Fino a che punto la malattia psichiatrica incide sulla concessione della detenzione domiciliare?

Accolto il ricorso avanzato da un detenuto affetto da disturbo compulsivo-ossessivo e da bipolarismo vertente sulla concessione della misura della detenzione domiciliare, alla luce del recente intervento della Corte Costituzionale in materia.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23474/20, depositata il 3 agosto. Il Magistrato di sorveglianza di Pescara dichiarava inammissibili, in sede provvisoria, le richieste di concessione dell’ affidamento in prova al servizio sociale ordinario e di quello in casi particolari avanzate nell’interesse del condannato. Alla medesima conclusione giungeva anche il primo giudice, il quale dichiarava l’insussistenza delle condizioni necessarie ai fini del differimento della pena per motivi di salute, da un lato, e della concessione della detenzione domiciliare ex art. 47- ter , comma 1, lett. c ord. pen. dall’altro In seguito, il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila confermava i provvedimenti di cui sopra, sottolineando la mancata ricorrenza dei presupposti utili al rinvio dell’esecuzione della pena con riguardo ai disturbi psichiatrici dell’interessato, i quali non potevano definirsi gravi” ai fini della concessione del beneficio richiesto. Per questo motivo, l’interessato propone ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando l’erronea applicazione dell’art. 47- ter ord. pen. nella parte in cui il Tribunale aveva escluso l’applicazione di una misura alternativa alla detenzione, nonché il differimento della pena, in ragione della malattia psichiatrica da cui egli era affetto, in questo modo discostandosi dalla perizia psichiatrica disposta a tal fine ed affidandosi unicamente a quanto riportato dal Presidio sanitario interno della Casa Circondariale di Teramo. La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato facendo leva sul contenuto della relazione di consulenza psichiatrica, la quale evidenziava una situazione clinica del detenuto incompatibile con la prosecuzione della detenzione carceraria. Ciò a causa del disturbo ossessivo-compulsivo da cui era affetto il condannato e del compresente disturbo bipolare dell’umore, fattori suscettibili di determinare un disagio molto grave sul versante psicologico, tale da non consentire al condannato di vivere in un contesto come quello carcerario. Tale tesi era già stata oggetto di una pronuncia della Corte Costituzionale sentenza n. 99/19 , grazie alla quale ora è possibile concedere alle persone affette da gravi disturbi psichiatrici la misura della detenzione domiciliare sulla base di un giudizio avente ad oggetto il dato inerente all’incidenza sulle condizioni psichiche della prosecuzione della detenzione, gli interventi terapeutici non esperibili in modo efficace nel contesto carcerario e l’attuale pericolosità sociale del richiedente. A seguito di ciò, avendo il Tribunale omesso di valutare un elemento istruttorio potenzialmente decisivo come il contenuto della perizia psichiatrica depositata in giudizio, gli Ermellini accolgono il ricorso e rinviano gli atti per un nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 luglio – 3 agosto 2020, n. 23474 Presidente Di Tomassi – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 14/11/2019, il Magistrato di sorveglianza di Pescara, pronunciandosi in sede provvisoria, aveva dichiarato inammissibili le istanze di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale ordinario ex art. 47 Ord. pen. e dell’affidamento in prova in casi particolari D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 94, proposte nell’interesse di C.R. , detenuto in esecuzione della pena di 5 anni, 6 mesi e 15 giorni di reclusione determinata con provvedimento di cumulo del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna in data 7/8/2015, con fine pena al 30/3/2025. Nello stesso frangente, il primo Giudice aveva, altresì, verificato, d’ufficio, l’insussistenza dei presupposti per il differimento della pena per motivi di salute e per la concessione della detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1, lett. c , Ord. pen 1.1. Indi, con ordinanza in data 14/1/2020, il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, investito del medesimo thema decidendum, dichiarò parimenti inammissibili le istanze di applicazione delle due ipotesi di affidamento in prova al servizio sociale. E quanto alle ipotesi introdotte ex officio nel corso del procedimento provvisorio, dichiarò l’insussistenza dei presupposti per la concessione della detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1, lett. c , Ord. pen. in ragione della durata della pena ancora da espiare e rigettò, invece, e la proposta di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena. Quanto, in particolare, a quest’ultimo, dopo aver riepilogato la situazione sanitaria del detenuto affetto da pregresso abuso di cocaina e bevande alcoliche, pregressa frattura da indicente stradale del massiccio facciale ed esito di cicatrice in sede parietale dx, pregressa tromboflebite, arto inferiore destro con attuale insufficienza venosa cronica, disturbo ossessivo-compulsivo, disadattamento ambientale con difficoltà socio-relazionali, dedito al gioco d’azzardo, alluce valgo bilaterale, ansia , il Collegio rilevò che non ricorrevano le condizioni per il rinvio dell’esecuzione, atteso che lo stato morboso di C. , non definibile come grave , non comportava una certa prognosi infausta quoad vitam, nè risultava che egli potesse giovarsi, in libertà, di cure e trattamenti sanitari non praticabili in alcun modo in detenzione, nè in luogo esterno di cura ex art. 11 Ord. pen Nè l’espiazione della pena si palesava in contrasto con il senso di umanità, attesa la adeguatezza delle cure apprestabili in regime detentivo, non incidendo le condizioni di salute, in maniera rilevante, sul regime di vita del soggetto e non compromettendo la sua facoltà di provvedere autonomamente agli atti ordinari della vita quotidiana. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso C. , per mezzo del Difensore di fiducia, avv. Enrico Mazzarelli, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 47-ter Ord. pen., avendo il Tribunale di sorveglianza escluso di applicare una misura alternativa alla detenzione, il differimento della pena ex art. 147 c.p., n. 2, o l’art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., in ragione della grave malattia psichiatrica da cui il detenuto sarebbe affetto, secondo quanto riportato nella perizia a cura del prof. M. , depositata in giudizio, inopinatamente disattesa dalla relazione del Presidio Sanitario interno della Casa circondariale di Teramo, che avrebbe liquidato la patologia psichiatrica di C. in poche righe, senza alcun approfondimento specialistico. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 147 c.p., n. 2, per avere il Tribunale di sorveglianza ignorato il quadro patologico del detenuto, oggetto di approfondimento da parte del Magistrato di sorveglianza di Vercelli, il quale avrebbe disposto, circa dieci anni fa, che l’espiazione della pena continuasse in regime di arresti domiciliari, affermando che il condannato era affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo di personalità con note depressivo-ansiose e che la patologia sarebbe stata suscettibile di subire un significativo peggioramento in caso di detenzione in carcere. Conclusioni confermate dal Prof. M. il quale, in sede di perizia, avrebbe ribadito la straordinaria gravità delle patologie, tali da determinare la assoluta incompatibilità con il regime carcerario. Il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila avrebbe fondato la decisione sulle scarne considerazioni del Sanitario della Casa circondariale di Teramo, asseritamente prive di qualsivoglia supporto scientifico, obliterando le carenze dell’offerta sanitaria di quell’istituto, non compensate da una irragionevole somministrazione di psicofarmaci, inidonea a curare le patologie del detenuto, che sarebbero peggiorate in maniera pesante e incontrollata . Ove, al contrario, fosse stato disposto un accertamento peritale con il coinvolgimento di uno psichiatra, ben sarebbe stato possibile verificare, come affermato dal Prof. M. , la gravità delle patologie nonché i gravi pericoli ai quali il detenuto verrebbe esposto per il perdurare della detenzione inframuraria e per la somministrazione, fuori controllo, di psicofarmaci, con violazione dell’art. 3, Convenzione EDU, integrando tale omissione un trattamento inumano e degradante. 3. In data 30/6/2020, è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Entrambi i motivi di doglianza ruotano intorno al dato della pretermissione, ai fini del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per il differimento della pena anche nelle forme della detenzione domiciliare di cui al comma 1-ter dell’art. 47-ter Ord. pen., della relazione di consulenza psichiatrica a firma del prof. M. , che aveva dato conto di una situazione clinica del detenuto ritenuta incompatibile con la protrazione dello stato di restrizione intramuraria. Ciò in quanto a causa del disturbo ossessivo-compulsivo e del compresente disturbo bipolare dell’umore, al momento in fase depressiva, C. non poteva continuare a vivere in un contesto come quello carcerario senza patire un gravissimo disagio sul piano psicologico, acuito dalla impossibilità di adottare i necessari interventi psicoterapici in specie in relazione alla terapia cognitivo comportamentale ritenuta necessaria . Una valutazione, questa, collimante con il giudizio cui era pervenuto, alcuni anni prima, il Magistrato di sorveglianza di Vercelli, il quale aveva concesso a C. di proseguire la espiazione della pena residua in regime di detenzione domiciliare. Detta consulenza, già prodotta nella fase del giudizio di merito, è stata valutata dal Collegio aquilano unicamente con riferimento al profilo della sua idoneità ad attestare la condizione di tossicodipendenza di C.R. , correttamente esclusa ai fini della eventuale concessione dell’affidamento in prova in casi particolari, atteso che la certificazione in questione può essere legittimamente rilasciata, secondo quanto stabilito dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, comma 1, soltanto da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l’attività di diagnosi prevista dall’art. 116, comma 2, lett. d , stesso decreto. Viceversa, come detto, la relazione non è stata presa in considerazione ai fini della doppia valutazione avente ad oggetto il differimento della pena e l’ipotesi di detenzione domiciliare a esso connessa, nonostante che, una volta esteso il thema decidendum da parte del Magistrato di sorveglianza in sede provvisoria, anche quel contributo conoscitivo avrebbe dovuto essere valutato in relazione agli ulteriori profili oggetto di decisione, in specie dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 99 del 19 aprile 2019, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen. nella parte in cui non prevede che, in caso di grave infermità psichica sopravvenuta, il Tribunale di sorveglianza possa disporre la detenzione domiciliare anche in deroga ai limiti di pena di cui all’art. 47-ter, comma 1, Ord. pen In proposito, va, infatti, osservato che per effetto della cennata pronuncia è ora possibile concedere, alla persona affetta da gravi problematiche psichiatriche, la misura della detenzione domiciliare, la cui applicazione deve essere valutata all’esito di un articolato giudizio nel quale devono confluire, alla luce della ratio dell’istituto e della ridefinizione del suo perimetro conseguente alla declaratoria di incostituzionalità, il dato relativo alla incidenza sulle condizioni psichiche della protrazione della detenzione, quello attinente agli interventi terapeutici non efficacemente esperibili all’interno del carcere e, infine, quello concernente la attuale pericolosità sociale da apprezzare non soltanto in base ai precedenti penali e al residuo fine pena, ma anche all’incidenza della patologia sul grado di efficienza psico-fisica e sulla connessa capacità di porre in essere condotte criminose di una qualche gravità . 3. Consegue a quanto in precedenza argomentato che l’omessa valutazione di un elemento istruttorio potenzialmente decisivo non può che ridondare sulla complessiva tenuta logica della decisione finale, che si è confrontata unicamente con la relazione sanitaria della Casa circondariale di Teramo, senza prendere in considerazione, invece, quanto osservato dal prof. M. , anche al fine di eventualmente discostarsene, in ogni caso all’esito di una completa disamina dell’intera piattaforma istruttoria. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, impregiudicata ogni valutazione sul merito della concedibilità del differimento della pena. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.