Segni di un morso e tatuaggio: valido il riconoscimento del rapinatore

Confermata la custodia cautelare in carcere per un uomo finito sotto accusa per una rapina ai danni di una turista inglese. Decisiva l’identificazione effettuata dalla figlia della vittima, che aveva anche provato a opporsi alla rapina, mordendo a una mano uno dei criminali.

Rapinata una turista inglese, accompagnata dalla figlia che prova a reagire mordendo la mano di un rapinatore e poi porta all’identificazione dell’uomo. In particolare, i dettagli rappresentati da un tatuaggio e dai segni lasciati dal morso sono sufficienti , secondo i giudici, per ritenere valido il riconoscimento operato dalla ragazza. Legittima, quindi, l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’uomo Cassazione, sentenza n. 21325/20, sez. II Penale, depositata il 17 luglio . Scenario del fattaccio è la zona di Napoli. Lì una turista inglese che tiene un orologio Rolex al polso viene minacciata con un coltello da due soggetti in motorino mentre lei si trova a bordo di una vettura e mentre un terzo complice ha preventivamente bloccato la strada. Ad accompagnare la donna c’è anche la figlia, che prova a reagire al sopruso mordendo la mano di un rapinatore. Quell’azione si rivelerà decisiva Difatti pochi giorni dopo è proprio la ragazza a identificare uno dei malfattori, riuscendo a riconoscere un tatuaggio che aveva notato durante la rapina e soprattutto notando i segni lasciati dal suo morso. Questi elementi sono sufficienti, secondo l’accusa, per parlare di solidi indizi di colpevolezza . E di conseguenza viene adottata nei confronti dell’uomo la misura della custodia cautelare in carcere su questo punto concordano Gip e Tribunale. Secondo i legali dell’uomo, però, il provvedimento è eccessivo e privo di fondamento. Così col ricorso in Cassazione viene messa in dubbio la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza poiché ci si trova, secondo la difesa, di fronte agli esiti di una individuazione fotografica del presunto rapinatore effettuata dalla figlia della persona offesa, senza alcuna preliminare descrizione del soggetto da riconoscere e senza alcun riscontro esterno, non potendo definirsi tali i filmati tratti dalle videocamere della zona ove si era verificata la rapina, non riconducibili ai fatti criminosi, così come i segni sulla mano dell’indagato . Peraltro, viene aggiunto, il verbale di individuazione fotografica effettuata dalla figlia della persona offesa è invalido per essere stato portato a conoscenza del pubblico ministero due mesi dopo il suo compimento, è stato tradotto in lingua italiana da persona non dotata di specifiche competenze, non è stato firmato dalla dichiarante e infine non sono state rispettate le modalità previste per la ricognizione di persona, ex art. 213 cod. proc. pen. . Inoltre, gli altri elementi dimostrativi sarebbero del tutto insufficienti dal punto di vista indiziario, come i tatuaggi dell’uomo o i segni sulla sua mano , chiosano i legali. Queste obiezioni non convincono i giudici della Cassazione, che mostrano di ritenere corretto l’operato del Tribunale, che a sua volta ha ritenuto attendibile la individuazione fotografica del rapinatore effettuata dalla figlia della persona offesa presente alla rapina e che aveva addirittura opposto una resistenza all’aggressore mordendolo alla mano . In particolare, la ragazza aveva riconosciuto l’uomo senza mostrare alcun dubbio e la sua individuazione fotografica era risultata riscontrata da alcuni elementi esterni, come i tatuaggi sul corpo dell’indagato corrispondenti a quelli su uno dei soggetti ripresi dalle telecamere della zona del delitto , la presenza degli esiti cicatriziali sulla mano compatibili con la ferita da morso , le stesse dichiarazioni spontanee dell’uomo sull’essersi trovato sul luogo del fatto in compagnia di altro soggetto del pari riconosciuto dalla vittima . I magistrati tengono a ribadire che a fronte di questo giudizio di piena attendibilità della individuazione fotografica, nel coacervo degli elementi investigativi di conferma, valutati dal Tribunale, l’elemento indiziario atipico è sicuramente utilizzabile nel suo esito . Ciò perché in tema di misure cautelari personali, l’individuazione fotografica effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria, in assenza di profili di inattendibilità, è elemento idoneo per affermare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, indipendentemente dall’accertamento delle modalità e quindi della rispondenza alla metodologia prevista per la formale ricognizione a norma dell’art. 213 cod. proc. pen. poiché lascia fondatamente ritenere il successivo sviluppo in un atto di riconoscimento, formale o informale, o in una testimonianza che tale riconoscimento confermi . Confermata quindi la custodia cautelare in carcere nei confronti dell’uomo accusato di rapina aggravata ai danni di una turista inglese.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 giugno – 17 luglio 2020, n. 21325 Presidente Cammino – Relatore Sgadari Ritenuto in Fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli confermava l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, emessa il 28 dicembre del 2019, che aveva applicato al ricorrente la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di rapina aggravata di un orologio Rolex ad una turista che lo teneva al polso, minacciata con un coltello da due soggetti in motorino mentre si trovava a bordo di una autovettura, mentre un terzo complice aveva bloccato la strada. 2. Ricorre per cassazione Vi. Gr., con distinti atti. 2.1. Nel ricorso a firma dell'avv. Gaetano Perna deduce 1 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, che il Tribunale avrebbe basato sugli esiti di una individuazione fotografica del ricorrente effettuata dalla figlia della persona offesa, senza alcuna preliminare descrizione della persona da riconoscere e senza alcun riscontro esterno, non potendo definirsi tali i filmati tratti dalle videocamere della zona ove si era verificata la rapina, non riconducibili ai fatti criminosi, così come i segni sulla mano dell'indagato. 2.2. Nel ricorso a firma dell'avv. Be. Sa. deduce 1 violazione di legge in ordine alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza. Il verbale di individuazione fotografica effettuata dalla figlia della persona offesa, sarebbe invalido per essere stato portato a conoscenza del Pubblico ministero due mesi dopo il suo compimento, sarebbe stato tradotto in lingua italiana da persona non dotata di specifiche competenze, non sarebbe stato firmato dalla dichiarante e non sarebbero state rispettate le modalità previste per la ricognizione di persona, ex art. 213 cod. proc. pen Gli altri elementi dimostrativi sarebbero del tutto insufficienti dal punto di vista indiziario come i tatuaggi del ricorrente o i segni sulla sua mano . Infine, sarebbero inutilizzabili le dichiarazioni spontanee dell'indagato. Considerato in diritto I ricorsi sono manifestamente infondati. 1. Il Tribunale di Napoli ha ritenuto attendibile, con motivazioni esenti da vizi logico-giuridici, la individuazione fotografica del ricorrente effettuata dalla figlia della persona offesa presente alla rapina e che aveva addirittura opposto una resistenza all'aggressore mordendolo alla mano. La giovane inglese, Houlton Kimberley Lauren, aveva, infatti, riconosciuto il ricorrente senza mostrare alcun dubbio e la sua individuazione fotografica era risultata riscontrata da alcuni elementi esterni, come i tatuaggi sul corpo dell'indagato corrispondenti a quelli su uno dei soggetti ripresi dalle telecamere della zona del delitto , la presenza degli esiti cicatriziali sulla mano compatibili con la ferita da morso , le stesse dichiarazioni spontanee del ricorrente sul fatto di essersi trovato sul luogo del fatto in compagnia di altro soggetto del pari riconosciuto dalla vittima Ta. Vi. . A fronte di questo giudizio di piena attendibilità della individuazione fotografica, nel coacervo degli elementi investigativi di conferma, valutati dal Tribunale in piena sinergia, l'elemento indiziario atipico è sicuramente utilizzabile nel suo esito. Dovendosi ricordare che, in tema di misure cautelari personali, l'individuazione fotografica effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria, in assenza di profili di inattendibilità, è elemento idoneo per affermare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, indipendentemente dall'accertamento delle modalità e quindi della rispondenza alla metodologia prevista per la formale ricognizione a norma dell'art. 213 cod. proc. pen., perché lascia fondatamente ritenere il successivo sviluppo in un atto di riconoscimento, formale o informale, o in una testimonianza che tale riconoscimento confermi. Massime precedenti Conformi N. 5043 del 2004 Rv. 227511, N. 47545 del 2008 Rv. 242216. La giurisprudenza citata dal ricorrente fa riferimento al diverso caso di una individuazione fotografica effettuata direttamente da appartenenti alla polizia giudiziaria cui non era stata attribuita attendibilità per specifiche ragioni del tutto estranee alla fattispecie in esame . Inoltre, la presenza di un interprete e la trasmissione al Pubblico ministero del mezzo di prova, in uno con la annotazione di polizia giudiziaria che riferiva gli esiti delle indagini a riscontro, escludono ogni altra supposta causa di inutilizzabilità dell'atto, non rinvenibile nella mancata firma dell'album fotografico da parte della vittima, essendo decisiva la non contestata firma del verbale di individuazione, della cui apposizione si dà anche atto nel medesimo verbale. Infine, deve ricordarsi che, secondo la giurisprudenza condivisa dal Collegio, sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che l'indagato ha scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione Sez. 3, Sentenza n. 20466 del 03/04/2019, S., Rv. 275752 Massime precedenti Conformi N. 14320 del 2018 Rv. 272541, N. 26246 del 2017 Rv. 271148, N. 13917 del 2017 Rv. 269598, N. 32015 del 2018 Rv. 273642 . Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla Cassa delle Ammende, commisurata all'effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter disp.att.cod.proc.pen