Liberazione anticipata e valutazione dei periodi di detenzione espiati all’estero

Quando, a seguito di trasferimento in Italia di cittadino italiano, condannato alla pena detentiva con sentenza divenuta irrevocabile emessa da autorità giudiziaria di Paese estero, si debba completare l’espiazione della pena nel territorio nazionale, il beneficio della liberazione anticipata può essere applicato con riferimento al periodo di detenzione espiato nello Stato estero, anche se estraneo all’U.E., purché esistano disposizioni che consentano all’autorità giudiziaria italiana l’applicazione degli istituti dell’ordinamento interno.

Lo affermano i Giudici della Suprema Corte nella sentenza n. 12706/20, depositata il 22 aprile. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza rigettava il reclamo proposto dall’imputato avverso l’ordinanza con cui il Magistrato di sorveglianza aveva respinto la sua richiesta di liberazione anticipata. Avverso tale decisione l’imputato ricorre per cassazione sostenendo che il Tribunale di sorveglianza non aveva fatto corretta applicazione del principio in riferimento a carcerazioni sofferte anche in ambito extraeuropeo e in particolare in Canada. Espiazione della pena. Per la Suprema Corte, il ricorso in esame risulta fondato. La questione posta all’attenzione dei Giudici riguarda la valutabilità, ai fini dell’applicazione della liberazione anticipata, di periodi di carcerazione che siano stati espiati nel territorio dio uno Stato estero. Al riguardo, affermano che quando, a seguito di trasferimento in Italia di cittadino italiano, condannato alla pena detentiva con sentenza divenuta irrevocabile, emessa da autorità giudiziaria di Paese estero, si debba completare l’espiazione della pena nel territorio nazionale, il beneficio della liberazione anticipata può essere applicato con riferimento al periodo di detenzione espiato nello Stato estero, anche se estraneo all’U.E., purché esistano disposizioni che consentano all’autorità giudiziaria italiana l’applicazione degli istituti dell’ordinamento interno, riguardanti il trattamento penitenziario nella sussistenza di tutte le altre condizioni previste dall’art. 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 febbraio – 22 aprile 2020, n. 12706 Presidente Mazzei – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12 giugno 2019, il Tribunale di sorveglianza di Napoli rigettava il reclamo proposto da P.S.R. avverso l’ordinanza del 19 novembre 2018, con la quale il Magistrato di sorveglianza di Avellino aveva respinto la sua richiesta di liberazione anticipata, proposta in riferimento al periodo detentivo dall’1 maggio 2010 all’11 novembre 2017, sofferto presso un istituto penitenziario della Repubblica Dominicana. A fondamento della decisione il Tribunale rilevava che la carcerazione patita all’estero non poteva esse valutata quale detenzione sofferta in Italia per la possibile diversità dei presupposti richiesti per la concessione di benefici penitenziari e per la possibile applicazione di altri istituti, già ottenuta dal reclamante durante lo stesso periodo detentivo, e che comunque anche la certificazione conseguita circa la buona condotta tenuta non riguardava l’intero arco temporale, oggetto dell’istanza. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, il P. , che ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione all’art. 54 ord. pen. e art. 738 c.p.p Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso il reclamo, richiamando la pronuncia della Corte di cassazione n. 3101.2 del 6/6/2012, che ha ritenuto valutabili i periodi di detenzione all’estero soltanto se ciò si sia verificato in paesi dell’Unione Europea. Non ha considerato che altra pronuncia di legittimità, la n. 19447 del 22/12/2017, aveva espresso principio meno restrittivo in riferimento a carcerazioni sofferte anche in ambito extraeuropeo ed in particolare in Canada il Tribunale di sorveglianza ha ignorato la deduzione difensiva, sebbene agli atti fossero presenti la legge di ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra lo Stato Italiano e quello di detenzione, la relazione comportamentale, dalla quale si evinceva che durante il periodo di riferimento il ricorrente aveva tenuto una ottima condotta, la sentenza di riconoscimento di quella straniera, dalla quale era possibile desumere che egli non aveva potuto godere di analoghi benefici nel corso della carcerazione all’estero. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, Dott.ssa Coccomello Assunta, ha depositato requisitoria scritta e ha concluso per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 1. L’impugnazione all’odierno esame pone un’unica questione in punto di diritto, che riguarda la valutabilità, ai fini dell’applicazione della liberazione anticipata, di periodi di carcerazione che siano stati espiati nel territorio di uno stato estero. Nel caso in esame, la pena espiata parzialmente dal ricorrente nel territorio della Repubblica Dominicana riguarda il medesimo titolo emesso dall’autorità giudiziaria di quel paese, che, a seguito del suo riconoscimento e della traduzione del condannato nel territorio nazionale, è attualmente in esecuzione in Italia. 1.1. Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto di confermare la soluzione reiettiva a ragione di un duplice rilievo per essere stata la detenzione espiata in Stato non facente parte dell’Unione Europea, il che ne pregiudicherebbe la considerazione ai fini della concessione del beneficio invocato, e per l’insufficienza dimostrativa della certificazione di buona condotta, rilasciata dall’autorità penitenziaria estera, riguardante comunque un periodo detentivo inferiore a quello per il quale l’istanza era stata avanzata. 1.2. Sotto il primo profilo considerato, il Tribunale di sorveglianza ha dichiaratamente inteso allinearsi all’insegnamento maggioritario di questa Corte sez. 1, n. 21373 del 19/04/2013, Porcacchia rv. 256084 sez. 1, n. 14357 del 13/02/2013, Fragalà rv. 255342 sez. 1, n. 10724 del 08/11/2012, Gisana, rv. 255432 sez. 1, n. 31012 del 06/06/2012, Paci, rv. 253292 sez. 1, n. 46805 del 24/10/2012, dep. 2013, D’Anna, non massimata , secondo il quale il beneficio regolamentato dall’art. 54 ord. pen. in favore del detenuto, che fornisca prova di partecipazione all’opera di rieducazione, è applicabile ai periodi di detenzione espiati in uno Stato estero per fatti giudicati nello stesso paese, ma soltanto a condizione che questo rientri nella Comunità Europea e che l’espiazione sia poi stata completata nello Stato italiano. Con il richiamato arresto è stato superato l’orientamento più restrittivo, precedentemente affermatosi, secondo il quale in tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, la liberazione anticipata può trovare applicazione solo con riferimento al periodo della esecuzione della pena in Italia e non con riguardo al periodo di esecuzione sofferto nello Stato di condanna sez. 1, n. 33520 del 07/07/2010, Aita, rv. 248125 . 1.3. La soluzione recepita dall’ordinanza impugnata, che la fa propria, ma senza argomentarne le ragioni giustificatrici, si basa sulle seguenti considerazioni - il testo letterale dell’art. 54 ord. pen. non distingue se la detenzione da prendere in esame sia quella inflitta da un giudice italiano, ovvero da un giudice straniero, nè se la stessa sia stata in parte espiata in struttura carceraria estera - il principio della fungibilità delle detenzioni espiate in stati diversi, stabilito dall’art. 738 c.p.p., trova significativa espressione nel processo di integrazione giuridica tra stati della Unione Europea - la previsione del D.Lgs. n. 161 del 2010, art. 16, comma 1, nel dare esecuzione nel diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI, volta all’armonizzazione dei sistemi esecutivi ed a una loro sostanziale fungibilità, ha stabilito che la pena espiata nello Stato di emissione è computata ai fini della esecuzione - la Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate stabilisce che, con riguardo alla prosecuzione della esecuzione art. 10, comma 2 , se la sua legge lo esige , lo Stato di esecuzione può, per mezzo di una decisione giudiziaria o amministrativa, adattare la sanzione alla pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato - i principi costituzionali inducono a dare pratica attuazione agli istituti normativi nazionali ai fini della risocializzazione del detenuto e della garanzia di parità di trattamento quanto alla valutazione della pena, a prescindere dal luogo in cui sia espiata, anche in rapporto ad altri detenuti che non hanno subito in parte l’espiazione all’estero. 2. Osserva il Collegio che nella giurisprudenza di legittimità l’ostacolo alla considerazione della detenzione patita all’estero ai fini dell’accesso alla misura della liberazione anticipata, in dipendenza della difficoltà di armonizzare le differenti legislazioni nazionali, quella dello Stato di condanna e quello di esecuzione richiesto di applicare il beneficio, non è considerato assoluto ed insuperabile. Già in passato, prima che si affermasse la posizione di limitata apertura, espressa a partire da sez. 1, n. 31012 del 06/06/2012, Paci, rv. 253292, in riferimento ai periodi di carcerazione sofferti nei paesi dell’Unione Europea, questa Corte si era mostrata favorevole a considerare in termini possibilisti la detenzione trascorsa all’estero, sebbene in assenza della sottoposizione del condannato ad attività trattamentali, quando la prova della partecipazione al percorso rieducativo fosse desunta da altri elementi significativi della volontà di superare l’esperienza criminosa e di mutare stile di vita sez. 1, n. 2304 del 09/04/1996, Ronch, rv. 204923 sez. 1, n. 3193 del 15/07/1987, Ciaccio, rv. 176906 sez. 1, n. 17229 del 27/02/2001, Fidanzati, rv. 218745 sez. 1, n. 6204 del 12/11/1999, Gstrein, rv. 214832 . Ulteriore significativa evoluzione dei medesimi principi si riscontra, come già detto, col riconoscimento della valutabilità della parziale espiazione della pena all’estero quando verificatasi in ambito Europeo, compresi i casi di sottoposizione del soggetto, in attesa di estradizione, a custodia cautelare in base a mandato di arresto internazionale e della conseguente considerazione quale presofferto del relativo periodo sez. 1, n. 32275 del 16/02/2018, Medina, n. m. sez. 1, n. 21373 del 19/04/2013, Porcacchia, rv. 256084 sez. 1, n. 7917 del 08/11/2012, dep. 2013, Gradica, n. m. . 2.1. L’ordinanza impugnata ha omesso di confrontarsi con il descritto percorso evolutivo della giurisprudenza di legittimità e non ha considerato che la rigidità del principio di diritto recepito non può considerarsi incontrastato perché ha ricevuto recente smentita dalla sentenza sez. 1, n. 19447 del 22/12/2017, dep. 2018, Andrianò, n. m., che ha riconosciuto la possibilità di apprezzare il periodo detentivo anche se espiato al di fuori dell’ambito dell’Unione Europea, basandosi su argomenti che il Collegio ritiene di avvalorare e di dover ulteriormente sviluppare. Va condivisa l’osservazione di quest’ultima pronuncia, secondo la quale molti degli argomenti che hanno indotto a superare la tradizionale chiusura al riconoscimento della liberazione anticipata per la pesa scontata all’estero mantengono eguale valore e forza persuasiva anche se riferiti alla detenzione espiata in Stati extraeuropei. Tanto vale certamente per i principi costituzionali che presiedono all’esecuzione penale e che pretendono la pena funzionale alla rieducazione del condannato, che orientano l’interpretazione ed applicazione degli istituti del diritto penitenziario ed operano in egual misura in riferimento a qualsiasi esperienza segregativa. Anche la considerazione del tenore letterale dell’art. 54 ord. pen. milita a favore della medesima conclusione, poiché la disposizione non contiene distinzioni di natura territoriale, ma si riferisce solamente ai semestri di pena scontata con la precisazione che per tale si deve ritenere anche il periodo espiato in regime di custodia cautelare e di detenzione domiciliare. Tale dato ermeneutico assume rilievo ed immutata validità, a prescindere dal luogo in cui la detenzione venga sofferta e quindi dalla sua localizzazione all’interno o meno del territorio nazionale. 2.2. Nel contesto dell’acritico recepirnento dell’indirizzo interpretativo giurisprudenziale, alla considerazione del Tribunale di sorveglianza è altresì sfuggita la disciplina dettata dai sistema processuale interno sul tema dei rapporti con Stati esteri non partecipi dell’Unione Europea nell’ambito della cooperazione giudiziaria e degli effetti delle sentenze penali straniere, come modificata dal D.Lgs. 3 ottobre 2017, n. 149. 2.2.1. Viene in rilievo la disposizione di cui all’art. 735 c.p.p., a norma dei cui commi 4 e 4-bis, quando sia operato il riconoscimento della sentenza penale emessa da autorità di altro Stato, alla corte di appello che vi proceda è riconosciuta la possibilità a di applicare la sospensione condizionale della pena e la liberazione condizionale quando nella sentenza estera l’esecuzione sia stata condizionalmente sospesa o il condannato sia stato liberato sotto condizione, così sostituendo gli istituti originariamente applicati con quelli similari della legislazione italiana b di modulare le prescrizioni inerenti la libertà vigilata in termini non aggravati rispetto a quanto disposto nel provvedimento straniero c di adattare altri eventuali benefici, diversi da quelli previsti al comma 4 e riconosciuti dallo Stato di emissione, mediante la loro conversione in misure analoghe previste dall’ordinamento nazionale, così ampliando anche gli strumenti per la risocializzazione del condannato oltre i limiti di fruibilità di sospensione e liberazione condizionale. Inoltre, l’art. 738 c.p.p., comma 2, stabilisce che nei casi di riconoscimento ai fini dell’esecuzione della sentenza straniera le pene e la confisca conseguenti al riconoscimento sono eseguite secondo la legge italiana. La pena espiata nello stato di condanna è computata ai fini dell’esecuzione . La norma riconosce espressamente la fungibilità tra la pena espiata nello Stato di condanna e quella ancora da eseguire nello Stato in cui deve proseguire l’esecuzione e, nell’interpretazione già offertane da questa Corte, si è affermato che la lettura coordinata dell’art. 738 con l’art. 735 c.p.p., fonda il diritto del condannato di non subire un trattamento punitivo più gravoso di quello irrogato dall’autorità straniera e di mantenere eventuali benefici riconosciutigli dalla legislazione estera ed accordati durante l’esecuzione già avvenuta, come nel caso della liberazione condizionale o della liberazione anticipata sez. 1, n. 11425 dell’11/02/2004, Sciabica, rv. 227821 sez. 1, n. 3876 del 3/06/ 1996, Rotterdam, rv. 205344 sez. 1, n. 17162 del 28/02/1997, Giacon, rv. 207188 sez. 6, del 3/11/1995, De Curtis, rv. 203861 . È ben vero che la disciplina codicistica in esame, a norma dell’art. 696 c.p.p., ha natura residuale ed è applicabile soltanto in assenza di convenzioni internazionali e del diritto internazionale generale o, comunque, nei limiti in cui tale normativa lasci privi di regolamentazione singoli aspetti della materia dell’esecuzione penale sez. 1, n. 42895 del 27/10/2009, Arjan, rv. 245549 sez. 6, n. 35895 del 12/07/2004, Orkisz, rv. 230014 sez. 1, n. 4023 del 10/10/2003, dep. 2004, Spinelli, rv. 2270510 . 2.2.2. A fronte del descritto contesto normativo, diviene necessario verificare l’eventuale esistenza di una disciplina pattizia applicabile nei rapporti fra lo Stato di condanna, ove sia stata scontata la detenzione oggetto di verifica, e lo Stato italiano e di una specifica disposizione regolatrice del trattamento dei detenuti propria dello Stato estero, onde stabilire, nel quadro di tutti gli elementi in concreto acquisibili, se possano ricavarsi indicazioni utili per l’applicazione dell’art. 54 c.p., che, sul piano dei principi, non può escludersi in via assoluta e definitiva. Al riguardo dai giudici di merito nessuna attenzione è stata posta al Trattato bilaterale sul trasferimento di persone condannate, stipulato tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Dominicana in data 14 agosto 2002, ratificato con la L. 5 marzo 2010, n. 46. In particolare, rileva che con tale strumento pattizio gli Stati contraenti, replicando analoghe disposizioni della Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983, regolante la medesima materia, abbiano individuato un obbiettivo comune quello di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate , quale scopo cui tendono le pene. A tale finalità sono ispirate le disposizioni successive, il cui contenuto e la cui interpretazione logico-sistematica è stata omessa dai giudici di merito nella conduzione di una disamina che sul piano delle fonti normative è gravemente carente. L’art. 8, paragrafo secondo, stabilisce che l’esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato di esecuzione e questo Stato è l’unico competente a prendere ogni decisione al riguardo così conferendo all’autorità giudiziaria del paese in cui sia avvenuto il trasferimento del condannato il potere di decidere circa l’ammissibilità degli istituti che regolano la espiazione della pena. Lo stesso articolo al paragrafo terzo prevede che lo Stato di condanna non può più eseguire la pena se lo Stato di esecuzione considera la pena interamente espiata , il che equivale alla conferma del potere esclusivo di valutare e disciplinare l’andamento e la durata della espiazione della pena detentiva, anche mediante applicazione di istituti più favorevoli, in capo allo Stato di esecuzione. L’art. 9 del Trattato riconosce, in caso di protrazione dell’esecuzione a seguito del trasferimento del condannato, sia il divieto di reformatio in peius in suo danno, sia il potere di adattamento, a mezzo di decisione giudiziaria o amministrativa, della sanzione alla legislazione dello Stato di esecuzione, il che comporta la possibilità che nella rimodulazione della pena non possa superarsi il limite massimo di quella inflitta col titolo di condanna, formatosi all’estero, e nemmeno lo stesso limite previsto dalla legge dello Stato di esecuzione, il che, a contrariis, non esclude che possa scendersi al di sotto della soglia minima. L’art. 5 disciplina poi le reciproche informazioni che i contraenti si devono scambiare, prevedendo che lo Stato di condanna trasmetta a quello di esecuzione notizie d sulla natura, durata e data di inizio della condanna . sulla custodia cautelare sui condoni di pena o su qualsiasi altro elemento relativo all’esecuzione della condanna g .ogni informazione sul trattamento nello Stato di condanna e ogni raccomandazione per la prosecuzione del trattamento nello Stato di esecuzione . Nell’ambito dello scambio di informazioni rientrano anche le notizie riguardanti l’eventuale applicazione di grazia, amnistia ed indulto ed il momento in cui deve considerarsi cessata l’esecuzione della condanna. 2.2.3. L’analisi della disciplina pattizia applicabile al caso di specie convince che, a seguito del trasferimento del condannato, nello Stato che l’ha ricevuto si apre un procedimento giurisdizionalizzato che impone la ricognizione ed il rispetto di natura e durata della pena inflitta con la condanna e, in caso di incompatibilità della stessa con la legge dello Stato in cui deve proseguire l’esecuzione, l’adattamento alla sua legislazione con il limite invalicabile del divieto di sottoporre il soggetto ad un regime punitivo deteriore in termini quantitativi rispetto alla sanzione massima prevista per lo stesso reato dalla legge dello Stato di esecuzione. Tanto però non autorizza a ritenere che, quanto alle modalità del trattamento penitenziario, non possa farsi applicazione delle misure ad esso relative nella fase dell’esecuzione secondo la normativa vigente nello Stato di esecuzione, in conformità a quanto già riconosciuto in passato in riferimento agli istituti di diritto penitenziario della liberazione anticipata e dell’affidamento in prova sez. 1, n. 42895 del 27/10/2009, Arjan, rv. 245549 sez. 6, n. 42996 del 7/10/2003, Mazzucchetti, rv. 228190 sez. 1, n. 2601 del 30/03/1999, Di Carlo, rv. 213490 . In conclusione, quale ulteriore sviluppo della riflessione teorica sull’istituto al quale il ricorrente ha chiesto di poter accedere, può formularsi il seguente principio di diritto Quando, a seguito di trasferimento in Italia del cittadino italiano, condannato a pena detentiva con sentenza irrevocabile emessa da autorità giudiziaria di paese estero, si debba completare l’espiazione della pena nel territorio nazionale, il beneficio della liberazione anticipata può essere applicato con riferimento al periodo di detenzione espiato nello Stato estero, anche se estraneo all’Unione Europea, a condizione che esistano disposizioni, contenute in convenzionali bilaterali o facenti parte del diritto internazionale generale, che consentano all’autorità giudiziaria italiana l’applicazione degli istituti dell’ordinamento interno, riguardanti il trattamento penitenziario, nella sussistenza di tutte le altre condizioni previste dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 54 . 3. La valutazione critica del provvedimento impugnato in base ai superiori principi convince della sua illegittimità sotto diversi profili. 3.1. Per quanto già esposto, l’affermazione in termini assoluti dell’impossibilità di considerare il periodo di carcerazione patito negli istituti penitenziari della Repubblica Dominicana omette la considerazione delle fonti normative richiamate, interne ed internazionali, e di verificare la possibilità di condurre nel caso specifico un’interpretazione del parametro normativo interno di riferimento, l’art. 54 ord. pen., costituzionalmente orientata al rispetto della funzione rieducativa della pena, criterio ispiratore della legislazione sull’esecuzione penale anche nel paese estero ove è stata pronunciata condanna del P. e della disciplina pattuita tra i due Stati per il trasferimento delle persone condannate. 3.2. Sotto diverso aspetto, non è soddisfacente e non è coerente con il modello procedurale regolato dall’art. 666 c.p.p., comma 5, richiamato, come tutte le disposizioni sull’esecuzione, dall’art. 678 c.p.p., il giudizio di insufficienza della certificazione di buona condotta, rilasciata dall’autorità penitenziaria dominicana, anche perché non riguardante l’intero periodo detentivo espiato in quel paese. Nell’ambito dei poteri istruttori, attivabili d’ufficio, riconosciuti dal citato art. 666 e dei doverosi ed imprescindibili rapporti di cooperazione internazionale, regolati dal Trattato bilaterale del 2002, prima di provvedere in ordine all’istanza avanzata da P. , il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto attivare il meccanismo volto ad acquisire e scambiare informazioni tra Stato di condanna e Stato di esecuzione al fine di ottenere dati conoscitivi imprescindibili per la decisione e di accertare l’eventuale esistenza nell’ordinamento giuridico dominicano di istituti similari alla liberazione anticipata, l’eventuale fruizione da parte del condannato durante il periodo di permanenza nelle carceri di quel paese dello stesso beneficio o di altri incompatibili con l’applicazione della invocata misura premiale propria del diritto interno, l’andamento del trattamento con riguardo all’intero periodo di restrizione all’estero, il comportamento tenuto dal detenuto, lo svolgimento di attività lavorativa e la partecipazione ad altre eventuali opportunità rieducative. La mancata acquisizione di informazioni essenziali per l’apprezzamento in punto di fatto dei presupposti applicativi della liberazione anticipata vizia ulteriormente l’ordinanza impugnata, che va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Napoli, che dovrà attenersi al principio di diritto espresso e colmare le lacune motivazionali riscontrate. P.Q.M. annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Napoli. Si dà atto che il presente provvedimento, redatto dal Consigliere BONI Monica, è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento alla firma dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a .