Il legittimo impedimento a comparire in udienza derivante da infermità fisica

L’assoluta impossibilità a comparire in udienza derivante da infermità fisica non va intesa come impedimento materiale che risulti superiore a qualsiasi sforzo umano, prescindendo cioè dalle condizioni psico-fisiche in cui versa l’imputato, in quanto la garanzia sottesa all’esercizio del diritto di difesa comporta che l’imputato sia in grado di presenziare al processo a suo carico come parte attiva della vicenda che lo coinvolge.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 25424/20 depositata l’8 settembre. L’imputata, condannata in Corte d’Appello per i reati di truffa e peculato, ricorre per cassazione lamentando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 420- ter e 178 c.p.p., sostenendo che, a seguito della documentazione medica prodotta, che accertava il suo legittimo impedimento a comparire in udienza , la Corte d’Appello avrebbe dovuto disporre il rinvio del processo. La Cassazione ritiene il ricorso fondato e meritevole di accoglimento sulla base del fatto che, anche per l’ultima udienza, l’imputata aveva correttamente prodotto la certificazione medica che attestava la necessità ad alcuni giorni di riposo assoluto a causa della sua malattia ma nonostante questo la Corte d’Appello non ritenne sussistente il legittimo impedimento rigettando la richiesta di rinvio e celebrando ugualmente il processo. A supporto della sua decisione, la Suprema Corte ribadisce che costituisce un principio consolidato quello second cui l’assoluta impossibilità a comparire derivante da infermità fisica non va intesa in senso esclusivamente meccanicistico, come impedimento materiale che risulti superiore a qualsiasi sforzo umano, prescindendo cioè dalle condizioni psico-fisiche in cui versa l’imputato, in quanto la garanzia sottesa all’esercizio del diritto di difesa comporta che l’imputato sia in grado di presenziare al processo a suo carico come parte attiva della vicenda che lo coinvolge .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 marzo – 8 settembre 2020, n. 25424 Presidente Fidelbo – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha confermato la sentenza con cui G.M. è stata condannata per i reati di truffa - limitatamente alle condotte commesse successivamente al omissis - e di peculato. Dalle sentenze di merito si evince che l’imputata a era titolare di una agenzia di pratiche automobilistiche a cui, nel corso del tempo, numerose persone si erano rivolte per effettuare il pagamento della tassa automobilistica regionale bollo b era solita riferire ai clienti di non poter rilasciare, a causa della interruzione provvisoria del collegamento telematico, la ricevuta ufficiale del pagamento, cioè quella stampata dal sistema, ma solo una ricevuta informale, compilata manualmente c non eseguiva il pagamento della tassa e di ciò i clienti si accorgevano solo successivamente d era stata autorizzata dalla Regione Campania alla riscossione delle tasse automobilistiche dal omissis . Sulla base di tali presupposti, i Giudici di merito hanno ritenuto di ricondurre al reato di peculato le condotte commesse nell’arco temporale in cui G. era stata autorizzata alla riscossione delle tasse, mentre per quelle antecedenti e successive si è ritenuto perfezionato il reato di truffa. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto agli artt. 420 ter - 178 c.p.p L’imputata avrebbe presentato nel corso delle udienze celebrate nel giudizio di appello specifica certificazione medica attestante la esistenza di un legittimo impedimento a comparire, derivanti dalla recidiva di una grave patologia neoplasica, che già in precedenza l’aveva costretta a sottoporsi ad un intervento chirurgico e che la costringeva a cure invasive. In particolare, all’udienza del 12/06/2019 la Corte, a seguito della documentazione prodotta, aveva disposto un accertamento sulle condizioni fisiche della imputata, all’esito del quale il medico aveva attestato che G. , affetta da postumi di chemioterapia si trovava in una condizione clinica che consentiva il trasporto a mezzo ambulanza . Secondo la ricorrente, la Corte, in ragione della verifica medica compiuta, avrebbe dovuto disporre il rinvio del processo e l’udienza sarebbe stata nulla. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di penale responsabilità. 2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti previste dall’art. 323 bis c.p. e art. 62 c.p., n. 4 l’imputata avrebbe posto in essere numerose condotte illecite ma tutte aventi ad oggetto appropriazioni di valore economico limitato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato quanto al primo assorbente motivo. 2. Dagli atti emerge che - l’udienza del 1/04/2019 fu rinviata per legittimo impedimento dell’imputata, che aveva presentato la propria cartella clinica ed ulteriore documentazione, comprovante come la stessa, affetta da esiti di intervento di glioblastoma, fosse stata sottoposta a chemioterapia per la quale necessitava di alcuni giorni di riposo - non diversamente, anche l’udienza del 6/06/2019, a seguito di ulteriore documentazione medica, fu rinviata per le stesse ragioni - all’udienza del 12/06/2019 l’imputata produsse certificazione medica del omissis con cui veniva attestato che, a seguito di un ulteriore visita a domicilio, le erano stati prescritti cinque giorni di riposo assoluto assieme a terapia medica, per effetti collaterali di chemioterapia - per ragioni formali, la Corte di appello dispose un accertamento domiciliare al cui esito il Dott. C. , medico della Polizia di Stato, attestò che l’imputata presentava una condizione clinica che consente il trasporto a mezzo ambulanza . Sulla base di tali presupposti la Corte di appello ritenne non sussistente il legittimo impedimento a rigettò la richiesta di rinvio, celebrando il processo. 3. La Corte di cassazione ha in molteplici occasioni chiarito che l’assoluta impossibilità a comparire derivante da infermità fisica non va intesa in senso esclusivamente meccanicistico, come impedimento materiale che risulti superiore a qualsiasi sforzo umano, prescindendo cioè dalle condizioni psico-fisiche in cui versa l’imputato, in quanto la garanzia sottesa all’esercizio del diritto di difesa comporta che l’imputato sia in grado di presenziare al processo a suo carico come parte attiva della vicenda che lo coinvolge Sez. 5, n. 15646 del 05/02/2014, Coviello, Rv. 259841 Sez. 3, n. 6357 del 16/10/2018, Santi, Rv. 275000 . La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione del principio indicato. In una fattispecie come quella in esame, non è innanzitutto chiaro perché la stessa situazione che aveva giustificato il rinvio delle udienze dell’1/04/2019 e del 06/06/2019 fu ritenuta non idonea a configurare il legittimo impedimento per la successiva udienza del 12/06/2019. Sotto altro profilo, in una situazione ampiamente comprovata documentalmente, non è stato spiegato perché il mero fatto che l’imputata potesse raggiungere in ambulanza il Tribunale - circostanza, questa, già di per se rivelatrice del precario stato di salute della stessa - potesse garantire, nonostante la perdurante e obiettivamente grave situazione psicofisica che la stessa Corte di appello ben conosceva, che G. fosse in condizioni di partecipare attivamente al processo. Lo sforzo che alla G. fu ingiustificatamente richiesto di compiere era inesigibile perché in contrasto con due principi fondamentali del nostro ordinamento quello del diritto alla salute, che implica la impossibilità di imporre al malato stress psicofisici tali da poter aggravare le condizioni di salute o provocare sofferenze apprezzabili quello del diritto di difesa, esplicabile solo in condizioni di lucidità mentale che non siano compromesse da patologie rilevanti. La nozione di intervento dell’imputato non può essere restrittivamente intesa nel senso di mera presenza fisica nel procedimento, ma come partecipazione attiva e cosciente alla vicenda processuale dell’imputato, al quale deve garantirsi l’effettivo esercizio dei diritti e delle facoltà di cui lo stesso è titolare. Ne consegue che l’udienza del 12/06/2019 fu irritualmente celebrata, perché il processo avrebbe dovuto essere rinviato per il legittimo impedimento dell’imputato. Ne deriva che, a causa della nullità vetrificatasi, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.