Procedimento di riesame e sospensione dei termini per via dell’emergenza COVID

Infondata la doglianza del ricorrente inerente alla violazione del d.l. dell’11 marzo 2020 circa la trattazione dei procedimenti con imputati detenuti ovvero in stato di custodia cautelare pur durante l’emergenza epidemiologica, in quanto, per espresso rinvio d’ufficio di tutte le udienze fissate nell’arco temporale indicato dal decreto, accompagnato dalla sospensione dei relativi termini, il limite di 10 giorni previsto dal comma 9 dell’art. 309 c.p.p. non doveva ritenersi decorso con conseguente estinzione della misura cautelare inflitta.

Così si esprime la Suprema Corte nella sentenza n. 26797/20, depositata il 25 settembre. Il Tribunale della libertà di L’Aquila respingeva la richiesta di riesame avanzata dall’interessata avverso l’ordinanza con cui il GIP le aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere , in quanto gravemente indiziata del delitto di concorso in rapina aggravata e lesioni personali. Il difensore della stessa propone ricorso per cassazione, lamentando il fatto che il procedimento di riesame non fosse stato deciso entro il termine perentorio di 10 giorni , in violazione del d.l. dell’11 marzo 2020 che prevede la trattazione di procedimenti siffatti anche durante l’emergenza COVID-19, e la lesione del diritto di difesa , conseguente all’omessa partecipazione dell’indagata all’udienza tenutasi il 12 marzo. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso manifestamente infondato , in quanto non tiene conto delle disposizioni applicabili al procedimento di riesame durante l’ emergenza epidemiologica . Infatti, il d.l. n. 11/2020, entrato in vigore l’8 marzo 2020, all’art. 1 stabilisce il differimento urgente delle udienze, accompagnato dalla sospensione dei termini nei procedimenti, sancendo che dal giorno successivo all’entrata in vigore della legge e sino al 22 marzo 2020 le udienze pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, tranne quelle previste dal comma 2, lett. g , dell’art. 2, sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020. In tale contesto normativo, la Corte osserva come il Giudice non sia incorso in alcuna nullità, poiché, una volta fissata l’udienza del 12 marzo in vigenza del periodo obbligatorio di sospensione stabilito dal decreto , il procedimento era stato rinviato al successivo 26 marzo, data in cui veniva trattato, essendo giunta richiesta da parte del difensore o dell’indagata. Dunque, il termine di 10 giorni oggetto dell’art. 309, comma 9, c.p.p. non doveva ritenersi decorso con la conseguente estinzione della misura cautelate inflitta, per via del decreto suddetto. Per quanto riguarda, invece, la lamentata lesione del diritto di difesa, gli Ermellini richiamano l’art. 83, comma 12, del d.l. n. 18/2020, il quale dispone la partecipazione alle udienze da parte di persone detenute, internate ovvero in stato di custodia cautelare mediante videoconferenza o collegamenti da remoto , qualora possibile. Nel caso concreto, la mancata partecipazione dell’indagata all’udienza del riesame si è verificata per espressa previsione normativa emanata durante l’emergenza epidemiologica e, non essendo stata dedotta la mancata attivazione del citato collegamento, il motivo di ricorso è parimenti infondato. Per queste ragioni, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 – 25 settembre 2020, n. 26797 Presidente Rago – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza in data 26 marzo 2020, il tribunale della libertà di L’Aquila, respingeva l’istanza di riesame avanzata nell’interesse di T.M. avverso l’ordinanza del G.I.P. presso il tribunale di Lanciano che aveva applicato alla stessa la custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziata del delitto di concorso in rapina aggravata e lesioni personali. 1.2 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore della T. deducendo con un primo motivo inosservanza ed erronea applicazione di legge, in relazione all’art. 309 c.p.p., commi 9 e 10, ex art. 606 c.p.p., lett. b , nonché vizio della motivazione poiché il procedimento di riesame non era stato deciso entro i termini perentori di dieci giorni difatti - l’udienza del 12 marzo 2020 era stata rinviata d’ufficio al 26 marzo 2020 nonostante la presenza del difensore e ciò in violazione del D.L. n. 11 del 2020, il quale prevedeva la trattazione dei procedimenti con imputati detenuti o in stato di custodia cautelare pur durante l’emergenza COVID - il rinvio d’ufficio aveva quindi comportato il decorso del termine perentorio di dieci giorni per la definizione del procedimento di riesame previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 9. Con il secondo motivo deduceva inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 178 c.p.p., e degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. c , per lesione del diritto di difesa derivante dalla omessa partecipazione della ricorrente all’udienza del 12 marzo non essendo stata disposta la traduzione all’udienza camerale, pur avendone la stessa fatto richiesta, con conseguente nullità assoluta ed insanabile del giudizio. Considerato in diritto 2.1 Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile fondandosi su doglianze che non prendono in considerazione le disposizioni normative applicabili al procedimento di riesame durante l’emergenza COVID. Invero, quanto al primo motivo deve essere ricordato come il D.L. n. 11 del 2020, entrato in vigore l’8 marzo 2020 all’Art. 1 intitolato Differimento urgente delle udienze e sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari prevedeva espressamente che A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all’art. 2, comma 2, lett. g , sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020. A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto . A sua volta il citato art. 2, comma 2, lett. g , stabiliva la possibilità di trattazione delle 2 udienze di convalida dell’arresto o del fermo, udienze dei procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all’art. 304 c.p.p., udienze nei procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive e, quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda, altresì le seguenti a udienze nei procedimenti a carico di persone detenute . Dalla lettura del testo normativo, emanato in piena emergenza da COVID-19, risulta pertanto chiaro che, per disposizione avente forza di legge entrata in vigore l’8 marzo, tutte le udienze già fissate nel periodo 9-22 marzo 2020 venivano rinviate d’ufficio ed i termini per la trattazione dei procedimenti anche perentori erano sospesi. Risultava fatta salva la possibilità di trattazione dopo il 22 marzo delle udienze aventi ad oggetto soggetti detenuti per i quali sia pervenuta richiesta di trattazione dagli stessi ovvero dai loro difensori. Avuto riguardo a tale quadro normativo, poi prorogato per effetto del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, che all’art. 83, conteneva disposizioni sostanzialmente analoghe, il tribunale della libertà di L’Aquila non appare essere incorso in alcuna nullità invero, avvenuta la fissazione dell’udienza in data 12 marzo e cioè durante la vigenza del periodo obbligatorio di sospensione stabilito dal D.L. n. 11, il procedimento veniva rinviato al successivo 26 marzo udienza alla quale veniva trattato essendo pervenuta richiesta da parte del difensore o dell’indagata. Ne deriva pertanto affermare che il termine di dieci giorni stabilito dall’art. 309 comma 9 c.p.p., non doveva ritenersi decorso con conseguente estinzione della misura cautelare per espressa previsione normativa che disponeva il rinvio d’ufficio di tutte le udienze fissate in quell’arco temporale e la sospensione di tutti i termini. 2.2 Anche il secondo motivo con il quale si lamenta violazione del diritto di difesa per mancata traduzione della ricorrente all’udienza di riesame non è fondato. Invero, stabilito che il procedimento veniva correttamente rinviato all’udienza del 26 marzo essendo sospesa nell’arco temporale compreso tra l’8 ed il 22 marzo qualsiasi udienza è certo che la traduzione prevista per il giorno 12 marzo non doveva avere luogo proprio perché la trattazione era stata rinviata in forza delle disposizioni del già citato D.L. n. 11 del 2020 ed all’udienza del successivo 26 marzo la detenuta non doveva essere tradotta poiché entrato in vigore il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, la partecipazione era prevista nelle sole forme da remoto e non anche in presenza. Invero secondo l’art. 83, comma 12, del suddetto decreto legge Ferma l’applicazione dell’art. 472 c.p.p., comma 3, dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 146 bis, commi 3, 4 e 5, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 . Con la conseguenza che la mancata partecipazione personale della T. all’udienza di riesame fissata originariamente per il 12 marzo, non si è verificata per un inadempimento del tribunale della libertà bensì per espressa previsione normativa emanata in piena emergenza epidemiologica ed in base alla quale anche i detenuti dovevano partecipare mediante collegamento a distanza ove possibile e poiché nel caso in esame il ricorso non deduce la mancata attivazione del predetto collegamento lo stesso non risulta parimenti fondato. Nè sussiste nullità alcuna per la mancata citazione all’udienza di rinvio del 26 marzo posto che dall’esame degli atti, che questa corte è chiamata ad effettuare in caso di deduzioni di nullità, risulta che l’avviso per l’udienza del 26 marzo è stato regolarmente inviato a detenuta ed avvocato difensore. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3 alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.