Iptv e abbonamenti ‘pirata’: plausibile l’accusa di “acquisto sospetto”

Sotto processo un uomo. Per i giudici l’operazione è avvenuta in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto insospettire l’acquirente. Resta in piedi però l’ipotesi della non punibilità per particolare tenuità del fatto necessario su questo aspetto un nuovo giudizio in Tribunale.

Gratis i canali televisivi a pagamento. L’affare, realizzato attraverso il recupero online di abbonamenti ‘pirata’ , rischia di costare carissimo sul fronte penale, comportando la plausibile condanna per il reato di acquisto di cose di sospetta provenienza. A poter salvare la persona sotto processo è però l’ipotesi della particolare tenuità del fatto , a patto, comunque, che non vi siano elementi idonei a certificare la gravità e l’abitualità della condotta e la conseguente evidente colpevolezza Cassazione, sentenza n. 22478/20, sez. II Penale, depositata il 24 luglio . Nessun dubbio per i Giudici del Tribunale l’uomo sotto processo è colpevole del reato di acquisto di cose di sospetta provenienza . Difatti, si è appurato che egli ha comprato abbonamenti ‘pirata’ utilizzabili attraverso il canale ‘Iptv’ . Per il difensore, però, la visione delineata in Tribunale è eccessivamente severa. In particolare, egli mette in discussione addirittura la sussistenza del bene oggetto della compravendita , poiché, osserva, è stato accertato solamente il pagamento, ma non cosa fosse stato acquistato o ricevuto dal suo cliente che avrebbe speso dei soldi per ottenere un indirizzo elettronico, ovvero una ‘URL’ particolare in grado di trasmettere un flusso in streaming decodificato da poter vedere su un dispositivo quale pc o tablet però senza che vi fosse traccia di questo indirizzo elettronico . E in questa ottica il legale aggiunge che la prova che l’uomo avesse potuto usufruire dell’indirizzo ‘URL’ è stata esclusa da un testimone. Allo stesso tempo, comunque, l’avvocato ribadisce la richiesta di vedere assolto il proprio cliente per l’applicazione dell’art. 131- bis del codice penale . In prima battuta i Giudici della Cassazione ribattono al legale sottolineando l’esistenza del reato contestato all’uomo. In particolare, essi chiariscono che non è necessario che l’acquirente abbia effettivamente nutrito dubbi sulla provenienza della merce, dovendosi invece ritenere che il reato sussista ogni qualvolta l’acquisto avvenga in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto indurre al sospetto, indipendentemente dal fatto che questo vi sia stato o meno . E in questa vicenda sono emersi diversi elementi comprovanti la negligenza dell’uomo, che ha acquistato un oggetto da un rivenditore non ufficiale ad un prezzo non corrispondente a quello di mercato . Logico, quindi, parlare di acquisto di cose di provenienza sospetta , sottolineano i magistrati. Ciò non basta però per arrivare a una condanna definitiva. Resta ancora in piedi la possibile applicazione dell’art. 131- bis del codice penale, come richiesto dalla difesa che ha sostenuto la particolare tenuità del fatto e la conseguenza non punibilità . Su questo fronte i giudici del Tribunale dovranno finalmente prendere posizione. Necessario, quindi, concludono dalla Cassazione, approfondire gravità del fatto e grado di colpevolezza , e allo stesso tempo stabilire se vi sono elementi fattuali che dimostrino, in ipotesi, l’abitualità del comportamento dell’imputato e che quindi possano giustificare il diniego della causa di non punibilità .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 – 24 luglio 2020, n. 22478 Presidente Cammino – Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1. Il difensore di Ca. Ma. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Fermo con la quale Ca. era stato riconosciuto responsabile del reato di cui all'articolo 712 cod.pen., perché acquistava abbonamenti pirata utilizzabili attraverso il canale IpTv rendendosi responsabile di acquisto di cose di sospetta provenienza 1.1 Al riguardo il difensore lamenta come nella sentenza impugnata non fosse stata minimamente esaminata la circostanza relativa alla sussistenza del bene oggetto della compravendita, essendo stato accertato solamente il pagamento, ma non cosa fosse stato acquistato o ricevuto dal ricorrente, che avrebbe speso dei soldi per ottenere un indirizzo elettronico, ovvero una URL particolare in grado di trasmettere un flusso in streaming decodificato da poter vedere su un dispositivo quale pc o tablet, senza che fosse traccia di questo indirizzo elettronico anzi, la prova che il ricorrente avesse potuto usufruire dell'indirizzo URL era stata esclusa dal testimone sentito. 1.2 Il difensore eccepisce inoltre che il giudice nulla aveva motivato in relazione alla richiesta del difensore, che aveva chiesto l'assoluzione per l'applicazione dell'articolo 131 bis cod.pen. 1.3 Venivano poi depositate conclusioni scritte dal difensore, il quale rilevava l'applicabilità anche di ufficio del disposto dell'articolo 131 bis cod.pen. 2. Il Procuratore generale depositava conclusioni scritte nelle quali chiedeva dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo proposto. 2.1 Quanto al primo motivo, si deve rilevare che ai fini della configurabilità del reato contravvenzionale di cui all'articolo 712 cod.pen. non è necessario che l'acquirente abbia effettivamente nutrito dubbi sulla provenienza della merce, dovendosi invece ritenere che il reato sussista ogni qualvolta l'acquisto avvenga in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto indurre al sospetto, indipendentemente dal fatto che questo vi sia stato o meno Cass. Sez. 6, sent. n. 7.9015 del 03.02.1997 dep. 03/10/1997 Rv. 208571 . Nel caso in esame, il Tribunale ha evidenziato diversi elementi comprovanti la negligenza del ricorrente, che ha acquistato un oggetto da un rivenditore non ufficiale ad un prezzo non corrispondente a quello di mercato, concludendo quindi coerentemente per la sussistenza di tutti gli elementi integrativi del reato. 1.2 Quanto alla richiesta di applicazione dell'articolo 131 bis cod.pen., si deve rilevare come, a fronte della richiesta presentata dalla difesa che aveva rilevato la particolare tenuità del fatto, nessuna risposta si ha nella sentenza impugnata sebbene sia stato affermato più volte nella giurisprudenza di legittimità che il giudizio sulla particolare tenuità del fatto possa essere anche implicito nella motivazione con cui il giudice dell'appello abbia operato le valutazioni di cui all'articolo 133 cod. pen., è tuttavia necessario che dalla motivazione si possano ricavare le ragioni di apprezzamento di specifici aspetti della condotta utili a supportare un giudizio di esclusione della tenuità del fatto. La motivazione della sentenza impugnata, essendo totalmente silente sul punto malgrado la richiesta della difesa, non consente di comprendere le ragioni per le quali non siano stati ritenuti sussistenti i presupposti per escludere la punibilità del fatto ai sensi dell'articolo 131-bis cod. pen., risultando carente ogni indicazione sulla valutazione obiettiva della gravità del fatto e del grado di colpevolezza che possano assumere implicito rilievo ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto alla stregua dei paramenti normativi previsti dall'articolo 131-bis cod.pen. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto, risultando carente la motivazione in merito sia ai profili di gravità del fatto e grado di colpevolezza e sia circa l'esistenza di eventuali elementi fattuali che dimostrino, in ipotesi, l'abitualità del comportamento dell'imputato, che possano giustificare il diniego della causa di non punibilità prevista dall'articolo 131-bis cod. pen. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sulla particolare tenuità del fatto ex articolo 131 bis cod.pen. al Tribunale di Fermo in diversa persona fisica.