Ruba degli abiti, si dà alla fuga ma viene bloccato dai vigilanti: il delitto è comunque consumato

Nonostante il furto di alcuni capi di abbigliamento non sia andato a buon fine a causa dell’intervento degli addetti alla sicurezza, esso si qualifica comunque come consumato, e non come furto tentato, in quanto ciò che rileva è il conseguimento della piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, poco importa se per breve tempo.

Sul tema la Suprema Corte con la sentenza n. 23554/20, depositata il 4 agosto. La Corte d’Appello di Torino confermava la condanna dell’attuale ricorrente per essersi impossessato di diversi capi in vendita presso un negozio di abbigliamento. Avverso la decisione propone ricorso per cassazione l’imputato, lamentando la mancata riqualificazione del fatto da furto consumato a furto tentato . A sostegno della sua tesi, il ricorrente richiama la sentenza n. 52117/14 emessa dalle Sezioni Unite , affermando di non avere mai acquisito un’autonoma disponibilità sui beni sottratti, avendo agito sotto il controllo diretto degli addetti alla sicurezza dai quali era stato bloccato”. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, richiamando i parametri interpretativi oggetto della già citata pronuncia delle Sezioni Unite sentenza n. 52117/14 . Queste ultime, infatti, dichiarano che il reato non può dirsi consumato nel momento in cui l’autore del furto non abbia acquisito possesso dei beni oggetto della refurtiva, intendendosi per impossessamento il conseguimento della signoria del bene, seppur momentaneo. In tal caso, proseguono le Sezioni Unite, la concomitante vigilanza della persona offesa e l’intervento a difesa del bene materialmente appreso ma non ancora uscito dalla sfera di controllo del soggetto passivo ostacolano la consumazione del reato, dando luogo alla fattispecie di furto tentato. Ora, essendosi l’imputato dato alla fuga , nel caso di specie il reato di furto può dirsi giunto a consumazione, poiché proprio in quel momento il detentore ha perso la signoria sui beni sottratti, a nulla rilevando che il possesso sia stato solamente momentaneo . Per questo motivo, consistendo il criterio distintivo tra consumazione e tentativo nella circostanza che l’imputato consegua la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva anche se per breve tempo , gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 luglio – 4 agosto 2020, n. 23554 Presidente Pezzullo – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, di G.L. per il reato di furto, aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento, compiuto impossessandosi di due paia di pantaloni e di una felpa esposti in vendita presso un negozio Upim mentre, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ha ridotto la pena inflitta. 2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, proponendo un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge in punto di mancata riqualificazione del fatto da furto consumato a furto tentato. Sostiene il ricorrente, richiamando tra le altre le Sezioni Unite n. 52117 del 2014, che l’imputato non ha mai acquisito una autonoma disponibilità sui beni sottratti in quanto ha agito sotto il diretto controllo dell’addetto alla sicurezza, il quale, in un primo momento, lo ha fermato e poi lo ha nuovamente bloccato unitamente ad un altro vigilante ragionevolmente allertato . 3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo segue il cd. rito scritto ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 12-ter, convertito con L. n. 27 del 2020. 4. Il Procuratore generale ha trasmesso, tramite posta elettronica certificata, la propria requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso con la medesima modalità il difensore dell’imputato ha inviato le proprie articolate conclusioni, chiedendo l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza alla luce dei principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. 2. Sulla base delle prove in atti, i giudici di merito hanno ricostruito il fatto come segue - M.A. , addetto alla vigilanza presso il negozio Upim di , osservando, dalle vetrate esterne, l’interno del negozio, si accorge che l’imputato preleva alcuni capi di abbigliamento e li nasconde all’interno della propria borsa - l’imputato oltrepassa le casse senza effettuare alcun pagamento e senza far scattare l’allarme antitaccheggio, in quanto, si scoprirà poi, la borsa è schermata - M. raggiunge l’uomo che, vistosi scoperto, si dà alla fuga - l’imputato viene comunque bloccato dopo dieci metri da M. e da un altro vigilante . 2.1. La Corte di appello ritiene che il reato sia giunto a consumazione in quanto il punto di osservazione dell’addetto alla sicurezza non gli avrebbe consentito di intervenire in qualunque momento per bloccare l’azione criminosa. Inoltre l’imputato, anche se per un breve tratto, fuggì, assicurandosi per qualche istante il dominio esclusivo sulla cosa pag. 3 sentenza impugnata . La decisione è corretta per il secondo degli argomenti svolti. 2.2. Come insegnano le Sezioni Unite Prevete, richiamate anche dal ricorrente n. 52117 del 17/07/2014, Rv. 261186 In caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo . L’ordito motivazionale della sentenza delle Sezioni Unite Prevete offre utili parametri interpretativi - il reato non può ritenersi consumato allorché l’autore del furto non abbia acquisito il possesso della refurtiva - l’impossessamento postula il conseguimento, sia pure momentaneo, della signoria del bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell’agente - la concomitante vigilanza, attuale e immanente, della persona offesa o di un addetto alla sicurezza e l’intervento esercitato in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto passivo, ostano alla consumazione del reato e circoscrivono la condotta delittuosa nell’ambito del tentativo - il furto giunge a consumazione nel momento in cui si realizza una completa rescissione anche se istantanea della signoria che sul bene esercitava il detentore. 2.2 Nel caso in esame l’imputato, fermato dal M. , si è dato alla fuga sicché in quel momento il reato è giunto a consumazione, perché il detentore ha perduto la signoria sul bene. Poco rileva che il possesso, così conseguito dall’agente, abbia avuto una durata molto limitata dopo dieci metri gli addetti alla vigilanza hanno raggiunto e fermato l’imputato , quel che importa è che nell’attimo in cui l’imputato è fuggito, portando con sé i capi di abbigliamento sottratti, la merce è uscita dalla sfera di controllo del soggetto passivo per entrare nella disponibilità autonoma dell’imputato. Invero il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva Sez. 5, n. 26749 del 11/04/2016, Ouerghi, Rv. 267266 Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016 . Si è precisato che ai fini della configurazione dell’autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento acquisitivo a cui l’impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale ex se, essendo sufficiente che l’agente abbia conseguito anche solo momentaneamente l’esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece, decisivo rilievo la effettiva concretizzazione del rischio di definitiva dispersione, anche se questa non si sia, di fatto, realizzata per l’intervento di fattori causali successivi ed autonomi. In altri termini, l’agente acquisisce l’autonoma disponibilità della cosa sottratta - e la fattispecie si realizza in forma consumata - solo quando il soggetto passivo del reato ne perda, correlativamente, la detenzione, anche mediata attraverso forme indirette di vigilanza e custodia Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., in motivazione . 3. Dalla inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento della somma, ritenuta equa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.