Dare della “sgallettata” vale una condanna

Nessuna giustificazione per una donna che ha così apostrofato una giornalista. Evidente per i Giudici il carattere dispregiativo del termine utilizzato. Significativo anche il richiamo a una presunta fissa per lo scoop”.

Dare della sgallettata” a una donna vale una condanna per diffamazione. Definitiva perciò la condanna di una donna che ha così apostrofato sul proprio blog una giornalista Cassazione, sentenza n. 12460/20, sez. V Penale, depositata il 20 aprile . Articolo. Scenario della vicenda è la Sicilia. Protagoniste dello scontro due donne. La prima scrive un articolo su un sito giornalistico riguardante anche la morte del marito della seconda, e quest’ultima reagisce con uno scritto caustico sul proprio blog, parlando di giornalista sgallettata con la fissa dello scoop . Inevitabile lo strascico giudiziario, con la vedova sotto processo per diffamazione Per i giudici di merito è logica la condanna della donna, viste le espressioni da lei utilizzate on line per additare la giornalista. La donna però considera l’ottica adottata in Tribunale e in Appello assolutamente erronea, e prova col ricorso in Cassazione a ridimensionare la condotta in discussione, ponendo in discussione la qualificazione di ‘sgallettata’ utilizzata per descrivere la giornalista e spiegando di avere solo esercitato il proprio diritto di critica , avendo la giornalista scritto un articolo in cui erano riportate notizie non corrette circa il decesso del suo coniuge . Termine. La visione proposta dalla vedova non è condivisa però dai giudici della Cassazione, i quali ribattono che in Appello si è rilevato che a fronte di un asettico articolo di cronaca, apparso su un quotidiano on line, che non riportava notizie false ma, piuttosto, datate , la vedova ha reagito con uno scritto caustico, con cui la giornalista è stata additata come sgallettata con la fissa dello scoop . Evidente l’obiettivo, annotano i giudici sminuire e ridicolizzare le qualità professionali e la dignità di giornalista donna in particolare . Significativa è la ripetizione, tanto nel titolo che nel corpo dell’articolo, del termine ‘sgallettata’, alludente a donna che ostenta la propria sensualità in modo sguaiato che si dimostra eccessivamente disinvolta” così in ‘Dizionario della lingua italiana De Mauro’ . E la sottolineatura della fissa dello scoop lascia emergere la gratuita attribuzione alla persona offesa di qualità dispregiative atte a metterne in cattiva luce sia il profilo professionale che umano quello, cioè, di giornalista incline ad un uso spregiudicato delle notizie, riportate in assenza di qualsivoglia doverosa verifica, al solo scopo di captare l’interesse dei lettori . Legittimo, quindi, parlare di vera e propria diffamazione ai danni della giornalista.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 gennaio – 20 aprile 2020, n. 12460 Presidente Pezzullo – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. Fo. Ad. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Messina del 25 febbraio 2019, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città del 19 settembre 2017, le ha concesso il beneficio della non menzione della condanna riportata in relazione al delitto di diffamazione aggravata, commesso in danno di Ma. Pa., apostrofata, nell'articolo, a sua firma, dal titolo ”Giornaliste sgallettate da nord a sud”, pubblicato sul sito internet omissis , con le espressioni ”giornalista sgallettata con la fissa dello scoop”. 2. Affida l'impugnativa a cinque motivi, enunciati nei limiti indicati dall'art. 173 disp.att. cod.proc.pen - Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 595 cod.pen. e 125 cod.proc.pen. e il vizio di carenza e/o illogicità della motivazione, rilevando come la Corte di appello avesse omesso di esaminare la qualificazione di sgallettata”, utilizzata per descrivere la Ma. come giornalista, nel contesto espressivo complessivo dell'articolo a sua firma, riverberandosi il detto error iuris sulla correttezza e completezza della motivazione rassegnata sull'elemento oggettivo del reato. - Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 51 e 595 cod.pen. e 125 cod.proc.pen. e il vizio di apparenza e/o illogicità di motivazione, evidenziandosi come l'argomentazione ostesa a corredo del diniego di riconoscimento della scriminante del diritto di critica fosse apodittica, in quanto resa nella preterizione della decisiva circostanza del movente aveva spinto la deducente ad agire, segnatamente per contrastare quanto la Ma. aveva scritto nell'articolo a sua firma apparso sul sito giornalistico on line 'Messina Oggi', nel quale erano state riportate notizie non corrette circa il decesso del suo coniuge. - Il terzo motivo denuncia la violazione dell'art. 131-bis cod.pen. e il vizio di motivazione mancante e/o illogica, essendoci incongruenza tra la statuizione di diniego della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod.pen., perché ritenuto il fatto di non particolare tenuità in ragione del tenore delle espressioni e della diffusività degli scritti, e la concessione alla deducente del beneficio della non menzione. - Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 133 cod.pen. e 62-bis cod.pen., in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata rideterminazione della pena in misura più benevola. - Il quinto motivo denuncia il vizio argomentativo da mancata risposta al motivo di gravame che aveva sottoposto alla Corte territoriale la questione relativa al difetto di prova in ordine al danno patito dalla persona offesa in conseguenza del fatto-reato. Considerato in diritto Il ricorso deve essere respinto 1. Il primo motivo è infondato. 1.1. La Corte di appello, ha evidenziato come, a fronte di un asettico articolo di cronaca”, a firma di Pa. Ma., apparso sul quotidiano on-line 'Messina Oggi', che non riportava notizie false ma, piuttosto, datate”, Ad. Fo., nell'articolo a sua firma, pubblicato sul sito internet Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido, significativamente intitolato giornaliste sgallettate da nord a sud”, con il qualificare la Ma. come una giornalista sgallettata con la fissa dello scoop” avesse inteso sminuirne e ridicolizzarne le qualità professionali e la dignità di giornalista donna in particolare. 1.2. La riportata argomentazione, raffrontata al contesto espressivo dell'articolo in cui l'espressione oggetto di disamina è collocata, appare pienamente corretta in diritto, oltre che immune da vizi logici. La significativa ripetizione, tanto nel titolo che nel corpo dell'articolo, del termine 'sgallettata', alludente a donna, che ostenta la propria sensualità in modo sguaiato che si dimostra eccessivamente disinvolta” così in 'Dizionario della lingua italiana De Mauro' , e il non accidentale accostamento della detta espressione al sintagma ”con la fissa dello scoop”, lascia emergere, vieppiù alla luce delle ulteriori circostanze di fatto riportate dalla Corte di appello in ordine all' asettico” tenore del contenuto dell'articolo della Ma. - che, per la stessa ammissione della ricorrente aveva riportato informazioni non corrette” perché datate -, la gratuita attribuzione alla persona offesa di qualità dispregiative atte a metterne in cattiva luce sia il profilo professionale che umano quello, cioè, di giornalista incline ad un uso spregiudicato delle notizie, riportate in assenza di qualsivoglia doverosa verifica delle stesse, al solo scopo di captare l'interesse dei lettori. Donde occorre riconoscere che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale il delitto di diffamazione deve ritenersi integrato quando le espressioni utilizzate si traducano in gratuiti attacchi alla persona ed in arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale, anche mediante l'utilizzo di argumenta ad hominem Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010 - dep. 10/02/2011, P.M. in proc. Simeone e altri, Rv. 249239 . 2. Il rilievo che precede dà conto della mancanza di giuridico pregio anche del secondo motivo. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, costantemente affermato che il limite immanente all'esercizio del diritto di critica è, essenzialmente, il rispetto della dignità altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per arbitrarie aggressioni al patrimonio morale del destinatario della critica, con la conseguenza che non è applicabile l'esimente in parola qualora l'espressione utilizzata consista non già in un dissenso motivato, manifestato in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale, con espressioni direttamente calibrate a ledere la dignità morale, professionale ed intellettuale dell'avversario Sez. 5, n. 35992 del 05/06/2013, Bosco, Rv. 256532 Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010 - dep. 07/03/2011, Morelli e altri, Rv. 250218 . Peraltro la doglianza in punto di esclusione della invocata scriminante di cui all'art. 51 cod.pen. risulta generica, laddove tace dell'esistenza del requisito dell'interesse pubblico suscettibile di giustificare l'agire dell'imputata, ed aspecifica, nella parte in cui non si confronta con i passaggi argomentativi nei quali la Corte territoriale ha dato conto della sproporzione tra le espressioni dell'imputata riferite alla Ma. e l'asettico tenore dell'articolo a firma di quest'ultima. 3. Anche il terzo motivo è infondato. Il diniego del riconoscimento in favore della Fo. della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod.pen., in quanto giustificato dal rilievo assegnato alle modalità della condotta integrante il reato di diffamazione aggravata, non si pone in contrasto con il concesso beneficio alla stessa della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, trattandosi di istituto rispondente ad un fondamento giustificativo - quello deH 'emenda , che tende a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato Sez. 2, n. 16366 del 28/03/2019, Iannaccone, Rv. 275813 Sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011, Allegra, Rv. 251509 - differente da quello della deflazione penale, che costituisce la ragione dell'introduzione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, realizzata dando attuazione al principio dell'applicazione della sanzione criminale come extrema ratio. 4. Il quarto motivo deduce vizi non consentiti nel giudizio di legittimità. Va ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod.pen., con la conseguenza che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 - 04/02/2014, Ferrarlo, Rv. 259142 evenienza che, di certo, non ricorre nel caso di specie essendo stata irrogata all'imputata una pena, pari ad Euro 600,00 di multa, di poco superiore al minimo edittale - di Euro 516,00 di multa - previsto per la diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3, cod.pen Del pari immune da censure è la motivazione che correda il diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, avendo il giudice di appello, con argomentazioni non censurabili in questa sede, perché espressione di valutazioni in fatto e di un potere discrezionale congruamente esercitato Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737 Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell'Anna e altri, Rv. 227142 valorizzato l'assenza di elementi positivi atti a sminuire il riflesso sul trattamento sanzionatolo dell'oggettiva gravità della condotta. La richiamata giustificazione è, peraltro, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, concorde nell'affermare che le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018 - dep. 04/03/2019, PG C/ Villani, Rv. 275640 Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo e altro, Rv. 252900 . 5. Il quinto motivo è privo di pregio. Nessuna motivazione era dovuta dal giudice di appello sul motivo di gravame circa la prova offerta dalla parte civile del danno patito in conseguenza del fatto-reato, posto che vige in materia il principio di diritto secondo il quale Ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non è necessario che il danneggiato provi la effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, essendo sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera declaratoria juris da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione” Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016 - dep. 14/03/2017, P.C. in proc. Bordogna e altri, Rv. 270386 . 4. S'impone, pertanto, il rigetto del ricorso, cui consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in Euro 3.000,00 oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in Euro 3.000,00 oltre accessori di legge.