La falsificazione dell’assegno postale è una condotta soggetta a sanzione penale?

In tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell’art. 491 c.p. ad opera del d.lgs. n. 7/2016, la condotta di falsificazione dell’assegno bancario a cui è equiparabile quello postale , avente clausola di non trasferibilità, non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale ed integra un illecito civile.

Il fatto. Il Tribunale condannava l’imputato alla pena di giustizia per aver falsificato un assegno, con clausola non trasferibile, apponendo la dicitura circolare sotto la cifra di emissione e la dicitura il direttore sulla firma di traenza, cedendolo ad altri con lo scopo di eseguire una truffa. Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Milano lamentando che l’assegno di cui si contesta la contraffazione è assegno postale con la dicitura non trasferibile, che l’imputato ha trasformato in assegna circolare. Osserva il ricorrente che la contraffazione degli assegni bancari o postali non trasferibili è condotta non più prevista come reato, poiché confluita nella previsione di cui all’art. 458 c.p Alla luce di questo il Procuratore domanda l’annullamento senza rinvio della decisione, quanto alla condotta, poiché il fatto non è previsto come reato. Condotta non più prevista come reato. La Cassazione, ritenendo fondato il ricorso, richiama il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite n. 40256/2018 in tema di falso in scrittura privata, secondo cui in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell’art. 491 c.p. ad opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, la condotta di falsificazione dell’assegno bancario, avente clausola di non trasferibilità, non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale ed integra un illecito civile, mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata . Uniformandosi a tale principio, il Collegio rileva che nel caso concreto si è trattato della contraffazione di un assegno postale, mezzo di pagamento equiparabile a quello bancario, avente importo superiore a 1000 euro per il quale, dunque, deve essere rilevato che il fatto non è più previsto come reato. Chiarito ciò, la sentenza impugnata viene annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 gennaio – 29 aprile 2020, n. 13279 Presidente Sabeone – Relatore Calaselice Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza impugnata, emessa in data 25 febbraio 2018, il Tribunale di Milano ha condannato H.A. alla pena di anni uno mesi due di reclusione, in relazione ai reati di cui agli artt. 485, 491 c.p., art. 61 c.p., comma 1, n. 2 capo a e art. 640 c.p. capo b , riconosciuto il vincolo della continuazione. La contestazione attiene alla falsificazione di un assegno delle Poste italiane, con clausola non trasferibile, dell’importo di 28.000,00, commessa apponendo la dicitura circolare sotto la cifra di emissione nonché la dicitura il direttore sulla firma di traenza, facendo uso dello stesso e cedendolo a C.C. allo scopo di eseguire la truffa descritta al capo b , relativa all’acquisto di un’autovettura Range Rover. 2. Avverso detta sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Milano denunciando violazione di legge, con riferimento agli artt. 485 e 491 c.p., in relazione al D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7. L’assegno di cui si contesta la contraffazione al capo a è assegno postale con la dicitura non trasferibile, di importo superiore a mille Euro che l’imputato, secondo la ricostruzione del giudice di merito, ha trasformato in assegno circolare , apponendo la dicitura indicata in epigrafe. Si osserva che la contraffazione inerente assegni bancari o postali non trasferibili è condotta non più prevista come reato, in quanto fatta confluire nella previsione di cui all’art. 485 c.p. Sez. U, n. 40256 del 19/07/2018, F., Rv. 273936 in tema di falso in scrittura privata . Si chiede, dunque, l’annullamento senza rinvio quanto alla condotta di cui all’art. 485 c.p. così qualificato il capo a , perché il fatto non è previsto come reato, con annullamento, con rinvio, ai fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio. 3. Il ricorso è fondato. 3.1. Deve essere, in questa sede, richiamato il principio di diritto, da ultimo ribadito dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, in tema di falso in scrittura privata Sez. U, n. 40256 del 19/07/2018, F., Rv. 273936 Sez. U, n. 4 del 20/02/2007, Guarracino, Rv. 11812 Sez. 5, n. 32972 del 04/04/2017, Valentini, Rv. 270677 Sez. 5, n. 11999 del 17/01/2017, Torna, Rv. 269710 Sez. 5, n. 3422 del 22/11/2016, dep. 2017, Merolla secondo il quale, in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell’art. 491 c.p. ad opera del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, la condotta di falsificazione dell’assegno bancario, avente clausola di non trasferibilità, non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale ed integra un illecito civile, mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata. Secondo la Corte, nella sua più autorevole composizione, è proprio la non trasferibilità del titolo che impone di ricondurne l’uso nell’ambito della ipotesi di cui all’art. 485 c.p., fattispecie ormai abrogata. Si è osservato che il tenore letterale dell’art. 491 c.p., come sostituito dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 2, comma 1, lett. d , quanto alla tipologia di girata rilevante, alla luce di una lettura teleologica della norma la tutela dei titoli che per il regime di circolazione sono esposti a più frequenti rischi di falsificazione va necessariamente riferito al negozio giuridico che determini una concreta circolazione del titolo, tenendo conto degli effetti della girata sanciti dall’art. 2011 c.c. la girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo . 3.2. La citata pronuncia, quanto alla natura della clausola di non trasferibilità dell’assegno bancario, accomunando quella apposta ad assegni circolari e postali, ha chiarito che, dal 4 luglio 2017 entrata in vigore del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, di attuazione della 4^ direttiva antiriciclaggio permane il divieto di utilizzo di denaro contante o di titoli al portatore per gli importi pari o superiori ad Euro tremila L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 898 , fermo restando il limite di 999,99 Euro, per l’emissione di assegni senza clausola di non trasferibilità. Dunque la clausola viene indicata, nella pronuncia in commento, come automaticamente derivante, ex lege, per gli assegni di importi pari o superiore a mille Euro, posto il dovere dell’ente emittente, di confezionare e rilasciare solamente assegni già muniti della clausola in prestampato. Il rilascio di assegni in forma libera, in ogni caso, viene indicato dalla Corte di legittimità come consentito, quanto agli assegni bancari, a fronte di apposita richiesta del cliente, previo versamento di una somma misurata su ciascuno dei moduli che vengono, nel concreto, consegnati al cliente imposta di bollo . Con evidente scopo di impedire la libera circolazione del titolo, nel quadro di riferimento delineato dalla normativa sulla prevenzione del riciclaggio. La clausola in questione, modifica in concreto il regime della circolazione dell’assegno, così facendo venire meno il requisito della maggiore esposizione al pericolo della falsificazione che giustifica la più rigorosa tutela penale. Sicché la non trasferibilità del titolo impone di ricondurne l’uso nell’ambito della ipotesi di cui all’art. 485 c.p., fattispecie abrogata, residuando la tutela penale di cui all’art. 491 c.p. per titoli non muniti di detta clausola. 4. Tali essendo i principi cui il Collegio intende uniformarsi, si rileva che nel caso al vaglio il reato sub a attiene ad assegno postale, mezzo di pagamento equiparabile a quello bancario, avente importo superiore a mille Euro per il quale, dunque, deve essere rilevato che il fatto non è più previsto come reato. 5. Ne deriva che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché il fatto ascritto non è previsto dalla legge come reato, quanto al reato di cui al capo a . Segue il rinvio alla Corte di appello di Milano, per la determinazione del trattamento sanzionatorio, per essere il reato sub a posto, dal giudice di merito, a base del calcolo per la determinazione della pena complessivamente irrogata, ex art. 81 c.p P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo a perché il fatto non è previsto come reato. Annulla la medesima sentenza per la rideterminazione della pena, con rinvio alla Corte di appello di Milano. Si da atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a . Motivazione semplificata.