Carcere duro, nessuna sanzione per il saluto della buonanotte ad altri detenuti

Sconfitta per il DAP. Illegittima la sanzione disciplinare per il boss sottoposto al 41-bis. Il saluto non è catalogabile come comunicazione vietata.

Dire buonanotte” ad altri detenuti non può comportare punizioni per il boss sottoposto al regime del cosiddetto carcere duro. Respinto il ricorso del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Illegittima la sanzione disciplinare applicata, all’epoca dei fatti, in carcere, cioè l’esclusione dalle attività in comune Cassazione, sentenza n. 16244/20, sez. I Penale, depositata il 28 maggio . A dare il ‘la’ alla singolare vicenda giudiziaria è il saluto – buonanotte” – rivolto dal boss sottoposto al 41- bis ad altri reclusi, appartenenti ad un diverso gruppo di socialità, con susseguente sanzione disciplinare , sanzione che viene contestata dal detenuto. A censurare l’operato della struttura penitenziaria provvedono prima il Magistrato di sorveglianza e poi il Tribunale di sorveglianza. In particolare, viene osservato che sì l’articolo 41- bis dell’ordinamento penitenziario prevede l’impossibilità di comunicare tra detenuti di diversi gruppi di socialità e vieta quindi ogni forma di dialogo e comunicazione tra detti detenuti, sottolineando che la comunicazione può anche essere non verbale , ma, viene aggiunto, quel divieto di comunicazione serve ad evitare uno scambio di notizie e deve essere costituito da uno scambio di contenuti mentre il mero saluto è, invece, una forma espressiva neutra, dalla quale non può evincersi quale tipo di informazione sia stata scambiata tra i detenuti. A portare il caso in Cassazione provvede ovviamente il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sottolineando che il divieto era finalizzato a impedire contatti con propri sodali , e osservando che in ogni caso il Tribunale di sorveglianza ha fornito un’interpretazione della norma che supera un limite imposto espressamente, e sostanzialmente ha configurato come diritto la facoltà di procedere allo scambio comunicativo , poiché il termine ‘ comunicazione’ deve intendersi quale comprensivo di ogni forma di contatto, il quale può rivelarsi anche nel saluto, nel gesto , nelle movenze e in ogni scambio alternativo all’ordinario che può definire un ruolo e un messaggio occulto . Le osservazioni proposte dal DAP non convincono però i Giudici della Cassazione, i quali mostrano di condividere la linea tracciata dal Tribunale di sorveglianza e centrata sulla considerazione che lo scambio di u mero saluto non può essere assimilato ad una trasmissione verbale di contenuti ed informazioni, vietata appunto dalla normativa . Per il DAP il semplice saluto dovrebbe rientrare nel concetto normativo di comunicazione vietata . Dalla Cassazione, invece, osservano che ci si trova di fronte a una dichiarazione di saluto rivolta dal detenuto ad altri ristretti, limitata all’augurio di una buonanotte” rivolta a persone appartenenti ad altro gruppo di socialità e non inserita in un contesto di conversazione collettiva . Per meglio inquadrare l’episodio i magistrati rilevano che per ‘comunicazione’ si intende il processo e le modalità di trasmissione di una informazione da un individuo a un altro attraverso lo scambio di un messaggio connotato da un determinato significato il concetto di comunicazione comporta la presenza di un’ interazione tra soggetti diversi , nell’ambito della quale due o più individui costruiscono insieme una realtà e una verità condivisa . Anche per questo si è stabilito che la mera dichiarazione di saluto deve considerarsi di natura neutra, nel senso che non vi è modo di cogliere una particolare informazione trasmessa in quel modo in definitiva, un atto privo di un vero e proprio intento comunicativo . E peraltro, annotano i giudici, nemmeno l’amministrazione penitenziaria ha rappresentato un qualsiasi ulteriore elemento tale da conferire una differente luce a quell’atto . In sostanza, nulla si specifica circa l’asserita forma di comunicazione occulta o comunque fraudolenta o circa il preteso messaggio criptico indirizzato ad altri detenuti . Tutto ciò spinge i giudici della Cassazione a confermare la decisione del Tribunale di sorveglianza la decisione di sanzionare il saluto compiuto dal detenuto ha determinato una inutile afflizione, non prevista e quindi non consentita .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 gennaio – 28 maggio 2020, n. 16244 Presidente Iasillo – Relatore Minchella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 02/04/2019 il Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila rigettava il reclamo proposto dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria avverso il provvedimento in data 20/06/2018 con il quale il Magistrato di Sorveglianza dell'Aquila aveva accolto il reclamo del detenuto De Se. Ma., al quale era stata inflitta la sanzione disciplinare della Esclusione dalle Attività in Comune per avere salutato augurando la buonanotte detenuti appartenenti a un diverso gruppo di socialità. Rilevava il Tribunale di Sorveglianza che il reclamo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria si fondava sul disposto dell'art 41 bis Ord.Pen. che prevede l'impossibilità di comunicare tra detenuti di diversi gruppi di socialità e che vieta quindi ogni forma di dialogo e comunicazione tra detti detenuti, sottolineando che la comunicazione può anche essere non verbale tuttavia il Tribunale di Sorveglianza osservava che quel divieto di comunicazione serviva ad evitare uno scambio di notizie e doveva essere costituito da uno scambio di contenuti pertanto il mero saluto era, invece, una forma espressiva neutra, dalla quale non poteva evincersi quale tipo di informazione potesse essere scambiata. 2. Avverso detta ordinanza propone ricorso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria a mezzo dell'Avvocatura Distrettuale di Stato, deducendo, ex art. 606, comma 1 lett. b , cod.proc.pen., erronea applicazione di legge sostiene che la sanzione disciplinare non aveva addotto alcun pregiudizio al diritto del detenuto di comunicare, il quale era garantito dal gruppo di socialità di assegnazione, mentre il divieto in oggetto era finalizzato a impedire contatti con propri sodali in ogni caso il Tribunale di Sorveglianza aveva fornito un'interpretazione della norma che superava un limite imposto espressamente, e sostanzialmente aveva configurato come diritto la facoltà di procedere allo scambio comunicativo, poiché il termine comunicazione doveva intendersi quale comprensivo di ogni forma di contatto, il quale può rivelarsi anche nel saluto, nel gesto, nelle movenze e in ogni scambio alternativo all'ordinario che può definire un ruolo e un messaggio occulto. 3. Il P.G. chiede il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. A fronte delle ragioni del reclamo che era stato proposto dal DAP, il Tribunale di Sorveglianza valutava come corretta - sulla base dell'istruttoria effettuata e della documentazione acquisita - la decisione di prima cura, rilevando che lo scambio di un mero saluto non poteva essere assimilato ad una trasmissione verbale di contenuti ed informazioni, vietata appunto dalla normativa specifica. Dopo avere ribadito il testo della norma invocata, il ricorrente DAP muove le sue doglianze contestando la correttezza del ragionamento interpretativo effettuato dal giudice, sostenendo che il semplice saluto dovrebbe rientrare nel concetto normativo di comunicazione vietata. 2. Giova chiarire che l'art. 41-bis, comma 2 ord. penit. stabilisce che quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica , il Ministro della giustizia possa disporre, nei confronti di detenuti o internati per gravi reati in materia di terrorismo o di criminalità organizzata, la sospensione, in tutto o in parte, delle regole del trattamento che possano porsi in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza, al fine di impedire i collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva. In linea generale, sul particolare versante della comunicazione tra ristretti, la ratio della sanzione disciplinare che era stata applicata era quella di punire una forma di comunicazione con detenuti di un altro gruppo di socialità rispetto alla quale l'autorità giudiziaria, in ultima istanza, ritenesse sussistere una situazione di pericolo concreto per quelle esigenze di ordine e di sicurezza che costituiscono i presupposti per l'adozione di ogni forma di controllo la suddetta decisione poteva avere ad oggetto ogni forma di comunicazione, con il limite però che essa facesse intravedere o sospettare un significato diverso da quello apparente. Nella fattispecie, veniva in rilievo una dichiarazione di saluto rivolta dal detenuto ad altri ristretti, limitata all'augurio di una buona notte rivolta a persone appartenenti ad altro gruppo di socialità e non inserita in un contesto di conversazione collettiva. Tuttavia non può non rilevarsi che per comunicazione si intende il processo e le modalità di trasmissione di una informazione da un individuo a un altro attraverso lo scambio di un messaggio connotato da un determinato significato il concetto di comunicazione comporta la presenza di un'interazione tra soggetti diversi, nell'ambito della quale due o più individui costruiscono insieme una realtà e una verità condivisa. Nello specifico, perciò, correttamente il Tribunale di Sorveglianza rilevava che la mera dichiarazione di saluto doveva considerarsi di natura neutra, nel senso che non vi era modo di cogliere una particolare informazione trasmessa in quel modo in definitiva, un atto privo di un vero e proprio intento comunicativo o almeno, diverso da quello evidente . In senso contrario il ricorrente sostiene che anche quell'atto doveva considerarsi come una forma di comunicazione ma nemmeno l'Amministrazione Penitenziaria rappresentava un qualsiasi ulteriore elemento tale da conferire una differente luce a quell'atto in altri termini, nulla specifica il ricorrente circa l'asserita forma di comunicazione occulta o comunque fraudolenta o circa il preteso messaggio criptico indirizzato ad altri detenuti. Ne consegue - per come correttamente sottolineato dal Tribunale di Sorveglianza -che la decisione di sanzionare l'atto avrebbe determinato una inutile afflizione, non prevista e quindi non consentita, nei confronti del detenuto, essendo stata invece rispettata la finalità della norma. 3. Il ricorso va dunque rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.