Occupata abusivamente una villetta sequestrata: il mero disagio abitativo non giustifica la condotta

Riprende vigore l’accusa nei confronti di un uomo e una donna, beccati a vivere illegittimamente in una villetta sottoposta a custodia. Censurata la valutazione del Giudice di Pace, che ha ritenuto giustificabile l’occupazione dell’immobile alla luce del disagio abitativo lamentato dalle due persone sotto processo.

Il mero disagio abitativo non è sufficiente per ritenere legittima l’occupazione abusiva di un’immobile. A maggior ragione, poi, se a essere occupata non è una casa popolare ma una bella villetta Cassazione, sentenza n. 10694/20, sez. II Penale, depositata il 27 marzo . Villetta. Scenario della vicenda è la provincia siciliana. Sotto accusa un uomo e una donna, beccati a vivere illegittimamente in una villetta sottoposta a custodia a seguito di un procedimento di esecuzione immobiliare. Per il Giudice di Pace, però, la condotta accertata non è punibile, poiché si è appurata l’esigenza di un alloggio” per le due persone sotto processo. Questa visione viene censurata dalla Cassazione, che, accogliendo il ricorso proposto dalla Procura, ridà vigore all’accusa, che dovrà ora essere nuovamente esaminata dal Giudice di pace. Per la Procura è illogico il riconoscimento della scriminante dello stato di necessità sulla base di circostanze non accertate in concreto, bensì ritenute meramente verosimili o probabili . Ciò perché, da un lato, è stato accertato un mero disagio abitativo e non l’urgenza assoluta ed improrogabile di un alloggio e, dall’altro, l’uomo e la donna sotto processo non hanno invocato l’ausilio dei Servizi sociali o di altre istituzioni pubbliche di assistenza che avrebbero potuto evitare l’urgenza improrogabile di un alloggio . Necessità. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’ non ci sono i presupposti per riconoscere la scriminante dello stato di necessità come giustificazione della occupazione abusiva della villetta. In prima battuta viene osservato che, comunque, in questo caso non si parla di edilizia residenziale pubblica, poiché ci si trova di fronte alla occupazione di una villetta sottoposta a custodia in un procedimento di esecuzione immobiliare . Subito dopo, però, i magistrati aggiungono che l’illecita occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della Costituzione, sempre che ricorrano, però, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo . Invece, in questo caso, si è fatto riferimento solo alla esigenza di un alloggio” da parte delle due persone sotto processo. Per chiudere il cerchio, infine, i magistrati ribadiscono che lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 ottobre 2019 – 27 marzo 2020, n. 10694 Presidente Diotallevi – Relatore Imperiali Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Palermo ricorre per cassazione avverso la sentenza del Giudice di Pace di Termini Imerese che in data 1/2/2019 ha assolto T.F. e R.M. dal reato di cui agli artt. 110 e 633 c.p., loro ascritto perché il fatto non costituisce reato. Con un unico motivo di ricorso, l’ufficio ricorrente deduce la violazione di legge per essere stata riconosciuta la scriminante dello stato di necessità sulla base di circostanze non accertate in concreto, bensì ritenute meramente verosimili o probabili , invocando pronunce giurisprudenziali riferentesi, invece, a fattispecie assolutamente diverse, aventi ad oggetti beni di edilizia residenziale pubblica. L’ufficio ricorrente, invece, deduce l’inapplicabilità dell’esimente in parola sia per essere stato accertato un mero disagio abitativo e non l’urgenza assoluta ed improrogabile di un alloggio, sia per non essere stato invocato l’ausilio dei servizi sociali o di altre istituzioni pubbliche di assistenza che avrebbero potuto evitare l’urgenza improrogabile di un alloggio. 2. Il ricorso è fondato, in quanto la sentenza impugnata ha riconosciuto la scriminante dello stato di necessità senza evidenziare alcuno degli elementi riconosciuti dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione come necessari per la configurazione della scriminante in parola. Premesso che nel caso in esame non si verte in materia di edilizia residenziale pubblica, trattandosi, invece, dell’occupazione di una villetta sottoposta a custodia in un procedimento di esecuzione immobiliare, deve, comunque, rilevarsi che, secondo la consolidata e condivisibile giurisprudenza di questa Corte di legittimità, l’illecita occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., sempre che ricorrano, però, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo Sez. 6, n. 28115 del 05/07/2012, Sottoferro e altri, Rv. 253035 , elementi in alcun modo evidenziati nella sentenza impugnata, se non con un generico riferimento all’ esigenza di un alloggio da parte del R. e della T. . In tal modo la sentenza impugnata non si è conformata alla giurisprudenza di questa Corte che, nel riconoscere un’interpretazione estensiva del concetto di danno grave alla persona, mediante l’inclusione dei diritti inviolabili, impone, però, una più attenta e penetrante indagine giudiziaria, diretta a circoscrivere la sfera di azione della esimente ai soli casi in cui siano indiscutibilmente presenti gli altri elementi costitutivi della stessa, quali i requisiti della necessità ed della inevitabilità del pericolo, tenuto conto delle esigenze di tutela dei diritti dei terzi, involontariamente coinvolti, diritti che non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali e chiaramente comprovate Sez. 2, n. 24290 del 19/03/2003, PG in proc. Bocchino, Rv. 225447 ed ha, altresì, evidenziato che lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa Sez. 2, n. 9655 del 16/01/2015, Cannalire, Rv. 263296 . 3. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio ad altro giudice di pace del medesimo ufficio. Come questa Corte di legittimità ha già avuto modo di rilevare, infatti, in assenza di una norma specifica che consenta la determinazione del giudice di rinvio, deve trovare applicazione il principio enucleabile dall’art. 623 c.p.p., in forza del quale, fatta salva l’ipotesi del ricorso per saltum disciplinata dall’art. 569 c.p.p., comma 4, il giudice di rinvio è il giudice equiordinato a quello che ha emesso la sentenza Sez. 5, n. 2669 del 06/11/2015, Pg in proc. Raspini, Rv. 265711 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Termini Imerese in diversa composizione.