Atti persecutori contro l’ex coniuge: l’acquisizione della querela può avvenire anche al momento della discussione finale

I documenti funzionali alla verifica della procedibilità possono essere acquisiti in ogni stato e grado del giudizio di merito, potendo l’imputato chiedere l’immediata declaratoria di improcedibilità ex art. 129, comma 1, c.p.p., a seguito della quale il giudice verificherà l’effettiva sussistenza della condizione di procedibilità.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26348/20, depositata il 21 settembre. La Corte d’Appello di Messina confermava la pronuncia emessa dal Giudice di primo grado, il quale aveva dichiarato colpevole l’attuale ricorrente per atti persecutori aggravati ai danni dell’ex coniuge. Avverso tale decisione, propone ricorso per cassazione l’imputato, lamentando il fatto che il Giudice abbia acquisito al fascicolo del dibattimento le querele della parte offesa ritenendo legittima la loro acquisizione pur dopo la chiusura dell’istruttoria dibattimentale al momento della discussione finale . Il Giudice, infatti, non aveva interrotto la discussione ma aveva atteso l’esaurimento della stessa, in violazione dell’art. 523 c.p.p., avendo introdotto un fatto nuovo su cui la difesa nulla ha potuto obiettare. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile , rilevando come in materia di atti inerenti alla procedibilità, la mancata acquisizione, ab initio ”, al fascicolo delle indagini preliminari della prova dell’effettiva sussistenza della querela non comporta l’invalidità o l’inutilizzabilità degli atti compiuti e del conseguente esercizio dell’azione penale, in quanto i documenti necessari alla verifica della procedibilità possono essere acquisiti in ogni stato e grado del giudizio di merito , senza che ne derivi un nocumento al diritto di difesa, potendo l’imputato chiedere l’immediata declaratoria di improcedibilità ai sensi dell’art. 129, comma 1, c.p.p. e dovendo il giudice verificare, in tal caso, se la condizione di procedibilità sussista effettivamente . Per questa ragione, gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese di lite e della somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 luglio – 21 settembre 2020, n. 26348 Presidente Pezzullo – Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Messina ha confermato la pronunzia emessa dal Tribunale della stessa città, che aveva dichiarato E.D. colpevole di atti persecutori aggravati e lo aveva condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione. In particolare, l’E. era imputato del reato previsto e punito dall’art. 612 bis c.p., comma 2, perché, con condotte reiterate e costanti, minacciava e molestava l’ex coniuge S.E. , cagionandole un perdurante stato d’ansia e di paura, nonché un fondato timore per l’incolumità propria, del proprio figlio P.N. e del proprio compagno Pl.Ci. . 2. Con atto a firma dell’Avv. Pierfrancesco Broccio è proposto ricorso per Cassazione nell’interesse dell’E. , articolato in un solo motivo. 2.1 Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione della legge penale, nonché inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, in relazione agli artt. 523 e 524 c.p.p. La Corte di Appello ha avallato la decisione con cui il giudice di prime cure ha acquisito al fascicolo del dibattimento ex art. 523 c.p.p. le querele sporte dalla parte offesa, ritenendone comunque legittima l’acquisizione anche dopo la chiusura dell’istruttoria dibattimentale, al momento della discussione finale. Tuttavia, ad avviso del ricorrente, il giudice non ha interrotto la discussione ma ha atteso l’esaurirsi della stessa, in palese violazione del disposto dell’art. 523 c.p.p., comma 6, il quale prevede la possibilità, in caso di assoluta necessità, di interrompere la discussione per l’assunzione di nuove prove, ma non di acquisirle a discussione terminata, introducendo un fatto nuovo su cui la difesa nulla ha potuto osservare od obiettare. Ciò contrasta con la logica del sistema, che pone la discussione finale all’esito di un iter conosciuto in tutti i suoi elementi dal difensore, oltre ad integrare una violazione dell’art. 524 c.p.p., il quale pone un limite ben preciso al dibattimento, costituito proprio dall’esaurimento della discussione. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Ed invero, costituisce principio consolidato, più volte affermato da questa Corte, quello secondo cui in tema di atti relativi alla procedibilità, la mancata acquisizione, ab initio , al fascicolo delle indagini preliminari della prova dell’effettiva sussistenza della querela non comporta l’invalidità o l’inutilizzabilità degli atti compiuti e del conseguente esercizio dell’azione penale, in quanto i documenti necessari alla verifica della procedibilità possono essere acquisiti in ogni stato e grado del giudizio di merito, senza che ne derivi un nocumento al diritto di difesa, potendo l’imputato chiedere l’immediata declaratoria di improcedibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 1, e dovendo il giudice verificare, in tal caso, se la condizione di procedibilità sussista effettivamente ex multis, Sez. 3, n. 16470 del 28/02/2020 - dep. 29/05/2020, P, Rv. 27900601 . Nè d’altronde risulta dalle sentenze di merito che nel caso in esame la querela sia stata utilizzata per fine diverso da quello inerente alla procedibilità, essendo incentrata la ricostruzione del fatto sulla deposizione resa in dibattimento dalla persona offesa e non sull’atto di querela. 2. Dalle argomentazioni svolte deriva la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000 a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.