Sexting forzato per una minorenne: legittima l’accusa di violenza sessuale

Solido il quadro indiziario nei confronti di un uomo. Legittima, secondo i Giudici, anche l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Inequivocabile, checché ne dica il difensore, la condotta tenuta dall’uomo.

Obbligare una ragazzina a subire un contatto virtuale basato sul sexting – cioè sull’invio di messaggi e foto a carattere erotico – è condotta inequivocabile e sicuramente catalogabile come violenza sessuale . Di conseguenza, è legittima l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Cassazione, sentenza numero 25266/20, sezione III Penale, depositata oggi . Comune la visione tracciata dal GIP, prima, e dal Tribunale del riesame, poi all’uomo accusato di violenza sessuale – per il sexting a cui ha obbligato una ragazzina – va applicata la misura della custodia cautelare in carcere . Per il difensore, però, la linea adottata nei confronti del suo cliente è eccessivamente severa, anche perché, sostiene, non vi sono gravi indizi di colpevolezza . Allargando l’orizzonte, poi, il legale prova anche a ridimensionare la condotta esaminata dai giudici, osservando col ricorso in Cassazione che il suo cliente ha solo scritto una serie di messaggi su Whatsapp allusivi e sessualmente espliciti ad una ragazza, minore di età, costringendola a scattarsi foto e ad inoltrargli una foto senza reggiseno nonché a ricevere una foto ritraente il membro maschile e commentarla, sotto la minaccia di pubblicare la chat su Instagram e su pagine hot e aggiungendo che, quindi, è mancato l’atto sessuale, non essendo avvenuto alcun incontro tra l’uomo e la ragazza . Sempre in quest’ottica, poi, il legale evidenzia che il suo cliente, pur ammettendo le conversazioni su Whatsapp, ha negato di avere indotto la ragazza a pratiche di autoerotismo o altre pratiche sessuali via chat e ha chiarito che non vi è stata alcuna proposta di incontro o di sesso via chat . Scontata la conclusione del ragionamento fatto dal difensore la condotta illecita si è limitata all’invio di una propria foto nuda, invitando la ragazza ad un commento, nonché alla ricezione di una foto della ragazza senza reggiseno , e quindi non è stata intaccata l’integrità psico-fisica della minore, secondo il corretto sviluppo della sua sessualità . Per il legale va data una lettura precisa alla condotta tenuta dal suo cliente, escludendo il reato di violenza sessuale e il cosiddetto child grooming , ossia la pratica di adescamento di un soggetto minorenne in internet, tramite tecniche psicologiche volte a superarne le difese e ad ottenerne la fiducia, per abusarne sessualmente e ipotizzando solo che abbia attirato la minore allo scopo di commettere il reato di prostituzione minorile, con minaccia e mediante l’utilizzo della rete internet e di altri mezzi di comunicazione . Ciò perché, sempre secondo il legale, il suo cliente non ha intaccato la sfera sessuale della minore , preso atto dell’ assenza di una qualsivoglia richiesta di rapporto sessuale . In Cassazione viene innanzitutto sottolineato che sui dettagli della vicenda non vi sono dubbi o incertezze, poiché l’uomo indagato ha ammesso i fatti nell’interrogatorio di garanzia . Passaggio successivo è prendere in esame la linea proposta dalla difesa, secondo cui in assenza di incontri con la persona offesa o di induzione a pratiche di autoerotismo o altre pratiche sessuali via chat, sarebbe difettato l’atto sessuale volto al soddisfacimento degli impulsi dell’uomo. E su questo fronte dalla Cassazione mostrano di condividere la linea tracciata dal Tribunale del riesame nello specifico, si è ribadito che la violenza sessuale risulta pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgono la corporeità sessuale della persona offesa e sono finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale . E in questa vicenda si sono ravvisati, correttamente secondo la Cassazione, i gravi indizi di colpevolezza del reato di violenza sessuale nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali e sui gusti erotici della ragazza, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat . A sostegno di questa visione, poi, viene anche richiamato il principio secondo cui nella violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità e va ravvisato il reato di atti sessuali con un minorenne nella condotta di richiesta ad un minorenne, nel corso di una conversazione telefonica, di compiere atti sessuali, di filmarli e di inviarli immediatamente all’interlocutore, non distinguendosi tale fattispecie da quella del minore che compia atti sessuali durante una video-chiamata o una video-conversazione . Ritornando alla vicenda all’esame della Cassazione, poi, viene anche rilevato che il Tribunale del riesame ha valorizzato anche gli aspetti di contesto sulla persistente dolosa strumentalizzazione dell’inferiorità della vittima da parte dell’uomo . Per quanto concerne, quindi, la misura cautelare , i magistrati osservano che l’uomo ha perpetrato le stesse condotte nei confronti di altre minori, dimostrando di non saper controllare le proprie pulsioni e di poter continuare a minacciare le vittime nonché reiterare le condotte delittuose attraverso l’uso di strumenti informatici di conseguenza, è legittima l’applicazione della custodia in carcere , chiosano dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 luglio – 8 settembre 2020, n. 25266 Presidente Rosi – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 9 gennaio 2020 il Tribunale del riesame di Milano ha confermato l'ordinanza del 17 dicembre 2019 del Giudice per le indagini preliminari di Pavia che aveva applicato a Ni. Ma. la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale. 2. Con il primo motivo di ricorso l'indagato deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza. Ricorda di essere indagato per violazione del reato di cui agli art. 81 cpv, 609-bis e 609-ter cod. pen. per aver scritto una serie di messaggi di whatsapp allusivi e sessualmente espliciti ad una ragazza, minore di età, costringendola a scattarsi foto e ad inoltrare una foto senza reggiseno nonché a ricevere una foto ritraente il membro maschile e commentarla, sotto la minaccia di pubblicare la chat su instagram e su pagine hot. Eccepisce la violazione di legge perché i Giudici del riesame non avevano fatto buon governo dei principi normativi di cui agli art. 609-bis, 609-ter e 609-undecies cod. pen. Osserva che il fatto non era sussumibile sotto l'art. 609-bis, ma, al limite, sotto l'art. 609-undecies cod. pen. Mancava l'atto sessuale, seppur allo stadio del tentativo, non essendo avvenuto alcun incontro tra lui e la presunta persona offesa. Pur ammettendo le conversazioni, aveva negato di averla indotta a pratiche di autoerotismo o altre pratiche sessuali via chat. Non vi era stata alcuna proposta di incontro o di sesso via chat. La condotta illecita si era limitata all'invio di una propria foto nuda, invitando la ragazza ad un commento, nonché alla ricezione di una foto della ragazza senza reggiseno. Pertanto, non era stata intaccata l'integrità psico-fisica della minore, secondo il corretto sviluppo della sua sessualità, quale bene giuridico tutelato dalla norma in contestazione. Ribadisce che la sua condotta poteva al limite essere ricondotta nell'alveo dell'art. 609-undecies cod. pen. per aver adescato la minore allo scopo di commettere il reato di cui all'art. 600-bis cod. pen., con minaccia e mediante l'utilizzo della rete internet o di altri mezzi di comunicazione. Era escluso l'abuso sessuale, anche a livello di tentativo, e così il child grooming, cioè la pratica di adescamento di un soggetto minorenne in internet, tramite tecniche psicologiche volte a superarne le resistenze ed ottenerne la fiducia, per abusare sessualmente. La condotta tenuta dall'indagato non aveva intaccato la sfera sessuale della minore per assenza di una qualsivoglia richiesta di rapporto sessuale volta al soddisfacimento dei propri impulsi. Ritiene erroneamente applicati i principi di diritto desumibili dalla giurisprudenza citata nell'ordinanza impugnata. Con il secondo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in rapporto alle esigenze cautelari. I Giudici del riesame non avevano spiegato come potesse darsi alla fuga, se sottoposto agli arresti domiciliari. Ed invero, a seguito della perquisizione domiciliare del 30 settembre 2019, era rientrato dall'estero, evidentemente avvisato dai propri genitori, proprio per sottoporsi all'esecuzione della misura cautelare. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Nell'ordinanza impugnata si è precisato che nell'interrogatorio di garanzia l'indagato aveva ammesso i fatti e si è respinta la ricostruzione giuridica proposta dalla difesa secondo cui, in assenza di incontri con la persona offesa o di induzione a pratiche di autoerotismo o altre pratiche sessuali via chat, sarebbe difettato l'atto sessuale volto al soddisfacimento dei propri impulsi, potendo la condotta ricondursi, al limite, nell'alveo dell'art. 609-undecies o 600-bis cod. pen. Il Tribunale del riesame ha ricordato che la violenza sessuale risultava pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale. Nello specifico, ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell'induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat. La decisione è solida e ben motivata, in linea con la giurisprudenza di legittimità, sebbene in taluni casi condotte siffatte sono state sussunte sotto la forma del tentativo. Ed invero, Cass., Sez. 3, n. 8453 del 14/06/1994, Mega, Rv. 198841 - 01 ha qualificato come tentativo di violenza carnale e non come diffamazione aggravata il fatto di chi, minacciando - e poi attuando la minaccia - di inviare ai parenti di una donna foto compromettenti scattate in occasione di incontri amorosi con lei precedentemente avuti, tenti di costringerla ad ulteriori rapporti sessuale, non rilevando l'assenza di qualsivoglia approccio fisico, in quanto con l'effettuazione della minaccia, diretta a costringere la persona offesa alla congiunzione, iniziava comunque l'esecuzione materiale del reato analogamente Cass., Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008 dep. 2009 , Brizio, Rv. 243090 - 01, secondo cui, ai fini della configurabilità del tentativo di atti sessuali con minorenne nel caso in cui il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l'univoca intenzione dell'agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall'altro, l'oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione sessuale della vittima fattispecie in cui il reo aveva inviato a mezzo telefono cellulare un SMS ad un minore nel tentativo di indurlo a compiere sulla propria persona atti di autoerotismo . Più recentemente Cass., Sez. 3, n. 19033 del 26/03/2013, L, Rv. 255295 - 01 ha affermato, con ampi riferimenti alla giurisprudenza già formatasi sul tema, che nella violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l'autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. Ha ravvisato l'integrazione del reato di cui all'art. 609-quater cod. pen. nella condotta di richiesta ad un minorenne, nel corso di una conversazione telefonica, di compiere atti sessuali, di filmarli e di inviarli immediatamente all'interlocutore, non distinguendosi tale fattispecie da quella del minore che compia atti sessuali durante una video-chiamata o una video-conversazione, Cass., Sez. 3, n. 17509 del 30/10/2018, dep. 2019, D., Rv. 275595 - 01. Nello specifico il Tribunale del riesame ha valorizzato anche gli aspetti di contesto sulla persistente dolosa strumentalizzazione dell'inferiorità della vittima da parte dell'agente Cass., Sez. 3, n. 15412 del 20/09/2017, dep. 2018, C, Rv. 272549 . Benché il difensore abbia precisato in udienza che il suo assistito era stato sottoposto agli arresti domiciliari, un'ultima considerazione va spesa sull'adeguatezza della misura cautelare, la rinuncia del motivo a verbale non essendo rituale. Osserva il Collegio che gli argomenti usati dai Giudici del riesame - la circostanza che l'indagato avesse perpetrato le stesse condotte nei confronti di altre minori, dimostrando di non saper controllare le proprie pulsioni, di lavorare all'estero e di non essere rientrato specificamente per consegnarsi alle forze dell'ordine, di poter continuare a minacciare le vittime nonché reiterare le condotte delittuose a mezzo l'uso di strumenti informatici - sono logici e razionali ed hanno ben giustificato la conferma della misura della custodia cautelare in carcere. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.