Alcoltest rifiutato: patteggiamento e pena lieve per l’automobilista

Vittoria per il conducente, che ottiene di vedere mitigata la durata della sospensione della patente. Decisiva su questo fronte la carenza di motivazione del provvedimento adottato dal giudice, anche a fronte di una pena non severa per il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest.

Rifiuto deciso – e illegittimo – all’ipotesi di sottoporsi all’alcoltest. Inevitabile la condanna per l’automobilista, che però, grazie anche alla pena non severa, può mettere in discussione e vedere ridotta la misura della sospensione per due anni della patente. Cassazione, sentenza n. 24023, sez. Feriale Penale, depositata il 24 agosto 2020 . In Tribunale l’uomo sotto processo per essersi opposto all’ accertamento del tasso alcolemico viene ritenuto colpevole e condannato. In particolare, il giudice fissa come pena base sei mesi di arresto e 1.500 euro di ammenda, poi ridotta a quattro mesi di arresto e 1.000 euro di ammenda a seguito dell’ accordo tra le parti . Allo stesso tempo, però, viene anche applicata la sanzione amministrativa accessoria, cioè la sospensione della patente di guida , per il periodo massimo previsto, ossia ventiquattro mesi. E proprio su quest’ultimo dato è centrato il ricorso proposto in Cassazione dal difensore dell’automobilista. Da un lato il legale osserva che il giudice ha applicato la sospensione della patente di guida in modo difforme a quanto previsto dall’accordo intercorso fra l’imputato ed il pubblico ministero, con cui si stabiliva la durata di dodici mesi , e aggiunge che laddove la norma processuale interna consenta la definizione del procedimento attraverso l’accordo delle parti sulla pena, quest’ultimo ben può comprendere la sanzione amministrativa accessoria, da considerarsi parte integrante della pena complessiva . Da un altro lato, poi, il legale pone in evidenza l’omessa motivazione sulla durata della sospensione della patente di guida, essendosi il giudice limitato a ritenere equo il periodo di sospensione della patente di guida per ventiquattro mesi, facendo riferimento agli elementi costitutivi del reato ed in particolare alla modalità di realizzazione della condotta, senza chiarire le ragioni dell’applicazione della misura massima prevista dalla legge . Per quanto concerne il primo fronte, cioè l’ accordo sulla sanzione amministrativa , dalla Cassazione ribattono che le sanzioni della sospensione e della revoca della patente di guida sono introdotte a fini specificamente interdittivi, con finalità preventive, rivolte a tutelare la sicurezza della circolazione e, di conseguenza, l’incolumità pubblica e aggiungono che la loro natura amministrativa si palesa sia dalla disposizione di cui all’art. 223 c.d.s., laddove si prevede il potere della sospensione cautelare della patente in capo al Prefetto, sia dalla lettera dell’art. 224, comma 3 c.d.s., che stabilisce la competenza del Prefetto in ordine all’applicazione della sanzione amministrativa, qualora il reato da cui essa consegue sia estinto per prescrizione, previo accertamento della sussistenza della violazione, che, infine, dalla previsione, di cui all’art. 224, comma 1 c.d.s., che dispone l’adozione da parte del Prefetto della revoca o della sospensione della patente di guida per la durata determinata dal provvedimento giurisdizionale di condanna, ancorché la relativa pena sia condizionalmente sospesa . In particolare, quest’ultima disposizione dimostra la natura amministrativa della sospensione della parente di guida, posto che la sospensione condizionale della pena, incidente sulle sanzioni di natura penale, non si estende, per espressa volontà legislativa, alla sanzione accessoria interdittiva in esame . Poi, ad ulteriore conferma della natura amministrativa delle sanzioni previste dal Codice della Strada relative ai titoli abilitativi alla guida, conseguenti la violazione di norme penali , si è precisato, sempre in Cassazione, che la revoca della patente di guida correlata alla condanna per i delitti di cui agli artt. 589- bis e 590- bis c.p. ha natura di sanzione amministrativa accessoria , attesa la sua finalità precipuamente preventiva e la limitatezza dell’arco di tempo in cui al destinatario è inibito il conseguimento di un nuovo titolo abilitativo alla guida. Pertanto, anche nel caso di condotte suscettibili, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 88/19, di dar luogo, in sede di cognizione, alla più mite sanzione della sospensione, non rientra tra i poteri del giudice dell’esecuzione modificare la statuizione della sentenza di condanna passata in giudicato relativa alla suddetta revoca, esulando questa dall’ambito di applicazione dell’art. 30, comma 4, della legge 11 marzo 1953, n. 87 . Peraltro, la sentenza giunge ad escludere l’operatività della disposizione di cui all’art. 30, ultimo comma, l. n. 87/1953, relativa agli effetti favorevoli delle sentenze di illegittimità costituzionale sulle sentenze di condanna divenute irrevocabili, limitata alle sole sanzioni penali , sottolineando la funzione eminentemente preventiva delle misure. Riferendosi alla revoca, ma enunciando un principio generale e come tale estensibile anche alla sospensione della patente, la Corte di legittimità osserva che la revoca è concepita dal legislatore come misura inibitoria correlata all’avvenuta manifestazione di pericolosità del soggetto autore dell’illecito penale, dunque essenzialmente quale misura di prevenzione , atteso che la inibizione alla guida assicura la collettività dalla possibile reiterazione del comportamento pericoloso, con estraneità funzionale agli aspetti meramente afflittivi della pena . A fronte di tale premessa, la prima obiezione difensiva va respinta , poiché la sanzione può essere definita penale – al di là del nomen attribuito dal legislatore interno – in rapporto all’analisi concreta delle finalità perseguite e del grado di afflittività , nel senso che lì dove risulti prevalente la finalità punitiva rispetto a quella preventiva o lì dove risulti particolarmente elevato il grado di afflittività, la misura in questione va attratta nel cono delle garanzie penalistiche . Conserva perciò validità il principio secondo cui in tema di patteggiamento , la clausola con cui le parti concordano la durata delle sanzioni amministrative accessorie deve ritenersi come non apposta , non essendo l’applicazione di dette sanzioni nella loro disponibilità . Per l’automobilista è però invece possibile ottenere una riduzione del periodo di sospensione della patente. In premessa i giudici della Cassazione ricordano che la disposizione di cui all’art. 186, comma 7, stabilisce che alla condanna per rifiuto di sottoporsi ad alcoltest consegua la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e aggiungono che il giudice che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida deve fornire una motivazione sul punto solo allorché la misura si allontani dal minimo edittale e non già quando sia pari a questo o se ne discosti di poco o sia molto più vicina al minimo che al massimo edittale, casi questi ultimi in cui è sufficiente la motivazione implicita . E anche in materia di sanzioni amministrative accessorie deve farsi riferimento al principio secondo cui la motivazione circa la sussistenza dei parametri di valutazione al fine della commisurazione concreta della sanzione da infliggere assume rilevanza quanto più ci si discosti dal minimo. Non vi è dubbio, infatti, che nessuna motivazione sia necessaria per giustificare l’applicazione del minimo , essendo un’ovvietà logica che in assenza di una misura inferiore il criterio discrezionale sia espressione della scarsa importanza della violazione commessa, della ridotta entità del danno e del ridotto pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare parametri indicati dal secondo comma dell’art. 218 c.d.s. . Tuttavia, anche nell’ipotesi di sanzione concreta determinata entro il medio edittale, il richiamo ai criteri previsti dall’art. 218, comma 2 c.d.s., ancorché reso esplicito con le espressioni meramente relative alla congruità della sanzione, costituisce giustificazione sufficiente dell’uso della discrezionalità del giudice, perché si colloca in una fascia valutativa – fra il minimo ed il medio edittale appunto – all’interno della quale il legislatore stesso prevede la sanzione come corrispondente alla gravità media della violazione e del pericolo futuro. Diversamente quando ci si discosta da quella medietà, e tanto più ci si discosta, è necessario spiegare per quale motivo i parametri che si giudica meritino, in concreto, l’applicazione di una sanzione superiore, perché il superamento di quella soglia implica una valutazione della gravità che supera la media ed il giudice deve spiegarne le ragioni, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo della discrezionalità, che in assenza di ogni argomentazione al riguardo perde la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità anche costituzionale . In questa vicenda, il giudice del Tribunale applicando la misura massima prevista per la sospensione della patente di guida in caso di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, si limita a ritenere equo un periodo di sospensione pari a due anni senza fare riferimento ai parametri previsti dall’art. 218 c.d.s., relativi all’entità del danno, alla gravità della violazione commessa ed al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe comportare , e non può sopperire al deficit motivazionale il riferimento, fatto dal giudice, alle modalità del fatto ed all’intestazione del veicolo a terzi, posto che le prime non vengono neppure descritte e la seconda è circostanza inconferente nell’ipotesi di cui all’art. 186, comma 7 c.d.s. ., avendo la Cassazione chiarito che al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, non si applica la previsione di cui all’art. 186, comma secondo, lett. c cod. strada nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata qualora il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato . Peraltro, il giudice ha anche omesso la motivazione sulle ragioni della determinazione della sanzione amministrativa nel massimo della durata nonostante, osservano dalla Cassazione, egli abbia ritenuto congrua la pena minima prevista per la fattispecie pena base mesi sei di arresto ed euro millecinquecento di ammenda, ridotta ex art. 444 c.p.p. a mesi quattro di arresto ed euro mille di ammenda e giustificata l’applicazione della sospensione condizionale . A fronte degli elementi a disposizione, i giudici della Cassazione ritengono accoglibile l’obiezione difensiva e fissano in diciotto mesi la durata della sospensione della patente di guida dell’automobilista.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 20 – 24 agosto 2020, n. 24023 Presidente Messini D’Agostini – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 8 gennaio 2019 il Tribunale di Busto Arsizio ha applicato a Al. Ed. Wl. Ro. la pena concordata fra le parti, ex art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all'art. 186, comma 7 C.d.S, nonché la sanzione amministrativa accessoria della patente di guida per anni due, detratto il periodo già eventualmente scontato per effetto del provvedimento provvisorio del Prefetto. 2. Avverso la decisione propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, formulando due motivi. 3. Con la prima doglianza lamenta la violazione della legge processuale, con riferimento agli artt. 444 e 448 cod. proc. pen Rileva che il giudice ha applicato al ricorrente la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida in modo difforme a quanto previsto dall'accordo intercorso fra l'imputato ed il pubblico ministero, con cui si stabiliva la durata di anni uno. Sostiene che la decisione si pone in contrasto con la disposizione dell'art. 6 CEDU, come interpretata dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo, secondo la quale, indipendentemente dalla denominazione attribuita dalla legislazione interna alle sanzioni conseguenti la violazione di una norma penale, esse rientrano tutte nella previsione punitiva dello Stato. Sicché laddove la norma processuale interna consenta la definizione del procedimento attraverso l'accordo delle parti sulla pena, quest'ultimo ben può comprendere la sanzione amministrativa accessoria, da considerarsi parte integrante della pena complessiva. 4. Con il secondo motivo si duole dell'omessa motivazione sulla durata della sospensione della patente di guida, essendosi il giudice limitato a ritenere 'equo' il periodo di sospensione della patente di guida per anni due, facendo riferimento agli elementi costitutivi del reato ed in particolare alla modalità di realizzazione della condotta, senza chiarire le ragioni dell'applicazione della misura massima prevista dalla legge. Sottolinea che la giurisprudenza della Suprema Corte ha escluso l'applicabilità del raddoppio della sanzione nell'ipotesi in cui il veicolo appartenga a terzi, circostanza, dunque, erroneamente richiamata dal giudice, a sostegno della decisione. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata. 5. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso va accolto. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. 3. Le sanzioni della sospensione e della revoca della patente di guida sono introdotte a fini specificamente interdittivi, con finalità preventive, rivolte a tutelare la sicurezza della circolazione e, di conseguenza, l'incolumità pubblica. La loro natura amministrativa si palesa sia dalla disposizione di cui all'art. 223 C.d.S, laddove si prevede il potere della sospensione cautelare della patente in capo al Prefetto, sia dalla lettera dell'art. 224, comma 3 C.d.S., che stabilisce la competenza del Prefetto in ordine all'applicazione della sanzione amministrativa, qualora il reato da cui essa consegue sia estinto per prescrizione, previo accertamento della sussistenza della violazione, che, infine, dalla previsione, di cui all'art. 224, comma 1 C.d.S., che dispone l'adozione da parte del Prefetto della revoca o della sospensione della patente di guida per la durata determinata dal provvedimento giurisdizionale di condanna, ancorché la relativa pena sia condizionalmente sospesa cfr. Sezioni Unite, n. 8488 del 27/05/1998, Bosio . In particolare, quest'ultima disposizione dimostra la natura amministrativa della sospensione della parente di guida, posto che la sospensione condizionale della pena, incidente sulle sanzioni di natura penale, non si estende, per espressa volontà legislativa, alla sanzione accessoria interdittiva in esame. 4. Ad ulteriore conferma della natura amministrativa delle sanzioni previste dal codice della strada relative ai titoli abilitativi alla guida, conseguenti la violazione di norme penali, questa Corte ha recentemente precisato che La revoca della patente di guida correlata alla condanna per i delitti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen. ha natura di sanzione amministrativa accessoria, attesa la sua finalità precipuamente preventiva e la limitatezza dell'arco di tempo in cui al destinatario è inibito il conseguimento di un nuovo titolo abilitativo alla guida pertanto, anche nel caso di condotte suscettibili, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 88 del 2019, di dar luogo, in sede di cognizione, alla più mite sanzione della sospensione, non rientra tra i poteri del giudice dell'esecuzione modificare la statuizione della sentenza di condanna passata in giudicato relativa alla suddetta revoca, esulando questa dall'ambito di applicazione dell'art. 30, comma 4, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Sez. 1, n. 1804 del 14/11/2019 dep. 17/01/2020, Gentile Giovanni, Rv. 278182 . La sentenza giunge ad escludere l'operatività della disposizione di cui all'art. 30, ultimo comma I. 87/1953, relativa agli effetti favorevoli delle sentenze di illegittimità costituzionale sulle sentenze di condanna divenute irrevocabili, limitata alle sole sanzioni penali, sottolineando la funzione eminentemente preventiva delle misure. Riferendosi alla revoca, ma enunciando un principio generale e come tale estensibile anche alla sospensione della patente, la Corte di legittimità osserva che la revoca è concepita dal legislatore come misura inibitoria correlata all'avvenuta manifestazione di pericolosità del soggetto autore dell'illecito penale, dunque essenzialmente quale misura di prevenzione, atteso che la inibizione alla guida assicura la collettività dalla possibile reiterazione del comportamento pericoloso, con estraneità funzionale agli aspetti meramente afflittivi della pena ibidem in motivazione . 5. Sulla base di questa premessa, è possibile rispondere negativamente al quesito oggetto del primo motivo di ricorso, relativo alla natura della sanzione in esame proprio facendo riferimento ai noti parametri Engel, tratti dalla sedimentata giurisprudenza di Strasburgo, per cui la sanzione può essere definita penale al di là del nomen attribuito dal legislatore interno in rapporto all'analisi concreta delle finalità perseguite e del grado di afflittività, nel senso che li dove risulti prevalente la finalità punitiva rispetto a quella preventiva o li dove risulti particolarmente elevato il grado di afflittività, la misura in questione va attratta nel cono delle garanzie penalistiche ancora Sez. 1, n. 1804 del 14/11/2019 dep. 17/01/2020, Gentile Giovanni, in motivazione, cfr. anche Sez. 1 n. 17834/2020, Incorvaia Salvatore, non massimata . 6. Ne consegue che conserva validità il principio secondo cui In tema di patteggiamento, la clausola con cui le parti concordano la durata delle sanzioni amministrative accessorie deve ritenersi come non apposta, non essendo l'applicazione di dette sanzioni nella loro disponibilità. In applicazione del suddetto principio la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di applicazione della pena che aveva fissato una durata della sanzione della sospensione della patente di guida in modo difforme rispetto alle indicazioni contenute nell'accordo delle parti . Sez. 4, n. 39075 del 26/02/2016 dep. 20/09/2016, Favia, Rv. 267978, di recente Sez. 4. N. 13892/2020, non massimata, in precedenza Sez. 4, n. 18538 del 10/01/2014, Rustemi, Rv. 259209 . 7. Il secondo motivo è fondato. 8. La disposizione di cui all'art. 186, comma 7, invero, stabilisce che alla condanna per rifiuto di sottoporsi ad alcoltest consegua la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni. Va ricordato che secondo l'elaborazione della giurisprudenza di legittimità Il giudice che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida deve fornire una motivazione sul punto solo allorché la misura si allontani dal minimo edittale e non già quando sia pari a questo o se ne discosti di poco o sia molto più vicina al minimo che al massimo edittale, casi questi ultimi in cui è sufficiente la motivazione implicita. Nella fattispecie la Corte ha ritenuto corretta l'applicazione della sospensione di due anni corredata in parte motiva dal semplice richiamo alla congruità della sanzione conseguita ad un fatto oggettivamente grave, quale l'omicidio colposo di un pedone Sez. 4, n. 21194 del 27/03/2012, Tiburzi, Rv. 252738 Sez. 4, n. 35670 del 26/06/2007, Petiti, Rv. 237470 Sez. 4, n. 2278 del 20/01/1998, Gemignani F, Rv. 210395 . 9. Anche in materia di sanzioni amministrative accessorie, invero, deve farsi riferimento al principio secondo cui la motivazione circa la sussistenza dei parametri di valutazione al fine della commisurazione concreta della sanzione da infliggere assume rilevanza quanto più ci si discosti dal minimo. Non vi è dubbio, infatti, che nessuna motivazione sia necessaria per giustificare l'applicazione del minimo, essendo un'ovvietà logica che in assenza di una misura inferiore il criterio discrezionale sia espressione della scarsa importanza della violazione commessa, della ridotta entità del danno e del ridotto pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe cagionare parametri indicati dal secondo comma dell'art. 218 C.d.S. . Ma anche nell'ipotesi di sanzione concreta determinata entro il medio edittale, il richiamo ai criteri previsti dall'art. 218, comma 2 C.d.S., ancorché reso esplicito con le espressioni meramente relative alla congruità della sanzione costituisce giustificazione sufficiente dell'uso della discrezionalità del giudice, perché si colloca in una fascia valutativa fra il minimo ed il medio edittale appunto all'interno della quale il legislatore stesso prevede la sanzione come corrispondente alla gravità media della violazione e del pericolo futuro. Diversamente quando ci si discosta da quella medietà, e tanto più ci si discosta, è necessario spiegare per quale motivo i parametri che si giudicano meritino, in concreto, l'applicazione di una sanzione superiore, perché il superamento di quella soglia implica una valutazione della gravità che supera la 'media' ed il giudice deve spiegarne le ragioni, non potendo altrimenti giustificarsi l'utilizzo della discrezionalità, che in assenza di ogni argomentazione al riguardo perde la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità anche costituzionale. 10. La sentenza qui impugnata, pur applicando la misura massima prevista per la sospensione della patente di guida in caso di rifiuto di sottoporsi all'alcoltest, si limita a ritenere 'equo' un periodo di sospensione pari a due anni senza fare riferimento ai parametri previsti dall'art. 218 C.d.S., relativi all'entità del danno, alla gravità della violazione commessa ed al pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe comportare. Né può sopperire al deficit motivazionale il riferimento, fatto dal giudice, alle modalità del fatto ed all'intestazione del veicolo a terzi, posto che le prime non vengono neppure descritte e la seconda è circostanza inconferente nell'ipotesi di cui all'art. 186, comma 7 C.d.S., avendo le Sezioni Unite chiarito che Al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, non si applica la previsione di cui all'art. 186, comma secondo, lett.c cod. strada nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata qualora il veicolo condotto dall'imputato appartenga a persona estranea al reato. Sez. U, n. 46624 del 29/10/2015, Bordin, Rv. 265024 . 11. Nel caso di specie, il giudice ha omesso la motivazione sulle ragioni della determinazione della sanzione amministrativa nel massimo della durata, nonostante abbia ritenuto congrua la pena minima prevista per la fattispecie pena base mesi sei di arresto ed Euro millecinquecento di ammenda, ridotta ex art. 444 cod. proc. pen. a mesi quattro di arresto ed Euro mille di ammenda e giustificata l'applicazione della sospensione condizionale. 12. Ritenuto sussistente il vizio dedotto, deve, dunque, annullarsi la sentenza impugnata limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, provvedendo in questa sede, ai sensi dell'art. 620, comma 1, lett. I , alla sua rideterminazione nel 'medio edittale', nella misura anni uno e mesi sei. 13. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida che ridetermina nella misura di anni uno e mesi sei. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.