Guerra commerciale tra gelatai: parlare di “prodotto cattivo al gusto” vale una condanna

A chiudere la surreale vicenda provvede la Cassazione, confermando la condanna per il gelataio che ha criticato aspramente, alla presenza di potenziali clienti, turisti e semplici passanti, la qualità del prodotto realizzato dal concorrente. Il gelataio il cui prodotto è stato additato come cattivo al gusto” ha diritto anche a 2mila euro di risarcimento.

‘Guerra fredda’ tra gelaterie, poste in piazza, una di fronte all’altra. Lo scontro commerciale è però eccessivamente forte, e così il gelataio che addita il prodotto del concorrente come insoddisfacente” e cattivo al gusto” è doverosamente condannato per diffamazione. Cassazione, sentenza n. 13241/20, sez. V Penale, depositata il 29 aprile . De gustibus. Scenario della surreale vicenda è una cittadina in Toscana. Il palcoscenico su cui si danno battaglia due gelatai – Rosario e Marco, nomi di fantasia – è la piazza del paese che ospita le loro gelaterie, posizionate una di fronte all’altra. Terreno di scontro è la qualità del prodotto e la sua capacità di attrarre clienti dal palato fine. Rosario rivendica il titolo di miglior gelato del mondo” e Marco ribatte con un cartello recante la scritta the best icecream in the world”. Per Rosario è una vera e propria provocazione, a cui reagisce con una concorrenza estrema che si concretizza in critiche pesantissime nei confronti del ‘nemico’, critiche relative al gusto del prodotto e finalizzate, a suo dire, a non far prendere in giro i clienti. De gustibus non disputandum est, ma, nonostante l’antico detto, le azioni compiute da Rosario non sono ritenute comprensibili dai giudici. Così, prima il Giudice di pace, poi i giudici del Tribunale e ora i magistrati della Cassazione ritengono Rosario colpevole di diffamazione, portata avanti, peraltro, per mesi. Conseguenziale la sua condanna a 250 euro di multa, accompagnata dall’obbligo di versare 2mila euro a Marco come risarcimento. Inequivocabili i dettagli del comportamento tenuto da Rosario, che, osservano i giudici, si è reso autore di una sistematica e quotidiana attività di pubblica denigrazione della produzione di gelato di Marco, denigrazione mirata a convincere turisti, avventori e abitanti della cittadina a stare lontano da quella gelateria, e giunta al punto di compiere anche azioni di disturbo invitando per strada i passanti, nella piazza ove insistono i due locali, a non fermarsi nella gelateria di Marco. Nessun dubbio, quindi, sulla gravità della condotta tenuta da Rosario che ha pesantemente messo in discussione la bontà del gelato preparato da Marco, parlando di prodotto insoddisfacente e cattivo al gusto

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 dicembre 2019 – 29 aprile 2020, n. 13241 Presidente Palla – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe, il Tribunale di Siena ha confermato la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Siena il 21.3.2018 con cui Se. Do. è stato condannato alla pena di Euro 250 di multa oltre al risarcimento del danno alla parte civile costituita determinato in Euro 2000 per il reato di diffamazione continuata ai danni di Lu. Bo., proprietario del locale Caffetteria Gelateria dell'Olmo del centro storico di San Gimignano e suo concorrente commerciale, commesso mediante una sistematica e quotidiana attività di pubblica denigrazione della sua produzione di gelato, rivolta a turisti, avventori e abitanti della cittadina, giunta al punto di compiere anche azioni di disturbo invitando per strada i passanti, nella piazza ove insistono i locali gelateria di entrambi, a non fermarsi nella suddetta gelateria. 2. Avverso la pronuncia citata ha proposto ricorso l'imputato, tramite il difensore avv. Co., deducendo tre motivi. 2.1. Con il primo argomento difensivo si eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta tardività della querela per i tre episodi diffamatori concretamente contestati al ricorrente nelle ricostruzioni motivazionali dei giudici di merito ed all'utilizzazione a fini di prova di episodi diffamatori successivi alla data della querela del 24.7.2013. La querela, in particolare, è tardiva poiché, a giudizio della difesa, l'unico episodio realmente accertato di diffamazione è risalente al 3.4.2013. 2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. per mancanza di correlazione tra i fatti contestati ed oggetto di querela e quelli per i quali vi è stata condanna i testi hanno riferito circostanze generiche e non specificamente le vicende oggetto dell'imputazione ed inoltre non si è tenuto in conto che in una delle date relative ai singoli episodi diffamatori ricostruiti il 24.5.2013 il ricorrente si trovava all'estero. 2.3. Il terzo argomento censura violazione di legge in relazione alla condanna dell'imputato agli effetti civili. Non vi sarebbe stato danno o sviamento della clientela in quanto gli avventori erano già diretti al locale del ricorrente, premiato con un riconoscimento noto ai tour operator che vi indirizzavano per questo i turisti, e venivano invece sviati dalla persona offesa con l'apposizione dell'insegna che ingenerava l'equivoco su quale fosse la gelateria segnalata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, ai limiti dell'inammissibilità, e deve essere rigettato. Giova premettere che i giudici di merito hanno accertato come tra l'imputato e la persona offesa sia aperto un contenzioso civile per concorrenza sleale, sorto in seguito alla denuncia di Do. nei confronti di Bo., il quale ha apposto vicino alla sua gelateria un'insegna recante la scritta in inglese The best ice cream in the world, idonea ad ingannare i clienti giunti a San Gimignano per assaggiare invece il prodotto della gelateria Do., premiato con il riconoscimento Gelato campione del Mondo. 2. Il primo motivo sulla tardività della querela è inammissibile perché manifestamente infondato e formulato in fatto. Invero, il ricorrente chiede una rivalutazione implicita della ricostruzione dei fatti già svolta dalla Corte d'Appello, al fine di proporre la sua versione di quanto accaduto e di individuare un unico episodio diffamatorio in quello risalente al 3.4.2013. Ed invece, i giudici di merito hanno ampiamente argomentato che le condotte diffamatorie poste in essere dall'imputato si sono snodate in un arco temporale piuttosto esteso, che travalica i soli tre episodi cui fa riferimento la difesa del ricorrente, facendo leva su riferimenti di testimonianze di numerosi soggetti terzi avventori o dipendenti delle gelaterie in competizione, per così dire che hanno in sostanza ricostruito una condotta quasi abituale da parte sua, andata in scena costantemente per molti mesi dell'anno 2013. La contestazione, pertanto, è del tutto coerente con quanto accertato nel provvedimento impugnato e in quello di primo grado, né si rivelano elementi di tardività della querela, poiché la condotta del ricorrente è stata posta in essere sino all'estate inoltrata del 2013 e la querela è datata 24.7.2013. 2.1. Il secondo motivo è infondato. Correttamente la Corte d'Appello ha affermato che, quand'anche si ritenessero non provati gli episodi specifici citati dal ricorrente, tuttavia rimarrebbero gli altri accadimenti, oggetto di querela e delle testimonianze numerose, sebbene non indicati con precise date, ma ricompresi nell'ampia formulazione dell'imputazione e, come si è detto, assolutamente esplorati in sentenza. Non sussiste, pertanto, alcun deficit di correlazione tra accusa e condanna, ma anzi una piena adesione delle pronunce di merito alla prospettazione accusatoria, che ha ricostruito una vicenda di concorrenza sleale sfociata in condotte denigratorie e diffamatorie di rilievo penale, che ha visto protagonisti il ricorrente e Lu. Bo., per il primato del miglior gelato di San Gimignano. 2.2. Il terzo motivo è del tutto infondato e chiede di riportare sul fronte penale la vicenda civilistica della concorrenza sleale, che si muove parallela a quella instauratasi nel presente processo, per rivendicare come il danno subito sia stato piuttosto dell'imputato-ricorrente che non della persona offesa. Ma appare evidente che, data anche la contestazione diffamatoria, riferita alla bontà messa in discussione pesantemente del gelato di produzione della persona offesa cui il ricorrente ha rivolto apprezzamenti inequivoci di essere un prodotto insoddisfacente e cattivo al gusto , non possono rilevare le rivendicazioni di concorrenza sleale attinenti all'attribuzione ingannevole del titolo di miglior gelato al mondo da parte della persona offesa ai danni del ricorrente, le quali, quand'anche risultassero eventualmente fondate all'esito del giudizio civile, non scalfirebbero la portata diffamatoria delle valutazioni diffusamente manifestate dal ricorrente sulla qualità in assoluto del gelato lavorato dalla persona offesa. 3. In considerazione della soccombenza del ricorrente, devono essere liquidate le spese a favore della parte civile costituita, che, secondo l'indicazione richiesta dalle note difensive, può essere determinata in Euro 2.052,75, oltre accessori di legge. P.Q M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano in complessivi Euro 2.052,75, oltre accessori di legge.