Apnee del sonno: sostituita la custodia in carcere finché manca lo strumento adeguato

Nonostante la relazione del perito evidenzi una situazione sanitaria dell’interessato complessivamente compatibile con il regime carcerario, il fatto che non sia stato ancora acquisito lo strumento adeguato al fine di far fronte alla sua sindrome delle apnee ostruttive del sonno impedisce la prosecuzione della custodia cautelare in carcere.

Questo l’oggetto della sentenza della Suprema Corte n. 28061/20, depositata l’8 ottobre. Il Tribunale del Riesame di Catanzaro accoglieva l’appello dell’indagato, sostituendo la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari . Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, lamentando il discostamento della decisione del Tribunale rispetto alle risultanze dell’ elaborato peritale circa la verifica della compatibilità tra le condizioni di salute dell’indagato ed il regime carcerario, da cui emergeva non solo un adeguato monitoraggio clinico relativo alla patologia da cui lo stesso era affetto, ma anche la possibilità di intervenire tempestivamente nel caso in cui fossero insorte delle complicanze. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile , osservando come in effetti dalla relazione del perito si evincesse una situazione di salute complessivamente compatibile con le condizioni carcerarie, ma il ricorrente aveva tralasciato un particolare rilevante. Tra le diverse patologie da cui era affetto l’indagato, infatti, vi era anche la sindrome delle apnee ostruttive del sonno e in tal senso il perito si era espresso sconsigliando la posizione supina durante il sonno, anche mediante apposite apparecchiature o strumenti. Proprio per questo, avendo il Tribunale considerato anche la consulenza tecnica di parte, la quale poneva quale unico rimedio l’utilizzo di un ventilatore meccanico a pressione positiva , e dato conto dell’avvenuto avvio delle pratiche sanitarie ai fini dell’acquisto del suddetto dispositivo, la Corte rileva che il dispositivo non era ancora stato acquisito, nonostante le pratiche fossero in corso. In tal senso, l’assenza del suddetto dispositivo sanitario determina l’ incompatibilità delle condizioni di salute dell’interessato con il regime intramurario, dipendente dall’impossibilità di farvi fronte mediante cure adeguate al fine di evitarne il peggioramento, come sottolineato anche nella relazione del perito. Non essendosi il ricorrente confrontato con l’intera motivazione del provvedimento impugnato, da cui si evince l’attuale impossibilità di far fronte al disturbo dell’interessato con altre modalità, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 luglio – 8 ottobre 2020, n. 28061 Presidente Vessichelli – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale del Riesame di Catanzaro accoglieva l’appello, presentato ex art. 310 c.p.p., nell’interesse di S.L. avverso l’ordinanza del 13/09/2019 - con cui il Tribunale di Crotone aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura coercitiva della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari - e, per l’effetto, sostituiva la più grave misura con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione dello S. . 2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro ricorre, in data 27/04/2020, articolando un unico motivo di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1 vizio di motivazione, anche sotto l’aspetto del travisamento della prova, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e , in riferimento all’elaborato peritale finalizzato alla verifica della compatibilità tra le condizioni di salute dello S. ed il regime intramurario la perizia disposta dal Tribunale del Riesame, infatti, aveva accertato sia un adeguato monitoraggio clinico in riferimento alla patologia da cui lo S. è affetto, sia la possibilità di intervenire prontamente in caso di insorgere di complicanze, avendo il Tribunale del Riesame non solo disatteso le conclusioni del perito, ma anche ritenuto apoditticamente l‘indisponibilità, anche in futuro, presso l’Amministrazione penitenziaria, di strumentazione adeguata alla trattazione del disturbo da cui lo S. risulta affetto. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato e va, pertanto, dichiarato inammissibile. All’esito di incarico peritale disposto dal Tribunale del Riesame, avente ad oggetto l’accertamento delle condizioni di salute del detenuto S.L. e la verifica della compatibilità con il regime carcerario, il perito - come si evince dalla motivazione del provvedimento impugnato - aveva concluso nel senso che le predette condizioni fossero da considerare compatibili con il regime carcerario. In particolare, era stato evidenziato il complesso ed articolato quadro patologico dello S. - caratterizzato da neoformazione della fossa iliaca destra trattata chirurgicamente malattia da reflusso gastroesofageo calcolosi della colecisti cardiopatia dilatativa con insufficienza mitralica severa fibrillazione atriale cronica O.S.A.S. di grado moderato ipertensione arteriosa sistemica didlipidemia obesità di primo grado - in cui appariva rilevante soprattutto l’aspetto afferente le condizioni cardiovascolari, che, tuttavia, risultavano adeguatamente trattate quanto al disturbo ventilatorio derivante dalla sindrome delle apnee ostruttive del sonno, di grado moderato a connotazione ostruttiva e carattere specificamente posizionale, il perito aveva osservato che la posizione supina durante il sonno fosse da evitare, anche agendo con modalità definite artigianali o, in alternativa, con un dissuasore posizionale. Il Tribunale del Riesame, valutando anche il contenuto della consulenza tecnica di parte, ha osservato che proprio la sindrome delle apnee ostruttive di grado moderato provocasse un aumento delle patologie cardiovascolari, a cui era possibile rimediare solo attraverso l’utilizzazione di un ventilatore meccanico a pressione positiva, che nelle ore del sonno normalizza l’aumento del rischio cardiovascolare associato alla patologia predetta, rappresentando la terapia di elezione non invasiva. Peraltro - come osservato dal Tribunale del Riesame - le pratiche sanitarie per l’acquisizione del predetto dispositivo sanitario risultavano in corso, come riferito dal referente medico della casa circondariale di Prato, ma, tuttavia, il dispositivo non risultava ancora acquisito. Pertanto, ha concluso il provvedimento impugnato, la carenza attuale nella fornitura del dispositivo determina una situazione di incompatibilità delle condizioni di salute dello S. con il regime carcerario, discendente dall’impossibilità di assicurare al predetto le cure adeguate, non solo sotto l’aspetto di pervenire ad una risoluzione della malattia, ma anche sotto l’aspetto di evitarne il peggioramento, non ritenendosi sostituibile il dispositivo con i rimedi artigianali suggeriti dal perito - consistenti nell’utilizzo, durante il sonno, di oggetti quali palline da tennis o uno zainetto o un cuscino particolarmente rigido -, atteso che i predetti oggetti non possono essere introdotti in ambiente carcerario peraltro, lo stesso perito aveva subordinato la compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con un idoneo trattamento della sindrome delle apnee ostruttive del sonno, con la conseguenza che la mancanza di strumentazione idonea al monitoraggio preciso e puntuale dell’aderenza della terapia e della sua efficacia, indispensabile per ottimizzare la gestione della comorbilità, determinava, all’evidenza, una situazione di incompatibilità delle attuali condizioni di salute dello S. con il regime carcerario. La motivazione fornita dal provvedimento impugnato appare del tutto logica e coerente con le illustrate risultanze diagnostico-sanitarie, laddove il ricorso si duole del contrasto con le conclusioni rassegnate dal perito e con l’indimostrata carenza, anche in futuro, di strumentazione idonea, da parte dell’Amministrazione penitenziaria, per il trattamento della sindrome delle apnee ostruttive del sonno. In realtà, come visto, il ricorso non si confronta affatto con l’integrale motivazione fornita dal Tribunale del Riesame, che ha analizzato non solo il profilo della cura adeguata per la sindrome predetta, ma, soprattutto, l’incidenza della stessa in riferimento alle altre patologie da cui lo S. risulta affetto e la possibilità, quindi, che una cura insufficiente di detta sindrome possa determinare un aggravamento del quadro clinico, definito serio dallo stesso perito. Correttamente, quindi, ciò che è stato valutato dal provvedimento impugnato appare il profilo dell’attualità delle condizioni strutturali sussistenti presso la struttura penitenziaria, in funzione delle necessità di cure idonee, rispetto alle quali la carenza di adeguati dispositivi appare dirimente, non essendo, in tale quadro valutativo, affatto rilevante la possibilità che in un futuro, anche prossimo, l’Amministrazione penitenziaria possa munirsi dell’apposito dispositivo, ferma restando l’attuale impossibilità di far fronte al disturbo con modalità artigianali , perle ragioni esplicitate e riferibili al regolamento penitenziario relativo alla impossibilità di introdurre in carcere determinati oggetti. Ne discende, quindi, che la motivazione fornita dal Tribunale del Riesame appare del tutto coerente anche con i criteri ermeneutici di legittimità, alla stregua dei quali la valutazione delle condizioni di salute del detenuto, e della conseguente incompatibilità con il regime carcerario, deve essere effettuata verificando, alla luce delle indicazioni del perito e del parere del medico penitenziario, ai sensi dell’art. 299 c.p.p., comma 4-ter, la concreta ed attuale situazione nella quale il detenuto si trova e la possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessiti, operando un bilanciamento tra le istanze sociali, correlate alla pericolosità del detenuto, e le sue condizioni complessive di salute, tenendo conto sia dell’astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia della concreta adeguatezza della possibilità di cura ed assistenza che, nella situazione specifica, è possibile assicurare al predetto, valutando, infine, anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico Sez, 6, sentenza n. 58421 del 07/11/2018, Loiero Cosimo, Rv. 275039 Sez. 1, sentenza n. 37062 del 09/04/2018, Acampa, Rv. 273699 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.