Misure di prevenzione antimafia: confermata la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e confisca per il soggetto pericoloso

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c , d.lgs. n. 159/2011 può dirsi socialmente pericoloso il soggetto che, all’esito del giudizio di prevenzione, sia risultato autore di fatti criminosi lesivi o, comunque, pericolosi per la sicurezza e la tranquillità pubblica commessi in un significativo intervallo temporale e con carattere non occasionale o sporadico.

È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23929/20, depositata il 12 agosto. La Corte d’Appello di lecce confermava il decreto con cui il Tribunale aveva applicato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza ai sensi degli artt. 4, comma 1, lett. a e 6 d.lgs. n. 159/2011, oltre alla confisca di diversi beni dell’attuale ricorrente. La difesa ha infatti impugnato la decisione dinanzi alla Suprema Corte eccependo la violazione del diritto di difesa in quanto il Tribunale aveva rigettato l’istanza di rinvio del procedimento presentata dal difensore per legittimo impedimento. Il ricorso lamenta inoltre il vizio di motivazione in ordine ai presupposti per l’applicazione della misura della confisca. Quanto alla prima doglianza, il Collegio ricorda che l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento ai sensi dell’art. 420- ter , comma 5, c.p. laddove l’avvocato a prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato d rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio . Nel caso di specie era presente un altro codifensore e nessuna notizia di altri impedimenti era intervenuta. Ugualmente infondato è anche il secondo motivo di censura che non attiene a vizi della motivazione mancante o apparente ma si risolve nella mera illogicità della stessa, esclusa dal sindacato della Corte di Cassazione in materia di misure di prevenzione . La giurisprudenza ha infatti affermato che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato SS.UU. n. 5876/04 . In conclusione, risulta correttamente applicato il principio secondo cui può dirsi socialmente pericoloso ai sensi del d.lgs. n. 159/2011, art. 1, comma 1, lett. c , il soggetto nei cui confronti il giudizio di prevenzione sia giunto ad accertare la realizzazione di fatti criminosi lesivi o, comunque, pericolosi per la sicurezza e la tranquillità pubblica commessi in un significativo intervallo temporale della vita del proposto e con carattere non occasionale o sporadico. All’esito positivo della fase constatativa svolta sulla base degli indici fattuali indicati si ricollega funzionalmente il successivo giudizio prognostico di pericolosità . Il ricorso viene in definitiva dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 luglio – 12 agosto 2020, n. 23929 Presidente Rago – Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1. Con decreto del 27 marzo 2019 la Corte di appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto, Sezione misure di prevenzione confermava il decreto reso dal Tribunale di Taranto con il quale era stata applicata a F.O. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di anni cinque, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 4, comma 1, lett. a , e art. 6, ed era stata disposta la confisca di diversi beni. 1.1 Avverso il decreto ricorre per Cassazione il difensore di F. , eccependo la violazione del diritto di difesa, in quanto il Tribunale aveva rigettato senza giusta causa l’istanza di chiamata ad ora tarda o ad altra data del procedimento presentata dalla difesa nell’udienza del 20.02.2018, non avendo considerato, tra l’altro, che in caso di ulteriore impedimento il difensore aveva chiesto che il procedimento venisse rinviato ad altra data. 1.2 Il difensore lamenta inoltre la mancata assunzione di una prova decisiva, in quanto il Tribunale aveva rigettato immotivatamente le richieste istruttorie proposte dalla difesa senza una chiara motivazione la richiesta di sentire vari testi ed esperti in merito ai versamenti effettuati sul conto della società Superpneus da F. nel 2007 era stata respinta in quanto ritenuta non necessaria ai fini della decisione ed identica a quella depositata in data 19.9.2917, mentre le due richieste erano in realtà diverse a F. era stato quindi impedito di dimostrare che i beni oggetto di estensione del sequestro non costituivano in alcun modo reimpiego dei proventi di attività illecite. 1.3 Il difensore eccepisce infine l’inosservanza della legge penale in riferimento al L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, e alla L. n. 1423 del 1956, artt. 1 e 3, con riferimento all’inversione dell’onere della prova della lecita provenienza dei beni del ricorrente la Corte di appello aveva omesso di condurre un’analisi di natura economico-finanziaria, rendendo incomprensibile la motivazione sulla confisca, non considerando la documentazione della difesa dalla quale risultava che gli immobili oggetto di sequestro erano entrati nella disponibilità del ricorrente grazie anche a finanziamenti dei propri familiari e in mancanza della prova circa la sproporzione rispetto alla capacità reddituale la redditualità del F. e la prova della lecita provenienza dei beni si evincevano dalla relazione della Dott.ssa C. . Il difensore rileva l’assenza del requisito della pericolosità di F. , che aveva cessato ogni contatto con S.A. e S.S. , tanto che nel 2007 il Tribunale di Taranto aveva rigettato la richiesta di applicazione della sorveglianza speciale. Il Procuratore Generale depositava conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 1.1 Relativamente al primo motivo, è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale L’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420 ter c.p.p., comma 5, a condizione che il difensore a prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato d rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio. Nella specie, la S.C. ha escluso che l’impossibilità di nominare un sostituto potesse desumersi dalla deduzione del difensore secondo cui gli assistiti intendevano avvalersi della sua opera professionale, e non di quella di sostituti . Sez. 6, Sentenza n. 20130 del 04/03/2015, Caputi Rv. 263395 - 01 nel caso in esame, la Corte di appello ha evidenziato come nel procedimento presso il quale era impegnato il difensore, vi era altro co-difensore e che comunque il Tribunale aveva attesto sino alle ore 13.10 prima di chiamare il processo, senza che fosse pervenuta notizia di ulteriori impedimenti il motivo è, pertanto, manifestamente infondato. 1.2 Altrettanto manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, posto che la Corte di appello ha motivato alle pagine 6 e 7 in maniera congrua sul rigetto della richiesta di sentire testimoni. 1.3 Quanto al terzo motivo di ricorso, lo stesso attiene a vizi di motivazione non già mancante o meramente apparente, ma eventualmente illogica o non condivisa dal ricorrente, per questo esclusi dal sindacato della Corte di cassazione in materia di misure di prevenzione, limitato ai vizi di motivazione che sfocino in violazioni di legge, da sempre individuati dalla giurisprudenza di legittimità solo nell’inesistenza o nella carenza assoluta o mera apparenza della motivazione Sez. U, n. 33451 del 29/5/2014, Repaci, 10 Rv. 260246 Sez. 1, n. 6636 del 7/1/2016, Pandico, Rv. 266365 , che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio Sez. 6, n. 33705 del 15/6/2016, Caliendo, Rv. 270080 . Espressamente le Sezioni Unite, nella citata sentenza Repaci, hanno chiarito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato sulla nozione di violazione di legge, in tema di difetto motivazionale, cfr. anche in senso analogo Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Ferazzi, Rv. 226710 nella materia cautelare . In particolare, il vizio radicale di motivazione in realtà non sussiste, in quanto la valutazione di pericolosità è stata ricavata dalle condanne definitive emesse nei confronti del ricorrente per delitti contro il patrimonio e l’erario e per associazione di tipo mafioso, nonché da due pendenze giudiziarie per calunnia e ricettazione , tutte condanne successive al rigetto della prima proposta di applicazione di misura di prevenzione, avendo la Corte di appello motivato anche sulla attualità della pericolosità a pag. 8 del decreto impugnato e sulla sua frequentazione con soggetti già condannati per associazione di stampo mafioso ed ulteriormente attinti da misura cautelare per il medesimo reato in epoca recentissima pag.9 la Corte territoriale ha pertanto correttamente applicato il principio affermato da questa Corte secondo cui può dirsi socialmente pericoloso ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, comma 1, lett. c , il soggetto nei cui confronti il giudizio di prevenzione sia giunto ad accertare la realizzazione di fatti criminosi lesivi o, comunque, pericolosi per la sicurezza e la tranquillità pubblica commessi in un significativo intervallo temporale della vita del proposto e con carattere non occasionale o sporadico. All’esito positivo della fase constatativa svolta sulla base degli indici fattuali indicati si ricollega funzionalmente il successivo giudizio prognostico di pericolosità così in motivazione Sez. 5, Sentenza n. 15492 del 19/01/2018, Bonura Rv. 272682 vi è poi ampia ed esaustiva motivazione sulle ragioni della confisca nelle pagine 12 e seguenti del decreto impugnato. Poiché, per costante orientamento di questa Corte, è sindacabile la sola mancanza del percorso giustificativo della decisione, nel senso di redazione di un testo del tutto privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità motivazione apparente o di un testo del tutto inidoneo a far comprendere l’itinerario logico seguito dal giudice tra le altre, Sez. 1 26.2.2009, rv 242887 e considerato che le censure di cui al ricorso sono tutte relative alla motivazione del provvedimento impugnato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro duemila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.