Non è abnorme il provvedimento che dichiara la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini

Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, in realtà ritualmente eseguita, dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio.

Così la Corte di legittimità con la sentenza n. 10648/20, depositata il 25 marzo. Il fatto. Il GUP di Bologna dichiarava la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415- bis c.p.p. effettuato via PEC presso il difensore d’ufficio domiciliatario che, dopo 3 giorni dalla ricezione dell’atto, aveva dichiarato di rifiutarlo. Il GIP aveva ritenuto tempestivo tale rifiuto ritenendo sussistente un’ipotesi di impossibilità della notifica ed aveva quindi restituito gli atti al PM per la rinnovazione dell’avviso. Il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo l’abnormità del provvedimento del GUP che ha determinato un’illegittima regressione del procedimento. Abnormità. L’impugnazione non trova accoglimento in quanto l’atto non risulta affetto da abnormità. Secondo la consolidata giurisprudenza, infatti, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, in realtà ritualmente eseguita, dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio. Tale provvedimento infatti non è avulso dal sistema e costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice, non determinando una stasi del procedimento. Il PM infatti potrà in tal caso disporre la rinnovazione della notificazione dell’avviso cfr. SS.UU. n. 243590/09 .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 gennaio – 25 marzo 2020, n. 10648 Presidente Gallo – Relatore Filippini Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 8.10.2019 il Giudice per l’udienza preliminare di Bologna dichiarava la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p., effettuata via PEC in data 22.7.2016 nei confronti di R.X. presso il difensore d’ufficio domiciliatario, il quale, tuttavia, tre giorni dopo la ricezione dell’atto, aveva comunicato di rifiutarla il GIP ritenendo che il rifiuto del domiciliatario, giudicato tempestivo, determinasse l’impossibilità della notifica medesima, restituiva gli atti al PM per la rinnovazione dell’avviso predetto. 2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Bologna, eccependo l’abnormità del provvedimento impugnato, che avrebbe determinato un’illegittima regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari afferma il PM ricorrente di non voler mettere in discussione il consolidato orientamento formatosi sul tema in sede di legittimità per tutte, S.U., n. 25957/2009, Toni ed altro , ma la particolarità del caso, nel quale il provvedimento impugnato si distingue per genericità ed equivocità, non individuando con pr. sione la causa di invalidità che affliggerebbe la notifica in parola e limitandosi a considerare tempestivo il rifiuto del domiciliatario di ricevere atti, crea una situazione di indeterminatezza abnorme, come affermato da questa Corte, Sez. 1, n. 39850 del 16.5.2018, Rv. 273865. 3. Con nota depositata in data 11.12.2019 il PG presso questa Corte, premessa l’erroneità della decisione del GIP atteso che l’istituto di cui all’art. 162 c.p.p., comma 4-bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 24, avente natura di norma processuale, può applicarsi soltanto alle elezioni di domicilio compiute dopo l’entrata in vigore della novella, cosicché seguitano ad essere legittime le notificazioni effettuate all’imputato nel domicilio eletto anteriormente alla citata legge presso il difensore d’ufficio, pur senza l’assenso di quest’ultimo - cfr., Sez. 1, n. 36008 del 03/07/2019, Rv. 276814 - 01 e ritenuto che il provvedimento impugnato possa condurre ad una situazione di stallo processuale, laddove si ritenesse non percorribile il metodo di notifica all’imputato ex art. 161 c.p.p., comma 4, ha chiesta l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata. Cconsiderato in diritto 1. L’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Bologna deve essere dichiarata inammissibile, perché l’ordinanza non è immediatamente ricorribile e il provvedimento non è abnorme. Secondo la condivisa elaborazione giurisprudenziale di questa Corte di legittimità in tema di atto abnorme, si è affermato che non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento - rilevata l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415 bis c.p.p., in realtà ritualmente eseguita - dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedimento che, lungi dall’essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo il P.M. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso sez. U n. 25957 del 26/3/2009, Rv. 243590 . La fattispecie concreta esaminata dalle sezioni unite nella citata decisione è assimilabile a quella oggetto del presente ricorso si trattava della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari che il giudice aveva dato per non eseguita, disponendo la restituzione degli atti al RM., notifica in realtà, come rilevato dal P.M. ricorrente, correttamente eseguita. 1.1. Le Sezioni Unite, nel risolvere un contrasto di giurisprudenza insorto fra le sezioni semplici, hanno aderito ad una concezione limitativa di atto abnorme incentrata sul profilo dell’abnormità strutturale, ravvisabile, essenzialmente, ai casi di esercizio da parte del giudice di poteri non attribuitigli dall’ordinamento processuale ovvero a quelli di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo tipico prefissato dall’ordinamento, casi esemplificati il primo nella carenza di potere in astratto ed il secondo nella carenza di potere in concreto. Al di fuori di tali casi che effettivamente determinano una stasi del procedimento, aggiungono ancora le Sezioni Unite, il P.M. è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice e quindi, con riferimento al caso di specie, è tenuto a procedere alla rinnovazione della notificazione dell’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p Difatti la disposta regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari rappresenta, sia pure nella carenza dei presupposti che ne legittimano l’emanazione, l’espressione di un potere riconosciuto al giudice dall’ordinamento, costituendo, quindi, un atto che si pone al di fuori della categoria dell’abnormità. 2. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il provvedimento ora impugnato, come sostenuto anche dal PG presso questa Corte, sia effettivamente illegittimo, avendo applicato ad una elezione di domicilio effettuata in data 22.7.2016 una disciplina di natura processuale quella di cui all’art. 162 c.p.p., comma 4-bis solo posteriormente introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 24 . 3. Ma ciò, per le condivise considerazioni contenute nel richiamato arresto delle SS.UU. di questa Corte, non è sufficiente a determinare la lamentata abnormità. 3.1. Nè il provvedimento impugnato presenta aspetti di genericità o indeterminatezza rilevanti, avendo il GIP chiaramente dichiarato, sul ricordato seppure erroneo presupposto della invalidità della notifica effettuata via PEC al difensore, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio , restituendo il fascicolo al PM per la rinnovazione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. . 3.2. Neppure può ritenersi sussistere la stasi ipotizzata dal ricorrente e dal PG, dal momento che, secondo consolidata giurisprudenza, il rifiuto della persona indicata quale domiciliataria nel caso di specie il difensore d’ufficio di ricevere l’atto rende l’elezione inidonea a perseguire lo scopo cui essa era finalizzata cfr. Sez. 5, n. 8825 del 1 ottobre 1997 n. 8825 e legittima, pertanto, il ricorso alla procedura notificatoria mediante consegna dell’atto al difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, a norma dell’art. 161 c.p.p., comma 4, Sez. 5, n. 33882 del 04/05/2017, Moros Vega, Rv. 271609 Sez. 1, n. 4783 del 25/01/2012, Roman, Rv. 251863 Sez. 4, Sentenza n. 31658 del 20/05/2010, Rei, Rv. 248099 . In tal senso si veda, in motivazione, anche Sez. 2, Sentenza n. 27935 del 2019, la quale aggiunge che il quadro interpretativo descritto dalle richiamate pronunce deve ritenersi immutato anche a seguito dell’introduzione dell’art. 162 c.p.p., comma 4-bis in quanto, diversamente argomentando, in presenza di un difensore indicato come domiciliatario che non presti l’assenso alla ricezione delle notifiche per conto dell’imputato ed in assenza di una manifestazione di volontà dell’imputato di eleggere o dichiarare domicilio altrove, qualora non si ritenesse possibile accedere alla procedura di cui all’art. 161 c.p.p., comma 4, il procedimento entrerebbe in una situazione di stallo. Stallo che nella presente vicenda non ricorre poiché a differenza del caso giudicato dalla richiamata Sez. 2, n. 27935 del 2019, nel quale il giudice aveva ritenuto che non ricorressero le condizioni per procedere ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, al fine del perfezionamento della nuova notifica , ben potrà farsi ricorso alla procedura notificatoria ex art. 161 c.p.p., comma 4. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.