in relazione ai reati in essa giudicati. Inoltre, si era evidenziato che le rapine giudicate con le sentenze sopra indicate con le lettere a e c , emesse dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma rispettivamente nei giorni 21 novembre 2017 e 11 gennaio 2019, si collocano all’interno dell’arco temporale di commissione dei reati di cui alla sentenza sopra indicata alla lettera b e sono prossimi a questi ultimi. Il giudice dell’esecuzione ha totalmente omesso di valutare e di argomentare in ordine a tale richiesta. In particolare, il giudice dell’esecuzione non ha rilevato che le rapine giudicate con la sentenza sopra indicata alla lettera a sono cronologicamente assai vicine alla rapina di cui al capo di imputazione n. 22 della sentenza sopra indicata alla lettera b , e si collocano tra la rapina n. 21 e la rapina n. 22 - già poste in continuazione tra loro dal giudice della cognizione - di cui alla sentenza da ultimo citata. Inoltre, il giudice dell’esecuzione ha compiuto analoga omissione con riferimento alle rapine giudicate con la sentenza sopra indicata alla lettera c tali reati si collocano tra quelli di cui ai nn. 2 e 3 della sentenza sopra indicata alla lettera b , in relazione ai quali è già stata riconosciuta l’applicazione della disciplina del reato continuato. Poiché si tratta di reati perfettamente omogenei, commessi con le stesse modalità, l’esclusione del vincolo della continuazione si pone logicamente e giuridicamente in contrasto con quanto affermato dalla sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma il 19 aprile 2018, sopra indicata con la lettera. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. La trattazione del caso rende opportuno premettere alcuni riferimenti alla giurisprudenza di legittimità. 1.1. È stato affermato che, in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81 c.p., comma 2, postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615 . Il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio - temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 . La consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza non è condizione necessaria o sufficiente ai fini del riconoscimento della continuazione, ma ne costituisce comunque un indice rivelatore che deve formare oggetto di specifico esame da parte del giudice dell’esecuzione, qualora emerga dagli atti o sia stato altrimenti prospettato dal condannato Sez. 1, n. 18242 del 04/04/2014, Flammini, Rv. 259192 . 1.2. La valutazione in ordine alla sussistenza, in relazione alle concrete fattispecie, dell’unicità del disegno criminoso, è compito del giudice di merito, la cui decisione sul punto, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità Sez. 4, n. 10366 del 28/05/1990, Paoletti, Rv. 184908 . L’indagine che si impone alla riflessione del giudice chiamato a delibare un’istanza di applicazione della disciplina della continuazione deve concentrarsi su tre essenziali problemi dapprima, verificare la credibilità intrinseca, sotto i profili della logica e della congruità, dell’asserita esistenza di un unico, originario programma delittuoso indi, analizzare i singoli comportamenti incriminati per individuare le particolari, specifiche finalità che appaiono perseguite dall’agente infine, verificare se detti comportamenti criminosi, per le loro particolari modalità, per le circostanze in cui si sono manifestati, per lo spirito che li ha informati, per le finalità che li ha contraddistinti, possano considerarsi, valutata anche la natura dei beni aggrediti, come l’esecuzione, diluita nel tempo, del prospettato, originario, unico disegno criminoso Sez. 1, n. 1721 del 22/04/1992, Curcio, Rv. 190807 . 1.3. Il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 c.p.p., per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Miele, Rv. 271903 . 2. Considerato quanto precede in astratto, deve notarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, come anticipato, che il ricorso è fondato. Infatti, il giudice dell’esecuzione, nel rigettare l’istanza presentata ai sensi dell’art. 671 c.p.p., ha omesso di considerare che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, con la sentenza sopra indicata alla lettera b , aveva riconosciuto la sussistenza del vincolo della continuazione tra 29 episodi di rapina commessi dall’odierno ricorrente dal omissis , ossia in un arco temporale al cui interno si collocano i reati di rapina giudicati con le sentenze sopra indicate alle lettere a e c . Il giudice dell’esecuzione, inoltre, non ha considerato che i reati di rapina giudicati con la sentenza sopra indicata alla lettera a , commessi il omissis , si collocano, sotto il profilo cronologico, in prossimità dei reati di rapina di cui ai capi di imputazione nn. 21 e 22 della sentenza sopra indicata alla lettera b , commessi rispettivamente nei giorni 28 giugno 2016 e 11 luglio 2016 per altro verso, non ha considerato che il reato di rapina giudicato con la sentenza sopra indicata alla lettera c , commesso il giorno omissis , si colloca, sotto il profilo cronologico, tra i reati di rapina di cui ai capi di imputazione nn. 2 e 3 della sentenza sopra indicata alla lettera b , commessi rispettivamente il omissis . Di contro, l’ordinanza ora impugnata si limita ad osservare la distanza temporale intercorsa tra il primo e l’ultimo reato di rapina peraltro senza avvedersi che tali reati sono riconosciuti in continuazione tra loro in forza della sentenza sopra indicata alla lettera b oggetto dell’istanza originaria, e a rilevare che i soggetti passivi delle rapine in discorso furono, in alcuni casi, delle banche, in altri, delle farmacie. Alla luce di quanto osservato, appare evidente che l’ordinanza ora impugnata non opera una corretta applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, obliterando, segnatamente, il principio sopra richiamato al punto 1.3. Il giudice dell’esecuzione ha infatti trascurato la pronuncia già resa dal giudice della cognizione con la sentenza sopra indicata alla lettera b così, il giudice dell’esecuzione non ha preso in considerazione - per affermarla o escluderla - la possibilità che il pregresso riconoscimento abbia riflessi sulla nuova valutazione ora invocata. 3. Per le ragioni esposte, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al giudice dell’esecuzione, che provvederà a nuovo esame senza incorrere nei vizi riscontrati. Dovrà applicarsi l’art. 34 c.p.p., comma 1, quale risulta a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 183 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione e dell’art. 623 c.p.p., comma 1, lett. a , nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 c.p.p P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.