Il frazionamento delle domande di condono non salva la nuova costruzione abusiva che superi il limite dei 750 mc

In caso di nuova costruzione abusiva, l’art. 39 l. n. 724/1994 consente la sanatoria a condizione che l’immobile non abbia una volumetria superiore a 750 mc. Tale limite non può essere superato attraverso il frazionamento della domanda di condono.

Sul tema la Suprema Corte con la sentenza n. 20889/20, depositata il 15 luglio. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avente ad oggetto l’ingiunzione a demolire delle opere risultate abusive a seguito della sentenza con cui la Corte d’Appello partenopea aveva condannato i due istanti per il reato edilizio di cui all’art. 20, lett. c , l. n. 47/1985. La pronuncia è stata impugnata dinanzi alla Corte di legittimità. Secondo i ricorrenti, il giudice ha ritenuto illegittima la sanatoria rilasciata dal Comune sull’erroneo presupposto che la cubatura realizzata non consentiva la sanabilità delle opere, con conseguente frazionamento di due richieste di condono elusive del limite dei 750 mc di cubatura . I ricorrenti deducono che tale limite, dettato dall’art. 39 l. n. 724/1994 non sia applicabile agli immobili aventi destinazione non residenziale. Il ricorso viene giudicato infondato dalla Corte. Ed infatti la giurisprudenza di legittimità ha affermato che ai fini del perfezionamento del condono edilizio in parola il limite volumetrico di 750 mc è applicabile a tutte le opere, senza distinzione tra residenziali e non Cass. Pen. n. 31955/15 . Tale principio è stato confermato anche in sede civile Cass.Civ. n. 4640/09 e amministrativa TAR Campania n. 5317/18 e n. 5007/16 CdS n. 3098/08 . Richiamata la consolidata giurisprudenza sul punto, la pronuncia in commento ritiene coerente la motivazione offerta dal giudice dell’esecuzione nel provvedimento impugnato là dove afferma che l’art. 39 l. n. 724/1994 individua specifiche limitazioni per la sanabilità degli illeciti edilizi, distinguendo a seconda che l’abuso abbia comportato un ampliamento di un immobile preesistente o la realizzazione di una nuova costruzione . Nel primo caso le opere abusive non devono aver comportato un ampliamento di volumetria superiore al 30% di quella originaria oppure una cubatura superiore a 750 mc a prescindere dalla percentuale di ampliamento. Nell’ipotesi di nuova costruzione invece l’unico limite è quello dei 750 mc di volumetria. Nella giurisprudenza è stata inoltre affermata l’ inammissibilità del frazionamento delle domande di condono al fine di rispettare tale limite volumetrico, risolvendosi tale scelta in una palese elusione della norma. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 giugno - 15 luglio 2020, n. 20889 Presidente Di Nicola – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 22.09.2016, il GIP/tribunale di Napoli rigettava, quale giudice dell’esecuzione, all’esito dell’udienza camerale, l’istanza proposta nell’interesse della D.S. e dell’I. , avente ad oggetto l’ingiunzione a demolire emessa dal PM in data 14.07.2014, relativamente alle opere abusive di cui alla sentenza Corte d’appello di Napoli 8.02.1994, irr. 31.03.1994, con cui i due istanti erano stati riconosciuti colpevoli del reato edilizio di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c . 2. Contro l’ordinanza ha proposto congiunto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dei ricorrenti, iscritto all’Albo speciale previsto dall’art. 613 c.p.p., articolando un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Deduce, con tale unico motivo, la violazione di legge in relazione alla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 16 e della L. n. 47 del 1985, art. 34. In sintesi, la difesa dei ricorrenti sostiene che il giudice ha ritenuto illegittima la sanatoria rilasciata dal comune sull’erroneo presupposto che la cubatura realizzata, pari a mcomma 1381,05, non consentiva la sanabilità delle opere, se non attraverso una chiara elusione del dato normativo. In sostanza, secondo il giudice, il manufatto abusivo, sostanzialmente unitario e eccedente per cubatura i 750 mc., sarebbe stato artificiosamente frazionato in due richieste di condono per eludere tale limite, donde l’illegittimità della sanatoria e l’inidoneità della stessa a revocare l’ordine demolitorio. Orbene, secondo i ricorrenti, il giudice avrebbe tuttavia omesso di considerare che il piano terra dell’immobile in questione era adibito, sin dall’epoca della sua realizzazione, ad officina meccanica dal ricorrente I. , in quanto tale escluso dal limite volumetrico di mcomma 750 previsto per la destinazione residenziale, come del resto emergerebbe dal certificato di agibilità rilasciato il OMISSIS e nell’autorizzazione sanitaria del OMISSIS . Corretto, dunque, sarebbe stato l’operato dei tecnici comunali che, nel rilasciare la sanatoria, avrebbero anche fatto giusta applicazione della circolare del Ministero dei LL.PP. 2241/UL del 17.06.1995, nonché della L. 36 del 2003, art. 32, comma 25, che limita la possibilità di condono alle costruzioni non superiori a 750 mcomma per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3000 mcomma Attesa, quindi, l’espressa deroga ai limiti di cubatura per gli usi diversi da quello residenziale, nonché il rispetto del volume massimo previsto per le nuove costruzioni, del tutto inconferente si paleserebbe l’ipotizzata artificiosa suddivisione dell’immobile al fine di eludere il limite di mcomma 750 per le unità con destinazione residenziale. Nessun dubbio, poi, potrebbe residuare in merito alla circostanza che la istanza di sanatoria relativa alla parte residenziale rientrasse nei limiti dei 750 mc., atteso che lo stesso GIP dà atto nell’ordinanza che i lavori riguardavano la realizzazione di un locale uso studio ed artigianale, con cubatura di mcomma 676,25 per il quale presentava istanza di sanatoria l’I. , nonché un appartamento posto al primo piano, con cubatura di mcomma 704,80, per il quale presentava istanza di sanatoria edilizia la D.S. . Ne discenderebbe, quindi, che qualsiasi disquisizione rispetto alla proprietà delle singole unità appariva del tutto inutile, dovendosi, peraltro, rilevare che in base alla L. n. 47 del 1985, art. 31 la sanatoria per condono edilizio può essere richiesta non solo da coloro che ne hanno titolo ex L. n. 10 del 1977, ma anche da chiunque abbia un giuridico interesse a formulare l’istanza, come del resto la citata circolare ministeriale confermerebbe. Ne discenderebbe, pertanto, che gli attuali ricorrenti erano legittimati a presentare l’istanza di sanatoria, essendo rispettivamente proprietari e detentori delle unità immobiliari in questione, con la conseguenza che la sanatoria rilasciata dal Comun sarebbe esente da vizi di legittimità, donde la intervenuta regolarizzazione dell’abuso edilizio, che comporta l’inapplicabilità dell’ordine demolitorio. 3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta depositata in data 17.02.2020, ha chiesto il rigetto del congiunto ricorso. In particolare, il PG rileva che, nella fattispecie in esame, le istanze di condono sono state presentate da soggetti legati da un rapporto di coniugio, sono state depositate contestualmente, facevano riferimento ad un fabbricato unitario composto da due piani fuori terra e sono state evase con un unico provvedimento di sanatoria emesso dal Comune in favore di entrambi. Era stata pertanto dimostrata l’assoluta unitarietà del centro di interessi e la cubatura realizzata pari a mcomma 1381,05 non consentiva la sanabilità delle opere, se non attraverso una evidente elusione del dato normativo. Considerato in diritto 4. Il congiunto ricorso è infondato. 5. Ed invero, palesemente errato è il presupposto giuridico da cui muove la tesi difensiva, ossia che il limite dei 750 mc., dettato dalla L. n. 724 del 1994, art. 39 non troverebbe applicazione agli immobili aventi destinazione diversa da quella residenziale. Pacifico è infatti nella giurisprudenza di questa Corte che ai fini del perfezionamento del condono edilizio previsto dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall’art. 39, comma 1, è applicabile a tutte le opere, senza distinzione tra residenziali e non residenziali Sez. 3, n. 31955 del 01/07/2015 - dep. 22/07/2015, Di Gennaro, Rv. 264256 . 6. Trattasi di principio affermato non solo in sede penale, ma anche in sede civile ed amministrativa. 6.1. Questa Corte, infatti, in sede civile, ha infatti affermato che in tema di abusi edilizi, ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 1, i limiti di cubatura cui è condizionata la sanabilità dell’abuso sono riferibili anche agli edifici ad uso non residenziale, secondo un’interpretazione che valorizzi l’intenzione del legislatore di porre un limite inderogabile alla sanabilità ricollegato all’entità oggettiva degli abusi edilizi e, di conseguenza, della lesione inferta ai valori espressi dalla normativa urbanistica a tutela di un interesse pubblico preminente, non rilevando in senso contrario le disposizioni di deroga ai limiti di cubatura di cui al comma 1 dell’art. 39, comma 16 stessa legge, che si riferiscono unicamente al pagamento e alla misura dell’oblazione, e non alla condonabilità dell’abuso Sez. 1, Sentenza n. 4640 del 26/02/2009, Rv. 607037 . 6.2. La giurisprudenza amministrativa, con interpretazione ormai consolidata, infine, ha a più riprese ribadito che ai fini del perfezionamento del condono edilizio di cui alla L. n. 724 del 1994, il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall’art. 39, comma 1, è applicabile a tutte le opere, senza alcuna distinzione tra residenziali e non residenziali da ultimo T.A.R. Napoli, sez. III, 03/09/2018, n. 5317 relativa a fattispecie in cui l’immobile nella sua interezza oggetto della richiesta di condono superava il limite dei 750 mcomma richiesto dalla L. n. 724 del 1994, art. 39 comma 1, in cui il giudice amministrativo ha escluso che, sul punto, rilevasse la distinzione fra immobile a destinazione residenziale e a destinazione produttiva . A tale riguardo cfr. TAR Campania, sez. III, 28/10/2016, n. 5007 , pertanto, la questione è già stata più volte affrontata dalla giurisprudenza amministrativa e da quella penale che, dopo iniziale adesione all’opzione ermeneutica prospettata dal ricorrente, si è però orientata in senso opposto salvo il caso di Cass. Pen., sez. III, 9 febbraio 2012, n. 9598, rimasta isolata e, quindi, per l’applicabilità del richiamato limite volumetrico per qualsivoglia tipologia di manufatto, sia residenziale sia commerciale/produttivo. 7. In questo senso, il Collegio fa proprio e ritiene di dover dare continuità al principio di diritto espresso da questa stessa Sezione, con la richiamata sentenza luglio 2015 n. 31955, secondo cui ai fini del perfezionamento del condono edilizio di cui alla L. n. 724 del 1994, il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall’art. 39, comma 1, è applicabile a tutte le opere, senza alcuna distinzione tra residenziali e non residenziali . Questo orientamento era già stato condiviso anche dalla richiamata sentenza della Cassazione civile dianzi citata, e, del resto, sulla medesima lunghezza d’onda si era orientata - come anticipato - anche la giurisprudenza amministrativa. In particolare, il Consiglio di Stato Sez. V, 23 giugno 2008, n. 3098 ha affermato che il limite posto dal citato art. 39, comma 1 il quale è diretto espressamente ad individuare gli immobili oggetto di sanatoria, si riferisce a qualsiasi tipo di costruzione, senza alcuna distinzione a seconda della sua destinazione il superamento del limite è ammesso, nel medesimo comma, solo nel caso di annullamento della concessione edilizia . . In altra decisione, sempre il Consiglio di Stato Sez. V, 17 settembre 2008, n. 4416 , nel rilevare come non possa ammettersi un condono privo di limiti quantitativi, ha ricordato che la Corte Costituzionale 28 luglio 1995, n. 416 12 settembre 1995, n. 427 23 luglio 1996, n. 302 17 luglio 1996, n. 256 sottolineò come le norme sul condono abbiano carattere del tutto eccezionale e siano, pertanto, particolarmente soggette al limite di ragionevolezza, con la conseguenza che l’esclusione di ogni limite quantitativo alla condonabilità degli edifici commerciali o industriali trasformerebbe la L. n. 724 del 1994, art. 39, da disposizione di eccezione a disposizione di rottura incondizionata del controllo edilizio passato. Infatti sarebbe del tutto irragionevole ritenere condonabili in modo indiscriminato gli immobili a destinazione non residenziale, spesso di rilevante impatto sul territorio, e di porre invece limiti volumetrici invalicabili solo per quelli ad uso abitativo e, d’altra parte si giungerebbe altrimenti alla conclusione che gli abusi relativi agli immobili non residenziali sarebbero sanabili senza alcun limite, in contrasto con quanto stabilito in materia di condono anche da provvedimenti legislativi successivi cfr. D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, comma 25 . Infine, come d’altronde affermato già da tempo dalla giurisprudenza amministrativa cfr. Tar Latina 21 gennaio 1999, n. 48 , la possibilità, in relazione ad immobili con destinazione non residenziale, di pagare l’oblazione anche con riferimento a cubature maggiori trova la sua unica giustificazione nel fatto che, in tal modo, può determinarsi l’estinzione di taluni reati in materia edilizia, come previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 38, comma 2 articolo che, si rammenta, fa parte del capo IV della legge stessa, richiamato dal più volte citato L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 1. 8. Assodato, dunque, che il limite volumetrico dei 750 mcomma trova applicazione anche agli immobili aventi destinazione diversa da quella residenziale, priva di pregio è la consequenziale argomentazione difensiva secondo cui la cubatura del piano terra del fabbricato, in quanto adibito sin dall’epoca della sua realizzazione, ad officina meccanica dell’I. , avrebbe dovuto essere esclusa dal limite volumetrico di mcomma 750 previsto per la destinazione residenziale. 8.1. Sul punto, infatti, la motivazione del giudice dell’esecuzione si appalesa assolutamente ineccepibile in diritto. Richiamato, infatti, il contenuto della L. n. 724 del 1994, art. 39 ricorda il g.e. che tale norma individua delle specifiche limitazioni per la sanabilità degli illeciti edilizi, distinguendo a seconda che l’abuso abbia comportato un ampliamento di un immobile preesistente o la realizzazione di una nuova costruzione nel primo caso le opere abusive non devono aver comportato un ampliamento di volumetria superiore al 30% della costruzione originaria ovvero, a prescindere dalla percentuale di ampliamento, una cubatura superiore ai 750 mc. in caso di nuova costruzione, viceversa, l’unico limite è quello dei 750 mc di volumetria. Nella fattispecie che occupa, come comunicato dal Comune di Santa Maria La Carità, i lavori riguardavano la realizzazione di un locale uso studio e artigianale, con cubatura di 676,25 mc, per il quale presentava istanza di sanatoria edilizia I.G. prot. n. OMISSIS ed un appartamento al primo piano, con cubatura 704,80 mc, per il quale presentava istanza di sanatoria edilizia D.S.M.T. prot. n. OMISSIS il volume complessivo del fabbricato era 1381,05 mc. in relazione a tali istanze, in data 2 aprile 2008, veniva rilasciato ai coniugi I. -D.S. , un unico permesso di costruire in sanatoria prot. XXXX relativo al fabbricato in OMISSIS , composto da piano terra e ammezzato, formato da officina meccanica e studio piano primo, composto da appartamento composto da 4 camere, 2 bagni, disimpegno, cucina e soggiorno . 8.2. Orbene, come correttamente ricorda il giudice di merito, la giurisprudenza ordinaria, amministrativa e perfino costituzionale hanno più volte posto in evidenza l’inammissibilità del frazionamento delle domande di condono ai fini del rispetto del limite volumetrico di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39 ex multis Cass., 26/4/1999, n. 8584 in senso conforme Cass., 24/4/2001, n. 36794 Cass., 19/2/2002, n. 16550 Cass., 19/4/2005, n. 20161 in tempi ancora più recenti Cass., 2/10/2013, n. 12353, rv. 259292 . Negli stessi termini, per la giurisprudenza amministrativa si segnalano tra le più recenti, le sentenze Tar Campania Na 25/7/2013, n. 3903 C.d.S. 3/8/2010, n. 5156 C.d.S. 3/3/2001, n. 1229. Alla base di tali orientamenti vi è una esigenza del tutto ovvia quella di impedire che il limite volumetrico dei 750 mc venga agevolmente eluso attraverso la presentazione, da parte di soggetti formalmente distinti, di una pluralità di istanze di condono ciascuna delle quali relativa ad una cubatura inferiore. È certamente vero - puntualizza correttamente il g.e. - che la L. n. 724 del 1994, art. 39 in relazione alle nuove costruzioni , prevede la necessità di rapportare il limite volumetrico di 750 mc a ciascuna domanda presentata, ma, come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 632/1996, tale disposizione deve intendersi come del tutto eccezionale rispetto al carattere assoluto ed inderogabile del limite di cubatura ed applicabile solo per i casi di legittima ed ammissibile scissione della domanda di sanatoria da parte di più soggetti aventi titolo al momento della presentazione della domanda di condono . Fermo restando, prosegue la citata sentenza del Giudice delle Leggi, che uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dalla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 1, dovendosi in tal caso necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitario . 8.3. Orbene, come correttamente puntualizza il giudice dell’esecuzione, sebbene l’esemplificazione contenuta nella citata sentenza dei casi in cui potrebbero legittimamente aversi distinte domande di condono sia inevitabilmente generica trattandosi appunto di una esemplificazione la necessità di interpretare tale possibilità in termini estremamente restrittivi emerge in modo ancora più pressante ove si consideri che la legge del 1994 non prevede alcun limite massimo di sanabilità per l’opera nel suo complesso a differenza di quanto previsto ad esempio dalla legge sul condono n. 326 del 2003, la quale prevede un limite volumetrico di 750 mc per ogni domanda di sanatoria, purché l’opera nel suo complesso non ecceda i 3000 mc , di talché, attraverso la pretestuosa presentazione di più domande di condono ex lege n. 724 del 1994 eventualmente anche da parte di soggetti formalmente distinti nell’ambito di uno stesso nucleo familiare potrebbe giungersi alla paradossale conseguenza di sanare edifici di dimensioni illimitate. Stante dunque la necessità di interpretare la norma di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39 in modo conforme alle disposizioni costituzionali ed in particolare al principio della ragionevolezza , deve convenirsi, con il giudice di merito, che, nel caso di nuove costruzioni, in tanto sia possibile far riferimento al limite volumetrico di 750 mcomma per ciascuna domanda, solo allorché le stesse siano presentate da soggetti espressione di centri di interesse realmente autonomi e non finalizzate alla mera elusione del limite normativamente stabilito. 9. Nel caso in esame le istanze di condono risultano presentate da soggetti legati da un rapporto di coniugio l’I. e la D.S. sono infatti coniugi, come comunicato dal Comune di Santa Maria La Carità sono state depositate contestualmente come dimostrato dai numeri progressivi di protocollo facevano riferimento ad un fabbricato unitario composto da due piani fuori terra sono state evase con un unico provvedimento di sanatoria emesso dal Comune in favore di entrambi i richiedenti, a dimostrazione dell’assoluta unitarietà del centro di interessi. La cubatura realizzata, pari a 1381,05 mc, non consentiva dunque la sanabilità delle opere, se non attraverso una chiara elusione del dato normativo. 10. Ne discende, pertanto, il rigetto del congiunto ricorso, cui segue ex lege a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.O.M. La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.