COVID-19: quando il formato dell’atto richiesto dal difensore è incompatibile con la trasmissione telematica

Con specifico riferimento al protocollo adottato dal Tribunale di Bologna durante l’emergenza sanitaria da COVID-19 e avente ad oggetto la disciplina delle udienze di riesame, la Corte di Cassazione ha confermato l’inoperatività della modalità telematica invocata dal difensore per la trasmissione di alcuni atti in formato cartaceo depositati presso la cancelleria dell’Ufficio giudiziario.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28167/20, si è pronunciata sulla mancata trasmissione degli atti richiesti lamentata dal difensore, al quale, fra l’altro era stato indicato il luogo errato del collegamento in udienza, irritualità poi sanata dalla sua effettiva partecipazione. In particolare, sulla questione la Corte rileva innanzitutto che, al fine di contrastare l’ emergenza sanitaria da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, l’art. 83, commi 6 e 7, d.l. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, in l. n. 27/2020, ha investito i capi degli uffici giudiziari del compito di adottare linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze. Ebbene, sulla base di tale indicazione, il Tribunale di Bologna aveva adottato un protocollo teso a disciplinare le udienze di riesame fino al 31 luglio 2020, il quale, all’art. 9 aveva previsto che, al fine consentire l’ accesso agli atti , la cancelleria avrebbe provveduto ad inoltrarli a mezzo PEC al difensore e che l’invio degli stessi sarebbe avvenuto solo ai fini della consultazione e della visione. Laddove tuttavia gli uffici non sarebbero stati in condizione di trasmetterli a mezzo posta certificata ordinaria, o a mezzo PEC, in quanto contenenti file non trasmissibili per tipo o dimensione oppure per motivi tecnici, il deposito sarebbe avvenuto nelle forme ordinarie, tramite però un avviso al difensore dell’impossibilità di trasmissione degli atti a mezzo ordinaria o a mezzo PEC. In ogni caso il deposito sarebbe dovuto avvenire nelle forme ordinarie laddove la dimensione dei file da trasmettere sarebbe risultata superiore ai 15 mega. Nella fattispecie, l’ufficio aveva rigettato l’istanza del difensore osservando che si trattava di atti forniti in formato cartaceo + dvd , formato non compatibile con la trasmissione degli atti per via telematica, con conseguente inoperatività della modalità invocata dalla difesa e applicazione della generale regola della forma del deposito ordinario presso la cancelleria del Tribunale del riesame ex art. 310, comma 2, c.p.p., con facoltà del difensore di prenderne cognizione e di estrarne copia . Da tale considerazione, secondo la Cassazione, ne discende che la difesa non si è trovata nell’impossibilità di prendere visione degli atti posti a fondamento dell’appello del PM, in quanto avrebbe potuto consultarli presso la cancelleria del Tribunale, dove erano depositati. Per tale motivo, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 settembre – 9 ottobre 2020, n. 28167 Presidente Ciampi – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza resa in data 22/6/2020, il Tribunale di Bologna, decidendo ai sensi dell’art. 310 c.p.p., in riforma della ordinanza del G.i.p. Tribunale di Piacenza del 19/5/2020, accogliendo la impugnazione proposta dal P.M., ha disposto, nei confronti di C.G. , gravemente indiziato del reato di furto pluriaggravato, la sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella della custodia cautelare in carcere. Nel provvedimento si ritengono integrati i presupposti per l’aggravamento della originaria misura, essendosi il C. allontanato dall’abitazione, in cui si trovava ristretto agli arresti domiciliari, in due circostanze e denunciato per il reato di evasione. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, a mezzo del suo difensore, articolando tre motivi di doglianza. I Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale in relazione alla L. 24 aprile 2020, n. 27, art. 83, e art. 111 Cost Il difensore rappresenta di avere richiesto al Tribunale di Bologna di partecipare con modalità da remoto all’udienza fissata per il riesame e di volere ricevere via mai copia degli atti a sostegno della impugnazione promossa dal P.M In virtù del protocollo condiviso adottato dal Tribunale di Bologna, avrebbe avuto diritto a ricevere, con trasmissione telematica, a cura della cancelleria, la richiesta di aggravamento della misura, l’ordinanza reiettiva del G.i.p. e l’appello promosso ai sensi dell’art. 310 c.p.p In data 15 giugno 2020 inoltrava, a mezzo pec, alla cancelleria del Tribunale di Bologna, tutte le informazioni richieste dal protocollo e dalla legge, con contestuale richiesta di invio degli atti indicati. Il Tribunale del riesame, tuttavia, rigettava la richiesta con provvedimento incongruo, non rispettoso della norma citata e del protocollo d’intesa, poiché non si dava atto in esso della impossibilità della trasmissione. In tal modo il ricorrente ed il suo difensore non sarebbero stati posti nella condizione di partecipare compiutamente all’udienza del 22.6.2020, con violazione dei principi posti a presidio dell’esercizio del diritto di difesa. II Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale penale in relazione all’art. 127 c.p.p., e L. 24 aprile 2020, n. 27, art. 83. Il difensore rappresenta che, nella data di celebrazione dell’udienza, si recava presso il Commissariato di , sito in omissis , individuato quale luogo di collegamento nell’avviso ricevuto. Soltanto previo contatto telefonico da parte del Commissariato di Secondigliano, nella stessa mattinata, veniva a conoscenza della celebrazione dell’udienza presso altra struttura. Sarebbe stato quindi notificato al difensore un avviso del tutto irrituale. III Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 276 c.p.p., Mancanza ed illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. L’ordinanza non sarebbe adeguatamente motivata sotto diversi profili. Poiché non ogni trasgressione della misura imposta dà luogo ad un provvedimento di aggravamento, il Tribunale avrebbe dovuto indicare le ragioni per le quali ha ritenuto che le esigenze cautelari non fossero più sufficientemente tutelate con l’originaria misura. Inoltre, avrebbe dovuto giustificare la mancata ricorrenza della ipotesi del fatto di lieve entità, siccome previsto dall’art. 276 c.p.p., comma 1 ter. Quanto alla prima violazione, il C. fu sorpreso innanzi al pianerottolo della propria abitazione mentre colloquiava col fabbro, la cui officina è prospiciente all’abitazione, a cui aveva dato incarico di riparare la porta di ingresso. In quella prima occasione il prevenuto fu fermato e condotto presso gli uffici di Polizia. Ad oggi, tuttavia, nessun procedimento penale risulta essere stato iniziato a suo carico, come da documentazione che si allega. La seconda violazione a cui ha fatto riferimento il Tribunale - non conosciuta dalla difesa all’atto dello svolgimento dell’udienza, a causa della mancata trasmissione degli atti - si è sostanziata in un breve allontanamento. L’esiguità del pericolo da ravvisarsi in entrambi i casi, avrebbe dovuto indurre il Tribunale a individuare nei fatti la ipotesi della lieve entità, ostativa alla sostituzione della misura. Con memoria pervenuta in data 24/9/2020, la difesa ha insistito nell’accoglimento del ricorso, rappresentando altresì che le condizioni di salute del ricorrente, aggravatesi nelle more della fissazione dell’udienza, non avrebbero potuto essere salvaguardate in modo idoneo nella struttura carceraria. Il C. , sottoposto ad un primo intervento chirurgico all’occhio, si legge nella memoria, dovrà subire ulteriori periodici interventi ed il regime di isolamento a cui sarebbe sottoposto all’atto dell’ingresso in istituto, sulla base di nuove disposizioni, non consentirebbe tali interventi. Considerato in diritto 1. I motivi dedotti dal ricorrente sono infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato. 2. I primi due motivi di doglianza possono essere esaminati congiuntamente, riguardando, sia pure sotto diversi profili, il medesimo oggetto, ossia la prospettata violazione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e della garanzia della partecipazione all’udienza, cognita causa, da parte del difensore. Ebbene, quanto alla lamentata irritualità dell’avviso inoltrato al difensore, contenente la erronea indicazione del luogo di svolgimento dell’udienza da remoto presso un diverso commissariato di Polizia, è d’uopo rilevare come il difetto sia stato sanato dalla effettiva partecipazione del difensore all’udienza svoltasi innanzi al Tribunale del riesame, senza che, peraltro, in quella sede, sia stata sollevata alcuna doglianza riguardante l’aspetto in rilievo. La situazione rappresentata dal difensore, generata dall’erronea indicazione contenuta nell’avviso in ordine al locus del collegamento, non può essere causa di nullità assoluta e insanabile della udienza e del provvedimento adottato. Pur volendo assimilare il caso verificatosi a quello dell’omesso avviso dell’udienza camerale fissata dinanzi al Tribunale del riesame, esso è causa di nullità assoluta e insanabile, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c , e art. 179 c.p.p., soltanto allorquando dall’omissione derivi l’impossibilità, per il difensore, di partecipare all’udienza medesima cfr. in tal senso Sez. 3, n. 26266 del 18/01/2018, Rv. 273199 - 01 L’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , e art. 179 c.p.p., comma 1, integra una nullità assoluta e insanabile solo nel caso in cui abbia determinato la sua assenza all’udienza, mentre se, nonostante detta omissione, il difensore di fiducia è comunque presente, anche al fine di eccepire il vizio, la nullità è di ordine generale ai sensi dell’art. 180 c.p.p. . Deve anche aggiungersi che, in relazione alla circostanza dedotta dal difensore - il quale ha effettivamente partecipato all’udienza, unitamente al suo assistito, attraverso le postazioni allestite presso il Comm.to di Napoli Secondigliano - nessuna indicazione è stata concretamente fornita nel ricorso circa l’effettivo pregiudizio derivato all’attività difensiva in conseguenza della erronea indicazione contenuta nell’avviso. Quanto alla mancata trasmissione degli atti richiesti, oggetto del primo motivo di doglianza, occorre rilevare quanto segue. Ai sensi del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, commi 6 e 7, convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile 2020, n. 27, i capi degli uffici giudiziari sono stati investiti del compito di adottare linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, al fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria. Sulla base di tale indicazione, il Tribunale di Bologna ha adottato il protocollo condiviso citato nel ricorso, teso a disciplinare la celebrazione delle udienze di riesame fino al 31/07/2020, il quale prevede, all’art. 9, quanto segue la cancelleria provvederà ad inoltrare gli atti a mezzo pec al difensore onde consentire l’accesso agli stessi L’invio degli atti al difensore a mezzo pec avverrà soltanto ai fini della consultazione e della visione Nel caso in cui gli uffici giudiziari procedenti non siano in condizione di inviare gli atti a mezzo posta elettronica ordinaria, ovvero a mezzo pec, in quanto contenenti files non trasmissibili per tipo o dimensione oppure per motivi tecnici, il deposito avverrà nelle forme ordinarie la cancelleria avviserà il difensore dell’impossibilità di trasmissione degli atti a mezzo ordinaria o a mezzo pec. In ogni caso il deposito avverrà nelle forme ordinarie laddove la dimensione dei files da trasmettere sia superiore ai 15 mb. . La difesa lamenta di non avere ricevuto, pur avendone fatto regolare istanza, gli atti di cui necessitava con la modalità prevista nel suddetto protocollo in particolare, richiesta di aggravamento della misura a carico del proprio assistito e provvedimento di rigetto del G.i.p. . A questo proposito rileva che il provvedimento di rigetto espresso dal Presidente del collegio, in data 16/6/2020, sarebbe inconferente rispetto alla previsione contenuta nella disposizione del protocollo, non essendo stata attestata la impossibilità di trasmissione degli atti suddetti. Ebbene, il provvedimento di rigetto non contiene una risposta incongrua rispetto a quanto contemplato nel protocollo. L’Ufficio ha rigettato la richiesta osservando che si trattava di atti forniti in formato cartaceo + dvd . Il formato di tali documenti, dunque, non era compatibile con la trasmissione degli stessi attraverso il mezzo telematico, con conseguente inoperatività della modalità invocata dalla difesa e applicazione della generale regola della forma del deposito ordinario presso la cancelleria del Tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 310 c.p.p., comma 2, con facoltà del difensore di prenderne cognizione e di estrarne copia. Anche in relazione a tale profilo, peraltro, la difesa nulla ha osservato in sede di svolgimento dell’udienza. Da quanto precede si deve trarre la conseguenza che la difesa non si è trovata nella impossibilità di prendere visione degli atti posti a fondamento dell’appello del P.M., potendo consultarli presso la cancelleria del Tribunale di Bologna ove erano depositati. 3. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso, nel quale si deduce la carenza di un’adeguata motivazione in ordine al profilo riguardante le giustificazioni poste a fondamento dell’aggravamento della misura. Tale doglianza non trova riscontro in atti. Il Tribunale ha invero evidenziato che il prevenuto ha, per ben due volte, a distanza di pochi giorni, violato la misura degli arresti domiciliari, venendo anche sorpreso, in una delle due circostanze, mentre era intento a colloquiare con altra persona, indicata dalla P.G. come soggetto pluripregiudicato. La motivazione soddisfa i criteri imposti dall’art. 276 c.p.p., comma 1 ter, che esclude che si debba procedere ad aggravamento nel caso in cui i fatti siano da reputarsi di lieve entità . La formula adoperata dal legislatore allude evidentemente a violazioni di assai modesto rilievo e significato, tali da non smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutela delle esigenze cautelari del caso concreto. Orbene, precisate tali coordinate ermeneutiche di riferimento, si rileva come nel caso in esame sia stata congruamente espresso il convincimento dei Giudici di escludere la lieve entità delle trasgressioni nelle quali è incorso il ricorrente. D’altro canto, il sindacato di legittimità, come in ogni altro caso riguardante apprezzamenti di merìto, è esperibile in relazione ad una motivazione manifestamente illogica e palesemente contraddittoria. Il che non è nel presente caso. Da ultimo si osserva come la questione afferente alle condizioni di salute del ricorrente esuli dalle ragioni prospettate nel ricorso. In tal modo si sono introdotti profili di doglianza che, oltre ad essere intempestivi, in quanto rappresentati in una memoria pervenuta nella data dell’udienza, non attengono in alcun modo alle tematiche oggetto di ricorso. 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si dispongono gli adempimenti di cui all’art. 92 disp. att. c.p.p P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 92 disp. att. c.p.p