Niente acqua refrigerata per i prodotti ittici: ristoratore condannato

Fatale il blitz nel ristorante-pescheria. Consequenziale il processo per il titolare dell’attività commerciale, punito per la inadeguata modalità di conservazione degli alimenti destinati alla clientela.

Frutti di mare conservati in vasche contenenti acqua a temperatura ambiente e destinati alla vendita alla clientela. Evidente il rischio potenziale per i consumatori. Logica la condanna per il titolare del ristorante-pescheria Cassazione, sentenza n. 10437/20, sez. III Penale, depositata il 23 marzo . Conservazione. Decisivo un blitz compiuto all’interno della struttura commerciale, un ristorante-pescheria in Campania viene rilevato, difatti, che numerosi chili di prodotti alimentari ittici, consistenti in frutti di mare lupini, cozze, vongole, ostriche e tartufi di mare sono conservati in vasche con acqua a temperatura ambiente prima di essere destinati alla somministrazione al pubblico. Inevitabile il processo per il titolare del locale, che viene poi condannato in Tribunale per avere detenuto alcuni prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione. Il ristoratore prova a difendersi in Cassazione, ritenendo di poter mettere in discussione la propria penale responsabilità”, ma ogni obiezione si rivela inutile, poiché i Giudici del ‘Palazzaccio’ rendono definitiva la sua condanna. Inequivocabile il quadro probatorio, poiché si è accertato che il titolare dell’azienda commerciale deteneva i prodotti ittici” in condizioni assolutamente inadeguate, prima di provvedere alla somministrazione al pubblico. In particolare, viene evidenziato che i prodotti ittici erano privi di etichettatura concernente la data di confezionamento e quella di scadenza, la indicazione del luogo di produzione e di confezionamento ed erano conservati in contenitori di plastica con acqua non refrigerata, sì da non consentirne il mantenimento in stato di invarianza organica, essendo essi soggetti al deterioramento che, invece, l’uso dell’acqua refrigerata avrebbe quantomeno differito . Si può logicamente affermare, osservano i Giudici, che una siffatta modalità di conservazione non era idonea a fornire le minime informazioni indispensabili al consumatore in ordine al prodotto a lui offerto in vendita o, comunque, indirizzato al suo consumo e non era tale da garantire l’adeguato mantenimento dello stato di genuinità dei citati prodotti destinati all’alimentazione umana .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 novembre 2019 – 23 marzo 2020, n. 10437 Presidente Rosi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con sentenza del 5 giugno 2019, il Tribunale di Napoli Nord ha dichiarato la penale responsabilità di Bu. Ra. in ordine al reato di cui all'art. 5, lettera b , della legge n. 283 del 1962, per avere detenuto in cattivo stato di conservazione, in quanto conservati in vasche con acqua a temperatura ambiente, kg 51 di prodotti alimentari ittici consistenti in frutti di mare comunemente denominati lupini, cozze, vongole, ostriche e tartufi di mare destinati alla somministrazione al pubblico, e lo aveva, pertanto, condannato alla pena ritenuta di giustizia. Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto, lamentando il vizio di motivazione della stessa in ordine alla affermazione della sua penale responsabilità nonché in relazione alla determinazione della pena a lui inflitta, in particolare in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto Il ricorso è evidentemente inammissibile. La difesa dell'imputato, infatti, è essenzialmente consistita nella astratta censura articolata in ordine alla motivazione della sentenza impugnata, senza che tale difesa abbia in qualche modo concretamente evidenziato, attraverso un'operazione di confronto critico con gli argomenti contenuti in essa, l'esistenza di effettivi vizi motivazionali della decisione assunta dal Tribunale di Napoli Nord. In essa è, viceversa, ben illustrata la condotta del prevenuto, il quale, in qualità di titolare della azienda commerciale denominata Le delizie del mare , deteneva, evidentemente per la somministrazione al pubblico, data la loro collocazione all'interno del locale adibito a pescheria, i prodotti ittici di cui in contestazione. Questi, oltre ad essere privi di etichettatura concernente sia la data di confezionamento che quella di scadenza, la indicazione del luogo di produzione e di confezionamento, erano, altresì, conservati in contenitori di plastica in acqua non refrigerata, si da non consentirne il mantenimento in stato di invarianza organica, essendo gli stessi soggetti al deterioramento che, invece, l'uso dell'acqua refrigerata avrebbe quantomeno differito. Correttamente, pertanto, il Tribunale di Napoli Nord ha ritenuto che una siffatta modalità di conservazione - in quanto non idonea, oltre che a fornire le minime informazioni indispensabili al consumatore in ordine al prodotto a lui offerto in vendita o, comunque, indirizzato al suo consumo - non era tale da garantire l'adeguato mantenimento dello stato di genuinità dei citati prodotti destinati all'alimentazione umana cfr. in tale senso, per tutte Corte di cassazione, Sezione III penale, 28 gennaio 2014, n. 3711 . I riportati elementi di giudizio non sono stati assolutamente tenuti presenti dal ricorrente con il proprio atto impugnatorio, in tal modo determinandosi, stante la assoluta genericità del ricorso, l'evidente inammissibilità del primo motivo di impugnazione. Analogo discorso va fatto quanto al successivo motivo di ricorso dedotto dall'impugnante con esso è stata censurata la sentenza del Tribunale di Napoli nord con riferimento alla dosimetria sanzionatoria, al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed a quello della sospensione condizionale della pena. Esaminando prioritariamente il secondo aspetto della doglianza si osserva, da un lato, che il Tribunale ha giustificato la propria scelta di escludere il beneficio in questione sulla base del rilevo che non sono emersi elementi valutabili ai fini della concessione di esso. A fronte di siffatta motivazione il ricorrente ha solamente opposto il rilievo secondo il quale il giudicante non avrebbe fornito adeguata motivazione in relazione a siffatta esclusione. Sul punto rammenta il Collegio che, non sussistendo alcun principio presuntivo in base al quale il soggetto condannato sarebbe meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche Corte di cassazione, Sezione I penale, 11 ottobre 2017, n. 46568 , del tutto esauriente deve considerarsi la motivazione del giudice del merito che le abbia escluse affermando che non constavano elementi dimostrativi per il loro riconoscimento ove si fosse voluto porre in evidenza un deficit motivazionale della sentenza impugnata, sarebbe stato onere, non soddisfatto nella presente occasione, del ricorrente quello di evidenziare in sede di merito, invece, la sussistenza di tali elementi dimostrativi, segnalando poi, oltre al loro contenuto, che gli stessi non erano stati presi in considerazione dal giudicante sebbene fossero stati sottoposti alla sua attenzione con la dovuta specificità Corte di cassazione, Sezione III penale, 4 dicembre 2018, n. 54179 idem Sezione III penale, 9 marzo 2016, n. 9836 . Passando all'esame della doglianza avente ad oggetto il preteso difetto di motivazione in punto di dosimetria della pena si rileva che per il reato in ordine al quale è stata dichiarata la responsabilità del Bu. è prevista dal legislatore quale pena quella alternativa dell'arresto, sino ad un anno, ovvero dell'ammenda. La circostanza che nel caso di specie il Tribunale di Napoli nord abbia ritenuto pena adeguata anche soltanto quella pecuniaria, sebbene non contenuta nel minimo edittale per essa previsto in ragione della diffusività dei prodotti che il prevenuto deteneva con modalità illecite, rende non necessaria una specifica motivazione in ordine alla dosimetria della sanzione irrogata, essendo sufficiente che dalla motivazione sul punto risulti la considerazione conclusiva e determinante in base a cui è stata adottata la decisione, ben potendo esaurirsi tale motivazione, come nel caso in esame, nel richiamo alla equità e proporzionalità di essa al fatto quale criterio di sintesi congruo e sufficiente Corte di cassazione, Sezione III penale, 18 settembre 2015, n. 37867 . Infine, vendendo all'ultimo profilo, riguardante la esclusione della riconoscibilità del beneficio della sospensione condizionale della pena, osserva il Collegio che essa è stata operata tenuto conto del fatto che, sulla base della valutazione discrezionale operata dal giudice del merito in termini non manifestamente illogici, non vi sono, tenuto conto delle modalità di realizzazione del reato contestato, elementi idonei a far ritenere che il prevenuto per il futuro si asterrà dal commettere altri reati. La natura discrezionale del predetto giudizio, comportando un'evidente e pregnante accesso al merito della singola vicenda, non ne consente il sindacato di fronte a questa Corte, in assenza di evidenti vizi logici ovvero di illegittimità applicative della norma di legge. Alla complessiva dichiarazione di inammissibilità del presente ricorso fa seguito la condanna dell'impugnante, visto l'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.