Una querela priva di volontà punitiva della persona offesa rende il reato improcedibile

Ai fini della validità della querela, la Cassazione rammenta che la manifestazione di volontà di perseguire il colpevole della persona offesa deve emergere chiaramente, in quanto non è consentito rinvenire dal mero atto di denuncia la richiesta punitiva idonea a integrare la condizione di procedibilità del reato.

La Corte di Cassazione , con sentenza n. 17532/20, annulla la sentenza impugnata dalla ricorrente, condannata in appello per aver sottratto il cellulare custodito nella borsetta abbandonata sul sedile posteriore della macchina, per mancanza di manifestazione di volontà punitiva da parte della persona offesa nell’ atto di denuncia . In particolare, la Suprema Corte rammenta che, pur non richiedendosi l’utilizzo di formule sacramentali, la manifestazione di volontà di perseguire il colpevole, ai fini della validità della querela , debba emergere chiaramente, non essendo consentito rinvenire, nel mero atto di denuncia in sé considerato, la richiesta punitiva idonea a integrare la condizione di procedibilità del reato .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 marzo – 9 giugno 2020, n. 17532 Presidente Fumu – Relatore Dawan Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. La Corte di appello di Perugia, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città - con conseguente riduzione di pena - nei confronti di P.F. , accusata di essersi impossessata, in concorso con altri, al fine di trarne profitto, di un telefono cellulare IPHONE 4S, sottraendolo a F.B. che lo custodiva all’interno della borsa riposta sul sedile posteriore della propria auto, parcheggiata sulla pubblica via. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il difensore dell’imputata articolando un unico motivo con cui deduce inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 529 c.p.p. in ordine alla sussistenza della condizione di procedibilità, nonché mancanza di motivazione sul punto. Invero, la persona offesa, nell’atto di denuncia, non aveva manifestato alcuna volontà punitiva. 3. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata. 4. Nell’escludere la contestata circostanza aggravante, la Corte di appello di Perugia, non ha accertato, non dandone pertanto conto, se dall’atto di denuncia, presentato dalla persona offesa, risultasse manifesta l’intenzione di questa di perseguire la P. o se si trattasse, invece, di un mero riferimento dei fatti, senza tuttavia corredarlo da alcuna espressione che possa essere interpretata come volontà di querelarsi. Giova rammentare che, nella giurisprudenza di questa Corte, si ritiene che, pur non richiedendosi l’utilizzo di formule sacramentali Sez. 2, n. 30700 del 12/04/2013, De Meo, Rv. 255885 , tuttavia, la manifestazione di volontà di perseguire il colpevole, ai fini della validità della querela, debba emergere chiaramente, non essendo consentito rinvenire, nel mero atto di denuncia in sé considerato, la richiesta punitiva idonea a integrare la condizione di procedibilità del reato. 5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata perché l’azione penale in ordine al reato di cui all’art. 624 c.p. non poteva essere proseguita per mancanza di querela. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale in ordine al reato di cui all’art. 624 c.p. non poteva essere proseguita per mancanza di querela. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a . Motivazione semplificata.