Applicazione congiunta del divieto di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento

L’applicazione congiunta delle misure cautelari ha lo scopo di evitare l’imposizione di una misura più afflittiva nelle ipotesi in cui le esigenze cautelari possono essere ugualmente preservate da due misure nel complesso meno cogenti, con minor sacrificio della libertà personale dell’indagato . Spetta, poi, al giudice verificare la praticabilità di tali misure gradate.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 12503/20, depositata il 20 aprile. Il caso. Il Tribunale del riesame confermava il provvedimento con cui il GIP aveva rigettato l’istanza di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento nei confronti dell’indagato in relazione al reato di lesioni personali lievi commesso in danno della moglie, mentre aveva applicato la misura dell’allontanamento dalla casa familiare. Per i giudici del merito il reato addebitato all’indagato non rientra nei limiti edittali di cui all’art. 280 c.p.p Ricorre il Procuratore della Repubblica in Cassazione avverso tale decisione. L’applicazione congiunta delle misure cautelari. L’art. 282- bis c.p.p. conferma la predisposizione di misure contro la violenza nelle relazioni familiari il giudice infatti, con il provvedimento che dispone l’allontanamento, prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. Inoltre, tale misura può contemplare anche altre prescrizioni, rimesse alla discrezionalità del giudice, vincolata sempre a specifici parametri di legge ad esempio può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi maggiormente frequentati dalla persona offesa . Tale prescrizione facoltativa, che nel caso di specie è stata adottata dal GIP, coincide con il contenuto della disposizione di cui all’art. 282-t er c.p.p E con la legge n. 47/2015 è stata introdotta la possibilità di applicazione congiunta delle misure cautelari come nel caso in esame non solo nelle ipotesi cosiddette patologiche”, ma anche nel momento iniziale, in cui il giudice è chiamato a verificare la praticabilità di risposte” cautelari gradate . Nella fattispecie in esame, quindi, il PM avrebbe dovuto chiarire l’effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 275, comma 3, c.p.p., ossia indicare rispetto a quale misura cautelar alternativa più grave sarebbe stato necessario ritenere adeguata l’applicazione congiunta dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento. Ma tale profilo è stato omesso. Pertanto, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 febbraio – 20 aprile 2020, n. 12503 Presidente Sabenone – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Milano, investito dell’appello proposto ex art. 310 c.p.p. dal Procuratore della Repubblica di Milano, ha confermato il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento nei confronti di H.A. in ordine al reato di lesioni personali lievi commesso in danno della moglie, mentre aveva applicato la misura dell’allontanamento dalla casa familiare. La decisione dei giudici di merito si fonda sul rilievo che il reato addebitato all’indagato non rientra nei limiti edittali di cui all’art. 280 c.p.p Dunque può essere applicata soltanto la misura cautelare ex art. 282-bis c.p.p., poiché detta norma, al comma 6, prevede che in relazione a determinati titoli di reato, tra cui l’art. 582 c.p. aggravato tali sono le lesioni in danno del coniuge , la misura possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 280. Deroga non contenuta nell’art. 282-ter c.p.p. rispetto al quale vigono i limiti generali. 2. Ricorre il Procuratore della Repubblica di Milano denunciando violazione di legge. Sostiene il ricorrente - che il procedimento scaturisce dalla decisione della polizia giudiziaria di procedere all’allontanamento d’urgenza dell’indagato dalla casa familiare ex art. 384-bis c.p.p. - che l’art. 384 bis c.p.p. richiama le norme di cui all’art. 385 c.p.p. e seguenti - che pertanto anche in tale fattispecie opera la previsione dell’art. 391 c.p.p., comma 5 che, in sede di convalida, consente l’applicazione di misure cautelari al di fuori dei limiti di pena di cui all’art. 280 c.p.p. - che la portata dell’art. 391 c.p.p., comma 5, non potrebbe essere circoscritta solo ai casi di arresto e fermo, con esclusione di quelli di cui all’art. 384 bis c.p.p., pena l’irrazionalità del sistema e la illogica introduzione di un vincolo per il giudice rispetto alle scelte della polizia giudiziaria se la polizia giudiziaria procede all’arresto della persona, come previsto per il reato di lesioni personali dall’art. 381 c.p.p., comma 2, lett. f , allora è consentita senza limiti di pena l’applicazione di qualunque misura cautelare fino alla custodia in carcere, se invece la polizia giudiziaria opta per l’allontanamento urgente ex art. 384 bis c.p.p. non è consentita l’applicazione di misure cautelari, neppure meno afflittive, diverse da quella di cui all’art. 282-bis c.p.p., unica norma a prevedere la deroga ai limiti di pena - che l’applicazione congiunta delle due misure cautelari offrirebbe maggiori garanzie alla persona offesa, nel senso che l’eventuale caducazione della misura di cui all’art. 282-bis travolgerebbe anche le relative prescrizioni che, invece, rimarrebbero in piedi se connesse anche alla misura di cui all’art. 282-ter. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Risulta dagli atti che - la polizia giudiziaria ha proceduto all’allontanamento in via d’urgenza dell’indagato della casa familiare ex art. 384 bis c.p.p. per il reato di lesioni personali lievi commesse ai danni della moglie convivente - il pubblico ministero ha chiesto la convalida al giudice per le indagini preliminari e, contestualmente, ha formulato istanza di applicazione congiunta delle misure cautelari previste dagli artt. 282 bis e 282 ter c.p.p. - il giudice per le indagini preliminari ha convalidato la misura precautelare, ha disposto la misura di cui all’art. 282 bis con la prescrizione accessoria del divieto di avvicinamento di cui al comma 2 del citato articolo, mentre ha respinto la richiesta di applicazione della misura cautelare di cui all’art. 282 ter perché il titolo di reato non rientrava nei limiti di pena di cui all’art. 280 c.p.p., comma 1 - la decisione del giudice per le indagini preliminari è stata confermata dal Tribunale del Riesame con l’ordinanza qui impugnata. 3. L’esatto inquadramento del caso nella disciplina del codice di rito impone, anzitutto, di esaminare i caratteri degli istituti processuali in rassegna, mantenendo saldi i principi di stretta legalità, tassatività e tipicità ai quali si conforma la disciplina delle misure cautelari Sez. U, n. 29907 del 30/05/2006, La Stella . 3.1 L’allontanamento dalla casa familiare di cui all’art. 282-bis c.p.p. e il divieto di avvicinamento alla persona offesa di cui all’art. 282-ter c.p.p. trovano fondamento in presupposti diversi. 3.1.1 Il perimetro applicativo della misura di cui all’art. 282-bis c.p.p., comma 1, risulta dal riferimento normativo all’allontanamento dalla casa familiare , riferimento, questo, che non consente una dilatazione della sfera di operatività della misura tale da ricomprendervi fattispecie - quale ad esempio quelle degli atti persecutori ai danni dei vicini di casa - caratterizzate dall’insussistenza di una situazione per cui all’interno di una relazione familiare si manifestano condotte in grado di minacciare l’incolumità della persona Sez. 6, n. 17950 del 17/09/2015, dep. 2016, A., Rv. 266726, secondo cui il presupposto della misura cautelare di cui all’art. 282-bis c.p.p., non è la condizione di coabitazione attuale dei coniugi, ma l’esistenza di una situazione - che non deve necessariamente verificarsi all’interno della casa coniugale - per cui all’interno di una relazione familiare si manifestano condotte in grado di minacciare l’incolumità della persona . L’art. 282-bis c.p.p. è stato introdotto dalla L. 4 aprile 2001, n. 154, art. 1, comma 2 molteplici profili confermano la finalizzazione complessiva della novella verso la predisposizione di misure contro la violenza nelle relazioni familiari , per riprendere la formulazione della rubrica legislativa l’art. 2 ha introdotto, nel libro I del codice civile, il Titolo IX bis che disciplina gli ordini di protezione contro gli abusi familiari , mentre l’art. 5, primo periodo, stabilisce che le norme della legge si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente. La disciplina e l’impianto complessivo della L. n. 154 del 2001 offrono, dunque, significativa conferma della delimitazione dell’ambito oggettivo della misura in esame a fattispecie di reato verificatesi all’interno di una relazione familiare Sez. 5, n. 27177 del 19/03/2014, V., in motivazione . La misura in esame prevede un contenuto minimo obbligatorio, predeterminato dal comma 1 Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita . La misura inoltre può contemplare anche ulteriori prescrizioni, che vengono rimesse alla discrezionalità del giudice vincolata a specifici parametri di cui al comma 2 Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni . Questa prescrizione facoltativa, che nel caso di specie è stata specificamente adottata dal giudice per le indagini preliminari, coincide per la gran parte con il contenuto precettivo della misura cautelare di cui all’art. 282-ter c.p.p La necessità di disporre, in via immediata, l’allontanamento dalla casa familiare può presentarsi anche alla polizia giudiziaria al momento del suo intervento. Per tali ipotesi l’art. 384-bis c.p.p. attribuisce alla polizia giudiziaria, previa autorizzazione del pubblico ministero, la facoltà di disporre l’allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all’art. 282-bis, comma 6, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa. 3.1.2 Con la misura cautelare di cui all’art. 282-ter c.p.p. il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa comma 1 . Prescrizioni facoltative concernono l’estensione di divieti e obblighi anche nei confronti dei prossimi congiunti della persona offesa comma 2 e il divieto di comunicazione comma 3 . L’intento è quello di creare uno schermo di protezione attorno all’offeso, modulabile in base alle esigenze del caso concreto. A differenza della misura precedente non trova limitazioni di sorta nella tipologia relazionale da cui scaturisce il reato. È evidente che il presupposto negativo di questa misura, in rapporto di alternatività rispetto alla precedente per l’ipotesi di cumulo si veda infra paragrafo 4 , è l’assenza di una situazione che renda necessario, prima di tutto, allontanare l’autore del reato dalla casa familiare. 3.2 Sul tema della applicazione congiunta delle misure cautelari già al momento dell’ordinanza genetica, va osservato che tale possibilità è stata introdotta dalla L. n. 47 del 2015. In passato, secondo il consolidato indirizzo interpretativo formatosi sul sistema previgente, vigeva il principio per cui l’applicazione cumulativa di misure cautelari personali può essere disposta soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge all’art. 276 c.p.p., comma 1, e art. 307 c.p.p., comma 1 bis Sez. U, 30 maggio 2006, n. 29907, La Stella, Rv. 234138 . Nel novellato art. 275 c.p.p., comma 3, è attualmente previsto che la misura inframuraria può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate . La novella ha reso possibile l’applicazione congiunta di misure cautelari personali non più solo nelle ipotesi per così dire patologiche , quali quella della trasgressione alle prescrizioni relativa a misure in corso art. 276, comma 1 o della scarcerazione per decorrenza termini dell’imputato o indagato per reati di particolare allarme art. 307, comma 1-bis , ma anche nel momento iniziale - e del tutto fisiologico - in cui il giudice e il pubblico ministero , è chiamato a verificare la praticabilità di risposte cautelari gradate. L’applicazione congiunta delle misure cautelari serve a evitare, in un’ottica di proporzione e adeguatezza, l’imposizione di una misura più afflittiva quando le esigenze cautelari possono essere ugualmente preservate da due misure nel complesso meno cogenti, con minor sacrificio della libertà personale dell’indagato. 4. Nella fattispecie in esame, onde manifestare un interesse concreto e attuale all’impugnazione e rispondere al requisito di specificità, il pubblico ministero, avrebbe dovuto chiarire la effettiva sussistenza nel caso concreto dei presupposti richiesti dall’art. 275 c.p.p., comma 3 e cioè indicare rispetto a quale misura cautelare alternativa più grave sarebbe stato necessario ritenere più adeguata l’applicazione congiunta dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento. Tale profilo risulta del tutto omesso. E allora il ricorso si rivela generico laddove non illustra la sussistenza nella fattispecie del presupposto di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 o, in altri termini, non precisa quali profili cautelari, nel caso concreto, restino privi di tutela a seguito dell’adozione della sola misura cautelare di cui all’art. 282 bis con le prescrizioni di cui al comma 2, sì che sarebbe stato necessario adottare una misura cautelare più afflittiva es. divieto di dimora, obbligo di dimora suscettibile di essere scongiurata dalla applicazione congiunta delle misure di cui agli artt. 282-bis e 282-ter c.p.p Mentre la prospettazione della possibile caducazione di una misura cautelare e non dell’altra, oltre a riguardare un evento ipotetico oltreché difficilmente immaginabile nella specie non è pertinente, poiché finirebbe per giustificare sempre l’applicazione congiunta delle misure cautelari con la scusa che ove venisse meno l’una misura residuerebbe l’altra, mentre sono diversi i rimedi previsti dall’ordinamento rispetto alla evoluzione delle misure cautelari nella fase della loro esecuzione. 5. Il ricorso del Pubblico ministero va dichiarato inammissibile. L’inerenza della vicenda a rapporti familiari impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico ministero. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.