I principi espressi dalla CEDU nel caso “Contrada” non possono essere estesi a casi analoghi a quelli esaminati dalla Corte sovranazionale

È questo il principio ribadito dalla Corte Suprema in un caso nel quale la difesa mirava, innanzi al Giudice dell’esecuzione, a far caducare la sentenza di condanna intervenuta in ragione della contestazione a suo tempo del concorso esterno in associazione mafiosa.

Questo l’oggetto della sentenza della Corte di Cassazione, sez. I Penale, n. 28201/20, depositata il 9 ottobre. La Corte di Cassazione, infatti, pur riconoscendo trattarsi di casi del tutto analoghi, richiamando un recente indirizzo delle Sezioni Unite sentenza n. 8544/2020 , ha escluso la possibilità di estendere quanto affermato nella sentenza Contrada contro Italia ” del 15 aprile 2015 dalla CEDU in merito alla criticità della figura” del concorso esterno in associazione mafiosa , poiché formalmente” si tratterebbero di procedimenti penali diversi. In altri termini, pur riconoscendosi un’analogia di fondo col caso Contrada”, la Corte ha ritenuto che l’invocazione dei principi connessi alla convenzione CEDU fosse impropria poiché la decisione della CEDU di cui si tratta doveva intendersi come riferita solo ai ricorrenti del caso Contrada” e non ad altri condannati in procedimenti diversi e che non avessero adito il Giudice internazionale. Tale considerazione, che può dirsi allo stato difficilmente modificabile, non può che lasciare perplessi, benché si comprendano le ragioni pratiche, protese ad impedire che condanne peraltro oramai risalenti nel tempo vengano annullate ex post con evidenti ricadute sull’intera struttura dell’ordinamento italiano, vista altresì la delicatezza della materia. Ciò che onestamente non si comprende è la ragione per la quale la Corte di Cassazione anche a Sezioni Unite non abbia accettato un punto fondamentale le decisioni della CEDU fanno certamente riferimento a casi specifici, ma laddove si accerta – quanto meno a livello internazionale – che un particolare modo di agire di uno Stato sia stato ingiusto, non vale, proprio sul piano della giustizia e dell’affidabilità dell’ordinamento nazionale, trincerarsi dietro formalismi per poter contestare l’applicazione in casi analoghi di tali principi. Il diritto è pieno di formalismi, di decadenze e preclusioni ma qui si tratta di diritto penale e di libertà fondamentali e ciò che la CEDU ha affermato nel caso Contrada” è che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso fosse stato e qualcuno direbbe sarebbe ancora in qualche modo una creazione giurisprudenziale ”, cioè che si trattava di un titolo di responsabilità non rinvenibile chiaramente dai testi legali. Ovvio – come la Suprema Corte ha dichiarato – che in Italia le fattispecie penali non nascono dalle decisioni della giurisprudenza, ma deve aversi però l’onestà intellettuale di ammettere che talvolta se non spessissimo si sono interpretati i testi legislativi in ipotesi di per sé non chiari in maniera del tutto particolare tanto che il significato proprio della legge penale è stato travolto e reso oscuro per i cittadini oltre per gli operatori professionali. Ecco che allora l’antico principio della chiarezza della legge ”, spesso considerato una chimera” o una categoria alquanto debole del sistema positivo, emerge nella sua portata pratica la legge non chiara o ambigua, permette interpretazioni non chiare od ambigue e in tale non chiarezza ed ambiguità possono essere emesse decisioni non chiare o ambigue, con conseguente lesione impropria dei diritti e delle libertà, poiché la sanzione penale può essere applicata a situazioni di fatto che in realtà non lo avrebbero meritato, sol che vi fosse stata quantomeno una minore ambiguità legislativa ed il tutto determina una incertezza tra ciò che si può e non si può fare. In dubio pro reo è il criterio di giudizio sul fatto per la sua diffusa affermazione normativa ci sono voluti secoli. In tema di norme penali, il principio in claris non fit interpretatio fa ancora sorridere i più e più volte e più volte si afferma incredibilmente che non viene violata la giustizia in danno del reo se quel che si è affermato fino a ieri in merito alla lettura di una norma, oggi viene fatto altrimenti, purché il mutamento si collochi nel solco di interventi già noti e risalenti - anche se non accolti dall’indirizzo maggioritario Cass. Pen. Sez. unite n. 8544/2020 . Come a dire basta che in qualche modo questo nuovo principio” si sia detto, anche se ingiustamente, allora si può a posteriori invocare una simile decisione per modificare interpretazioni granitiche di norme. Ma se così è, ogni decisione, anche la più bizzarra, può costituire un valido precedente per giustificare decisioni di condanna in altri tempi magari al tempus commisi delicti impensabili. Se non che è piuttosto curioso che ciò venga sostenuto proprio laddove si afferma che i principi espressi dalla CEDU non possano andare oltre il caso giudiziario specifico e in un ordinamento, quale quello italiano, dove non vale lo stare decisis e dunque il richiamo ai precedenti. Insomma, così è se vi pare e questo è quanto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 settembre – 9 ottobre 2020, n. 28201 Presidente Siani – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Marsala rigettava l’incidente di esecuzione proposto da S.B. , finalizzato a ottenere la revoca ovvero la declaratoria di improduttività degli effetti della sentenza di condanna emessa dallo stesso Tribunale il 06/03/1999, riformata dalla Corte di appello di Palermo limitatamente al trattamento sanzionatorio, con cui l’istante era stato condannato alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione per il reato di cui agli artt. 110 e 416-bis c.p Con tale incidente di esecuzione S.B. chiedeva la revoca ovvero la declaratoria di improduttività degli effetti della sentenza irrevocabile presupposta, che si imponeva per effetto della decisione emessa dalla Corte EDU il 14/04/2015 nel caso Contrada contro Italia , il cui obbligo di conformazione nell’ordinamento interno discendeva dall’applicazione dell’art. 46 CEDU e dall’assimilabilità delle due vicende giurisdizionali. A sostegno di tale istanza si richiamava la giurisprudenza di legittimità consolidata a seguito della sentenza con cui era stato affrontato il problema dell’eseguibilità nel nostro ordinamento giuridico della citata decisione della Corte EDU Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, Rv. 273095-01 . A fronte di tali deduzioni, il Giudice dell’esecuzione marsalese evidenziava che la Corte EDU non aveva affermato l’applicazione in termini generali dei principi enunciati nel caso Contrada contro Italia , con la conseguenza che, in assenza di specifiche indicazioni ermeneutiche nella direzione invocata da S. , il provvedimento richiesto non poteva essere adottato, senza che un siffatto respingimento implicasse la violazione dell’art. 46 CEDU, come peraltro evidenziato dalla stessa giurisprudenza di legittimità posta dall’istante a fondamento delle sue pretese. 2. Avverso tale ordinanza S.B. , a mezzo dell’avv. Stefano Giordano, ricorreva per cassazione, deducendo, mediante tre distinte censure difensive, di cui appare necessaria una trattazione congiunta, violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 7 CEDU, conseguenti al fatto che il Tribunale di Marsala aveva eluso i principi affermati dalla Corte EDU nel caso Contrada contro Italia , sotto i profili dell’inquadramento della vicenda processuale e della collocazione cronologica dei fatti di reato presupposti, atteso che, nel procedimento svoltosi nei confronti del ricorrente e conclusosi con la sua condanna per il reato di cui agli artt. 110 e 416-bis c.p., si era concretizzata una violazione dell’art. 7 CEDU, analoga a quella sanzionata nell’affaire Contrada. Tale violazione derivava da una lettura disarmonica dei rapporti tra le decisioni della Corte EDU e le sentenze emesse dal giudice italiano, che andavano ricondotti alla disciplina della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. Queste disarmonie ermeneutiche discendevano dal fatto che il Giudice dell’esecuzione marsalese non aveva considerato che, nel caso Contrada contro Italia , la Corte EDU aveva operato una valutazione della vicenda giurisdizionale correlata al dato temporale della commissione del concorso esterno nell’associazione mafiosa - che era stato del tutto pretermesso nel caso di specie -, tenuto conto dell’epoca in cui la condotta concorsuale si era concretizzata, nella quale era insorto un contrasto giurisprudenziale che aveva imposto l’intervento chiarificatore delle Sezioni unite Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199386-01 . In questa cornice, la sovrapponibilità delle condotte delittuose sanzionate nelle due vicende giurisdizionali doveva ritenersi incontroversa, tenuto conto del fatto che, sia caso di Contrada sia nel caso di S. , i comportamenti concorsuali si concretizzavano in un momento antecedente a quello dell’intervento delle Sezioni unite, sopra citato. Ne conseguiva che apparivano smentite dalle emergenze processuali le conclusioni alle quali giungeva il Tribunale di Marsala, che, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 12 del provvedimento impugnato, richiamava erroneamente l’assenza di una completa identità delle posizioni in comparazione, in considerazione della diversa epoca di consumazione del delitto . . Il giudicato Europeo formatosi sulla decisione intervenuta nell’affaire Contrada, dunque, poneva il Giudice dell’esecuzione marsalese davanti all’obbligo di conformarsi alle sentenze definitive della Corte EDU, rimuovendo gli effetti processuali pregiudizievoli nei confronti di S. riscontrabili nella vicenda in esame. Ne discendeva che le conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale di Marsala contrastavano con la decisione pronunciata dalla Corte EDU nel caso Contrada contro Italia e con l’obbligo di conformazione gravante sul giudice italiano, rispetto al quale la difesa di S. , attraverso un’esemplare ricostruzione della vicenda giurisdizionale presupposta, ribadiva la necessità di applicare al caso di specie la disciplina dell’art. 7 CEDU, indispensabile per eliminare dall’ordinamento interno gli effetti della sentenza irrevocabile della cui esecutività si controverte. Si ribadiva, pertanto, che il Tribunale di Marsala aveva disatteso la pronuncia della Corte EDU, senza dare esaustivamente conto delle ragioni che gli consentivano di disapplicare la decisione emessa nell’affaire Contrada, i cui principi avevano una portata generale, di cui si chiedeva l’applicazione in favore di S. nel rispetto dell’art. 7 CEDU. Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata e, in via subordinata al mancato accoglimento delle censure difensive, la remissione del ricorso alle Sezioni unite. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da S.B. è infondato. 2. In via preliminare all’esame dei tre motivi attraverso cui si articola il ricorso in esame, deve rilevarsi che l’incidente di esecuzione di cui ci si occupa riguarda la sentenza di condanna emessa nei confronti di S.B. dal Tribunale di Marsala il 06/03/1999, riformata dalla Corte di appello di Palermo limitatamente al trattamento sanzionatorio, con cui l’istante era stato condannato alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione per il reato di cui agli artt. 110 e 416-bis c.p In questa cornice, osserva il Collegio che l’invocazione dei principi enunciati dalla Corte EDU nel caso Contrada contro Italia, nella decisione pronunciata il 14/04/2015, non può prescindere dall’applicazione che di tali principi ha fatto questa Corte nel procedimento di esecuzione attivato dallo stesso Contrada Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, Rv. 273095-01 , che, da ultimo, sono stati definitivamente consacrati dalle Sezioni unite Sez. U, n. 8544 del 24/10/2020, dep. 2020, Genco, Rv. 278054-01 . Occorre, in proposito, ribadire l’arresto ermeneutico affermato nella sentenza Contrada , nella quale si affermava il seguente principio di diritto La previsione dell’art. 46 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nelle ipotesi di violazione delle norme del testo convenzionale, impone al giudice nazionale, limitatamente al caso di cui si controverte, di conformarsi alle sentenze definitive della Corte Europea dei diritti dell’uomo e di eliminare fin dove è possibile le conseguenze pregiudizievoli della violazione riscontrata, con riferimento non soltanto alla pena principale . ma anche agli effetti penali ulteriori della condanna Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, Rv. 273095-01 . Tali principi venivano ulteriormente confermati da questa Corte in alcune pronunce successive Sez. 1, n. 26686 del 10/04/2019, Marino, Rv. 276197-01 Sez. 1, n. 36509 del 12/06/2018, Marfia, Rv. 273615-01 Sez. 1, n. 8661 del 12/01/2018, Esti, Rv. 272797-01 , dando vita a un orientamento ermeneutico consolidato, che non consente di ritenere sussistenti contrasti giurisprudenziali in ordine all’interpretazione degli effetti della decisione della Corte EDU nel Caso Contrada , come ribadito dalle Sezioni unite Sez. U, n. 8544 del 24/10/2020, dep. 2020, Genco, Rv. 278054-01 , che sancivano la consacrazione dei parametri ermeneutici riconducibili alle citate pronunzie. Occorre, al contempo, ribadire i principi affermati in un’altra pronuncia di legittimità Sez. 1, n. 44193 dell’11/10/2016, Dell’Utri, Rv. 267861-01 , richiamata nell’ordinanza in esame, ma non del tutto conferente rispetto alla vicenda processuale in esame - dovendosi sottolineare che tra tale pronuncia e quella relativa all’affaire Contrada Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. non vi è alcun contrasto, ponendosi le due decisioni in un rapporto di compatibilità sistematica -, nella quale si affermava il seguente principio di diritto Lo strumento per adeguare l’ordinamento interno ad una decisione definitiva della Corte EDU va individuato, in via principale, nella revisione introdotta dalla sentenza additiva della Corte costituzionale n. 113 del 2011, applicabile sia nelle ipotesi di vizi procedurali rilevanti ex art. 6 della Convenzione EDU, sia in quelle di violazione dell’art. 7 della stessa Convenzione che non implichino un vizio assoluto di responsabilità per l’assenza di una norma incriminatrice al momento del fatto , ma solo un difetto di prevedibilità della sanzione - ferma restando la responsabilità penale - o che comunque lascino aperte più soluzioni del caso lo strumento dell’incidente di esecuzione, invece, può essere utilizzato solo quando l’intervento di rimozione o modifica del giudicato sia privo di contenuto discrezionale, risolvendosi nell’applicazione di altro e ben identificato precetto senza necessità della previa declaratoria di illegittimità costituzionale di alcuna norma, fermo restando che, qualora l’incidente di esecuzione sia promosso per estendere gli effetti favorevoli della sentenza della Corte EDU ad un soggetto diverso da quello che l’aveva adita, è necessario anche che la predetta decisione pur non adottata nelle forme della sentenza pilota abbia una obiettiva ed effettiva portata generale, e che la posizione dell’istante sia identica a quella del caso deciso dalla Corte di Strasburgo . 3. Tanto premesso e passando a considerare i tre motivi attraverso cui si articola il ricorso in esame, di cui si impone una trattazione congiunta, occorre anzitutto evidenziare che il dato ermeneutico da cui partire è quello dell’efficacia immediatamente precettiva delle norme della Convenzione EDU, pur non potendo riconoscersi alle stesse rilievo costituzionale, come affermato da un risalente e consolidato arresto ermeneutico Sez. 1, n. 2800 dell’01/02/2006, dep. 2007, Dorigo, Rv. 235447-01 , dal quale muove la stessa ordinanza impugnata per ricostruire i termini della questione sottoposta al suo vaglio. Si consideri l’efficacia precettiva delle norme della Convenzione EDU è assicurata dall’art. 19 dello stesso testo convenzionale, che prevede l’istituzione della Corte EDU per assicurare il rispetto degli impegni derivanti alle Alte parti contraenti dalla presente Convenzione e dai suoi Protocolli . . In tale ambito, si inserisce l’art. 46 CEDU, nel cui primo paragrafo si prevede che le Alte Parti contraenti s’impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie nelle quali sono Parti . L’art. 46, inoltre, stabilisce, nel suo secondo paragrafo, che la sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione . L’obbligo di conformazione alle decisioni della Corte EDU, infine, è ribadito dal terzo paragrafo dell’art. 46 CEDU, a tenore del quale se il Comitato dei Ministri ritiene che il controllo dell’esecuzione di una sentenza definitiva sia ostacolato da una difficoltà di interpretazione di tale sentenza, esso può adire la Corte affinché questa si pronunci su tale questione di interpretazione .1 . L’obbligo previsto dall’art. 46 CEDU, dunque, non può essere messo in discussione. In questa cornice ermeneutica, la questione centrale affrontata nella sentenza di legittimità della cui interpretazione si discute Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. riguardava la verifica dell’osservanza da parte del giudice dell’esecuzione dell’obbligo di conformazione previsto dall’art. 46 CEDU, che non si riteneva rispettato nel caso di specie. Quanto agli strumenti processuali con cui dare esecuzione all’obbligo di conformazione previsto dall’art. 46 CEDU, questa Corte, richiamando la giurisprudenza consolidata delle Sezioni unite Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260700-01 , li individuava nei poteri di intervento sul giudicato penale, che erano riconosciuti al giudice dell’esecuzione dagli artt. 666 e 670 c.p.p Si evidenziava, in proposito, che l’ampiezza degli ambiti di intervento della giurisdizione esecutiva trovava il suo fondamento nei poteri di cui agli artt. 666 e 670 c.p.p., che erano stati riconosciuti dalla Corte costituzionale Corte Cost., sent. n. 210 del 2013 , secondo cui il giudice dell’esecuzione non si limita a conoscere delle questioni sulla validità e sull’efficacia del titolo esecutivo ma è anche abilitato, in vari casi, ad incidere su di esso . . Sulla scorta di tale percorso argomentativo, questa Corte annullava senza rinvio l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Palermo l’11/10/2016 e dichiarava ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza emessa nei confronti di Bruno Contrada dalla Corte di appello di Palermo il 25/02/2006, divenuta irrevocabile il 10/05/2007 Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. . 4. Occorre, a questo punto, verificare se, sulla base dei principi enunciati nell’arresto giurisprudenziale che si è richiamato Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. , che, come detto - già prima dell’intervento risolutivo delle Sezioni unite Sez. U, n. 8544 del 24/10/2020, dep. 2020, Genco, cit. -, si era definitivamente consolidato Sez. 1, n. 26686 del 10/04/2019, Marino, cit., Sez. 1, n. 36509 del 12/06/2018, Marfia, cit. Sez. 1, n. 8661 del 12/01/2018, Esti, cit. , sia possibile esportare le conclusioni formulate dalla Corte EDU nella decisione del 14/02/2015 ad altri procedimenti riguardanti soggetti non coinvolti da tale pronuncia, che costituisce l’assunto ermeneutico da cui muove la difesa di S. nel suo, pur pregevole, ricorso. A tale quesito, ribadendo quanto già affermato da questa Corte nelle pronunzie di legittimità sopra richiamate Sez. 1, n. 26686 del 10/04/2019, Marino, cit. Sez. 1, n. 36509 del 12/06/2018, Marfia, cit. Sez. 1, n. 8661 del 12/01/2018, Esti, cit. Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. , deve fornirsi risposta negativa. Si consideri che, come evidenziato da questa Corte Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. , la previsione dell’art. 46 CEDU ha una portata precettiva limitata allo specifico caso coinvolto dalla pronuncia in esame e a differenza dei casi analoghi . efficacia precettiva rispetto alla quale doveva escludersi l’esistenza di margini di discrezionalità in capo al giudice nazionale, fatta salva l’eventuale ricorrenza di controlimiti, insussistenti nel caso in esame, alla stregua dei principi affermati dalla Corte costituzionale Corte Cost., sent. n. 348 del 2007 . Si affermava conseguentemente che la previsione dell’art. 46 CEDU, nelle ipotesi di violazioni delle norme del testo convenzionale, impone al giudice nazionale, limitatamente al caso di cui si controverte, di conformarsi alle sentenze definitive della Corte EDU, i cui effetti si estendono sia allo Stato sia alle altre parti coinvolte dalla decisione che tale violazione ha censurato Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. . Queste conclusioni impongono di ribadire, in linea con quanto evidenziato nell’orientamento ermeneutico in esame Sez. 1, n. 26686 del 10/04/2019, Marino, cit. Sez. 1, n. 36509 del 12/06/2018, Marfia, cit. Sez. 1, n. 8661 del 12/01/2018, Esti, cit. Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. , che i principi affermati nella decisione della Corte EDU del 14/02/2015, nell’affaire Contrada, non possono essere esportati al di fuori della vicenda processuale coinvolta da tale decisione, non potendosi attribuire a tale pronuncia la portata generale invocata dalla difesa di S.B. . 4.1. Non è, al contempo, possibile ipotizzare l’applicazione dei principi affermati dalla Corte EDU nel caso Contrada contro Italia , sul piano della configurazione del concorso esterno in associazione mafiosa, al di fuori degli obblighi di conformazione imposti dall’art. 46 CEDU. Per risolvere tale questione occorre muovere dalla natura di fattispecie di creazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione mafiosa, affermata dalla Corte EDU nel paragrafo 57 della decisione in argomento, presupposta dalla difesa di S. nel suo ricorso, in cui si evidenziava che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso è una creazione della giurisprudenza avviata in decisioni che risalgono alla fine degli anni ottanta, ossia posteriore ai fatti per i quali il ricorrente è stato condannato e che si è consolidata con la sentenza della Corte di cassazione Demitry . . Osserva il Collegio che, fermi restando gli obblighi di conformazione previsti di cui si è detto, l’affermazione della Corte EDU si pone in termini estremamente problematici rispetto al modello di legalità formale al quale è ispirato il nostro sistema penale, in cui non solo non è ammissibile alcun reato di creazione giurisprudenziale , ma la punibilità delle condotte illecite trova il suo fondamento nei principi di legalità e di tassatività. Questi profili di problematicità appaiono ulteriormente accentuati dal fatto che il modello di punibilità del concorso esterno in associazione mafiosa prefigurato dalle Sezioni unite Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671-01 , più volte, anche se non del tutto propriamente, richiamato dalla Corte EDU, non consente alcun equivoco interpretativo sulle ragioni che legittimano nel nostro ordinamento l’applicazione dell’istituto concorsuale alla fattispecie prevista dall’art. 416-bis c.p Si consideri che le Sezioni unite Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, cit. non hanno dato vita a una nuova fattispecie incriminatrice, ma si sono limitate a fornire una ricostruzione sistematica armonica con il nostro ordinamento, ribadendo che la responsabilità penale per il contributo fornito dal concorrente esterno a un’associazione mafiosa trae origine dalla sua consapevolezza di contribuire con il suo apporto a un’attività illecita svolta in forma associata, di cui il soggetto attivo del reato conosce gli obiettivi generali e la struttura consortile, pur senza aderirvi. Ne consegue che, attraverso la clausola prevista dell’art. 110 c.p., si attribuisce alle fattispecie associative una responsabilità di carattere generale per l’apporto concorsuale che l’agente fornisce al gruppo criminale, senza esserne affiliato e nella consapevolezza di tale estraneità Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, Agostino, Rv. 264624-01 Sez. 5, n. 2653 del 13/10/2015, dep. 2016, Paron, Rv. 265926-01 . Ne discende che, ferma restando l’assenza di discrezionalità del giudice dell’esecuzione nel conformarsi alle decisioni della Corte EDU imposta dalla Convenzione CEDU, tali richiami non possono essere utilizzati nella direzione ermeneutica invocata dalla difesa di S.B. - quantomeno in una prospettiva de jure condito - e non risultano esportabili nell’ordinamento italiano, il quale non contempla la possibilità di fattispecie di creazione giurisprudenziale . A conferma di quanto si sta affermando, si ritiene utile richiamare il passaggio della decisione di legittimità esaminata nel paragrafo 4, in cui si affermava che il nostro ordinamento non conosce la creazione di matrice giurisprudenziale di fattispecie incriminatrici . Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. . Ne discende conclusivamente che l’esportazione dei principi affermati dalla Corte EDU nel caso Contrada contro Italia alla posizione di S.B. , ferma restando la pregevolezza delle argomentazioni difensive, non può ritenersi consentita alla stregua dei parametri ermeneutici affermati da questa Corte Sez. 1, n. 26686 del 10/04/2019, Marino, cit. Sez. 1, n. 36509 del 12/06/2018, Marfia, cit. Sez. 1, n. 8661 del 12/01/2018, Esti, cit. Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. . 5. Come si è detto, l’orientamento ermeneutico consolidatosi in seno a questa Corte, in tema di estensibilità dei principi affermati dalla Corte EDU nella decisione del caso Contrada contro Italia del 15/04/2015, veniva definitivamente ribadito dalle Sezioni unite Sez. U, n. 8544 del 24/10/2020, dep. 2020, Genco, cit. , che evidenziavano come le statuizioni contenute in tale pronuncia non potevano essere estese ai casi analoghi a quelli esaminati dalla Corte sovranazionale. Le Sezioni unite, in particolare, a seguito dell’ordinanza di remissione emessa dalla Corte di cassazione, Sesta Sezione penale, erano chiamate a risolvere la seguente questione di diritto Se la sentenza della Corte EDU del 14 aprile 2015 sul caso Contrada abbia una portata generale, estensibile nei confronti di coloro che, estranei a quel giudizio, si trovino nella medesima posizione, quanto alla prevedibilità della condanna e, conseguentemente, qualora sia necessario conformarsi alla predetta sentenza nei confronti di questi ultimi, quale sia il rimedio applicabile . A tale questione le Sezioni unite, in linea con la giurisprudenza che si è richiamata nei paragrafi precedenti Sez. 1, n. 26686 del 10/04/2019, Marino, cit. Sez. 1, n. 36509 del 12/06/2018, Marfia, cit. Sez. 1, n. 8661 del 12/01/2018, Esti, cit. Sez. 1, n. 43112 del 06/07/2017, Contrada, cit. , rispondevano negativamente, affermando il seguente principio di diritto In tema di concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, i principi enunciati dalla sentenza della Corte EDU del 14 aprile 2015, Contrada contro Italia, non si estendono a coloro che, pur trovandosi nella medesima posizione, non abbiano proposto ricorso in sede Europea, in quanto la richiamata decisione del giudice sovranazionale non è una sentenza pilota e non può neppure ritenersi espressione di un orientamento consolidato della giurisprudenza Europea Sez. U, n. 8544 del 24/10/2020, dep. 2020, Genco, cit. . Tali conclusioni, del resto, discendevano dal fatto che, come evidenziato dalle stesse Sezioni unite, nel caso della sentenza Demitry Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199386-01 , non vi era stata alcuna interpretazione retroattiva sfavorevole all’imputato, atteso che Il mutamento giurisprudenziale determina una interpretazione retroattiva sfavorevole della norma penale solo qualora consista in una radicale innovazione della soluzione giurisprudenziale pregressa, inconciliabile con le precedenti decisioni, mentre non determina alcuna lesione dei diritti dell’imputato ove il mutamento si collochi nel solco di interventi già noti e risalenti, di cui costituisca uno sviluppo prefigurabile che di per sé rende l’esito conseguito comunque possibile, anche se non accolto dall’indirizzo maggioritario Sez. U, n. 8544 del 24/10/2020, dep. 2020, Genco, Rv. 278054-02 . Tale decisivo intervento chiarificatore, al contempo, rende immeritevole di vaglio la trasmissione del ricorso alle Sezioni unite, richiesta dalla difesa di S. in via subordinata al mancato accoglimento delle censure difensive, articolate nei tre motivi del ricorso in esame, che si sono esaminati nei paragrafi precedenti. 6. Le considerazioni esposte nei paragrafi precedenti impongono di ribadire conclusivamente che, nel caso di specie, non vi è alcuno spazio per intervenire sul giudicato di condanna presupposto, riguardante la sentenza emessa nei confronti di S.B. dal Tribunale di Marsala il 06/03/1999, la cui eliminazione non è permessa facendo applicazione dei principi affermati agli artt. 666, 670 e 673 c.p.p., che governano i poteri di cui dispone il giudice di esecuzione per garantire la legalità delle pronunce irrevocabili. Per queste ragioni, il ricorso proposto da S.B. deve essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.