Dalla denuncia orale della persona offesa può dedursi la sussistenza della querela

L’esercizio del diritto di querela può essere desunto dall’espressa qualificazione dell’atto con cui esso viene esercitato. Infatti il ricorso al termine querela di per sé sintetizza, ai sensi dell’art. 336 c.p.p., la manifestazione della volontà che lo Stato proceda penalmente in ordine al fatto di reato in essa descritto .

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10789/20, depositata il 30 marzo. Il caso. Il Giudice di Pace di Roma dichiarava di non doversi procedere nei confronti di un’imputata, per difetto di querela, in relazione al reato di cui all’art. 590 c.p Il PM ha proposto ricorso per la cassazione della pronuncia affermando che sulla base della lettura della denuncia orale presentata dalla persona offesa poteva ritenersi sussistente una valida querela. Querela. La censura risulta fondata. La giurisprudenza ha infatti avuto modo di affermare che ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato deve è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato dalla polizia giudiziaria, quale verbale di denuncia querela laddove venga dichiarato, con sottoscrizione della persona offesa, che ella intende sporgere la presente denuncia – querela”. Ciò posto, il Collegio ritiene che se l’art. 120 c.p. espressamente stabilisce il diritto della persona offesa alla querela, cioè all’attivazione della potestà punitiva per i reati per i quali il legislatore rimette alla parte la decisione sulla concreta persecuzione penale, l’art. 337 chiarisce in quali forme della richiesta debba essere espressa. E lo fa rinviando alla disciplina della denuncia di cui all’art. 333 c.p., comma 2, cioè ad un atto - scritto od orale - dotato di specifica formalità, che può essere validamente presentato solo dalla persona offesa o dal suo procuratore speciale e validamente ricevuto solo dal pubblico ministero o da un ufficiale di polizia giudiziaria . In conclusione, l’esercizio del diritto di querela, dunque, può senz’altro essere desunto dall’espressa qualificazione dell’atto con il quale esso viene esercitato, in quanto il ricorso al termine querela di per sé sintetizza, ai sensi dell’art. 336 c.p.p., la manifestazione della volontà che lo Stato proceda penalmente in ordine al fatto di reato in essa descritto . Nel caso in esame, la persona offesa ha espressamente dichiarato con l’atto raccolto nel verbale redatto dall’ufficiale di polizia giudiziaria, di voler sporgere formale denuncia-querela nei confronti dell'imputata. Per questi motivi, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata con restituzione degli atti al Giudice di Pace.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 gennaio – 30 marzo 2020, n. 10789 Presidente Di Salvo – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 maggio 2019 il Giudice di pace di Roma ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di S.S. , per difetto di querela, in ordine al reato di cui all’art. 590 c.p., ascrittole per avere cagionato a B.F.T. lesioni personali giudicate guaribili in 5 giorni, perché, dopo avere parcheggiato in doppia fila, apriva lo sportello dell’autovettura e - colpendo il motociclo su cui viaggiava la persona offesa - la faceva rovinare a terra. 2. Avverso la sentenza propone ricorso il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Roma, formulando un unico motivo, con cui lamenta la violazione della legge processuale. Osserva che dalla lettura della denuncia orale, presentata da T.B.F. , emerge la sussistenza di una valida querela. Invero, la persona offesa ha dichiarato di presentage formale denuncia-querela nei confronti della persona che verrà identificata per il reato di cui all’art. 590 c.p. e per ogni altro reato che si vorrà ravvisare. Sostiene che ciò è sufficiente ad integrare la manifestazione di volontà di procedere nei confronti dell’autore del reato, secondo il disposto dell’art. 336 c.p.p Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il ricorrente, formulando la doglianza richiama l’orientamento di questa Corte con il quale si è affermato che Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato dalla polizia giudiziaria, come verbale di denuncia querela , qualora l’atto rechi la dichiarazione, sottoscritta dalla persona offesa previa lettura e conferma , di sporgere la presente denuncia - querela cfr. Sez. 5, n. 42994 del 14/09/, P.C. in proc. C, Rv. 268201 Sez. 5, n. 1710 del 05/12/2013 - dep. 16/01/2014, P.M., P.G. e P.O. in proc. Baldinotti, Rv. 258682, conformi Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza P, Rv. 220259, espressamente ripresa in ricorso . 3. A questa impostazione si è contrapposta, nella giurisprudenza di legittimità, quella secondo cui Ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, nel caso di atto formato dalla polizia giudiziaria, deve emergere chiaramente dal suo contenuto, ancorché senza la necessità di utilizzare formule sacramentali, non potendo ritenersi sufficiente l’intestazione dell’atto come querela da parte degli agenti verbalizzanti. In motivazione, la S.C. ha precisato che, viceversa, nel caso di atto proveniente direttamente dalla parte, assume rilievo decisivo l’espressa qualificazione della denuncia come querela . Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, P.G. in proc. Martinez e altro, Rv. 266722 Sez. 3, n. 10254 del 12/02/2014, Q, Rv. 258384 . 4. Ora, pare a questo Collegio che il dettato degli artt. 336 e 337 c.p.p. debba essere letto attraverso la lente del disposto di cui all’art. 120 c.p.p Invero, se l’art. 120 c.p. espressamente stabilisce il diritto della persona offesa alla querela, cioè all’attivazione della potestà punitiva per i reati per i quali il legislatore rimette alla parte la decisione sulla concreta persecuzione penale, l’art. 337 chiarisce in quali forme della richiesta debba essere espressa. E lo fa rinviando alla disciplina della denuncia di cui all’art. 333 c.p., comma 2, cioè ad un atto - scritto od orale - dotato di specifica formalità, che può essere validamente presentato solo dalla persona offesa o dal suo procuratore speciale e validamente ricevuto solo dal pubblico ministero o da un ufficiale di polizia giudiziaria. Si tratta di una previsione che riconduce la richiesta di impulso dell’utilizzo del potere punitivo dello Stato, qualora la scelta sia rimessa alla parte, proprio alla formalità dell’espressione di volontà, distinguendo la denuncia, quale informazione dell’autorità intorno ad un fatto che può costituire reato, dalla querela, quale volontà di chiedere che esso sia perseguito. 5. L’esercizio del diritto di querela, dunque, può senz’altro essere desunto dall’espressa qualificazione dell’atto con il quale esso viene esercitato, in quanto il ricorso al termine querela di per sé sintetizza, ai sensi dell’art. 336 c.p.p., la manifestazione della volontà che lo Stato proceda penalmente in ordine al fatto di reato in essa descritto. 6. Nell’ipotesi in esame, B.F.T. ha espressamente dichiarato, con l’atto raccolto nel verbale redatto dall’ufficiale di polizia giudiziaria, M.llo Sc.Ro. , in data 31 maggio 2017, di voler sporgere formale denuncia-querela nei confronti della persona da identificarsi ad opera della polizia giudiziaria, alla guida dell’auto investitrice, che qualificatasi come S. , pur avendo fornito - in occasione del sinistro - il proprio numero di telefono cellulare, come indicato nell’atto medesimo, successivamente, dopo uno scambio di messaggi di testo, aveva negato i proprii dati identificativi. 7. Preso atto del testo del verbale, circa la volontà della persona offesa di sollecitare il potere punitivo dello Stato nei confronti del responsabile del reato, deve accogliersi il ricorso, disponendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la restituzione degli atti al Giudice di pace di Roma per l’ulteriore corso del giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la restituzione degli atti al Giudice di pace di Roma, per l’ulteriore corso.