Realizza un reato omissivo proprio lo straniero che si sottrae all’ordine di espulsione emesso dal questore

La fattispecie incriminatrice dell’ingiustificata inosservanza, da parte dello straniero, dell’ordine di espulsione del questore ha natura di reato omissivo proprio, la cui violazione è punita con la multa da €10.000 a 20.000.

Così ha deciso la Cassazione con la sentenza n. 21939/20, depositata il 22 luglio. Il Giudice di Pace condannava un cittadino straniero al pagamento di una multa per il reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore art. 14, comma 5-ter. D.lgs. n. 286/1998. Avverso la decisione lo straniero ricorre a mezzo del proprio difensore lamentando che il Giudice ha valutato soltanto che lo straniero sia stato rintracciato in Italia dopo due anni dall’ordine del questore , senza accertare l’immediata inottemperanza al provvedimento di allontanamento, posto che tale situazione giustifica solo l’emissione di un nuovo provvedimento di espulsione ma non anche la violazione penale. Infatti, lamenta il ricorrente, il Giudice non ha accertato che l’espulsione sia stata effettivamente eseguita, addossando all’imputato l’onere di provare di essersi allontanamento dall’Italia. La Cassazione, ritenendo inammissibile , in primo luogo specifica che la fattispecie incriminatrice dell’ingiustificata inosservanza dell’ordine del questore ha natura di reato omissivo proprio , il cui antecedente giuridico è l’emissione da parte del questore di un ordine di allontanamento valido, la cui ingiustificata violazione è punita con la multa da €10.000 a 20.000. Inoltre, la Suprema Corte osserva che è manifestamente infondata la doglianza del ricorrente in merito alla necessità che l’inottemperanza sia accertata immediatamente dopo l’emissione del provvedimento del questore, perché la disposizione incriminatrice configura un reato omissivo proprio che si consuma con il mancato allontanamento nel termine assegnato, senza che abbia rilievo il momento in cui detta condotta sia stata accertata mediante il reperimento dell’espulso in Italia entro il termine di validità del provvedimento di regola non superiore a cinque anni , configurandosi, in caso di reingresso una diversa e più grave fattispecie di reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 13, sicché risulta inconferente la deduzione concernente il difetto di prova in merito all’effettiva esecuzione dell’ordine di allontanamento. A parere della Suprema Corte risulta infondata anche la deduzione concernente l’obbligo di emettere un nuovo provvedimento di allontanamento D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-bis, in quanto tale ordine, semmai, si assomma a quello già impartito , ma non ha rilievo per quello che riguarda l’accertata violazione del precedente decreto di espulsione. Alla luce di questo il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 6 – 22 luglio 2020, n. 21939 Presidente Mazzei – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il giudice di pace di San Donà di Piave ha condannato B.D. alla pena di Euro 10.000 di multa per il reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-ter. 2. Ricorre B.D. , a mezzo del difensore avv. Guido Galletti, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione - con riguardo alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato, in quanto il giudice si è accontentato della circostanza che l’imputato è stato rintracciato in Italia a distanza di circa due anni dall’ordine del questore, senza che sia stata accertata nell’immediatezza l’inottemperanza al provvedimento di allontanamento, situazione che legittima soltanto l’emissione di un nuovo ordine di espulsione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-bis, ma che non configura la violazione penale per cui si procede. Del resto, il giudice non ha accertato che l’espulsione sia stata effettivamente eseguita, addossando all’imputato l’onere della prova di essersi allontanato dall’Italia. Il giudice avrebbe dovuto valutare, nella determinazione della sanzione ex art. 14, comma 5-quater, l’eventuale consegna della documentazione adiuvante l’adempimento di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-bis, primo motivo - con riguardo al trattamento sanzionatorio perché il giudice ha determinato la pena senza alcuna motivazione e senza neppure indicare qual è la sanzione applicata rispetto alle due previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter detta disposizione, infatti, prevede la multa da 10.000 a 20.000 Euro, in caso di respingimento o espulsione disposta ai sensi dell’art. 13, comma 4, o se lo straniero, ammesso ai programmi di rimpatrio volontario ed assistito, di cui all’art. 14-ter, vi si sia sottratto la multa da 6.000 a 15.000 Euro se l’espulsione è stata disposta in base al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 5 secondo motivo . 3. Fissata la trattazione del ricorso per l’udienza del 18/3/2020, il procedimento veniva rinviato ex lege in forza del D.L. 8 marzo 2020, n. 11, e successivi. In forza dei provvedimenti emessi a norma del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, commi 6 e 7, e successivi, il ricorso veniva quindi fissato per l’odierna udienza secondo il rito scritto e senza discussione orale D.L. n. 18 del 2020, ex art. 83, comma 12-ter, con regolare avviso alle parti, nel rispetto del termine di legge tenuto conto dei sopra richiamati provvedimenti di fissazione. Soltanto il Procuratore generale faceva pervenire le proprie conclusioni scritte, sopra riportate. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. È bene evidenziare che la fattispecie incriminatrice dell’ingiustificata inosservanza dell’ordine del questore ha natura di reato omissivo proprio. Il presupposto, ai fini della configurabilità del reato e della sussistenza dell’obbligo di agire da parte del cittadino extracomunitario, è costituito dalla valida adozione da parte del questore dell’ordine di allontanamento D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-bis, e, da parte del Prefetto, del provvedimento di espulsione o di respingimento al quale l’ordine di allontanamento è chiamato a dare esecuzione. Entrambi i provvedimenti amministrativi contribuiscono a descrivere, sul piano oggettivo, la tipicità del reato, assumendo la veste di presupposti positivi della condotta omissiva incriminata, ossia di antecedenti logici e giuridici della condotta inseriti nella fattispecie incriminatrice e tali da condizionarne la tipicità. La descrizione legislativa del reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore rende del tutto esplicito l’inserimento di tale ordine nella fattispecie incriminatrice rientrando nel novero degli elementi costitutivi della fattispecie, il provvedimento di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-bis, deve essere conforme ai requisiti sostanziali e formali previsti dalla legge e deve essere, in particolare, motivato congruamente con riferimento alla riconducibilità del caso di specie alle ipotesi previste dalla legge al fine di scongiurare il rischio che la verifica della sussistenza dei presupposti dell’ordine del questore ex art. 14, comma 5-bis e, dunque, l’individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie penale vengano sostanzialmente rimesse all’Autorità di polizia. Dalla collocazione di tale ordine nel sottosistema finalizzato all’esecuzione del provvedimento di espulsione discende, infatti, che la validità del secondo si riflette su quella del primo. L’attribuzione al provvedimento di espulsione del ruolo di antecedente logico-giuridico della condotta incriminata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, si ricollega, dunque, al condizionamento che tale provvedimento esplica sulla legittimità dell’ordine e, pertanto, sulla tipicità del reato. Nell’assetto normativo delineato dalla legge, la diversa tipologia di espulsione gioca un ruolo decisivo nella configurazione delle diverse fattispecie incriminatrici. Più specificamente l’ingiustificata violazione dell’ordine di allontanamento in caso di espulsione disposta ai sensi dell’art. 13, comma 4, cfr. art. 14, comma 5-ter, così come modificato dal D.L. n. 89 del 2011 deve essere intesa come riferita ai vari casi in cui l’espulsione può essere eseguita con accompagnamento coattivo alla frontiera anche se in concreto non è stato possibile eseguire con immediatezza l’espulsione con l’accompagnamento forzoso o il respingimento a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento , ossia alle diverse ipotesi disciplinate dall’art. 13, comma 4. Qualora, pertanto, la vicenda esecutiva si sia sviluppata attraverso l’adozione, da parte del questore, di un ordine di allontanamento, la sua ingiustificata violazione è punita con la multa da diecimila a ventimila Euro. Viceversa, qualora non ricorrano le condizioni per l’accompagnamento immediato alla frontiera art. 13, comma 5 , lo straniero può richiedere al prefetto un termine per allontanarsi dall’Italia in caso di inottemperanza al decreto di allontanamento emesso dal questore, si applica la multa da 6.000 a 15.000 Euro. 3. Ciò premesso, è manifestamente infondato il primo motivo di ricorso. 3.1. È manifestamente infondata la doglianza difensiva in merito alla necessità che l’inottemperanza sia accertata immediatamente dopo l’emissione del provvedimento del questore, perché la disposizione incriminatrice configura un reato omissivo proprio che si consuma con il mancato allontanamento nel termine assegnato, senza che abbia rilievo il momento in cui detta condotta sia stata accertata mediante il reperimento dell’espulso in Italia entro il termine di validità del provvedimento di regola non superiore a cinque anni ex art. 13, comma 14 , configurandosi, comunque, in caso, reingresso una diversa e più grave fattispecie di reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 13, sicché risulta inconferente la deduzione concernente il difetto di prova in merito all’effettiva esecuzione dell’ordine di allontanamento. Del resto, l’accompagnamento alla frontiera non è il presupposto per l’incriminazione dell’inottemperanza all’ordine di allontanamento, risultando esso consumato a seguito del mancato adempimento dell’ordine legittimo impartito. 3.2. È, del pari, manifestamente infondata la deduzione concernente l’obbligo di emettere un nuovo provvedimento di allontanamento D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-bis, in quanto tale ordine, semmai, si assomma a quello già impartito, ma non ha rilievo per quello che riguarda l’accertata violazione del precedente decreto di espulsione. 3.3. È, infine, manifestamente infondata la doglianza concernente l’obbligo del giudice di accertare l’avvenuta consegna da parte dell’autorità che ha disposto l’espulsione della documentazione di viaggio, poiché essa riguarda unicamente il caso in cui, a norma del D.Lgs. n. 286 del 1999, art. 14, comma 5-bis, sia stato concesso un termine per ottemperare, evenienza che è estranea al caso oggetto del giudizio. 4. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché generico e comunque manifestamente infondato. 4.1. È doveroso premettere che il motivo di ricorso è generico là dove deduce l’incertezza del giudice nella determinazione del trattamento sanzionatorio di riferimento. La disposizione applicata dal giudice è, infatti, quella prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, che stabilisce La violazione dell’ordine di cui al comma 5-bis è punita, salvo che sussista il giustificato motivo, con la multa da 10.000 a 20.000 Euro, in caso di respingimento o espulsione disposta ai sensi dell’art. 13, comma 4, o se lo straniero, ammesso ai programmi di rimpatrio volontario ed assistito, di cui all’art. 14-ter, vi si sia sottratto , non essendo stato dedotto alcun elemento in grado di confutare quanto affermato dal giudice di merito in ordine alla impossibilità di procedere all’immediato accompagnamento alla frontiera, dovendosi perciò escludere che ricorra l’ipotesi di cui all’art. 13, comma 5, punita con la multa da 6.000 a 15.000 Euro. 4.2. È, infine, manifestamente infondata la doglianza sul difetto di motivazione del trattamento sanzionatorio. La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata ad affermare che è possibile procedere, senza una particolare articolazione della motivazione, alla determinazione del trattamento sanzionatorio al di sotto della media edittale Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283 , sicché, tenuto presente che è stata irrogata la pena di Euro 10.000, pari al minimo edittale, la censura difensiva è manifestamente infondata. 5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000 , anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.