La Cassazione sulla concessione al condannato della detenzione domiciliare speciale

La Suprema Corte ribadisce, alla luce della sentenza n. 187/19 della Corte Costituzionale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater, c, 1, 2 e 3 ord. pen., nella parte in cui prevedono che non può essere concessa al condannato la detenzione domiciliare speciale prima che sia decorso un triennio dalla revoca di una precedente misura alternativa.

Così con la sentenza n. 20276/20, depositata l’8 luglio. Una detenuta richiedeva di essere ammessa alla detenzione domiciliare speciale in ragione dell’intervenuta revoca di un’altra misura alternativa e il Tribunale di Sorveglianza non accoglieva la domanda in ragione della preclusione prevista dall’art. 58-quater ord. pen Avverso la decisione la detenuta ricorre in Cassazione lamentando che il Tribunale di sorveglianza, nel disattendere l’istanza di detenzione speciale domiciliare speciale, abbia ignorato la sentenza della Corte costituzionale n. 187/19 , da cui deriva la caducazione di ogni automatismo preclusivo . La Suprema Corte, ritenendo fondato il motivo di ricorso, ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 187/19, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, Ord. pen., nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare speciale, prevista dall’art. 47-quinquies al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una delle misure indicate nel comma 2 dello stesso art. 58-quater . L’assoluta impossibilità per il condannato, madre o padre, di accedere al beneficio della detenzione domiciliare speciale prima che sia decorso un triennio dalla revoca di una precedente misura alternativa , che sacrificava a priori e per lungo tempo, l’interesse del figlio a vivere un rapporto quotidiano con almeno uno dei genitori, è venuta meno . Chiarito questo, la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di sorveglianza per nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 giugno – 8 luglio 2020, n. 20276 Presidente Mazzei – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Taranto negava alla detenuta D.P.P. le richieste misure della detenzione domiciliare speciale sull’assorbente ragione dell’intervenuta recente revoca di altra misura alternativa e della conseguente preclusione ai sensi dell’art. 58-quater Ord. pen. e del rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena, ovvero della detenzione domiciliare sostitutiva di cui all’art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen. per l’insussistenza di patologie acute rilevanti, sia psichiche sia organiche, e il concreto rischio di recidiva criminosa . 2. D.P. ricorre per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia. Nel ricorso si deducono due motivi. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge. Il Tribunale di sorveglianza, nel disattendere l’istanza di detenzione domiciliare speciale, avrebbe totalmente ignorato la sentenza costituzionale n. 187 del 2019, da cui deriverebbe la caducazione, in materia, di ogni automatismo preclusivo. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, di nuovo, violazione di legge. Il medesimo Tribunale, nel disattendere le istanze ulteriori, avrebbe indebitamente omesso di disporre l’approfondimento peritale sulle reali condizioni di salute dell’interessata, che sarebbe stato necessario alla luce della sua storia clinica e delle carenze della relazione sanitaria d’istituto. Il trattamento penitenziario, in atto nei confronti di persona non pericolosa, sarebbe per l’effetto contrario al senso di umanità. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. 1.1. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 187 del 2019, precedente la decisione impugnata, ha effettivamente dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, Ord. pen., nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare speciale, prevista dall’art. 47-quinquies , al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una delle misure indicate nel comma 2 dello stesso art. 58-quater . L’assoluta impossibilità per il condannato, madre o padre, di accedere al beneficio della detenzione domiciliare speciale prima che sia decorso un triennio dalla revoca di una precedente misura alternativa - che sacrificava a priori, e per un arco temporale tanto esteso, l’interesse del figlio a vivere un rapporto quotidiano con almeno uno dei genitori, precludendo al giudice ogni bilanciamento tra i valori in gioco - è così venuta meno. 1.2. Palesemente errata appare dunque la pronuncia adottata, che su tale impossibilità ha essenzialmente basato la sfavorevole decisione. Tale pronuncia deve essere in questa parte annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo giudizio. Ai fini di quest’ultimo, il Tribunale stesso terrà presente che il venir meno dell’automatismo suindicato non esclude che le esigenze di tutela della società possano e debbano comunque trovare adeguata considerazione, giacché la misura deve essere negata in presenza di una concreta pericolosità sociale del condannato art. 47-quinquies, comma 1, Ord. pen. pericolo nel cui accertamento non potrà non tenersi conto della tipologia e della concreta gravità della condotta che ha determinato la revoca della precedente misura. Come ricorda la stessa Corte costituzionale, laddove il Tribunale giunga, in valutazione bilanciata, alla conclusione che tale pericolosità sussista, l’interesse del minore dovrà essere necessariamente salvaguardato con strumenti alternativi rispetto al ristabilimento della convivenza con il genitore. 2. Il secondo motivo è viceversa infondato. 2.1. Secondo consolidati principi, ripetutamente affermati da questa Corte, ai fini del differimento facoltativo della pena detentiva, di cui all’art. 147 c.p., comma 1, n. 2 , - o della detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., che ne mutua i presupposti - è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, dovendosi in proposito operare un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Mossuto, Rv. 258406-01 Sez. 1, n. 972 del 14/10/2011, dep. 2012, Farinella, Rv. 251674-01 . Al contempo la giurisprudenza di legittimità rileva che, rispetto al differimento, debbano considerarsi anche patologie di entità tale da far apparire l’espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma contenuta nell’art. 27 Cost. Sez. 1, n. 17947 del 30/03/2004, Vastante, Rv. 228289-01 , dovendosi avere riguardo ad ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignità da rispettarsi pure nella condizione di restrizione carceraria Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, Aquino, Rv. 244132-01 . E la patologia psichica, parimenti si ricorda, può costituire essa stessa causa di differimento della esecuzione della pena, quando sia di tale entità da produrre una infermità fisica non fronteggiabile in ambiente carcerario o da rendere l’espiazione della pena contraria, per le eccessive sofferenze, al senso di umanità da ultimo, Sez. 1, n. 35826 del 11/05/2016, Di Silvio, Rv. 268004 e può comunque dar luogo, in relazione anche solo alla sua gravità intrinseca, a seguito della sentenza costituzionale n. 99 del 2019, all’applicazione della misura della detenzione domiciliare umanitaria ex art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen 2.2. L’ordinanza impugnata non si è discostata da questi principi, di cui ha fatto buon governo nella specie. Essa correttamente ha preso le mosse dal quadro sanitario offerto dalle più recenti relazioni sanitarie, tra loro convergenti, e lo ha fedelmente riassunto, facendo risaltare l’assenza dei presupposti di legge. Non risulta infatti, su tale base, che l’espiazione della pena in atto contrasti, allo stato, con il diritto alla salute o con il senso di umanità costituzionalmente garantiti, in quanto non si evidenziano malattie organiche gravi neppure collegate a turbe psichiatriche , tali cioè da porre in pericolo la vita, o da provocare altri rilevanti conseguenze dannose, anche sul piano della dignità umana, così da privare la pena di significato rieducativo e cure e trattamenti sono indicati come praticabili in regime di detenzione intramurale, ricorrendo al bisogno a visite e ricoveri ex art. 11 Ord. pen L’ordinanza dunque correttamente motiva, facendo riferimento alle necessità di tutela del diritto alla salute, ma anche al pericolo di reiterazione del reato di evasione, dalla ricorrente assertivamente confutato, e combina tali appropriati richiami all’insussistenza, riscontrata anche senza l’ausilio della perizia e ineccepibilmente argomentata, di un quadro patologico allarmante sotto i profili considerati. Anche nel procedimento di sorveglianza vale infatti il principio su cui v. Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936-01 Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815-01 Sez. 4, n. 7444 del 17/01/2013, Sciarra, Rv. 255152-01 , secondo cui la perizia è un mezzo di prova essenzialmente discrezionale, essendo rimessa al giudice di merito, anche in presenza di pareri tecnici e documenti prodotti dalla difesa, la valutazione della necessità di disporre indagini specifiche con la conseguenza che non è sindacabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto come nella specie da adeguata motivazione, il convincimento del giudice circa l’esistenza di elementi tali da escludere la situazione che l’accertamento peritale richiesto dovrebbe dimostrare. Segue la reiezione del motivo in scrutinio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla misura della detenzione domiciliare speciale e rinvia per nuovo giudizio al riguardo al Tribunale di sorveglianza di Taranto. Rigetta il ricorso nel resto.