Alcoltest: valido l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore subito dopo il sinistro

In tema di guida in stato di ebbrezza e accertamento mediante alcoltest, non sussiste alcun onere in capo alla polizia giudiziaria di attendere che l’interessato sia in stato psicofisico tale da poter comprendere l’avviso circa la facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27538/20, depositata il 5 ottobre. La Corte d’Appello di Ancona confermava la pronuncia di prime cure che aveva ritenuto l’imputato responsabile per la contravvenzione di cui all’ art. 186 c.d.s. . Dalla ricostruzione del fatto emerge che l’uomo aveva avuto un sinistro stradale mentre era alla guida della propria auto. Dopo l’intervento dei carabinieri, l’uomo era stato sottoposto a prelievo ematico dal quale risultava un tasso alcolemico pari a 2,51 g/l. La difesa ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per l’asserita invalidità dell’accertamento in quanto non preceduto dall’ avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore . Secondo la difesa, l’avviso dato dai carabinieri sul luogo del sinistro era intervenuto in un momento in cui l’indagato si trovava in una condizione di forte alterazione psichica che gli aveva impedito di comprendere la comunicazione stessa. Il ricorso risulta inammissibile. Il Collegio evidenzia infatti come la deduzione sia già stata esaminata in appello e come la Corte territoriale ne abbia sottolineato la tardività. Nel merito, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che non è configurabile, a carico della polizia giudiziaria operante, l’obbligo di attendere che l’interessato sia in stato psicofisico tale da poter comprendere l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell’alcoltest, trattandosi di atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, il cui esito, essendo legato al decorso del tempo, può essere compromesso definitivamente dall’attesa suddetta .

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 2 settembre – 5 ottobre 2020, n. 27538 Presidente Bricchetti – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza pronunciata in data 27.2.2020 la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza pronunciata in data 23.10.2017 dal Tribunale di Ancona, che aveva dichiarato A.D. responsabile della contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S., condannandolo alla pena di mesi 14 di arresto ed Euro 6000 di ammenda, con la sospensione condizionale della pena, e con l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per anni uno e della confisca dell’autoveicolo. In data OMISSIS una pattuglia del Nucleo radiomobile dei carabinieri della compagnia di Senigallia, intervenuta per un sinistro stradale, aveva accertato che una autovettura Fiat panda, condotta da A.D. , era uscita dalla sede stradale, ribaltandosi. Condotto presso il locale nosocomio, A.D. veniva sottoposto ad esami ematici, che rilevavano tasso alcolemico nella misura di 2,51 g/l. La Corte di appello, cui era stata devoluta la cognizione sulla invalidità degli accertamenti ematici per violazione delle norme di cui agli artt. 354 e 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p., ha rilevato che - la relativa eccezione non era stata formulata tempestivamente alla prima udienza dibattimentale - dal verbale di accertamenti urgenti risulta che all’indagato era stato dato avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore, facoltà di cui l’indagato aveva inteso non avvalersi - a dibattimento il teste brigadiere P. aveva dichiarato che l’imputato, che non aveva mai perso conoscenza, aveva espressamente consentito al prelievo ematico finalizzato all’esame alcolemico. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A.D. , chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. Con l’unico motivo di ricorso viene denunciata violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta validità degli accertamenti urgenti. Il relativo verbale era stato redatto solo in data 14.4.2015, e non al momento del sinistro, avvenuto il OMISSIS . L’imputato non aveva perso conoscenza, ma si era trovato in evidente stato di alterazione psicologica che gli aveva impedito di comprendere le comunicazioni dei carabinieri. Il verbale non era stato redatto nell’immediatezza proprio per le precarie condizioni dell’indagato, e nel verbale non era stata fatta menzione della sintomatologia, che il teste P. aveva riferito a dibattimento. L’avviso della facoltà di avvalersi della assistenza di un difensore non era quindi valido perché rivolto a persona in forte stato di confusione psicologica . 3. Il Procuratore Generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso propone censure generiche, non consentite e, comunque, manifestamente infondate e ne va, perciò, dichiarata la inammissibilità. 1. L’unico motivo denuncia la violazione delle norme processuali art. 114 disp. att. c.p.p. che riguardano la validità degli accertamenti compiuti, in quanto non preceduti dall’avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore. La sentenza di appello, a fronte della relativa eccezione formulata con l’atto di impugnazione, l’ha respinta, osservando, da una parte, che era stata, tardivamente, proposta per la prima volta con l’atto di appello e, dall’altra, che l’avviso era stato dato, come documentato nel verbale di accertamento urgente e come confermato, a dibattimento, dal teste P. . Inoltre, ha rilevato il secondo giudice, l’indagato non aveva mai perso conoscenza ed aveva quindi compreso l’informazione ricevuta. Il ricorso, nel riproporre la questione, sostiene che i carabinieri intervenuti avevano dato il relativo avviso all’A. , ma in un momento in cui l’indagato si trovava in una condizione di forte alterazione psichica e non era, dunque, nelle condizioni per comprendere la comunicazione ricevuta. 2. Innanzitutto, il motivo non si confronta con il rilievo della tardività della eccezione processuale proposta con l’atto di appello. La sentenza impugnata ha rilevato che l’eccezione di cui trattasi non era stata proposta all’udienza 21.11.2016, e sul punto, cui consegue la decadenza dalla eccezione Sez. Un., 29/01/2015, Bianchi, Rv. 263023 , il ricorso nulla ha dedotto. 3. La deduzione difensiva risulta anche manifestamente infondata e con contenuto di merito. In diritto, si è precisato che la incapacità della parte di comprendere l’avviso non incide sulla validità dello stesso Sez. 4, 11/12/2019, MALDARIN, Rv. 277881 In tema di guida in stato di ebbrezza alcolica, non è configurabile, a carico della polizia giudiziaria operante, l’obbligo di attendere che l’interessato sia in stato psicofisico tale da poter comprendere l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell’alcoltest, trattandosi di atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, il cui esito, essendo legato al decorso del tempo, può essere compromesso definitivamente dall’attesa suddetta Sez. 4, 21/02/2019, TURCU, Rv. 276266 . La sentenza di appello ha motivato sul fatto che l’indagato non avesse perso conoscenza, e quindi avesse ben compreso tutto, tanto da aver, da una parte, rifiutato di avvalersi della facoltà di essere assistito dal difensore e, dall’altra, consentito espressamente al prelievo ematico finalizzato all’alcolemia. A fronte di tale motivazione il ricorso, muovendosi nell’ambito di un giudizio sul merito, ha riproposto l’assunto relativo alle condizioni psichiche alterate, evidenziando, a riscontro, il fatto che il verbale fosse stato redatto due giorni dopo l’intervento. La sentenza di appello si è confrontata con il dato valorizzato dalla difesa, osservando che il teste P. aveva testimoniato la piena comprensione da parte dell’A. sia dell’avviso che della richiesta di consentire al prelievo ematico. Il ricorso ripropone quanto già esposto con l’atto di appello, senza alcuna critica alla struttura della motivazione della sentenza impugnata, e quindi con una prospettiva di merito non consentita nel giudizio di legittimità. 4. Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000 , anche al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.