Continuazione tra reati giudicati con rito abbreviato e determinazione della pena da parte del giudice dell’esecuzione

In caso di applicazione della disciplina del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione, ove i reati da unificare siano stati giudicati tutti con rito abbreviato, la diminuente ai sensi dell’art. 442, comma 2, terzo periodo, c.p.p., nel testo applicabile ai fatti commessi fino a tutto il 20 aprile 2019, può essere calcolata, una volta sola, sulla pena complessiva, solo se resta immutata la specie di pena rispetto a quella applicata dal giudice della cognizione .

È il principio affermato dalla Suprema Corte di legittimità con la sentenza n. 13756/20, depositata il 6 maggio. La vicenda. La Corte d’Assise di Appello di Salerno, quale giudice dell’esecuzione, veniva investita dell’istanza di riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con due separate sentenze pronunciate all’esito di giudizi abbreviati. Le condanne si riferivano a due delitti di omicidio, reati ritenuti più gravi rispetto a quelli satellite in materia di armi sanzionati in entrambi i casi con pena di durata inferiore a 5 anni. La pena base dell’ergastolo per gli omicidi era quindi stata sostituita con quella della reclusione di 30 anni in applicazione dell’art. 442, comma 2, c.p.p. nel testo ratione temporis applicabile. Riconoscendo la continuazione tra i reati, la Corte d’Assise di Appello di Salerno ha rideterminato la pena complessiva in quella dell’ergastolo, ritenendo più grave il reato di omicidio volontario pluriaggravato giudicato con la seconda delle sentenze di merito indicate dal condannato. La decisione si fonda sull’applicazione dell’art. 73, comma 2, c.p. secondo il quale, laddove concorrono più delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a 24 anni, si applica l’ergastolo. La difesa ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione degli artt. 73 e 81 c.p Computo della pena. Ripercorrendo il ragionamento che ha portato il giudice dell’esecuzione alla riformulazione della pena, il Collegio ritiene che tale conclusione sia erronea in diritto partendo dalla premessa secondo cui una pena temporanea qual è la reclusione, applicata a reati separatamente giudicati, non può essere sostituita dalla diversa pena dell’ergastolo in sede di esecuzione per effetto del riconoscimento della continuazione tra gli stessi reati . Secondo il sistema delineato dagli artt. 81 c.p. e 671 c.p.p., il criterio di calcolo della pena del reato continuato è il cumulo giuridico, ossia un moltiplicatore mobile fino al triplo di un moltiplicando fisso pena più grave per un prodotto pena finale omogeneo ai fattori impiegati . Diversamente il cumulo materiale consiste nella somma aritmetica di elementi, le pene, che può comportare anche il superamento del triplo dell’addendo maggiore. Riconoscendo dunque la violazione dell’art. 187 disp. att. c.p.p. e dell’art. 81, comma 3, c.p., la Corte di legittimità cristallizza il principio secondo cui in caso di applicazione della disciplina del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione, ove i reati da unificare siano stati giudicati tutti con rito abbreviato, la diminuente ai sensi dell’art. 442, comma 2, terzo periodo, c.p.p., nel testo applicabile ai fatti commessi fino a tutto il 20 aprile 2019, può essere calcolata, una volta sola, sulla pena complessiva, solo se resta immutata la specie di pena rispetto a quella applicata dal giudice della cognizione, mentre tale sistema di calcolo non è applicabile se comporta la sostituzione della reclusione con l’ergastolo, trovando applicazione in tal caso la regola generale sul limite dell’aumento della pena principale di cui all’art. 78 c.p. e non quella speciale di cui all’art. 73, comma 2, c.p. . Il ricorso viene accolto e la pronuncia impugnata viene annullata con rinvio per un nuovo esame della Corte d’Assise d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 febbraio – 6 maggio 2020, n. 13756 Presidente Mazzei – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con istanza depositata in data 6.6.2019 M.M.G. ha chiesto alla Corte di assise di appello di Salerno, quale giudice dell’esecuzione, il riconoscimento della continuazione fra i reati giudicati con sentenze pronunciate, in data 25.3.2015 e 4.4.2012, dalla Corte di assise di appello di Potenza. Le condanne, pronunciate all’esito di giudizi abbreviati, avevano riconosciuto M. responsabile di due omicidi volontari aggravati, con relativi reati satelliti in materia di armi, condannandolo, in ciascun giudizio, alla pena finale di anni trenta di reclusione. In entrambi i giudizi il delitto di omicidio era stato ritenuto reato più grave e sanzionato con la pena base dell’ergastolo gli aumenti di pena per la continuazione interna con i reati satelliti erano stati applicati in misura complessivamente non superiore ad anni cinque di reclusione la pena finale era stata quindi determinata, con la riduzione prevista dall’art. 442 c.p.p., comma 2, nel testo all’epoca applicabile, in quella di anni trenta di reclusione. 2. Con ordinanza depositata in data 23.7.2019 la Corte di assise di appello di Salerno, quale giudice dell’esecuzione, ha riconosciuto la continuazione fra i reati di cui alle due sentenze suindicate, determinando la pena complessiva in quella dell’ergastolo, ferme le sanzioni accessorie. L’ordinanza ha ritenuto più grave il reato di omicidio volontario pluriaggravato, giudicato, insieme alle connesse violazioni in materia di armi, con sentenza 25.3.2015 della Corte di assise di appello di Potenza, individuando la pena base in quella più grave dell’ergastolo prima della sostituzione con la pena di trenta anni di reclusione per il rito abbreviato. Al riguardo il giudice dell’esecuzione ha richiamato l’orientamento secondo il quale, nel caso di reati uniti nel vincolo della continuazione e giudicati, tutti, con rito abbreviato, il calcolo della pena va compiuto procedendo, nell’ordine, alla determinazione della pena base nella sua entità precedente la riduzione per il rito, quindi all’applicazione dell’aumento per la continuazione con i reati satelliti e, infine, al computo sull’intero così ottenuto della diminuente prevista per il giudizio abbreviato Sez. 1, 5/05/2010, Serafino, Rv. 247616 . Nel caso in esame, risultando satellite un altro delitto di omicidio aggravato con violazioni in materia di armi, giudicato con sentenza 4.4.2012 della stessa Corte di assise di appello, il giudice dell’esecuzione, senza indicare il quantum di aumento di pena per ciascun reato satellite, ha determinato la pena complessiva in quella dell’ergastolo con l’isolamento diurno per la durata di un anno, sostituita, a norma dell’art. 442 c.p.p., comma 2, ultimo periodo, applicabile ratione temporis, con la pena del solo ergastolo. La Corte distrettuale ha ritenuto applicabile la disposizione prevista dall’art. 73 c.p., comma 2, a termini della quale quando concorrono più delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a 24 anni, si applica l’ergastolo , ravvisando in essa una norma di sbarramento che impedisce l’applicazione della sola pena temporanea entro il limite massimo di anni trenta anche in caso di riconosciuta continuazione tra delitti puniti con l’ergastolo sostituito dalla reclusione in virtù del prescelto giudizio abbreviato. 2. Il difensore di M.M.G. , avvocato Giorgio Vianello Accorretti, ha presentato ricorso per cassazione e ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, partendo peraltro dall’errato presupposto che solo una delle due sentenze di condanna fosse stata emessa all’esito di giudizio abbreviato quella pertinente all’omicidio premeditato, aggravato anche ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, giudicato con sentenza del 25.03.2015 , mentre l’ordinanza impugnata precisa, senza essere specificamente smentita sul punto dal ricorrente, che entrambe le sentenze furono emesse all’esito di giudizio abbreviato con irrogazione della pena dell’ergastolo sostituita con la reclusione di anni trenta. L’unico motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 73 e 81 c.p., in quanto la norma di cui all’art. 73 c.p., comma 2, presuppone una pluralità di pene, mentre con il riconoscimento della continuazione il reato, ai fini sanzionatori, diviene unico e la commisurazione della pena deve seguire i criteri legali di cui all’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p Il giudice dell’esecuzione, inoltre, avrebbe errato nelle modalità di calcolo della pena per aver applicato la mitigazione prevista dall’art. 442 c.p.p., comma 2, terzo periodo, solo dopo aver determinato la pena complessiva. 3. Il Procuratore generale, in sede, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza con rinvio degli atti, sulla base del rilievo che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto procedere all’aumento della pena, ai sensi dell’art. 81 c.p., comma 2, sulla pena base per la violazione più gravemente punita senza prescindere, nell’individuazione di quest’ultima, dalla pena inflitta in concreto a seguito del prescelto rito abbreviato. Considerato in diritto 1. Il ricorso denuncia violazione di legge sia con riferimento all’applicazione della norma di cui all’art. 73 c.p., comma 2, sia nel computo della diminuzione di pena per il rito abbreviato. Il Collegio rileva che il giudice dell’esecuzione non ha correttamente applicato i principi normativi rilevanti nella particolare fattispecie sottoposta al suo esame. Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata per le ragioni di seguito indicate. 1.1. È stata riconosciuta la continuazione fra reati giudicati con due sentenze di condanna, pronunciate, entrambe, all’esito di giudizi con rito abbreviato, con individuazione, in entrambe, del reato più grave nel delitto di omicidio aggravato sanzionato con la pena dell’ergastolo, sostituita, in entrambe, con la pena di trenta anni di reclusione, a norma dell’art. 442 c.p.p., comma 2, terzo periodo, nel testo all’epoca applicabile, non superando le pene temporanee per i reati concorrenti col delitto di omicidio, all’interno di ciascuna sentenza, la durata di anni cinque, prevista dall’art. 72 c.p., comma 2, come condizione di applicazione dell’ulteriore sanzione dell’isolamento diurno. Come si è detto, il giudice dell’esecuzione ha individuato il reato più grave nell’omicidio volontario pluriaggravato, giudicato con sentenza pronunciata in data 25.3.2015 dalla Corte di assise di appello di Potenza, e ha determinato la relativa pena base in quella dell’ergastolo, corrispondente alla pena inflitta in sede di cognizione prima degli aumenti per la continuazione interna che non avevano determinato un inasprimento della pena superiore ad anni cinque di reclusione e prima della diminuzione rectius sostituzione dell’ergastolo con la reclusione di trenta anni per il rito abbreviato. Sulla ritenuta pena base dell’ergastolo il giudice ha applicato per la continuazione con l’altro delitto di omicidio aggravato, separatamente giudicato, un aumento sanzionatorio, che, pur non specificamente indicato, deve ritenersi superiore ad anni cinque di reclusione, pervenendo così alla pena unica dell’ergastolo con isolamento diurno per anni uno, sostituita con la pena del solo ergastolo a norma dell’art. 442 c.p.p., comma 2, terzo periodo, nel testo applicabile ratione temporis. Così operando, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto di uniformarsi alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale Il riconoscimento in sede esecutiva della continuazione tra reati oggetto di condanne emesse all’esito di distinti giudizi abbreviati comporta, previa individuazione del reato più grave, la determinazione della pena base nella sua entità precedente all’applicazione della diminuente per il rito abbreviato, l’applicazione dell’aumento per la continuazione su detta pena base e infine il computo sull’intero in tal modo ottenuto della diminuente per il rito abbreviato Sez. 1, 5/05/2010, Serafino, Rv. 247616 Sez. 1, 19/07/2019, Ben Salam Samir, Rv. 276838 e ha ancorato tale modalità di calcolo alla disposizione di cui all’art. 73 c.p., secondo cui il concorso di reati che importano pene detentive non inferiori a ventiquattro anni di reclusione impone l’applicazione dell’ergastolo. 1.2. Ritiene la Corte che tale procedimento sia errato in diritto. Occorre partire dalla considerazione che una pena temporanea qual è la reclusione, applicata a reati separatamente giudicati, non può essere sostituita dalla diversa pena dell’ergastolo, in sede di esecuzione, per effetto del riconoscimento della continuazione tra gli stessi reati. A tale esito ostano lettera e ratio della disciplina in materia di reato continuato. L’art. 81 c.p., commi 1 e 2, dispone, invero, l’aumento fino al triplo della pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, indicando al comma 3 come insuperabili, tra gli altri, i limiti agli aumenti applicabili a norma degli articoli precedenti sul concorso di reati l’art. 187 disp. att. c.p.p. impone, in caso di applicazione della disciplina del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione, di considerare violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave, anche quando per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato l’art. 671, comma 2, c.p.p., vieta al giudice dell’esecuzione di determinare la pena in misura superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza. Se ne ricava un sistema che assume, come criterio di calcolo della pena del reato continuato, il cumulo giuridico ossia un moltiplicatore mobile fino al triplo di un moltiplicando fisso pena più grave per un prodotto pena finale omogeneo ai fattori impiegati, mentre il cumulo materiale consiste in una operazione di somma aritmetica di elementi pene che può comportare anche il superamento del triplo dell’addendo più elevato confluente nel calcolo. Il cumulo giuridico è coerente con la finalità dell’istituto della continuazione tendente ad un trattamento sanzionatorio temperato per chi abbia commesso più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno, dimostrando in tal modo una volontà criminosa concentrata in un solo progetto illecito e non reiterata in plurime scelte devianti. L’istituto della continuazione, per come disciplinato e per la finalità che esprime, non può dunque tollerare una mutazione peggiorativa della sua base sanzionatoria ovvero la trasformazione della pena temporanea della reclusione nella diversa pena dell’ergastolo, e ciò anche nel caso in cui alla pena per il delitto più grave nella misura massima di trenta anni di reclusione si sia pervenuti, a seguito di giudizio abbreviato, partendo dalla pena dell’ergastolo senza isolamento diurno. Seguendo l’errato calcolo applicato dalla Corte di assise di appello di Salerno nell’ordinanza impugnata, si perviene, come correttamente indicato dal ricorrente, ad una duplice violazione dell’art. 187 disp. att. c.p.p., che, nell’indicare la violazione più grave fa riferimento a quella per cui è stata inflitta la pena più grave, anche in caso di giudizio abbreviato , dove il participio inflitta rimanda alla pena da espiare in concreto e, quindi, alla pena al netto della riduzione per il rito e dell’art. 81 c.p., comma 3, che, nel rinviare alle norme precedenti come limite massimo non valicabile dall’aumento fino al triplo per il reato continuato, richiama l’art. 78 c.p., comma 1, n. 1, che fissa in trenta anni il limite massimo agli aumenti di pene temporanee. Erroneamente il giudice dell’esecuzione ha, dunque, assunto come pena più grave quella dell’ergastolo, laddove entrambi i reati separatamente giudicati in abbreviato erano stati sanzionati con la pena temporanea di anni trenta di reclusione in sostituzione di quella dell’ergastolo. 1.3. Il riferimento normativo all’art. 73 c.p., comma 2, operato nell’ordinanza impugnata a sostegno della soluzione adottata, non è giuridicamente corretto. Tale disposizione recita testualmente Quando concorrono più delitti per i quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica l’ergastolo , postulando chiaramente l’utilizzo del verbo deve infliggersi pene non ancora inflitte che il giudice ritenga di determinare per ciascuno di più delitti concorrenti nella misura massima di ventiquattro anni di reclusione, dovendo, in tal caso, applicare la sola pena dell’ergastolo anziché procedere alla somma aritmetica di esse. L’applicazione di tale norma anche in sede esecutiva, per il rinvio operato dall’art. 80 c.p. allo stesso art. 73, suppone il concorso di pene inflitte alla stessa persona con più sentenze, laddove queste abbiano sanzionato più delitti con pene non inferiori a ventiquattro anni per ciascun reato. La giurisprudenza ha chiarito che l’art. 73, comma 2 si pone in termini di specialità rispetto a quanto dettato dal successivo art. 78 c.p. in materia di limiti all’aumento di pena, poiché, se in sede cognitiva, esclude l’irrogazione della reclusione determinando l’applicazione diretta dell’ergastolo in luogo di più pene di ventiquattro anni di reclusione per più delitti, in sede di esecuzione realizza una vera e propria sostituzione delle pene originariamente inflitte con quella, di specie diversa, dell’ergastolo operando sempre, tuttavia, nell’ambito del concorso di pene temporanee non inferiori al suddetto limite per ciascun reato Sez. 1, n. 38052 del 17/07/2017, Alfiero Sez. 1, n. 5784 del 21/10/2015, dep. 2016, Ficara Sez. 1, n. 6560 del 18/01/2011, Corio . Nell’uno e nell’altro caso, quindi, il criterio regolatore di cui all’art. 73 c.p., comma 2, postula una pluralità di reati o di pene concorrenti, mentre il reato continuato comporta una unificazione di plurime violazioni proprio a fini sanzionatori e, quindi, l’applicazione di una pena unica. Se ne ricava che al reato continuato disciplinato dall’art. 81 c.p. va applicata la regola generale dell’art. 78 c.p., comma 1, n. 1, sui limiti degli aumenti della pena principale, ove il multiplo triplo della pena più grave superi il tetto massimo invalicabile di trenta anni di reclusione, e non la norma derogatoria di cui all’art. 73, comma 2, dello stesso codice che presuppone, come detto, una pluralità di delitti sanzionabili con pene non inferiori a ventiquattro anni di reclusione in sede cognitiva ovvero una pluralità di pene separatamente inflitte per più delitti ciascuno dei quali sanzionato con una pena non inferiore a ventiquattro anni in sede esecutiva, a norma dell’art. 80 c.p E, pertanto, l’ordinanza impugnata, nell’applicazione della disciplina del reato continuato in base all’art. 671 c.p.p., ha operato un’erronea applicazione dell’art. 73 c.p., comma 2, oltre ad avere individuato la pena più grave in violazione della disposizione di cui all’art. 187 disp. att. c.p.p 1.4. Nè l’esito raggiunto, in punto di diritto, si pone in contrasto con la giurisprudenza citata dalla Corte di assise di appello a sostegno della decisione impugnata, posto che il criterio di calcolo indicato in Sez. 1, n. 37168 del 19/07/2019, Ben Salam Samir, Rv. 276838, postula il riconoscimento della continuazione tra reati, tutti separatamente giudicati con rito abbreviato, di cui il più grave sanzionato con pena già temporanea prima della riduzione, risultando pertanto indifferente, per la proprietà commutativa, l’applicazione della diminuzione di un terzo sulla pena complessiva del reato continuato ovvero distintamente sulla pena base e sull’aumento per il reato satellite mentre l’altro precedente, parimenti richiamato nell’ordinanza impugnata, Sez. 1, n. 31433 del 4 luglio 2006, Zagari, Rv. 234796, prendeva in considerazione un caso in cui la continuazione già riconosciuta in sede di cognizione per un gruppo di reati aveva determinato, in quella sede, all’esito di giudizio abbreviato, l’applicazione della pena del solo ergastolo per più fatti di omicidio aggravato in sostituzione dell’ergastolo con isolamento diurno, dovendo assumersi pertanto come pena base dell’ulteriore continuazione riconosciuta in sede esecutiva proprio la pena dell’ergastolo e non quella temporanea della reclusione. Ed è evidente che il caso qui in esame diverge dai suddetti precedenti non risultando l’ergastolo inflitto ex ante dal giudice della cognizione per delitti separatamente giudicati con rito abbreviato e, neppure, da infliggere ex post per delitti in concorso materiale, sanzionati, all’esito di distinti giudizi abbreviati, ciascuno con la reclusione non inferiore a ventiquattro anni. 1.5. In conclusione, la Corte ritiene che vada affermato il seguente principio di diritto In caso di applicazione della disciplina del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione, ove l’reati da unificare siano stati giudicati, tutti, con rito abbreviato, la diminuente ai sensi dell’art. 442 c.p.p., comma 2, terzo periodo, nel testo applicabile ai fatti commessi fino a tutto il OMISSIS , può essere calcolata, una volta sola, sulla pena complessiva, solo se resta immutata la specie di pena rispetto a quella applicata dal giudice della cognizione, mentre tale sistema di calcolo non è applicabile se comporta la sostituzione della reclusione con l’ergastolo, trovando applicazione in tal caso la regola generale sul limite dell’aumento della pena principale di cui all’art. 78 c.p. e non quella speciale di cui all’art. 73 c.p., comma 2 . 2. L’errore in diritto finora rilevato non esaurisce i profili di illegittimità del provvedimento impugnato. Come si è detto, il giudice dell’esecuzione si è limitato a indicare la pena complessiva ergastolo con isolamento diurno per anni uno risultante all’esito degli aumenti della pena per il delitto più grave, e tale statuizione consente di dedurre, atteso il tenore dell’art. 72 c.p., comma 2, che la Corte territoriale abbia inteso quantificare gli aumenti di pena in misura superiore ad i anni cinque di reclusione. Ora, se è vero che l’applicazione dei principi di diritto che sono stati in precedenza richiamati non può portare, stante il disposto dell’art. 78 c.p., ad un esito diverso dalla determinazione della pena finale del reato continuato in quella di anni trenta di reclusione, tuttavia la quantificazione degli aumenti di pena per ciascuno dei reati satelliti è un giudizio necessario cui il giudice di merito non può sottrarsi, sia per consentire il controllo sulla legittimità delle singole frazioni di pena, sia per l’esigenza di procedere al cosiddetto scioglimento del cumulo al fine di consentire l’applicazione di specifici istituti pertinenti alle singole violazioni prescrizione, indulto, estinzione di misure cautelari personali, sostituzione delle pene detentive brevi e, anche, eventuale revisione di una condanna v. Sez. Un., 28/02/2013, Ciabotti Sez. Un., 26/02/2015, Sebbar, entrambe non massimate sul punto . 3. Per tutte le ragioni finora esposte va, dunque, pronunciato l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di assise di appello di Salerno, in diversa composizione, la quale, libera nelle sue valutazioni di merito in punto di determinazione degli aumenti di pena per ciascun reato satellite, dovrà attenersi ai principi di diritto come sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di assise di appello di Salerno.